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Sinistra e Libertà favorevole alla ricostruzione della sinistra nei territori

Dopo il netto chiarimento da parte di Vendola della appartenenza a sinistra di SEL potrebbe andare avanti in tutta Italia la prospettiva di iniziative politiche comuni con Prc e IdV

L’Italia non è estranea alla serie di cambiamenti che in tutta la UE, dal Regno Unito alla Germania, ha determinato una crescita di prospettive progressiste, permettendo già in questi ultimi mesi alle sinistre di sviluppare proposte alternative a quel rigore a senso unico che è stato innalzato soprattutto in Italia a protezione di posizioni patrimoniali acquisite, ma purtroppo si è anche manifestata la crescita, in Francia ed in Grecia, di formazioni destrorse capaci di mettere a rischio l’integrazione democratica in Europa. In Italia, accanto al crollo nei consensi dei gruppi conservatori, che hanno in gran parte prodotto la crisi economica del paese, si sono presentate forme di rifiuto dell’attività partitica abbastanza prive di contenuti politici coerenti e fortemente esposte al rischio di evoluzioni destrorse.

Vicino al cosidetto voto antipolitico si è assistito ad una astensione, massiccia nel campo della sinistra e motivata politicamente, dato lo spostamento verso il Centro politico da parte del maggior partito di opposizione di origine progressista (assieme ad un abbandono concreto dei territori) ed a seguito della funzione di di vigilanza ad un museo di simboli assunta da alcuni partiti minori. Questa consistente astensione è un fenomeno preoccupante, non tanto nel suo manifestarsi nelle ultime consultazioni elettorali, quanto nella fuoriuscita permanente dalla partecipazione civile in cui rischia di sfociare, ma non è un fatto irreversibile, come dimostrato dai risultati che una sinistra presente  (Sinistra e Libertà, Rifondazione Comunista, Italia dei Valori) ha ottenuto in molte parti dell’Italia, superando ostacoli consolidati dalla Puglia a Milano, da Cagliari a Genova.

I territori del Centro Italia dove si è votato a maggio del 2012 hanno ricalcato il dato nazionale di partiti in difficoltà (perchè ridotti a liste personali), senza assistere però ad una crescita consistente di tentativi di sfruttare mode passeggere o populismi: qui esistono perciò spazi agibili per la sinistra, al di fuori delle liste personali decennali e dei simboli di testimonianza.

La disgregazione del terreno progressista non ha cancellato, anzi accentua la necessità della sinistra, a maggior ragione in territori che, anche se dotati di energie e di risorse, sono stati ulteriormente isolati dalla pressione della crisi globale, associata alla chiusura prodotta da due di decenni di amministrazioni miopi a livello tanto nazionale e locale, col risultato di trattenere indietro (rispetto ai progressi sia pure parziali di molti stati europei) un paese come l’Italia che era stato uno dei fondatori dell’Unione Europea. Una parte significativa della popolazione vicina alle varie tendenze progressiste è oggi alle prese con la disgregazione sociale di questi anni, ma è consapevole che il territorio non è slegato dal resto della nostra Europa.

Fin da quando riempivano l’attualità, Berlinguer e Delors proseguivano, costruendo l’economia sociale di mercato, il percorso che Jean Monnet e Luigi Einaudi avevano iniziato per rafforzare la conquista europea della liberazione dai totalitarismi: ma come tanti fenomeni preoccupanti dimostrano, mentre le difficoltà dividono la società, partecipazione e sviluppo non sono ancora garantiti.

I territori nel centro Italia hanno le potenzialità per diventare centri di eccellenza e se la sinistra ritorna compatta (evitando l’assimilazione ai governi conservatori e tecnici e l’isolamento in una funzione di pura protesta) può essere uno dei motori dell’alternativa progressista che è già iniziata in Puglia, a Milano, Cagliari, Genova.

Se non si cade in urgenze sterili legate ai calendari politici ed alle esigenze dei vari funzionariati consolidatisi nel tempo nei partiti vecchi e nuovi e si provvede invece a costruire una sinistra forte, coordinata nel quadro nazionale e saldamente collegata al panorama europeo, sono molte le novità sostanziali che sarà possibile introdurre nelle amministrazioni e così nel territorio, collegando le iniziative locali al contesto della Unione Europea e sviluppando sinergie utili a dissodare un terreno sociale che nei decenni in cui è stato sano non ha certo costruito la propria riuscita sull’isolamento.

Aldo Ciummo

L’iniziativa sull’Energia di Urbino per diversificare le Alternative

 

 

Il Concorso che porterà all’esposizione del 22 maggio è stato elaborato dall’Itis Marconi con una attenzione particolare ai risultati tecnici

 

L’iniziativa dell’Istituto Tecnico Industriale Enrico Mattei di Urbino di un concorso per stimolare la creatività in materia di nuove tecnologie è stata avviata con il contributo di una srl di apparecchiature scientifiche “Mad”.

E’ stata prevista la partecipazione di singoli studenti, gruppi o classi. I partecipanti hanno avuto l’opportunità di proporre apparecchiature realizzate, progetti tecnici e di interventi legati all’energia, anche presentazioni ed elaborati informativi sul tema trattato.

I premi previsti sono un generatore termoelettrico, un pannello fotovoltaico ed una turbina eolica, perchè l’obiettivo della Festa dell’Energia è appunto legato ad una progressiva implementazione delle pratiche ecosostenibili sul territorio.

Gli stand sono stati messi gratuitamente a disposizione degli espositori per la giornata del 22 maggio dall’Itis Mattei di Urbino in collaborazione con la provincia di Pesaro ed Urbino, con il comune di Urbino e l’Università agli studi “Carlo Bo”.

Il Parco dell’Istituto Superiore ospiterà la mostra dei prodotti e dei progetti riguardanti le energie rinnovabili e il risparmio energetico dalle 10.00 alle 18.00, con ingresso gratuito.

Aldo Ciummo

L’ Europa non sarà questa

 
 

A Rosarno è esplosa una nuova rivolta di immigrati. Questo è quello che accade quando si tratta la vita umana come una merce e si considerano le persone mera forza lavoro. Rivolte di clandestini – tali quando si tratta di reclamare diritti ma non quando si accetta che costruiscano parte della nostra ricchezza – si sono verificate in questi anni in Italia come in Francia ed in Grecia.

