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Italia verso un ritorno alla Costituzione?

 

Il duro colpo inferto dall’azione parlamentare alla prassi di concentrazione delle decisioni inaugurata dal Presidente del Consiglio in questi ultimi quindici anni lascia sperare nella reitroduzione, più o meno graduale e condivisa, di elementi di maggiore equilibrio dei poteri e di concreto pluralismo. Ma una applicazione macchinosa di questo ritorno alla lettera della nostra Costituzione potrebbe anche dare spazio ad ulteriori imbarbarimenti del dibattito

 

di    Aldo Ciummo

Il voto che mercoledì 4 agosto ha visto la reitroduzione del dibattito e della concertazione politici in Parlamento da parte di una componente della maggioranza meno riducibile delle altre al ruolo di cinghia di trasmissione della volontà del Presidente del Consiglio riporta bruscamente la politica italiana a necessità che sembravano archeologia, come la rappresentanza di tutte le componenti della società italiana.

L’ipotesi poco occidentale e poco coerente con la tradizione giuridica europea di risolvere i problemi sulla base di un sistema plebiscitario ha dimostrato il suo fallimento in una società complessa ed in tempi difficili, prova ne sia la smania dei suoi principali fautori del bipolarismo di andare ad elezioni (Berlusconi) o di evitarle (gli eredi di Veltroni).

La questione però è troppo articolata per suggerire eccessivi entusiasmi, intanto perchè non è in agenda la prospettiva di tornare semplicemente a situazioni istituzionali pre-esistenti che tutte le forze politiche nate a partire dagli anni novanta si sono sforzate con ragione di superare, poi anche perchè l’incancrenimento della personalizzazione della politica e la frammentazione di opposizioni poverissime di idee e di mezzi per supportarle rendono l’avvio di una terza stagione della politica italiana difficoltoso e pieno di incognite spigolose.

Restando alle questioni contingenti, come l’eventuale e probabile caduta del governo in tempi non troppo lunghi, le opportunità di riportare in vita ed in salute gli strumenti di garanzia del pluralismo, di voce in capitolo da parte di tutte le forze sociali (e non solo di quelle che hanno reso l’Italia un esempio di disparità nella distribuzione dei redditi come tale additato dall’OCSE) di indipendenza dei vari poteri istituzionali non sottoposta a minacce continue, sono risultati importanti da raggiungere per far rientrare l’Italia negli standard tipici del gruppo di nazioni industrializzate nel quale piace annoverarla.

Non è indifferente però il consenso che Berlusconi si dimostrerà o meno capace di attrarre, se si preferisce il grado di ostilità verso le opposizioni che ha costruito a forza di una propaganda che è stata fortissima per tutto l’ultimo quindicennio, compresi i brevi intervalli di deboli e incerti governi di centrosinistra (spesso rispettosi in modo paradossale delle esigenze del principale avversario e di gruppi di interesse simili): infatti se un centrosinistra nato dalla somma parlamentare delle forze adesso ostili al Presidente del Consiglio dovesse vincere grazie ad una metà poco convinta dei votanti, a seguito di eventi istituzionali capaci di ingenerare nella metà meno uno degli italiani la sensazione di un esproprio della scelta degli elettori da parte di politici di professione, il clima di spaccatura in due del paese potrebbe acuirsi, in presenza di una fazione sempre più convinta di non aver potuto governare e di un’altra che ha scelto qualcosa di informe per porre termine a qualcosa di sgradito. Crescerebbe anche la quota di coloro che non partecipano affatto alla vita democratica.

Inoltre le modalità con le quali l’allontanamento tra le diverse componenti del PDL si sta consumando, con l’enfasi di una parte minoritaria sui valori costituzionali  e la delegittimazione di questi ultimi da parte della maggioranza legata a Berlusconi, sta già prendendo una brutta piega, accentuando i caratteri populisti della parte governativa rimasta fedele al leader: temi importanti e delicati come l’immigrazione e l’integrazione sembrano triplicare la loro carica identitaria: ancora dimostrazione di convinzione contro la sinistra, ma adesso anche prova di forza lealista contro la minoranza interna e puntello ulteriore del patto con la Lega Nord, che vacilla invece riguardo alle promesse concrete sul federalismo.

