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Islanda presto nella Unione Europea

 

I deputati europei si sono dichiarati favorevoli a negoziati positivi su tutte le questioni ancora in sospeso ed all’ingresso dell’isola nella comunità

 

E’ ancora vicina la data del 17 giugno, quando l’Europa ha deciso di avviare negoziati formali di adesione con l’Islanda, che nel luglio 2009 aveva presentato domanda in tal senso. E’ sempre più probabile quindi che l’isola diventi rapidamente il ventottesimo stato dell’Unione Europea.

Ieri i deputati europei hanno accolto favorevolmente la prospettiva dell’ingresso islandese nella Ue, nello stesso tempo però il Parlamento Europeo ritiene che le questioni ancora in sospeso, come la regolamentazione delle attività marittime, vadano affrontate una per una, al fine di rendere possibile una compiuta integrazione di Reykjavik nel contesto istituzionale comunitario.

Nella relazione di Cristian Dan Preda (PPE, Partito Popolare Europeo) si sottolinea la forte cultura democratica della nazione islandese e la presenza dello stato nel quadro di Schengen e nel contratto di libero scambio con la Ue siglato nel 1973. Una questione aperta è quella dei rimborsi ai governi inglese ed olandese, causata dal fallimento della banca Icesave nel frangente della crisi economica mondiale.

L’Autorità di Vigilanza dell’Efta (organizzazione che riunisce stati europei non facenti parte dell’Unione Europea) il 26 maggio si è espressa a favore di una rapida soluzione della controversia, attraverso un versamento atto a coprire il compenso minimo dei depositanti in Icersave nell’UK e nei Paesi Bassi. La politica europea, però, ha dovuto rilevare come lo stato islandese offra elevate garanzie di superamento dei problemi contingenti.

L’isola si presenta con una adeguata capacità di portare avanti le riforme che saranno opportune per integrare questa area in quella continentale: come membro dello Spazio Economico Europeo che riunisce stati facenti parte della UE e dell’Efta (European Free Trade Association), Reykjavik si è già adattata a gran parte della legislazione comunitaria e partecipando alle istituzioni continentali andrà probabilmente a rafforzare il ruolo di promozione dei diritti e di uno sviluppo sostenibile portato avanti dall’area nordeuropea scandinava con particolare forza in questi ultimi anni.

L’Unione Europea intende negoziare integralmente alcuni settori della gestione dello stato con l’Islanda: agricoltura, pesca, tassazione, politica economica e monetaria e relazioni esterne. L’Islanda auspica che i rapporti con la UE consentano e rafforzino un ruolo significativo di Rejkyavik nella regione artica. Un elemento che faciliterà la cooperazione è rappresentato dalla nuova commissione inter-parlamentare Ue-Islanda.

Aldo Ciummo

Leonardo Domenici in Europa: “basta paradisi fiscali”

 

Il Parlamento Europeo si sta concentrando sulle misure concrete applicabili per recuperare i crediti fiscali, auspicando per questo uno scambio automatico ed efficiente di informazioni tra la Comunità ed i paesi terzi.

 

Leonardo Domenici (Socialisti e Democratici) ha visto approvata con 554 voti favorevoli, 46 contrari e 71 astensioni la sua relazione. Il Parlamento Europeo quindi condanna il ruolo svolto dai cosidetti paradisi fiscali, ma soprattutto spinge gli stati membri ad adottare sanzioni contro l’evasione fiscale e la fuga illecita di capitali che accompagna il fenomeno.

Con il documento approvato, l’assemblea propone anche l’istituzione di un registro pubblico della Ue che elenchi le imprese che hanno creato società finalizzate all’evasione. Un problema che l’Unione Europea dovrebbe risolvere, se intende avere a disposizione risorse per la ricerca, l’investimento e le strutture sociali, è l’abuso di domicilio e proprietà fittizi creati allo scopo di evitare di pagare le tasse nell’effettivo paese di domiciliazione.

Il Parlamento si sta orientando verso un sistema più stringente di regole riguardo ai fondi alternativi, domiciliati in un paese terzo, perchè siano subordinati a norme fiscali compatibili con i princìpi europei se intendono ottenere licenza di commercializzazione nella UE. Che poi vuol dire che la Comunità non accetta che si possano privatizzare tutti gli utili e trasferire nella società civile e nel settore pubblico tutte le perdite. Ma una iniziativa di questo tipo dovrà coinvolgere tutte le istituzioni dell’Unione Europea e non potrà realizzarsi senza la Commissione, che è l’organo esecutivo.

Un accordo globale su questa materia ha bisogno dell’adesione di stati come Singapore, Hong Kong, Macao, Dubai e Ghana, nazioni che attualmente non favoriscono affatto lo scambio di informazioni in materia fiscale.

Questo però non è l’unico problema, dal momento che anche nel nostro continente non esiste un vero modello di perfezione fiscale e l’evasione è possibilissima e forte. Il Parlamento Europeo ha proposto un prelievo speciale sui movimenti di capitale da e verso giurisdizioni non cooperative in materia di controllo fiscale e ha chiesto anche di non riconoscere lo status giuridico delle società create in stati di questo tipo (paradisi fiscali).

Un’altra proposta, venuta dall’assemblea eletta, è l’introduzione di una base imponibile consolidata per affrontare più agilmente le pratiche fiscali in tutti gli stati. Si tratta senz’altro di argomenti tecnici ma le difficoltà di territori che non possono ottenere fondi nazionali e comunitari per scuola, impresa, ricerca e sicurezza derivano appunto dal fatto che una percentuale numericamente molto bassa della popolazione europea e mondiale letteralmente prende i soldi e scappa, socializzando ogni perdita e privatizzando i profitti, fenomeno che è stato peraltro all’origine della crisi mondiale, i cui autori stanno massicciamente venendo reintegrati ai vertici di banche, imprese e società di consulenza di dimensioni planetarie o quasi tali.

Aldo Ciummo