A  Rosarno tra ieri ed oggi è scoppiata una rivolta di extracomunitari, dopo il ferimento di alcuni di loro da parte di “ignoti”. Come di consueto quando sono trascinati per le braccia e per le gambe a rivoltarsi contro situazioni inaccettabili che ne mettono a rischio la semplice incolumità, gli immigrati diventano una notizia, non sono tali quando lavorano al nero costruendo parte importante della ricchezza dei nostri paesi, nè quando sono rinchiusi in silenzio nei centri di detenzione appositi, per il reato di essere entrati clandestinamente nel territorio che, diciamo così, li “ospita”.

Il lavoro sottopagato dei nuovi cittadini, spesso anche quando sono regolari e si tengono strette le condizioni che gli sono state dettate, è una realtà molto spesso tacitamente accettata e attivamente promossa da quelle stesse fasce sociali che della precarietà (straniera e generalizzata) del lavoro, si avvantaggiano e che poi attaccano la trasformazione della società, come se la presenza delle persone e di ciò che significano possa essere rifiutata come un fatto avulso dalla richiesta invece della forza lavoro. E come se i problemi di ordine pubblico scaturiti dalla marginalizzazione dei clandestin non derivassero dalla negazione dei diritti e con questi della partecipazione alla democrazia “ospitante”.

L’Europa, paese aperto come dimostra la sua storia anche recente, con l’ingresso di cittadini di origine straniera negli esecutivi di vari governi e città importanti in paesi avanzati (nel Regno Unito, in Olanda e in molti altri stati), fa dell’immigrazione, come forza lavoro anche qualificata ma non di meno come arricchimento culturale e sociale del continente, uno degli stimoli che la può portare a competere nel mondo di oggi, che non è un insieme di fortezze. Nonostante l’irrigidimento di una parte significativa della popolazione sul tema delle migrazioni, le culture politiche tradizionali in Italia non sono in sintonia con la gente comune, in buona parte politicamente laica o addirittura disinteressata – e non senza ragioni – alla politica del palazzo, l’integrazione non è un discorso partigiano: conservatori progressisti (nella improbabile ipotesi che l’Italia specialmente e l’Europa in generale possano dividersi lungo questa linea) sono tagliati da posizioni trasversali in materia.

I paesi più avanzati nella cultura della democrazia ed anche per questo indubitabilmente più forti pure economicamente (congiunture a parte) come Stati Uniti e Regno Unito, hanno accolto, nonostante aspre difficoltà iniziali, un gran numero di immigrati, anche raggruppati in comunità compatte ed estremamente diverse dal paese ospitante e grazie a queste esperienze oggi sono capaci di circoscrivere reazioni di tipo medioevale da parte di segmenti marginali popolazione autoctona (tendenze che peraltro lì si manifestano in presenza di una pressione demografica da parte delle “minoranze” di proporzioni ben diverse, nel senso di fortemente maggiori, rispetto a quelle conosciute dall’Italia o dalla Spagna).

L’Italia, assieme ad una gran parte dei paesi del sud e dell’est del continente ed in qualche misura in maniera comune a tutta la Ue, ha la fortuna di conoscere una immigrazione poco identitaria, perchè sfaccettata in mille comunità nazionali, con emigranti che si ritrovano in modo generalmente disomogeneo sul territorio nazionale con i propri concittadini e aspirano a diventare cittadini del paese di arrivo, pagando tasse ben prima di diventarlo e comunque buttando il sangue al nero nella costruzione della ricchezza dei propri benefattori ed ottenendo cittadinanza e servizi molto dopo, leggende a parte. Ben diversa la situazione in qualche stato europeo ed extraeuropeo, spesso definito ultraliberista da una sinistra rimasta ai primissimi anni cinquanta, ma dove non si fanno le differenze per il colore della pelle. Ma anche per quello lì ci sono società che non sono state schiantate dalla crisi, pur essendosela vista brutta.

I cittadini dell’area della Calabria dove si è verificata la rivolta hanno manifestato disagi reali. Come difficoltà concrete esprimono i lavoratori che si sentono messi nell’angolo dalla possibilità, per le aziende, di sfruttare immigrati che diventano così una concorrenza al ribasso. In tanti, soprattutto nelle generazioni più recenti che si rendono conto che comunque gli extracomunitari ci sono ed è meglio che un tetto dato che faticano lo abbiano e che in moschea o nella chiesa ortodossa se vogliono (e se come avviene pagano profumatamente tasse e documenti) possano andarci, si chiedono: ma non sarebbe meglio concedere ai nuovi cittadini gli stessi diritti che hanno gli altri, in modo che tra l’altro tutti possano reclamarli senza il ricatto del disperato che potrebbe fare lo stesso lavoro al nero perchè clandestino?

Sarebbe troppo facile, poi bisognerebbe investire nella ricerca industriale ed imprenditoriale piuttosto che nella precarizzazione del lavoro, ed in tanti perderebbero posizioni di rendita e postazioni di ruolo culturale. Non certo soltanto a destra.

Aldo Ciummo

La Svezia si avvia ad essere definitivamente leader nelle nuove tecnologie

Ci troviamo sotto le feste, ma questo non è l’unico periodo ideale per apprezzare i paesi del Nord Europa e la cultura del posto, perfino l’impatto climatico degli aeroporti viene curato con attenzione dagli ingegneri in Svezia e prediligere la Scandinavia per le ferie significa anche dire sì ad una visione responsabile dell’ambiente e dello sviluppo

 

 

Secondo i programmi europei che valutano l’impatto degli aeroporti Stoccolma significa il massimo come responsabilità ambientale. L’ Airport Council International Europe ed il WSP Environmental, una multinazionale di consulenza tecnico ambientale sostengono il programma Airport Carbon Accreditation. “L’aeroporto di Arlanda è ora completamente neutrale dal punto di vista dell’impatto climatico delle proprie attività quotidiane, avendo realizzato dal 2005 al 2008 un piano di riduzione del 50 % circa delle emissioni grazie a una serie di razionalizzazioni energetiche e al passaggio alle fonti di energia rinnovabili – riferiscono i responsabili di VisitSweden – ed ha adottato un sistema di prenotazione preferenziale per gli eco-taxi. Ad Arlanda gli eco-taxi sono circa 45% del totale e l’aeroporto prevede di accettare solo eco-taxi nei prossimi anni”. 

