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Finisce la stagione della destra per la Danimarca

Oggi Helle Thorning-Schmidt ha presentato il governo, è la prima donna Primo Ministro in Danimarca. Soevndahl (Sinistra) è ministro degli Esteri

I Socialdemocratici sono tornati al governo a Copenaghen, in una coalizione che include la sinistra postcomunista e i liberali.

Il paese nordico è da anni alle prese con un peso crescente delle spese pubbliche e come in altre nazioni dove la destra liberista (alleata di partiti tradizionalisti o regionalisti) ha governato, la politica conservatrice di colpire lo stato sociale e l’integrazione non ha migliorato la situazione.

La coalizione, che prende il posto dell’esecutivo di Lars Lokke Rasmussen, preceduto da altri governi di destra guidati dai Liberali (Venstre) di Anders Fogh Rasmussen appoggiati dal partito populista di destra Dansk Folkeparti di Pia Kjaersgaard, utilizzerà nuove risorse fiscali e stimolerà l’economia con interventi pubblici, un tabù delle destre, ma oggi abbastanza evidentemente necessari quasi ovunque in Europa.

Il partito liberale proprio in quest’ultimo decennio ha modificato la sua tradizionale particolarità rispetto alla maggior parte delle formazioni conservatrici continentali, promuovendo misure liberiste.

Elle Thorning-Schmidt ha 44 anni, l’insediamento del nuovo governo lascia prevedere una più stretta cooperazione all’interno della UE, in aree come difesa e giurisprudenza, dove gli opt out che consentono alla Danimarca di seguire proprie linee di azione avevano parzialmente differenziato questo paese (come Irlanda e Regno Unito) all’interno della comunità.

Non si prevedono ad oggi cambiamenti in merito all’euro. La maggioranza raggiunta dalla coalizione di Social Democratici, Partito Socialista del Popolo e Social-liberali è di 92 seggi su 179 nelle elezioni che si sono tenute a metà settembre 2011. Nel nuovo governo il partito del Primo Ministro Helle Thorning-Schmidt (Socialdemokraterne) avrà 13 ministri, gli altri due partiti ne avranno 6 a testa: tra questi la leader dei Social Liberali (Det Radikale Venstre), Margrethe Vestager, nominata Vice Primo Ministro e Ministro dell’Economia e Villy Soevndal (Socialistisk Folkeparti), il popolare politico del Partito Socialista del Popolo, Ministro degli Affari Esteri.

Tra le proposte diffuse durante la campagna elettorale che ha portato all’esito della messa fuori gioco della coalizione conservatrice al governo in questi 10 anni, un leggero allungamento della giornata lavorativa e una tassazione delle banche, ma non l’austerità antisociale che molti stati europei stanno conoscendo. La vittoria elettorale dei progressisti a settembre però è stata di poche frazioni di punto percentuale e alcune delle questioni riguardanti la tassazione progressiva sono immediatamente diventate oggetto di trattative ulteriori tra le forze politiche che compongono la coalizione di Centrosinistra.

Aldo Ciummo

Che l’Europa cominci ad imporre i diritti

 

L’estensione del congedo di maternità a venti settimane e l’introduzione del congedo di paternità vanno nella direzione della creazione di regole civili imposte in tutta l’Unione Europea

di    Aldo Ciummo

Da tempo si è ripetuto, anche su queste pagine, che l’Europa non può acquisire una forza competitiva reale se non assicura il rispetto di regole civili e sociali minime – parità di genere nelle istituzioni, tutela del lavoro, laicità – che in molti stati, compresi alcuni dei fondatori storici nel 1957, arretrano paurosamente, tanto da causare perfino il distacco dai blocchi più conservatori di forze tradizionalmente a destra ma intimorite dalla rapidità del ritorno a situazioni socioculturali da prima rivoluzione industriale.  Il Trattato di Lisbona, con il rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo e dell’Unione Europea come stato, lascia sperare in una funzione dell’Europa sostenuta da poteri più pesanti quando si tratta di ottenere l’introduzione di valori contemporanei ed occidentali all’interno di tutte le aree del continente.

