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La politica estera indiana guarda ad Occidente

 

In previsione delle sfide che attendono i rapporti internazionali nel 2010 Asia e Occidente vedono intensificarsi i loro rapporti economici, sociali e politici. Al termine del 2009 l’India attraverso il suo Ministero degli Esteri ha espresso apprezzamento per le linee guida della politica statunitense e stilato una lista di priorità dal punto di vista del proprio paese.

Shashi Tharoor, Ministro degli Esteri per gli Affari Esteri dell’India, in dicembre ha sottolineato attraverso una intervista all’International Herald Tribune Magazine le priorità che il suo paese vorrebbe vedere in cima all’agenda dell’amministrazione statunitense, dato che quest’ultima ha una forte influenza sui processi di pace e di ricostruzione economica al centro nel panorama mondiale odierno.

Come la più estesa democrazia nell’Est del Mondo, l’India esorta gli Stati Uniti, tramite le dichiarazioni del Ministro degli Esteri, a rafforzare le relazioni con il Sud del Mondo, contando sulla storia anche personale del nuovo presidente Usa, cresciuto nel Pacifico.

Un’altra richiesta è l’accelerazione del processo di disarmo nucleare, ma con il presupposto che non ci siano stati intitolati ad un maggiore sviluppo in questo settore rispetto agli altri.

Tharoor ha parlato anche di soluzioni multilaterali ai problemi, considerando la natura sovranazionale delle questioni ambientali, sociali e di sicurezza che si trovano sul piatto.

Nel discorso del politico indiano c’è stato posto anche per la riforma delle istituzioni globali: i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza sono ancora quelli scelti in base ad una guerra di sessantacinque anni fa, è stata la considerazione più importante di Tharoor, mentre il Belgio ha, nella Banca Mondiale, un peso maggiore della Cina, sebbene si conosca il peso concreto assunto da Pechino.

L’intervento del Ministro dell’India quindi è stato anche un richiamo ad una iniziativa per organizzare gli strumenti che dovranno risolvere problemi sempre più stringenti e complessi nella consapevolezza della realtà attuale, che non si può più affrontare con un approccio unipolare, laddove invece i centri di influenza socioeconomica, tecnologica, politica, si sono moltiplicati e le questioni si sono internazionalizzate.

INTERNAZIONALE|La crudele guerra dei bambini

Da nord a sud, cambiano i presidenti, mutano le politiche ma sempre più bambini sono coinvolti in conflitti e guerre, in Congo come in Iraq. Mentre in Italia i bambini rom vengono strappati alle loro famiglie per poter essere adottati

di Simone Di Stefano/Dazebao, l’informazione on-line

Oggi come ieri, sono i bambini al centro di una riflessione profonda che abbraccia diverse culture, mescola fatti di sangue a lotte di classe, avvicina i potenti agli ultimi della classe, facendosi a volte inconsapevolmente veicoli di un messaggio troppo lontano dal concetto di gioventù libera e spensierata a cui apparterrebbero a rigor di logica. Strumentalizzazioni politiche e ideologiche, maschere di una civiltà, da nord a sud, da oriente a settentrione, che macchia l’evoluzione sociale dell’umanità.

Ma veniamo al dunque. Sono due i fatti che si interpolano e che potrebbero a un primo e superficiale punto di vista portare a distogliere lo sguardo dalla realtà. Cosa c’entrano i rom con i ribelli nel Congo? E cosa hanno a che fare i bambini? Fin dalla preistoria la prole è vista come un bene assai più prezioso del contenuto affettivo che ne riveste. Ma la sua degenerazione può facilmente ribaltarsi e fare dei fanciulli dei “mezzi” utili non più soltanto per coltivare campi, come avviene ancora in tante comunità rurali, ma anche al fine essere verosimilmente arruolati in eserciti di liberazione, ad imbracciare fucili alla stregua di bambole o addirittura a indossare tritolo in nome di Allah.

Un dibattito a parte merita poi la strumentalizzazione politica che viene fatta attorno ai bimbi rom, e qui siamo in Italia. È di ieri – ma pubblicata solo oggi su alcuni quotidiani nazionali – l’esternazione pubblica di Migrantes, una costola della Conferenza episcopale italiana, che denuncia che «troppi bimbi rom vengono tolti dai giudici alle loro famiglie». È altrettanto vero che se l’apologia di questo modus operandi risiede insita nella facilità con cui gli zingari sono considerati rapitori di minori, bisogna ammettere che questo è un fatto «tutto da dimostrare e finora non c’è stato nessun caso provato», come hanno proseguito i vescovi.

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INTERNAZIONALE|Obama già sotto tiro di Al Qaeda

Il benvenuto del fondamentalismo islamico al nuovo numero uno della Casa Bianca

Simone Di Stefano/Dazebao, l’informazione on-line

Non si è ancora insediato nella sua nuova dimora, al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, che il neo Presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha già ricevuto la prima minaccia, arrivata per voce di Abu Omar al-Baghdadi, emiro di quello che si fa chiamare lo “Stato islamico iracheno”. Una sigla dietro la quale si nasconde la cellula terroristica di al-Qaeda.

«Ritiratevi, ritirate le vostre truppe dai nostri paesi e non entrate più nei nostri affari», il sunto del pensiero dell’emiro che poi, sempre attraverso la stessa registrazione audio della durata di 23 minuti circa, divulgata su siti e forum on-line di tradizione jihadista, ha proseguito esortando i nuovi capi della Casa Bianca e i loro alleati cristiani a convertirsi all’Islam. «Che la pace sia su chi segue la retta via», ha proseguito al-Baghdadi, che con il suo messaggio ha così interrotto il silenzio, rivolgendosi direttamente al nuovo capo dello stato a stelle e strisce.

Parole che ormai suonano come familiari alle orecchie dell’occidente intero, ma che all’alba di una nuova era, quella che si sta avviando con l’ascesa di Obama al potere, suonano più come un’esortazione ad accelerare i tempi di sgombero delle truppe in Iraq. Ma poi arriva anche il tremendo monito: «Se continuerete a perseverare nei vostri errori, sarete puniti come lo siete stati in passato. La vostra guerra oppressiva contro i paesi islamici sta portando grosse perdite e lo svuotamento della vostra forza e della vostra economia è la ragione principale della fine del gigante».

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