Un terzo degli autobus sono alimentati da energia rinnovabile e inoltre l’azienda dei trasporti pubblici SL possiede il più grande parco mezzi del mondo di autobus alimentati da etanolo. Nella primavera del 2010 prenderà il via la costruzione di un nuovo Eco-Quartiere ad alto contenuto innovativo e nel 2030 Stoccolma sarà leader mondiale per ciò che riguarda lo sviluppo e l’applicazione di nuove tecnologie nel campo dell’energia e dell’ambiente. Si può dire che si sta avviando la costruzione di nuovi quartieri che avranno la funzione di modello su scala planetaria.

Hammarby Sjöstad, uno dei quartieri meridionali di Stoccolma, sta contribuendo a fare della capitale svedese una delle città che si trovano ai primi posti nel mondo per lo sviluppo urbano sostenibile. Norra Djurgårdsstaden, ”Royal Seaport district” nella zona nord-orientale della città, sarà la maggiore area di sviluppo urbano della Svezia secondo i progetti delle autorità.

Fino al 2025 andrà avanti la crescita di un quartiere innovativo e ambientalmente sostenibile; le questioni legate all’ambiente e all’energia hanno attraversato tutte le fasi di pianificazione urbana della zona, iniziata agli inizi del 2000, che prevede tra l’altro la creazione di 10.000 nuove unità abitative con primo ingresso nel 2011. L’area è situata in riva al mare e confina col primo parco nazionale cittadino del mondo, l’Eco-Parco, una vasta area all’aria aperta, molto frequentata per via della sua ricchezza floreale e faunistica, ma anche delle sue diverse attrattive culturali tra l’altro diversi musei.

La fonte di queste novità sulla Svezia è Visit Sweden, organizzazione naturalmente orientata  a valorizzare le caratteristiche positive del patrimonio turistico, culturale ed imprenditoriale ma si può aggiungere che i fatti su cui ci si basa sono dati reali e che è significativo in positivo che un territorio faccia leva su una visione responsabile del turismo e sulla capacità di rispettare l’ambiente, anche perchè la cura della sostenibilità dell’economia nulla toglie ed anzi stimola un contesto favorevole ad una straordinaria accoglienza in favore della cultura di questi luoghi. Impossibile non aggiungere che il blocco europeo all’avanguardia nel rapporto con la natura circostante ossia Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Islanda condivide anche nelle pratiche economiche il principio dell’ecologia e quindi visitare ognuno di questi paesi rappresenta un contributo ad un modello di sviluppo che spinge l’Europa come paese e la UE ad una prospettiva più lungimirante.

Luca Federici: “l’industria elettronica è intrinsecamente verde”

L’ illustrazione dei progetti dell’istitituto tecnico Mattei è stato uno degli aspetti del dibattito sul COP15 di Copenaghen, spunti da approfondire nelle iniziative di Mattias Broman, Richard Scarborough, Federico Scaramucci ed Emanuele De Angeli, impegnati nei rispettivi ruoli per la sperimentazione dell’economia ecosostenibile in Europa e per un più forte rapporto del territorio di Urbino con Nord Europa, Ue ed impresa.

Cambiamenti climatici ed economia verde sono stati al centro del dibattito che (contemporaneamente allo svolgimento del vertice di Copenaghen) ha visto uno dei territori più dinamici del Centro Italia, Urbino come città universitaria e anche Pesaro, illustrare l’esperienza locale nella sostenibilità economica ed ecologica. Sono state coinvolte l’Università di Urbino Carlo Bo, col rettore Stefano Pivato, il sindaco Franco Corbucci e Matteo Ricci presidente della provincia, GreenPeace con Gian Italo Bischi, Massimo Vannucci per il Parlamento Italiano, Francesca Crespini come assessore alle energie rinnovabili del comune e parlamentari europei quali Vittorio Prodi. Ma veniamo al territorio ed al suo impegno specifico nei progetti.

Federico Scaramucci ed i suoi collaboratori lavorano attivamente soprattutto per uno stabile rapporto dell’area con i paesi del Nord Europa, attraverso l’associazione indipendente Ragnarock, che quest’ anno ha concentrato la propria azione appunto sul clima e le energie rinnovabili. In questo senso sono stati molto apprezzati gli interventi nel dibattito di Mattias Broman, consigliere dell’ambasciata della Svezia e anche del primo segretario dell’ambasciata di Norvegia, Richard Scarborough, e di Nunzia Riccardi per Assosvezia, camera di commercio italo-svedese. Le esperienze riportate, (su cui il sito si soffermerà nei prossimi giorni così come sull’impegno artico norvegese) sottolineano il ruolo del rispetto dell’ambiente nello sviluppo equilibrato dell’economia e della società. Altro capitolo è stato aperto sull’impegno “verde” danese.

Francesca Crespini ha ricordato che Urbino è sito Unesco e di interesse comunitario ed ha un corso dedicato solo ai cambiamenti climatici tra gli insegnamenti dell’università. Simone Galeotti ha presentato questo corso e affermato che il suo scopo è creare una generazione di specialisti in grado di studiare le strategie di adattabilità del territorio provinciale rispetto ai cambiamenti ambientali. L’istituto Tecnico Agrario Cecchi di Pesaro e il Tecnico Statale di Urbino hanno illustrato i loro propri progetti e forse sarà possibile entrare ancora di più nello specifico di queste iniziative per i nostri lettori nel corso del tempo. Sicuramente chi legge queste pagine avrà modo di entrare nel vivo dell’azione di Oslo nel Polo Nord in funzione ecosostenibile mentre anche altri spazi saranno dedicati alla dimensione europea del territorio e con ragnarock ai rapporti con la parte settentrionale dell’Europa. La comunità, presieduta in questo momento dalla Svezia, gioca una grossa parte nel settore energetico.

“Secondo la Svezia i dati parlano chiaro, dobbiamo imparare a vivere in maniera sostenibile – ha detto Mattias Broman – la prima priorità della nostra presidenza nell’Unione Europea è gestire bene i cambiamenti climatici, con la crisi petrolifera abbiamo iniziato a lavorare ed i risultati che oggi vediamo sono frutto di una politica di lungo periodo. Abbiamo diminuito le emissioni del nove per cento e l’economia nello stesso periodo è cresciuta di più del quaranta per cento, si può fare sviluppo rispettando l’ambiente” ha concluso il consigliere dell’ambasciata di Svezia.