Il 20 ottobre il Parlamento Europeo ha approvato modifiche alla legislazione riguardante il congedo di maternità minimo, aumentandolo da quattordici a venti settimane remunerate al cento per cento dello stipendio, con diverse varianti per i paesi che hanno regimi di congedo parentali. Un’altra novità importante è stata l’introduzione del congedo di paternità, per quanto al momento stabilita nella misura risibile di almeno due settimane. Come è noto, negli stati più avanzati (ad esempio in vari paesi della fascia nord della nostra Europa) il tempo a disposizione dei padri è molto lungo e si tratta evidentemente di una norma che oltre ad andare nel senso più realistico nel 2010 di un diritto alla vicinanza agli affetti della persona è una tutela per la parità di genere non appensantendo le donne in un modo che rappresenta un allontanamento dal mondo del lavoro e dall’ambito sociale.

Tornando ai lavori parlamentari europei, la relazione di Edite Estrela (Socialisti e Democratici) è stata approvata con 390 voti a favore, 192 contrari e 59 astensioni. Si nota ovviamente, come in gran parte delle risoluzioni, la labilità di regole che restano minime, mentre si lascia di fatto agli stati membri la possibilità di introdurre regimi di congedo più favorevoli alle lavoratrici, rispetto a quelli previsti dalla direttiva. Una serie di deputati si sono opposti all’introduzione del congedo di paternità con l’argomentazione che la legislazione in discussione riguarda le donne in gravidanza.

 Occorrerebbe però staccarsi da una considerazione a senso unico delle tutele, centrata essenzialmente sulle nascite con una prospettiva piuttosto limitata, perchè proprio in base all’ambito trattato e cioè quello lavorativo si parla nei congedi di diritti delle donne e quindi non andrebbe escluso un discorso specifico anche sulla libertà di lavoro e di vita sociale che va assicurata anche in presenza della formazione di una famiglia e che è certamente ampliata con l’estensione della cura del privato a entrambi i soggetti coinvolti.

La Commissione per i Diritti della Donna ha adottato poi emendamenti per impedire il licenziamento delle donne almeno fino al sesto mese dopo la fine del congedo di maternità, tutela come si nota solo parziale, permettendo il ritorno all’impiego precedente o posto equivalente, anche in termini di retribuzione, categoria professionale e responsabilità. Si può aggiungere che occorrerebbe oramai una tutela più ampia dei diritti delle donne in ambito lavorativo, perchè si registrano situazioni di difficoltà anche al di fuori del capitolo specifico della maternità, che non esaurisce certo le situazioni sociali odierne.

In realtà si comprende l’affanno dell’Unione Europea, perchè l’applicazione delle norme previste dal Trattato di Lisbona non è ancora a pieno regime, il peso delle istituzioni europee va crescendo con la pratica dell’attività legislativa e regolamentatrice ed incontra ostacoli nelle contraddizioni interne della costruzione europea e nella concorrenza con le norme nazionali, alcune delle quali bisogna dire sono spesso più avanzate di quelle della stessa comunità (ed in altri casi sono tanto meno avanzate o inapplicate di fatto da rendere quelle comunitarie di difficile introduzione nella società prima ancora che nel settore pubblico o nel mercato). Però è necessario che l’Europa si muova, perchè ciò che i cittadini attendono per partecipare più attivamente alla nascita della nazione comunitaria europea è proprio una maggiore associazione delle strutture europee alla realtà materiale delle società degli stati membri ed all’innovazione di quegli stati da parte della società.

La sinistra sociale in Italia uno spazio che nessuno rappresenta

L'elettorato europeo è numericamente cento volte maggiore dei partiti che si sono ridotti all'uno per cento nel tentativo di indottrinarlo. E' tempo, nell'ambito della politica, di rivalutare la ricchezza della vita sociale che peraltro ha permesso alla storia di continuare il suo corso anche in assenza dei rappresentanti di ideologie ultraminoritarie dal parlamento. Storicamente infatti la sinistra è nata nelle strade e solo con l'apertura può pensare di confrontarsi con avversari imperfetti ma realistici

Rispetto al partito stato-nello-stato che era il Pci, alle divisioni degli anni ’70 e al berlusconismo senza Berlusconi del Partito Democratico, esiste uno spazio sociale del tutto estraneo alla destra ed al centro, ma che per ragioni anche anagrafiche è del tutto disinteressato ai miti dell’operaismo e avverso all’antioccidentalismo ideologico. E anche privo di tempo e di voglia per stare a guardare tutto il giorno quanto è bella la falce e martello.

