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UE. Nella prima riunione della Commissione Speciale sulla criminalità organizzata eletti i componenti

Sonia Alfano (Alleanza dei Liberali e Democratici Europei) è stata eletta presidente della Commissione speciale creata nella UE per combattere la criminalità organizzata e la corruzione

Nella prima riunione della Commissione speciale sulla criminalità organizzata, a Strasburgo questo mese, Sonia Alfano (ALDE, Italia) è stata eletta presidente della commissione, nata per combattere criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro. I componenti della commissione speciale hanno eletto anche quattro vicepresidenti e nominato relatore Salvatore Iacolino (Partito Popolare Europeo, Italia).

I quattro vicepresidenti eletti sono Rosario Crocetta (Socialisti e Democratici, Italia), Rui Tavares (Verdi-Alleanza Libera Europea, Portogallo), Timothy Kirkhope (ECR Conservatori e Riformisti Europei, UK), Soren Bo Sondergaard (GUE-NGL, Sinistra Europea Unita-Sinistra Verde Nordica).

La presidente Alfano ha dichiarato che la commissione speciale elaborerà al più presto un piano d’azione globale per affrontare il problema. Nel suo anno di mandato la commissione speciale valuterà l’impatto della criminalità organizzata sull’economia e sulla società, supportando la UE nell’elaborazione delle contromisure da adottare.

I componenti della commissione avranno la possibilità di effettuare visite, organizzare audizioni con istituzioni europee e nazionali, con i rappresentanti delle imprese e della società civile, le organizzazioni delle vittime ed i funzionari coinvolti nella gestione della spinosa problematica.

Aldo Ciummo

 

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Strasburgo: “Europa più unita per i diritti”

 

La questione siriana in particolare è al centro delle critiche degli eurodeputati liberali, ambientalisti ed euroscettici su una gestione delle crisi eccessivamente improntata alla realpolitik

di Aldo Ciummo

La richiesta principale degli eurodeputati dei gruppi ALDE (liberali), ECR (conservatori) e Verdi è un approccio più equilibrato alle crisi definite della primavera araba, con l’inclusione del presidente siriano Bashar al-Asad nella lista dei funzionari oggetto di sanzioni comunitarie.

L’aula nel suo complesso ha fatto notare al capo della politica estera europea Catherine Ashton che sono necessari maggiori sforzi diplomatici assieme a misure più chiare verso i governi di Siria, Bahrain e Yemen. La situazione in Siria viene definita come un grande disastro e come una Tienanmen araba dal leader dei liberali, Guy Vorhofstadt (Alde, Belgio) che assieme ad ECR e Verdi ha chiesto che il presidente siriano sia incluso al più presto nella lista concordata il 16 maggio per imporre il divieto di espatrio ed il congelamento dei beni a tredici alti funzionari siriani.

Non si può fare a meno di notare un eccesso di dichiarazioni di principio ed un difetto di indicazione di misure concrete, dato che riguardo alla effettiva rimozione delle attuali autorità, decisioni simili si rivelano di lunga e tormentata attuazione, si veda il caso libico. L’embargo sulle esportazioni di armi nei confronti di Siria, Bahrein e Yemen, una delle richieste chiave inoltrate agli stati componenti la Ue è però più che giustificata dalle circostanze ed è presente nelle prime due risoluzione elaborate da Gabriele Albertini (PPE) e Roberto Gualtieri (S&D). L’assemblea di Strasburgo ha anche chiesto alla UE di sospendere i negoziati per un Accordo di Associazione con la Siria e sanzioni mirate verso i regimi.

 L’Europarlamento ha accolto favorevolmente l’apertura a Bengasi di un ufficio Ue, annunciata da Catherine Ashton, per assistere il Consiglio Nazionale Transitorio in Libia. L’obiettivo è arrivare il prima possibile ad un cessate il fuoco, alle dimissioni del governo ed all’invio di maggiori aiuti alla città di Misurata. E’ stato chiesto anche di condurre una inchiesta sull’uccisione di alcuni dissidenti iraniani nel campo di Ashraf in Iraq e la maggioranza dei gruppi si è pronunciata per la restituzione delle tasse provenienti dai territori palestinesi attualmente trattenute dal governo di Israele.

I gruppi euroscettici ECR e EFD hanno criticato la scelta della UE di mantenere relazioni con Hamas dopo la riconciliazione del gruppo con Fatah. L’elemento importante che si registra è l’esigenza che sale dal Parlamento Europeo, in accordo con l’opinione pubblica comunitaria, di porre il rispetto dei diritti umani in una posizione migliore nell’agenda europea, rispetto alla realpolitik che si è vista spesso negli ultimi anni e di mettere la questione al centro degli accordi internazionali, ad esempio con la Federazione Russa. Significativa la proposta presentata da Marìa Muniz de Urquiza (S&D, Spagna) per un seggio permanente per l’Unione Europea nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’assemblea generale intanto ha approvato una status speciale che permetta alla UE di intervenire durante i lavori.