I risultati non tardano a vedersi: il Presidente del Consiglio annuncia alleanze con La Destra di Storace, che di un approccio stile “vecchia Alleanza Nazionale” sull’immigrazione ha sempre fatto una delle sue ragioni di essere ed anzi all’epoca della separazione da Alleanza Nazionale una distinzione estremistica da Forza Italia ed il PDL stesso mette in agenda apertamente, con il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, condizioni contro l’immigrazione e pulsioni securitarie che, aggiungendosi a leggi e convinzioni non propriamente illuministe esistenti, rischiano di appesantire il senso comune di una Italia già tardiva a guardare in modo pragmatico ed aperto al mondo attuale.

Il livello del dibattito è arrivato a questo punto, va detto, anche perchè molti di coloro che adesso sottolineano con fondate preoccupazioni le derive medioevali presenti nella società italiana nel recentissimo passato hanno partecipato attivamente alla certificazione di quelle tendenze (Fini ha promosso e firmato la legge che porta i nomi suo e di Bossi) oppure hanno giustapposto a questo clima culturale delle timide varianti che avevano al centro le stesse priorità (mercato e sicurezza) invece di costruire ed opporre delle alternative come sarebbe stato lecito aspettarsi da forze radicate in una tradizione di sinistra, laica e progressista, ma qui l’elenco sarebbe troppo lungo e ramificato all’interno dell’ area di non-destra ma di non-più-sinistra che per la somma di questi motivi teme le urne.

La mafia va all’arrembaggio dello stivale, Libera Informazione lo dice, qui lo ripetiamo

 
 

La libertà di stampa è uno dei princìpi sanciti dalla costituzione italiana, insieme alla libertà di manifestazione ed alla promozione di una economia sociale di mercato è uno dei fondamenti della repubblica italiana più pesantemente sotto attacco negli ultimi quindici anni

Si raccoglie l’appello di Roberto Morrione a contrastare i provvedimenti legislativi che smantellano le garanzie per le fasce meno tutelate della popolazione. Anche perchè i segnali di aggressività verso le difese democratiche (da quelli verbali del Primo Ministro Silvio Berlusconi contro una Costituzione nata dall’abbattimento di un regime fino a quelli concreti degli organi preposti all’ordine pubblico tra cui le cariche contro gli studenti a Roma, anche negli ultimi giorni) proliferano ed  in maniera preoccupante. E dato che i vertici della Rai stanno moltiplicando i paletti per trasmissioni come quella di Santoro considerate non conformi, i mass media maggiori saranno in futuro ancora più ingessati.

 

Roberto Morrione ha reso noto agli studenti della Fondazione Lelio Basso che il 15 dicembre alle 10.30 la sala della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) a Roma ospiterà l’ultima tappa del viaggio sui percorsi dell’antimafia che Libera Informazione ha realizzato a partire dal mese di settembre in varie città del Lazio.