C’era una volta la sinistra in politica, strettamente legata alla realtà sociale, anzi faceva della sua capacità di sentire il polso alla strada la sua forza, anche in situazioni di palese svantaggio istituzionale e mediatico.

All’inizio degli anni ’90, nel periodo di maggiore pressione negativa sull’area comunista derivante dalle vicende storiche dell’Est europeo, un quaranta per cento degli italiani apparteneva in qualche modo ad un’area post-socialista oppure progressista.

Studenti, operai e dipendenti erano in gran parte soggetti che dialogavano costantemente con le organizzazioni classiche di sinistra. Da allora la società è molto cambiata, nel tempo questi professionisti, immigrati, giovani, fasce sociali nuove oppure profondamente mutate hanno acquisito capacità anche maggiori di partecipazione e promozione dei progressi civili.

Ma gli eredi del Pci e delle organizzazioni sindacali sono rimasti ancorate ai modelli, di riproduzione delle oligarchie e di rappresentanza del lavoro che conoscevano meglio e dalle quali pensavano di ottenere il mantenimento di un controllo partitico e ideologico sulla società, perpetuando queste ritualità anche dopo la fusione con forze diverse.

Quanto alle sinistre alternative o estreme, hanno avuto più occasioni. La più grande è stata la possibilità, tra 2001 e 2003, di avviare un laboratorio di novità con i movimenti, fenomeno diffuso in alcune fasce (significative) della popolazione  e qualsiasi cosa ne dicano i cultori della forma partito, pratica politica che si affermò fin nei piccoli centri urbani e per anni.

Inoltre si trattò di una tendenza che non coinvolse solo qualche sbandato in cerca di stranezze e nemmeno solo intellettuali, ma che colpì proprio per la sua trasversalità e soprattutto per la varietà delle adesioni, che andavano dai giovanissimi agli immigrati e dai cattolici agli attivisti per i diritti civili.

Ciò attirò i partiti per la presenza di voti potenziali, ma li spaventò per la necessaria apertura alla società, ad una parte di società difficilmente catechizzabile in stile anni ’50, anche per il fatto che invece ci troviamo nel 2009 e ben venti anni fa il crollo del muro di Berlino ha rivelato che indottrinare la gente crea sistemi fallimentari innanzitutto dal punto di vista sociale.

I partiti di alternativa, dopo il farsi da parte di Bertinotti (che aveva tanti difetti ma sapeva che qualsiasi piccolo imprenditore, precario, immigrato o studente di sinistra è più interessato alle cose concrete che si vogliono portare avanti che ai simboli o ai libri di ideologie) i cultori degli anni settanta hanno spezzettato la sinistra istituzionale in partiti il più grande dei quali prende il tre per cento. Sommati prendono il sette. Ma senza poter essere nemmeno rappresentati.

Ma soprattutto questi partiti, con il loro interesse sterile per delle puntigliose distinzioni ideologiche, con il loro odio antioccidentale paradossale all’interno di una società aperta ed avanzata, con la palese indifferenza che dimostrano verso le punizioni elettorali che la gente in carne ed ossa infligge ad ogni appuntamento elettorale a simboli in via di estinzione, lasciano un vuoto a sinistra.

Perchè ancora un paio di anni fa lo spazio politico della cosidetta sinistra radicale veniva realisticamente stimato intorno al 15%, e lievitava di un altro dieci per cento se si consideravano anche coloro che intendevano non votare o votare Partito Democratico. Queste persone probabilmente esistono ancora indipendentemente dalla capacità visiva di Ferrero, Vendola e Pannella.

Sono proprio i soggetti sociali (lavoratori, immigrati, professionisti, attivisti, precari) da cui è più spesso nata la sinistra e di cui i rappresentanti dei frammenti istituzionali dei partiti minori si riempiono la bocca. Sono i soggetti sociali quotidianamente più alle prese con questioni di gestione finanziaria, integrazione, solidarietà. E quasi mai con il tempo per i libri di Marx.

Aldo Ciummo