Finlandia, crescono le opportunità di Katainen (Moderati) di diventare Primo Ministro

 

In attesa delle elezioni del 17 aprile l’alleanza tra Kiviniemi (Centro) e Katainen (Coalizione Nazionale) resta in vantaggio e i Socialdemocratici forti, ma avanza la destra di Timo Soini


di   Aldo Ciummo


Il 17 aprile si vota in Finlandia e la Premier Mari Kiviniemi non ha escluso che il prossimo governo coinvolga i “Veri Finlandesi” (“Perussuomalaiset”) guidati da Timo Soini: la lista si oppone a piani UE di salvataggio di paesi in bancarotta e si avvicina al sedici per cento delle intenzioni di voto, lasciando immaginare una sua crescita nell’Eduskunta, il Parlamento unicamerale finlandese, che conta duecento deputati. Sulla maggior parte dei temi, immigrazione inclusa, le differenze tra i partiti non sono enormi: il Centrodestra sulla cittadinanza vuole regole più certe ed anche i “Veri Finlandesi” hanno candidati immigrati, nonostante le severe posizioni in materia (che hanno spinto il produttore cinematografico Jörn Donner a lasciare i Socialdemocratici e candidarsi con una lista minore, lo “Svenska Folkeparti”, per differenziarsi di più dall’agenda della nuova destra).

L’attuale esecutivo comprende, oltre al “Partito di Centro” di cui Kiviniemi è la leader, “Coalizione Nazionale” (Centrodestra), Verdi e lista Svedese. Il vero scoglio sulla rotta dell’adesione Soini ad una prossima coalizione conservatrice, data nuovamente in vantaggio, è la partecipazione al fondo permanente di sicurezza europeo per il salvataggio degli stati in crisi. Finora, i Socialdemocratici non hanno espresso posizioni nette sull’argomento, ma i partiti del Centrodestra hanno detto chiaramente che non accetteranno nel governo liste che non appoggino tutte le misure necessarie a favore dell’Unione Europea: questa questione potrebbe essere il fattore favorevole al leader dei “Veri Finlandesi”, che osteggiano un impegno simile da parte dello stato.

Il Centro, che esprime la premier Mari Kiviniemi, potrebbe cedere la leadership del Centrodestra all’attuale Ministro delle Finanze, Jyrki Katainen, un esponente della Coalizione Nazionale, come lei favorevole agli aiuti alle nazioni europee in difficoltà. A sinistra, il venti per cento dei Socialdemocratici guidati dalla leader Jutta Urpilainen (“Sosialdemokrattinen Puolue”, in finlandese), è eroso dagli euroscettici, ma anche dall’Alleanza della Sinistra (“Vasemmistoliitto”, una forza stimata intorno al 7% dell’elettorato). Il Partito della Coalizione Nazionale (“Kansallinen Kokoomus”) conterebbe sul venti per cento ed i sondaggi assegnano qualche frazione di punto percentuale in meno al partito di Centro. Lo “Svenska Folkeparti” si aggira attorno al cinque per cento ed i Verdi (“Vihrea Liitto”) al nove per cento.

Le coalizioni in Finlandia si costruiscono dopo le elezioni, sulla base di un programma concordato. Il partito della Coalizione sarà alleato del Centro (“Suomen Keskusta”). Ad Helsinki, spesso, i partiti di centro sono alleati con liste di sinistra ed in maniera simile maggioranze progressiste collaborano con liste liberali, così è probabile che moderati e socialisti troveranno formule per assicurare alla UE il supporto necessario in casi di emergenza. Ma un successo di Timo Soini sarebbe il segno dell’insofferenza di parte dei finlandesi per “bollette” rese salate dalla scarsa efficienza finanziaria di diversi stati europei. Nel dibattito pubblico, svoltosi questo giovedì pomeriggio a Tampere tra rappresentanti delle maggiori forze (Urpilainen, Katainen, Kiviniemi e Soini) e trasmesso dalla televisione finlandese YLE, sono emerse le difficoltà dei partiti consolidati al riguardo.