E dato che questo sito web è nato proprio dall’iniziativa di professionisti passati per il Corso di giornalista internazionale della Fondazione nel 2007  e  2008, a cominciare da Simone Di Stefano che lo ha creato, cui poi ci siamo aggiunti nel tempo in molti altri (per la maggior parte provenendo dal corso citato) riportiamo qui il messaggio di Morrione.
“Il viaggio, realizzato a partire dal mese di settembre in varie città del Lazio in stretta collaborazione con il progetto Casa della Legalità della Regione Lazio, ha investito Latina, Nettuno, Fondi, Rieti, Frosinone, Viterbo, Colleferro, oltre una significativa presenza all’interno di Contromafie, durante gli stati generali dell’antimafia promossi da Libera, con convegni pubblici e seminari ai quali hanno partecipato magistrati, amministratori, inviati di testate nazionali, cronisti e dirigenti di giornali ed emittenti radiotelevisive locali, associazioni di impegno civile, esponenti sindacali, insegnanti e molti giovani volontari – ha riferito in una lettera inoltrata agli studenti Morrione – un impegno profuso per denunciare sul territorio, a diretto contatto con realtà quasi sempre ignorate o poco conosciute dall’opinione pubblica, la drammatica proliferazione degli interessi criminali nel Lazio, la penetrazione delle mafie avvenuta in importanti settori dell’economia legale, la fusione con insospettabili segmenti di imprenditoria, le carenze legislative e del sistema di controllo pubblico, le connivenze se non a volte le complicità politiche e amministrative di persone che mal rappresentano il mandato ricevuto. E soprattutto l’occasione per cominciare a costruire una rete permanente di informazione approfondita, che unisca in uno sforzo comune redazioni ed esperienze professionali consolidate sul mercato editoriale e il gran numero di giovani che, utilizzando con le risorse disponibili molte idee e le nuove opportunità tecnologiche, intendono mantenere accesa la luce sui tanti aspetti oscuri della realtà, che hanno consentito l’espansione in tutta Italia, ma certamente in modo preoccupante nel Lazio, di interessi che fanno capo alla camorra, alla ‘ndrangheta e a cosa nostra”.
“L’appuntamento del 15 Dicembre – prosegue Morrione – deve puntare in particolare alle testimonianze dei pochi giornali e delle rare news televisive già fortemente impegnati in questo campo, in una situazione che si fa ogni giorno più preoccupante, come attesta l’emendamento del governo alla Finanziaria sulla vendita dei beni confiscati ai mafiosi e non assegnati entro un limitato periodo di tempo. Cioè in pratica un vero regalo alle mafie, che si spera possa essere ritirato alla Camera… A una accurata ricognizione sulla situazione specifica di Roma, che si è fortemente aggravata, intendiamo unire dunque un importante momento di confronto fra i responsabili di redazioni permanentemente in prima linea nella lotta contro le mafie, che sia insieme uno sprone e una più ampia assunzione di responsabilità nei confronti di chi si avvia al mestiere dell’informare senza condizionamenti di sorta”.
All’incontro, insieme a Francesco Forgione, ex-presidente della Commissione Antimafia che è stato anche responsabile del progetto Casa della Legalità della Regione Lazio, parteciperanno magistrati impegnati nelle indagini antimafia, la FNSI e l’Unione Cronisti. Naturalmente si dà spazio alla notizia e si invitano i cittadini a prendere parte all’incontro non soltanto nella consapevolezza dell’affidabilità della fonte, che insieme a Torrealta, Loche, D’Amelia, Cito, Silenzi, Portelli, Schiattarella (e molti altri che è come se fossero citati) hanno formato gran parte del patrimonio professionale di quelli che sono usciti dalla scuola della Fondazione Basso.

Riportiamo l’appello anche nella consapevolezza che, aldilà delle opinioni anche molto differenti tra i giovani professionisti che si sono incontrati in quella esperienza, considerazioni anche opposte sui temi di politica estera, gestione economica e cultura politica nazionale, è comune il riconoscersi nelle idee della Costituzione così come è stata elaborata a difesa delle persone che lavorano, dei giovani e dei migranti e nelle garanzie che assicurano la libertà di stampa e di manifestazione, e nella funzione di argine a poteri sociali incontrollabili, da parte della legalità.