Richard Scarborough ha reso noto che l’obiettivo della Norvegia è di un abbattimento delle emissioni nocive per l’atmosfera di dieci punti percentuali in più rispetto all’obiettivo indicato dalla Ue e sottolineato l’importanza dei comportamenti dei cittadini nella vita quotidiana. “E’ importante anche che la Svezia nell’Unione Europea e noi dal di fuori cooperiamo insieme in un organismo appositamente creato per promuovere le politiche ambientali, un mercato ecologico” ha dichiarato Scarborough.

Nel corso della giornata c’è stato anche un collegamento via web con Copenaghen, dove la situazione era piuttosto tesa a causa della difficoltà dei governi a raggiungere un accordo. All’incontro di Urbino era presente anche Piero Badaloni che ha sottolineato il ruolo dell’Unione Europea. Luca Federici ha presentato il progetto dell’istituto tecnico di Urbino che frequenta, una realizzazione il cui scopo pratico è trovare un equilibrio tra produzione e consumo di energia, con un discorso molto forte a favore di una economia sostenibile in particolare nel comparto elettronico che è quello che gli studenti di quel corso conoscono meglio. Analogo l’intervento degli studenti dell’Agrario di Pesaro.

Nunzia Ricciardi per Assosvezia e anche come country manager di Kinnarps Italia, che produce mobili per ufficio con procedure particolarmente attente alla sostenibilità, come il riutilizzo degli scarti di legno, metallo e tessuti, si è soffermata sul ruolo dei consumatori e sulle opportunità economiche che un atteggiamento realistico nei confronti dell’ambiente e delle esigenze della società offre. Il territorio chiaramente si sforza di accomunare cooperazione ambientale in ambito europeo e rapporti anche culturali ed imprenditoriali con il Nord Ue.

Mentre la mattina della giornata di venerdì 18 dicembre, punto centrale dell’iniziativa che ha visto strettamente coinvolte Svezia e Norvegia, è stata dedicata molto all’aspetto culturale ed anche a ciò che avviene nell’istruzione per favorire soluzioni nelle trasformazioni ambientali ed all’l’incontro degli addetti ai lavori al Magistero di via Saffi, nel pomeriggio al palazzo Ducale il dibattito è stato incentrato sul ruolo delle imprese ed è stato condotto da Emanuele De Angeli, consulente ambientale impegnato in questi anni perchè l’opzione ecosostenibile non venga semplicemente affermata in teoria ma si realizzi attraverso concrete soluzioni praticabili nell’economia del territorio.

Aldo Ciummo

Al Palazzo dell’Innovazione e della Conoscenza di Napoli “Ripensare le città”

 

Una scommessa ragionata sui fondi europei è ciò che ha portato allo sviluppo diverse aree d'Europa e che auspicabilmente porterà nei prossimi anni alla loro reciproca integrazione

Il 15 dicembre una iniziativa dedicata a Riqualificazione, Innovazione e Mobilità sarà una occasione di riflessione sull’impatto del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale

Il programma operativo regionale della Campania (POR) per il 2007-2013 si trova ad uno stadio abbastanza avanzato ed il 15 dicembre 2009 al Palazzo dell’Innovazione e della Conoscenza (Pico) si svolgerà un dibattito dedicato all’illustrazione degli obiettivi raggiunti e di quelli per i quali lavorare per uno sviluppo più equilibrato della regione.

I progetti finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale stanno apportando diverse trasformazioni in Italia, le aree del Mezzogiorno sono tra quelle che potranno beneficiarne di più ed accelerare così la integrazione delle zone anche marginali finora nella comunità europea.

La giornata prevederà l’intervento di Carlo Neri (Autorità di gestione del POR Campania per il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale FESR 2007-2013) , di Maria Adinolfi, responsabile dell’Obiettivo Operativo “Più Europa” , l’assessore ai Trasporti e Viabilità, Porti ed Aeroporti, Ennio Cascetta, Gabriella Cundari (Urbanistica, Politiche del Territorio), il Presidente del Tavolo Regionale del partenariato Economico e Sociale Mario De Biase, il capo di gabinetto della giunta regionale Maria Grazia Falciatore.

Lo sviluppo del territorio coinvolge anche l’istruzione e la ricerca, per le politiche legate alle scienze ed all’università parteciperà l’assessore Nicola Mazzocca. Ci saranno anche il presidente di Bagnoli Futura, Rocco Papa, il sindaco di Benevento Fausto Pepe, anche per il tavolo Città più Europa, Maria Raffa, assessore allo sviluppo del comune di Napoli, Leopoldo Spedaliere, Presidente Tess Costa del Vesuvio e la giornata sarà coordinata da Paolo Leon.

L’iniziativa al Palazzo PICO di via Terracina è sostenuta dal Governo, dalla UE e dalla regione, con il motto “la tua Campania cresce in Europa” ed è da intendersi come uno stimolo alla partecipazione dei territori alla costruzione di una economia integrata in Europa, una delle basi per una società sempre più aperta anche oltre i vecchi confini.

Aldo Ciummo

Marco Almagisti sulla partecipazione femminile in politica: “una ricchezza per il capitale sociale dei territori”

La qualità della Democrazia in Italia Capitale Sociale e Politica. Marco Almagisti affronta dettagliatamente il problema dello scollamento tra strutture istituzionali e forme nelle quali la vita in comunità dei cittadini concretamente si sviluppa. Sintomo ulteriore di questo divario tra la realtà e il potere è a nostro parere il mancato riconoscimento della partecipazione femminile e del protagonismo femminile ai vertici delle organizzazioni, delle imprese e delle istituzioni sovraordinate rispetto ai livelli locali.

Il docente di Scienze Politiche all’Università di Padova ha studiato le pratiche che, eccedendo le regole base della democrazia per creare ulteriori legami civici, aumentano il “capitale sociale”, la qualità, di una democrazia. Gli ostacoli tradizionali alla partecipazione femminile nelle organizzazioni più influenti sono tra i sintomi dello scollamento tra attivismo crescente nella società e rigidità dei sistemi di potere, tema che ad un livello più ampio è affrontato da Almagisti, con una particolare attenzione al ruolo, in via di ridefinizione e di rilancio, assunto dai territori.