Non si tratta infatti di ostilità all’Unione Europea, ma di un dibattito necessario sulle spese che gli sforamenti di bilancio di molti grandi stati impongono alle economie più dinamiche ed ai sistemi pubblici efficienti, dibattito che, in nome della solidarietà europea è stata sempre molto compressa nelle nazioni che hanno contribuito più generosamente e che si trovano alle prese con una Europa che chiede sempre di più a regioni scarsamente rappresentate nelle istituzioni centrali come il Parlamento Europeo. E’ opportuno che le proposte di efficienza che giungono da stati che hanno affrontato meglio la crisi trovino maggiore ascolto a Bruxelles ed a Strasburgo. Una Europa più coerente favorirebbe il proseguimento della tradizione europeista in aree del continente da lungo tempo protagoniste nel sostegno alle regioni in crescita, all’integrazione all’interno della UE ed alla efficienza delle decisioni, che significa più solidarietà concreta.

INTERNAZIONALE|Regno Unito. Non c’è tregua per il Labour. Altri ministri abbandonano Brown

La questione morale sui rimborsi spese miete vittime illustri nella maggioranza. 4 dimissioni in un giorno

 

di Simone Di Stefano/Dazebao, l’informazione on-line

Come perdere le elezioni in 24 ore. Suona come il titolo di una saga di Walter Hill, ma è quello che secondo la stampa britannica sembra si stia profilando all’orizzonte del partito Laburista e del suo leader, il Primo ministro Gordon Brown. In un solo ciclo solare, infatti, sono ben quattro i ministri che hanno annunciato la volontà di non far più parte della coalizione di governo.

Alle dimissioni dell’Home Office Jacqui Smith, coinvolta nello scandalo dei rimborsi spesa sollevato dalle pagine del Daily Telegraph, di Beverly Hughes, ministro dei Bambini, e di Tom Watson, ministro di Gabinetto, si sono aggiunte nelle ultimissime ore quelle di Hazel Blears, ministro per le Comunità.

Coinvolta anch’essa nello scandalo dei rimborsi spesa, Ms. Blears, ha annunciato la sua decisione circa due ore prima del consueto Question Time del mercoledì presso la Camera dei Comuni, adducendo motivazioni di carattere ben più nobile di quelle che in realtà si sono dimostrate le cause. «La mia politica – ha spiegato il ministro dimissionario – ha sempre poggiato sulla convinzione che la gente ordinaria è capace di compiere cose straordinarie, se adeguatamente sostenuta ed incoraggiata. Non ho mai perseguito come tale il fine di ottenere alti incarichi, né l’ho fatto per il guadagno che potrei trarne, ma per quello che posso ottenere per la gente che rappresento e per la quale sono al servizio». L’equivalenza è d’obbligo e ci suona come: ne ho abbastanza di tutto questo tram tram mediatico, torno a fare politica dal basso.

Una questione morale che investe il governo a tutto tondo e che prende linfa dai filmetti pornografici trovati in una delle voci dei rimborsi spesa di Jacqui Smith la quale, stroncata dalle manie erotiche del marito, da lunedì sarà senza lavoro. Un caso che grazie alla sferzante pressione dei media anglosassoni ha visto cadere uno dopo l’altro ben quattro esponenti di altissimo profilo del partito di maggioranza. E non è bastato a Ms. Blears, pur di gettare acqua sul falò mediatico, aver rinunciato all’incasso di 13.000 sterline per una transazione immobiliare.

La risposta di Victoria Street è arrivata, stringata ma con vero aplomb d’oltremanica, per voce del suo stesso segretario, Gordon Brown, che ha dichiarato in un comunicato di «rispettare e comprendere la decisione di Hazel Blears, la quale ha apportato un contributo eccezionale alla vita pubblica».

Ma questa ennesima dipartita getta ancora più nella melma uno dei più deboli e mal visti leader dei Labour, con mezza coalizione da ricostruire, verosimilmente all’indomani delle europee che i media britannici, di destra e di sinistra, dipingono già come una Waterloo per il partito del Lavoro. Un’azione di moral suasion è stata svolta, è il caso di sottolineare, dal quotidiano di sinistra The Guardian, arrivato ad affermare in un editoriale che «è giunto il momento di sbarazzarsi» di Gordon Brown. È il definitivo volta faccia della classe intellettuale di sinistra all’antipatico capo della socialdemocrazia insulare? La stampa dell’opposizione ne approfitta e il Daily Mail oggi titola «I topi lasciano la nave».

