Un viaggio alla scoperta della capitale dell’Unione Europea. Una città dalle due facce, in continua evoluzione, con cantieri, gru e uomini al lavoro in ogni angolo della strada per costruire il volto di domani. Una città che dovrebbe servire da esempio a tutte le metropoli del continente unito, dove quello che funziona sono la multiculturalità e i servizi, ma che troppo spesso cade nelle sue stesse contraddizioni. proviamo a spiegare perché.
Davanti alla Cattedrale di Bruxelles, a Sinter-Goedelevoorplein, si è riunito sotto una pioggia battente uno sparuto gruppo di manifestanti. Tra striscioni e slogan ripetuti reiteratamente al ritmo dei tamburi, quello che colpisce particolarmente è un brano cantato a gran voce dall’uomo al microfono, vicino al furgoncino parcheggiato proprio sotto la scalinata in marmo della chiesa, di fronte a lui gli striscioni, uomini, donne e qualche bambino, molti vestiti in abiti tradizionali di qualche paese del sud del mondo.
«Una mattina – cantava il tipo – mi son svegliato, po po po, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao. Una mattina, po po po, mi sono svegliato, po po po, ed ho trovato l’invasor». I manifestanti sono quelli dell’Udep (Union De Defense des Personnes Sans Papierse); il cantante è un omone belga, alto, biondo, sulla cinquantina; probabilmente nostalgico dei canti partigiani italiani e non solo.
Tutti riuniti per far blocco contro l’arresto di dodici clandestini, “sans-papiers” da queste parti, che avevano protestato a loro volta contro le autorità belghe, ree di aver “indotto” alla disperazione un loro compagno, un altro clandestino, un giovane camerunense di 32 anni che, costretto a lasciare il paese, si è impiccato all’interno della toilette del campo in cui soggiornava dallo scorso mese di aprile, situato a pochi chilometri da Anversa.
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