 

Al principio della nostra ricognizione sui rapporti tra partecipazione femminile e qualità della democrazia, ormai alcuni mesi fa, Marco Almagisti, autore del testo “La qualità della democrazia in Italia. Capitale Sociale e Politica”, ci ha detto che anche se le pratiche che eccedono in positivo le regole scritte che permettono alla società di funzionare sono processi legati alla storia delle singole comunità, le regole hanno un loro peso: nel caso della partecipazione femminile “uno degli elementi fondamentali è proprio la possibilità di accesso, se ci sono meno strumenti di welfare le opportunità diminuiscono”.

Almagisti è autore di molte ricerche sulle relazioni tra stato, partiti, associazioni e cittadini, indagini che approfondiscono soprattutto lo spazio vuoto che si è venuto a creare tra le organizzazioni politiche ed istituzionali ed il sapere sociale dei luoghi dove la vita dei cittadini si sviluppa, e sui tentativi di riempirlo che le comunità locali, le associazioni, gli studenti, i nuovi partiti locali, hanno messo in atto e stanno sperimentando.  Nell’intervista gli è stato fatto notare che uno dei segni più eclatanti dell’impermeabilità sviluppata dalle istituzioni è il ritardo rispetto all’ingresso di donne ai vertici delle organizzazioni, laddove nella società civile cresceva un protagonismo femminile che la arricchiva.

“Non soltanto i partiti ma anche le associazioni – ha risposto Almagisti – sono state ideate da maschi e pensate da uomini e questo ha delle conseguenze che si ripercuotono poi a livello superiore, nelle sedi dove si prendono le decisioni. A fronte comunque di strutture che si oppongono ai cambiamenti, si può affermare che nei territori, io guardo al Veneto, il potere di perpetuazione oligarchico è meno forte, abbiamo in Veneto varie amministrazioni in cui ai vertici ci sono donne e bisogna dire che lì c’è un approccio molto pragmatico e inclusivo ai problemi”.

Il Veneto e la Toscana sono al centro del libro edito da Carocci, Almagisti infatti trova nelle esperienze storiche (due casi di protagonismo dei territori prima dell’insorgenza del locale cui si è assistito dagli anni ’90 in poi, due laboratori di autogoverno a guida Dc in Veneto e Pc in Toscana) ed attuali (il partito territorio ed il sistema dell’impresa in Veneto, il peso dell’associazionismo con dna sociale in Toscana) esempi di ambienti dove l’attivismo degli abitanti organizzati in comunità cerca la propria forma istituzionale e il proprio raccordo con lo stato.

“E’ vero che sopratutto tra gli studenti le strutture caratterizzate in senso sessista finalmente sono superate, studenti, protagonisti delle nuove professioni, dell’autoimpresa, portano avanti un grande attivismo civico, perfino in piccoli centri come Trebaseleghe (Padova) a coordinare le iniziative civiche cui prende parte una buona fetta della popolazione sono spesso ragazze”. Allora quello che viene da chiedere a chi studia nel dettaglio i sistemi politici è se questi cambiamenti sono in grado di smuovere mutamenti molto più lenti nelle istituzioni centrali.

“Nell’ambito locale sì, mentre nel capoluogo, Treviso, si registravano problemi sull’esercizio del culto da parte di persone di religione diversa, a Villorba il sindaco ha dato la disponibilità a patto che le funzioni si svolgessero in lingua italiana. Liviana Scattolon, sindaco di Villorba, è della Lega, guardando invece ad un’ altra area politica si potrebbe menzionare Laura Puppato, sindaco di Montebelluna (Belluno), ha anche lei una politica di risoluzione dei problemi degli immigrati basata su una integrazione di fatto, ancora una volta approcci molto pragmatici, molto inclusivi”.

Anche alla luce del contributo di Almagisti, dedicato alla democrazia ma per noi del tutto in tema riguardo alla qualità della vita delle comunità del nostro territorio italiano ed europeo in fatto di partecipazione femminile, si potrebbe aggiungere che anche la novità regionale del Lazio, con una probabile presenza di candidature di donne da parte delle maggiori coalizioni, rappresenta una possibilità di ribaltamento della situazione, perchè il panorama nazionale è ancora molto bloccato da questo punto di vista e un segnale dal Lazio non sarebbe insignificante perchè si tratta di una regione – la regione di Roma – che ha un peso politico anche di carattere nazionale maggiore di molte altre.

Aldo Ciummo

Il Canada appoggia l’impegno ecologico scandinavo

La Presidenza Svedese della Ue si caratterizza per il suo sforzo in direzione di politiche economiche ecosostenibili. Danimarca, Finlandia e Norvegia ne condividono la storia di valorizzazione ecocompatibile delle risorse naturali.

 

L’ambasciatore canadese James Fox, nel corso di un incontro sull’Artico che ha avuto luogo a Roma il 19 novembre, ha espresso l’appoggio del Canada a strategie di lungo periodo a tutela del Polo Nord. Con questa breve cronaca dell’incontro introduciamo una serie di brevi articoli sulle questioni aperte e sul ruolo dei singoli paesi nordici, specialmente europei

Nella Unione Europea la Svezia, la Danimarca, la Finlandia e, nello spazio dell’European Free Trade Agreement, la Norvegia, promuovono politiche di sviluppo compatibile con le esigenze dell’ambiente nell’area dell’Artico. La regione del Polo Nord è al centro di un crescente interesse, non soltanto in Italia, a causa dei cambiamenti (peraltro molto problematici per più di un aspetto) indotti dalle trasformazioni del clima in questi ultimi decenni. Lo scioglimento dei ghiacci rappresenta una incognita per molti abitanti della zona (e del pianeta) ma anche una possibilità di accresciuti traffici e attività economiche, opportunità che come si intuisce facilmente hanno un rovescio molto difficile dal punto di vista della sostenibilità. Ed i paesi che si affacciano sulla regione ovviamente non sfuggono alla ricerca della valorizzazione economica delle risorse.

