Modelli severi si sposano con la politica dell’integrazione: campi rom solo come scelta estrema, i governi tendono a garantire alloggi. A condizione che le regole siano rispettate
Articolo di Aneta Carreri (Redattore Sociale)
ROMA – Mentre l’Italia langue e affronta il problema con proclami razzisti e demagogici, nei principali stati europei le soluzioni adottate risultano di gran lunga migliori rispetto alle nostre.
In base al diritto alla libera circolazione i Rom possono stabilirsi in un paese Ue per tre mesi. Così in Francia se vogliono prolungare il loro soggiorno dopo quella data devono trovare un posto di lavoro. Ma naturalmente non è facile. La Francia si muove su due fronti opposti, l’accoglienza e la tolleranza zero. La legge Besson del 2000 dice che ogni comune con più di 5000 abitanti deve essere dotato di un’area di accoglienza mentre il provvedimento del 2003, dell’allora ministro dell’Interno Nicolas Sarkozy, applica sanzioni pesanti per chi infrange le regole dello stazionamento nei campi. Chi non le rispetta è cacciato definitivamente e chi occupa abusivamente un’area incorre nell’arresto e nel sequestro del mezzo. In tutto il territorio francese ci sono circa 10mila campi, un terzo di quelli necessari, perché per la legge Besson, i campi sono solo una soluzione temporanea, in quanto la stessa legge prevede un programma di case da concedere in affitto ai manouche, oltre a terreni familiari su cui poter costruire abitazioni da destinare a famiglie semistanziali in condizioni precarie. Molti nomadi vivono in case popolari pagando l’affitto e le spese ordinarie.
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