Aldo Ciummo

Per i fascisti di ogni colore politico non va bene una donna a Ministro degli Esteri Europeo

 
 

La Commissione Europea. Si aggiungono oggi altre forme istituzionali che non possono portare alla crescita della nostra Europa senza la maturazione di quella partecipazione democratica che è impossibile senza la demolizione delle diseguaglianze economiche, del sessismo e dei diversi razzismi incluso quello derivante dalla legnosità ideologica

Piovono le critiche sulle nomine: Herman Van Rompuy non va bene come Presidente (non sia mai qualcuno voglia mediare tra diversi interessi senza arroganza); Catherine Ashton invece non avrebbe il curriculum per gli Esteri (ma aver combattuto le disuguaglianze è un peccato capitale?). Il tutto al termine di un processo politico segnato dal rifiuto aprioristico e irrazionale dell’ inglese  Tony Blair al vertice della UE (il candidato più credibile in circolazione). Intanto, l’asse franco-tedesco non ha potuto impedire nomine che svecchieranno un pò l’Europa.

 

 di    Aldo Ciummo

Piovono critiche sulle nomine, fino a ieri Tony Blair non doveva andare bene come Presidente della UE perchè il Regno Unito non aveva accettato sempre tutto dell’Europa centralista (ma non si sapeva indicare un altro candidato credibile). Oggi, dopo la scelta di una donna a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, (cambiamento di cui sarebbe ora, dato che all’interno dell’Unione ci sono stati dove sono quasi tutti maschi anche gli assessori) e dopo l’indicazione a presidente di Herman Van Rompuy, che ha riavviato la cooperazione tra fiamminghi e valloni in Belgio (e la farraginosa macchina europea, complicata da interessi e sensibilità contrapposte, non dovrebbe sputare troppo su chi vuole mediare senza arroganza) pure questi non andrebbero bene, in quanto candidati “deboli”, anche se della efficacia della “forza” dei candidati decisionisti abbiamo qualche esperienza in Italia, specialmente nella qualità della partecipazione democratica e della sensibilità civica che oramai questa scarsa qualità riversa visibilmente nella società.

Ma allora vediamo chi sono questi illustri sconosciuti e se sono davvero sconosciuti o se come spesso accade si tratta di gente che ha lavorato senza parlare tanto e di tutto ogni volta che secondo le televisioni dei vari stati nazionali c’era qualcosa da dire. il nuovo presidente europeo Herman Van Rompuy è nato a Etterberk, il quartiere europeo di Bruxelles, è un appassionato di cultura giapponese in un Europa che di culture extraeuropee ne conosce e ne accetta poche. In quest’ultimo anno ha sbloccato una situazione istituzionale di stallo, in uno stato paralizzato dalla contrapposizione tra francofoni restii a cambiare uno stato di fatto che destina loro più risorse di quante sarebbe realistico e fiamminghi convinti troppo frettolosamente e superficialmente di una esigenza di autonomia di cui non si capisce bene a cosa potrebbe portare in uno stato indivisibile per fattori  oggettivi (Bruxelles è il punto di riferimento di tutti i belgi, è un melting pot oramai europeo e mondiale e non solo rispetto alle tre comunità francofona, fiamminga e tedesca ed è capitale europea.)

La crisi politica in Belgio era durata diciotto mesi, quindi: Van Rompuy forse appare troppo gentile per ispirare fiducia alla gente, specialmente a Sud, ma in tutta evidenza non è incapace di decisioni, anzi è un fine politico. Come secondo aspetto, si potrebbe aggiungere che, senza essere inutilmente arrogante, Van Rompuy sostiene coerentemente le sue idee. Il nuovo presidente europeo è contrario all’ingresso della Turchia nell’Europa. Si può essere d’accordo con lui oppure essere contrari a quello che dice, quello che è certo è che Silvio Berlusconi che appoggia l’ingresso turco nella Ue dovrebbe spiegare poi ai suoi elettori quanto c’è di vero nel fatto che sostiene di volere che l’Italia non cambi troppo e  che quella sinistra che in Italia vuole bene a tutti ma si rivolge oramai esclusivamente ad una fascia dell’elettorato che non ha mai affrontato preoccupazioni economiche e pratiche dovrebbe spiegare quali risorse intende destinare al prevedibile afflusso di milioni di nuovi cittadini comunitari, che meritano rispetto laddove si trasferiranno, non promesse poi pagate finanziariamente da categorie tradizionalmente conservatrici. Scegliere atteggiamenti poco realisti non è funzionale all’integrazione, una necessità civile improrogabile. Al contrario.                Dal 1993 al 1999 Herman Van Rompuy ha colmato il debito pubblico belga in qualità di ministro al Bilancio. Ce n’è abbastanza per dissipare le preoccupazioni di incompetenza che in Italia potrebbero turbare il pubblico, all’apparire di uno che non strilla abbastanza.