Nel corso di un incontro che si è svolto la scorsa settimana presso l’ambasciata del Canada a Roma, i rappresentanti di Svezia, Norvegia, Danimarca, Finlandia e del paese che ospitava l’iniziativa nella propria ambasciata (cioè il Canada) hanno voluto sottolineare il ruolo che la consapevolezza di sedere letteralmente sopra le risorse di cui si parla gioca per questi paesi. Molti mass media spesso mettono l’accento sulla corsa alle risorse, ma le nazioni nordiche sanno bene che la loro vita dipende dall’ambiente, molto ricco ma estremamente fragile, nel quale le loro culture si sono sviluppate.

L’ambasciatore del Canada, James Fox, ha ricordato che quest’anno la legge di bilancio del suo paese ha stanziato 350 milioni di euro per l’Artico, per promuovere la costruzione di infrastrutture, la ricerca scientifica, lo sviluppo delle fonti energetiche ed il commercio delle risorse ittiche. Altri fondi saranno destinati alla formazione, all’occupazione della popolazione locale, ai servizi sociali ed al sostegno ai popoli aborigeni, che nutrono una serie di preoccupazioni, fondate data l’esiguità numerica e la debolezza “politica” che ne deriva e di cui nei prossimi giorni si parlerà su queste pagine in un articolo specifico, così come verranno illustrati diversi aspetti (da quello ambientale a quello culturale) della questione dibattuta nell’incontro e approfondito l’impegno dei singoli paesi nella regione, in particolare di quelli europei.

Il dibattito della scorsa settimana a Villa Grazioli si è snodato in quattro tavoli dedicati ai seguenti argomenti: “La realtà artica – sviluppo economico e sociale delle comunità autoctone”, “Materie prime, sviluppo energetico e considerazioni geopolitiche”, “La realtà artica – Impatto e sfide del cambiamento climatico” , “Il Consiglio Artico – Un modello per la collaborazione internazionale nella Regione dell’Artico”.

Oltre agli ambasciatori delle nazioni interessate e ai rappresentanti delle popolazioni autoctone citati nell’articolo apparso il 20 novembre qui su Skapegoat, sono intervenuti molti esperti e specialisti come Dag Claes, Professore di Politiche Nazionali ed Economia presso l’Università di Oslo (Norvegia), Dante Casati (del dipartimento Affari Internazionali dell’ENI), Margaret Johansson (del Dipartimento di Fisica geografica ed analisi dell’ecosistema dell’Università di Lund, in Svezia), Giuseppe Cavarretta, Direttore del Dipartimento Terra ed Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il CNR italiano; Daniele Verga, inviato speciale per l’Artico del Ministero Affari Esteri e Francesco Eugenio Negro, il viaggiatore di lungo corso nell’area e medico.

Il dibattito ha toccato moltissimi argomenti e chiarito che in questa regione abbiamo molto di più del ghiaccio da proteggere, ragion per cui rimandiamo ad altre parti del servizio che appariranno su queste pagine ed in altri spazi web nelle prossime due settimane. Vi saranno proposti diversi spunti per inquadrare vari aspetti dell’ Artico, un articolo sui progetti ecocompatibili della Danimarca, uno sulle iniziative svedesi in favore dell’area, un pezzo sulle problematiche dei popoli autoctoni come i Sami e gli Gwich’in, opinioni e  politiche finlandesi per l’ambiente ed almeno due articoli sul ruolo della Norvegia nella regione. L’incombente vertice sul clima di Copenaghen rende il tema molto attuale.

Aldo Ciummo

Il 26 novembre a Mestre presentazione del libro sui Diritti delle Donne

 

Copertina del libro di Daniela Danna "Stato di Famiglia", nel corso del dibattito e delle settimane su queste pagine troverete sottolineati anche spunti presenti in testi non strettamente dedicati alla questione dei diritti delle donne, ma ugualmente interessanti proprio ai fini di una riflessione sull'arricchimento della qualità della democrazia grazie al protagonismo femminile nella società, nell'impresa, nei territori ed in Europa

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti della Donna verrà presentato il libro di Daniela Danna sulle violenze in famiglia. Su queste pagine se ne prende spunto per avviare la pubblicazione di una serie di opinioni di esperti di rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile, interviste raccolte nel corso di diversi mesi in seguito all’uscita del testo di Marco Almagisti sul capitale sociale

 

 

La cronaca nera straborda dalle riviste e dalle notizie quotidiane, fa parte delle cose che esistono ma non ci piacciono, andrebbe affrontata ugualmente ma c’è già chi lo fa, decine di mass media che lo fanno, spettacolarizzandola, semplificandola o anche approfondendo in maniera efficace le possibile soluzioni. Qui si può fare altro (i lettori di skapegoat ci hanno abituato alla loro pazienza, non cercano solo l’ultima notizia) e approfittare del sasso nello stagno per avviare la rassegna di opinioni sulle strutture di potere più arretrate in Italia ed in Europa, nella società molto prima che nello stato (ma con drammatici effetti di rinforzo di meccanismi arcaici anche nello stato), che il maschilismo ha lasciato a presidio del terreno, di quello concreto della società italiana ma non solo italiana e a presidio del terreno più importante per la crescita dei cambiamenti cioè quello culturale.

L’iniziativa del giorno è la presentazione del libro di Daniela Danna “Stato di Famiglia – Le donne maltrattate di fronte alle istituzioni”  al Centro Culturale Santa Maria delle Grazie di Via Poerio 32 a Venezia, giovedì 26 novembre, l’autrice nel corso dell’incontro discuterà del tema con Patrizia Marcuzzo del Centro Antiviolenza del Comune di Venezia. Si parlerà di come lo stato italiano protegge le vittime delle violenze che avvengono dentro le mura domestiche e del ruolo giocato da tutte le figure in grado di fornire aiuto (operatori dei tribunali, assistenti sociali, agenti) e soprattutto delle testimonianze. Verrà affrontato anche l’argomento delle strutture culturali in cui gli episodi in questione avvengono.

Spostiamo però l’attenzione all’incrocio tra cultura, società e stato, perchè questo crocevia è stato il punto di vista assunto quando su queste pagine web si è iniziato a seguire con più continuità il rapporto tra partecipazione femminile e qualità della democrazia, interpellando proprio su questo punto il professor Marco Almagisti, la cui ricerca verte soprattutto sulla qualità della democrazia. Almagisti non ha avuto difficoltà a rispondere anche sullo specifico, sulla partecipazione femminile, anche se il suo libro non trattava principalmente di questo. E altri apporti sono stati forniti in seguito da Alisa Del Re, Lucia Visca, Luciana Castellina, che conoscerete attraverso le loro opinioni con l’uscita delle interviste nel corso delle prossime due settimane.

