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Europa: basta violenza contro le donne

Il Parlamento Europeo ieri ha chiesto alla Commissione Europea di istituire l’anno europeo della lotta alla violenza contro le donne

Secondo statistiche a disposizione delle istituzioni comunitarie, un quinto delle donne europee subisce violenze fisiche nel corso della vita. Una delle più diffuse violazioni dei diritti umani rappresenta un grande ostacolo per la parità di genere. Una dichiarazione scritta firmata da oltre 369 deputati ha lo stesso peso di una risoluzione nei confronti delle altre istituzioni UE.

Ovviamente la richiesta di un provvedimento del tutto formale, come l’istituzione di un anno europeo, lascia una lunga strada di fronte alla volontà politica di mutare le condizioni di vita in Europa, pur essendo significativo dal punto di vista della presa di coscienza.

In ampie zone e in vasti settori delle attività e della cultura nel continente, la parità di genere e la valorizzazione di una parte più che importante della nostra Europa sono lontane dal realizzarsi, anzi si frappongono limiti alimentati da stereotipi nella comunicazione e da sottodimensionamenti nella sfera pubblica e nel mondo del lavoro reale.

Nell’attuale attenzione sulla questione della parità di genere, non è escluso che pesi anche il drammatico caso Sakineh, qualcosa che riempie veramente di rabbia per come ancora nel 2010 le donne vengono trattate in numerosi scenari del mondo di oggi, ma che non dovrebbe esaurire tutta l’analisi degli addetti ai lavori nelle istituzioni sul singolo caso, se si vuole evitare che venga trascurata la complessità dei problemi anche nelle aree economicamente sviluppate.

Queste contraddizioni emergono fin nel dibattito pubblico e questo è quello che si intendeva su queste pagine web tutte le volte che si è scritto che è una vergogna l’uso aggressivo degli stereotipi scelto da molti nelle contese politiche. Chiaramente, gli estremi cui si è assistito sono manifestazioni parziali di mentalità piuttosto antiche ma radicate in Italia e fuori e riscontrabili in una gamma molto più estesa di situazioni.

A coloro che hanno definito la vicenda di Sakineh “politica” (nel senso di polemica politica internazionale), mescolando i fatti riguardanti l’Iran con altre violazioni dei diritti umani, occorrerebbe senz’altro ricordare che gli abusi citati per sminuire la gravità delle notizie iraniane (Guantanamo ed altro) rientrano appunto nella categoria degli abusi, indagati come tali, e non in quella di cui purtroppo si parla in Iran: qualcosa di molto più grave, perchè consiste nella codificazione legale di un sistema di pensiero e di relazioni sociali aggressivo verso le donne, contro la loro libertà e contro i diritti individuali.

Ma il Parlamento Europeo dovrebbe muovere più avanti e rendere visibili e più accessibili ad una strategia di lungo periodo le situazioni di retroguardia, favorite anche dall’intreccio di difficoltà economica, di diverse marginalità sociali e di carenze cresciute nella varietà delle trasformazioni degli ultimi decenni e che in tantissimi casi finiscono per perpetuare sotto nuove forme sistemi patriarcali tipici di strutture e culture che non sono del tutto scomparse  in nessuna parte del mondo e che rendono arduo anche per il nostro Occidente battersi in modo incisivo perchè la situazione migliori altrove.

Emergono cambiamenti ormai consolidati, dovuti anche all’importanza dell’istruzione nella produzione e nella vita collettiva, associata a risultati crescenti da parte delle donne negli ambiti dello studio e della creatività, ma non sono inutili in funzione correttiva (degli squilibri più marcati in alcuni paesi) quelle regolamentazioni che favoriscono la parità nelle opportunità dentro le istituzioni e nelle organizzazioni dirigenti delle aziende, norme sperimentate con successo in molti paesi europei e riguardo alle quali è probabilmente da incoraggiare una maggiore ingerenza europea nelle aree più attardate. Ogni provvedimento istituzionale però resta limitato se non si registra un progresso diffuso nella cultura di tutti i settori della vita associata e dell’istruzione negli stati.

Aldo Ciummo