Quanto a Catherine Asthon, dal 1983 al 1989 ha diretto Business in the Community, associazione di imprese che si occupa delle diseguaglianze, un tabù che l’Europa iperliberista non vuole affrontare ma anche un problema al quale è ora che si metta mano, invece di preoccuparsi di assicurare un direttorio strettamente continentale (e secondo alcuni a priori più sociale del Regno Unito, che invece di fatto ha un modello inimitabile di assistenza pubblico e una televisione pubblica indipendente dallo stato e libera di criticare il governo) all’Unione Europea.

Catherine Ashton è il nuovo Ministro degli Esteri della UE e questo fa storcere il naso a molti di destra e di sinistra, il sessismo è molto forte in alcuni stati ed inoltre la carica di Alto Rappresentante della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) ha ora un’importanza molto accresciuta dal Trattato di Lisbona. Catherine Ashton è stata responsabile dell’Autorità sanitaria dello Hertfortshire e sottosegretario britannico all’Istruzione, ricoprendo entrambe le cariche in un paese, il Regno Unito, che si prende cura delle persone molto di più di quanto non faccia con i simboli di partito. Ed il partito laburista, cui appartiene, ha costruito fin dal secondo dopoguerra un solido stato sociale, non un intreccio di corporazioni nazionalpopolari.

A Bruxelles, Catherine Ashton ha una esperienza di Commissario al Commercio e politicamente di leader dei laburisti alla camera dei Lord. L’Italia ad oggi non ha avuto nomine e questo da un punto di vista della distribuzione territoriale non è perfettamente corretto. Ma le considerazioni opportunistiche della politica degli stati nazionali non devono nascondere il fatto che alcuni cambiamenti nella UE sono positivi.

In Italia, formalmente una delle democrazie mature, c’è una forza politica maggioritaria dominata da una persona sola (Silvio Berlusconi) il quale come farebbe il leader di una forza extraparlamentare insulta, denuncia e chiama manifestazioni di piazza ed elezioni anticipate invece di fare (e non è detto che sia un male, visto che quando ha fatto, ha fatto la Bossi-Fini contro gli immigrati, la Fini-Giovanardi che criminalizza persone comuni e la legge sul rientro dei capitali, che umilia l’uomo della strada ed impoverisce le casse pubbliche). E c’è un sistema politico, di cui il PD e le sue appendici fanno integralmente parte, che sancisce il maschilismo dentro le istituzioni e la concentrazione delle risorse economiche al di fuori.

Se l’Europa si orienta verso una efficace mediazione tra i diversi interessi e le diverse culture politiche, sblocca la carenza di partecipazione femminile ai vertici delle istituzioni, si affeziona di più alla produttività che alla punizione della piccola impresa, lavora per l’integrazione delle diverse culture evitando che a monopolizzare il tema della multiculturalità siano minoranze portatrici di razzismi alternativi ma non meno pericolosi di quello tradizionalmente inteso, questi cambiamenti non saranno sintomi di debolezza, pure se i candidati nominati non hanno passato la vita davanti alle telecamere, ma si riveleranno fenomeni di progresso e forse potranno forzare in direzione di uno sviluppo più equilibrato anche le nazioni rimaste penosamente ostaggio della Chiesa, delle oligarchie economiche e di piccole corporazioni ultraideologizzate perfettamente prospere tra questi due poteri grazie ad una funzione ornamentale di critica.