Il motivo per cui è stato scelto il libro di Almagisti come spunto per una riflessione sui rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile è questo: il libro parla di capitale sociale, ossia quel patrimonio civile e associativo che eccede le regole della democrazia e le regala qualcosa di più permettendo alla democrazia di crescere grazie al coinvolgimento della gente. L’autore stesso, nel suo libro, supera le strutture politiche per occuparsi anche di tutto ciò che nella evoluzione della democrazia è legato al lavoro, alla dimensione locale, ai rapporti informali, e di ciò che i territori possono investire nella costruzione dell’Europa.

Adesso, se per capitale sociale si intende la capacità di coesione e di riconoscimento delle energie presenti nelle comunità, non si vede quale elemento più importante del protagonismo femmile le situazioni locali hanno espresso negli ultimi venti anni. Questo almeno a mio parere e soprattutto se si parla di tutto il sapere che non si limita alle forme istituzionali ma permette la crescita nella società a livello di associazionismo, produttività, ricerca e socialità.

Ecco perchè le persone intervistate si sono viste proporre le medesime occasioni di riflessione che seguono ed è sulla base di queste che hanno espresso le opinioni che leggerete nelle prossime settimane, come prima cosa il fatto che se vi sono stati dei ritardi nell’incremento della partecipazione femminile, si sono riscontrati anche cambiamenti sostanzialmente e non solo quantitativamente positivi nel corso degli ultimi decenni, sia pure a fasi molto alterne.

Un altro fattore che l’analisi della situazione del capitale sociale (inteso come rete di associazioni, patrimonio di pratiche sociali eccetera…) ci ha suggerito è il ruolo dei diversi territori, delle regioni più avanzate o della loro tradizione (il testo si basa sulle esperienze raccolte in Toscana e in Veneto) nell’avanzamento del ruolo delle donne nella società. Si rischia una certa confusione perchè qui segnaliamo la presentazione di un testo che parla di violenze private (Danna sullo stato di famiglia) e introduciamo contemporaneamente un dibattito partito dalla diffusione di un libro che parla di sistemi politici (Almagisti sul capitale sociale) ma è una scelta che faccio perchè i problemi sociali come il sessismo, la partecipazione nella politica e i sistemi istituzionali sono strettamente interrelati e anche senza essere scienziati sociali vale la pena di introdurre un dibattito in più su questi legami.

A livello locale, dove i cambiamenti sono a volte più forti della cultura politica arcaica più forte della realtà che si esprime spesso nelle immutabili strutture nazionali (il ritardo in termini anche numerici nell’inclusione di tutte le componenti della società è talente evidente che non ci ritorniamo) la situazione evidenzia molti casi di progresso concreto, dove in alcuni territori (nella pratica quotidiana dell’amministrazione, dell’impresa e dell’associazionismo) delle barriere di genere non c’è talvolta più traccia.

Inoltre se l’Europa degli artigiani e degli agricoltori è quasi scomparsa e in testi come quello sul capitale sociale se ne registra la trasformazione anche nelle regioni, come appunto Veneto e Toscana, e se questo ha prodotto anche delle crisi nella coesione sociale del paese e della provincia, nel mondo delle professioni, nell’istruzione e nell’associazionismo la presenza femminile è oggi maggiormente incisiva ed è quindi oltre che un cambiamento uno dei maggiori agenti degli altri mutamenti sociali e culturali.

Il problema è che restano sovrastrutture arcaiche pure a livello istituzionale e non si può evitare che queste causino ritardi e regressi anche nella società, soprattutto quando si accompagnano a barriere ereditate dal passato anche nel mondo dell’impresa, dell’economia e dei settori della società che dei progressi più hanno beneficiato ma non riconoscono sempre i meriti in termini di responsabilità che vengono affidate alle donne. Le operazioni di costruzione del capitale sociale (inteso in sintesi come modo di coesione di una società al di là delle regole imposte) sono sempre rischiose, perchè la cultura e la percezione di cui le comunità vivono si costruiscono nel tempo, nel proporvi il contenuto delle interviste infatti ci sarà occasione di ritornare anche sui limiti del ruolo che l’Europa può svolgere per stimolare stati come l’Italia a colmare il divario.

Aldo Ciummo

Per i fascisti di ogni colore politico non va bene una donna a Ministro degli Esteri Europeo

 
 

La Commissione Europea. Si aggiungono oggi altre forme istituzionali che non possono portare alla crescita della nostra Europa senza la maturazione di quella partecipazione democratica che è impossibile senza la demolizione delle diseguaglianze economiche, del sessismo e dei diversi razzismi incluso quello derivante dalla legnosità ideologica

Piovono le critiche sulle nomine: Herman Van Rompuy non va bene come Presidente (non sia mai qualcuno voglia mediare tra diversi interessi senza arroganza); Catherine Ashton invece non avrebbe il curriculum per gli Esteri (ma aver combattuto le disuguaglianze è un peccato capitale?). Il tutto al termine di un processo politico segnato dal rifiuto aprioristico e irrazionale dell’ inglese  Tony Blair al vertice della UE (il candidato più credibile in circolazione). Intanto, l’asse franco-tedesco non ha potuto impedire nomine che svecchieranno un pò l’Europa.

 

 di    Aldo Ciummo

Piovono critiche sulle nomine, fino a ieri Tony Blair non doveva andare bene come Presidente della UE perchè il Regno Unito non aveva accettato sempre tutto dell’Europa centralista (ma non si sapeva indicare un altro candidato credibile). Oggi, dopo la scelta di una donna a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, (cambiamento di cui sarebbe ora, dato che all’interno dell’Unione ci sono stati dove sono quasi tutti maschi anche gli assessori) e dopo l’indicazione a presidente di Herman Van Rompuy, che ha riavviato la cooperazione tra fiamminghi e valloni in Belgio (e la farraginosa macchina europea, complicata da interessi e sensibilità contrapposte, non dovrebbe sputare troppo su chi vuole mediare senza arroganza) pure questi non andrebbero bene, in quanto candidati “deboli”, anche se della efficacia della “forza” dei candidati decisionisti abbiamo qualche esperienza in Italia, specialmente nella qualità della partecipazione democratica e della sensibilità civica che oramai questa scarsa qualità riversa visibilmente nella società.

Ma allora vediamo chi sono questi illustri sconosciuti e se sono davvero sconosciuti o se come spesso accade si tratta di gente che ha lavorato senza parlare tanto e di tutto ogni volta che secondo le televisioni dei vari stati nazionali c’era qualcosa da dire. il nuovo presidente europeo Herman Van Rompuy è nato a Etterberk, il quartiere europeo di Bruxelles, è un appassionato di cultura giapponese in un Europa che di culture extraeuropee ne conosce e ne accetta poche. In quest’ultimo anno ha sbloccato una situazione istituzionale di stallo, in uno stato paralizzato dalla contrapposizione tra francofoni restii a cambiare uno stato di fatto che destina loro più risorse di quante sarebbe realistico e fiamminghi convinti troppo frettolosamente e superficialmente di una esigenza di autonomia di cui non si capisce bene a cosa potrebbe portare in uno stato indivisibile per fattori  oggettivi (Bruxelles è il punto di riferimento di tutti i belgi, è un melting pot oramai europeo e mondiale e non solo rispetto alle tre comunità francofona, fiamminga e tedesca ed è capitale europea.)

La crisi politica in Belgio era durata diciotto mesi, quindi: Van Rompuy forse appare troppo gentile per ispirare fiducia alla gente, specialmente a Sud, ma in tutta evidenza non è incapace di decisioni, anzi è un fine politico. Come secondo aspetto, si potrebbe aggiungere che, senza essere inutilmente arrogante, Van Rompuy sostiene coerentemente le sue idee. Il nuovo presidente europeo è contrario all’ingresso della Turchia nell’Europa. Si può essere d’accordo con lui oppure essere contrari a quello che dice, quello che è certo è che Silvio Berlusconi che appoggia l’ingresso turco nella Ue dovrebbe spiegare poi ai suoi elettori quanto c’è di vero nel fatto che sostiene di volere che l’Italia non cambi troppo e  che quella sinistra che in Italia vuole bene a tutti ma si rivolge oramai esclusivamente ad una fascia dell’elettorato che non ha mai affrontato preoccupazioni economiche e pratiche dovrebbe spiegare quali risorse intende destinare al prevedibile afflusso di milioni di nuovi cittadini comunitari, che meritano rispetto laddove si trasferiranno, non promesse poi pagate finanziariamente da categorie tradizionalmente conservatrici. Scegliere atteggiamenti poco realisti non è funzionale all’integrazione, una necessità civile improrogabile. Al contrario.                Dal 1993 al 1999 Herman Van Rompuy ha colmato il debito pubblico belga in qualità di ministro al Bilancio. Ce n’è abbastanza per dissipare le preoccupazioni di incompetenza che in Italia potrebbero turbare il pubblico, all’apparire di uno che non strilla abbastanza.

Quanto a Catherine Asthon, dal 1983 al 1989 ha diretto Business in the Community, associazione di imprese che si occupa delle diseguaglianze, un tabù che l’Europa iperliberista non vuole affrontare ma anche un problema al quale è ora che si metta mano, invece di preoccuparsi di assicurare un direttorio strettamente continentale (e secondo alcuni a priori più sociale del Regno Unito, che invece di fatto ha un modello inimitabile di assistenza pubblico e una televisione pubblica indipendente dallo stato e libera di criticare il governo) all’Unione Europea.

Catherine Ashton è il nuovo Ministro degli Esteri della UE e questo fa storcere il naso a molti di destra e di sinistra, il sessismo è molto forte in alcuni stati ed inoltre la carica di Alto Rappresentante della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) ha ora un’importanza molto accresciuta dal Trattato di Lisbona. Catherine Ashton è stata responsabile dell’Autorità sanitaria dello Hertfortshire e sottosegretario britannico all’Istruzione, ricoprendo entrambe le cariche in un paese, il Regno Unito, che si prende cura delle persone molto di più di quanto non faccia con i simboli di partito. Ed il partito laburista, cui appartiene, ha costruito fin dal secondo dopoguerra un solido stato sociale, non un intreccio di corporazioni nazionalpopolari.

A Bruxelles, Catherine Ashton ha una esperienza di Commissario al Commercio e politicamente di leader dei laburisti alla camera dei Lord. L’Italia ad oggi non ha avuto nomine e questo da un punto di vista della distribuzione territoriale non è perfettamente corretto. Ma le considerazioni opportunistiche della politica degli stati nazionali non devono nascondere il fatto che alcuni cambiamenti nella UE sono positivi.

In Italia, formalmente una delle democrazie mature, c’è una forza politica maggioritaria dominata da una persona sola (Silvio Berlusconi) il quale come farebbe il leader di una forza extraparlamentare insulta, denuncia e chiama manifestazioni di piazza ed elezioni anticipate invece di fare (e non è detto che sia un male, visto che quando ha fatto, ha fatto la Bossi-Fini contro gli immigrati, la Fini-Giovanardi che criminalizza persone comuni e la legge sul rientro dei capitali, che umilia l’uomo della strada ed impoverisce le casse pubbliche). E c’è un sistema politico, di cui il PD e le sue appendici fanno integralmente parte, che sancisce il maschilismo dentro le istituzioni e la concentrazione delle risorse economiche al di fuori.

Se l’Europa si orienta verso una efficace mediazione tra i diversi interessi e le diverse culture politiche, sblocca la carenza di partecipazione femminile ai vertici delle istituzioni, si affeziona di più alla produttività che alla punizione della piccola impresa, lavora per l’integrazione delle diverse culture evitando che a monopolizzare il tema della multiculturalità siano minoranze portatrici di razzismi alternativi ma non meno pericolosi di quello tradizionalmente inteso, questi cambiamenti non saranno sintomi di debolezza, pure se i candidati nominati non hanno passato la vita davanti alle telecamere, ma si riveleranno fenomeni di progresso e forse potranno forzare in direzione di uno sviluppo più equilibrato anche le nazioni rimaste penosamente ostaggio della Chiesa, delle oligarchie economiche e di piccole corporazioni ultraideologizzate perfettamente prospere tra questi due poteri grazie ad una funzione ornamentale di critica.