Per i media britannici, tuttavia, l’erede di Blair non ha alcuna intenzione di andarsene da Dowining street. Più probabile che proceda a un rimpasto, ma non prima di lunedì, a meno che al premier non venga forzata la mano. Oltre alle dimissioni di Smith e degli altri ministri, il prossimo a fare le valige, in questo effimero effetto a cascata, potrebbe essere il Cancelliere Alistair Darling, dopo che neanche più il premier se l’è sentita di inserire il suo nome tra i sicuri. Secondo indiscrezioni il più accreditato a succedergli è il ministro dell’Infanzia Ed Balls, fedele alleato di Brown. Ma il toto nomine vede anche il ministro del Commercio, Peter Mandelson, alleato dell’ex capo del governo Tony Blair, promosso agli Esteri al posto di David Miliband.

Secondo un sondaggio realizzato dall’istituto Ipsos Mori, il Labour ha perso 10 punti in un mese. Accreditato di solo il 18% dei suffragi, si situa a 22 punti dai conservatori ed esattamente allo stesso livello dei liberal-democratici. Della querelle potrebbero approfittare non solo i Tories di David Cameron. Perché se è vero che nello scandalo sono finiti anche sei esponenti tra i conservatori, è anche vero che stando alle percentuali molto probabilmente conquisteranno il primo posto tra i partiti. Il nuovo clima quindi potrebbe andare incontro ai partiti minori, tra cui lo Ukip, che chiede esplicitamente il ritiro della Gran Bretagna dall’Unione europea, o i Verdi che al contrario vorrebbero il Regno Unito maggiormente coinvolto a Bruxelles.

INTERNAZIONALE|I conservatori di David Cameron sfidano Gordon Brown

La crescente innovazione all’interno dei Tories lascia intravedere la possibilità di un ricambio ai vertici del Regno Unito

di Aldo Ciummo, inviato a Dublino

UK – I conservatori guidati da David Cameron sfidano in maniera crescente l’esecutivo di Gordon Brown, destinato ad affrontare la conflittualita’ crescente fra l’ala pre-blair, sociale e propensa a far pagare la crisi ai redditi elevati e l’ala pro-blair, convinta della priorità rappresentata dalla crescita delle imprese private.

Il partito dei Tory non e’ piu’ quello della legge e dell’ordine e soprattutto per iniziativa di Cameron ha assunto tratti liberali innovativi rispetto alla sua tradizione e passibili di laicizzare il voto gia’ poco ideologizzato dei cittadini del Regno Unito. Cameron, anche se con una fuga in avanti rispetto alla maggioranza del suo partito, ha appoggiato il governo laburista su misure in favore delle coppie omosessuali. Un altro tema che ha veduto il leader dei conservatori forzare la sua base e’ stato l’ambiente, messo al centro delle campagne dei Tory con lo scopo di presentarli come un partito verde nelle finalita’.

Se e’ vero che una larga parte dei candidati muove dalle file degli allievi della Thatcher i conservatori inglesi stanno facendo uno sforzo per acquisire appeal verso il centro dell’elettorato studiando l’inclusione nelle liste di molti volti
nuovi: Priti Patel siede gia’ in parlamento, eletta nell’Essex, e’ la prima deputata asiatica ed e’ a favore di un referendum non soltanto sul trattato di Lisbona ma sulla relazione complessiva del Regno Unito con l’Unione Europea. Jacob Rees Mogg, candidato nel Noth East Somerset a volte critico con la dirigenza, rappresenta una apertura dei Tories verso i settori colti della societa’; Philippa Stroud, direttrice del Centro per la Giustizia Sociale, che si propone in Sutton e Cheam, ha lavorato alla riabilitazione delle fasce degradate della societa’ ad Hong Kong e simboleggia la parte attenta al sociale del partito. Wilfred Emmanuel-Jones, imprenditore originario della Giamaica che dovrebbe correre nel Chippenam, ha la faccia del personaggio indisciplinato, noto per essere cresciuto nei bassifondi di Birmingham ed anche per avere prodotto un programma televisivo sulla BBC prima di fare fortuna con un marchio di prodotti alimentari.

Nick Boles, autore della modernizzazione dei Tories, ha lavorato molto all’attuale team del partito ed ha collaborato con Boris Johnson, altro nuovo volto del gruppo di Cameron. Considerato un asso nella manica e’ Frank Zacharias Goldsmith, l’ambientalista. Goldsmith nel 2004 ha vinto il Michail Gorbachev’s Green Award, si tratta insomma di un esponente di punta del pensiero verde. Nell’attuale periodo di difficolta’ economiche molti osservatori considerano probabile un cambio alla guida di quello che resta  nel bene e nel male un paese che fa da faro a molta della civilizzazione occidentale. In questa situazione si inquadrano le manovre interne alla principale forza di opposizione, tese a renderla realisticamente in grado di affrontare al di la’ della demagogia elettorale questioni vitali nel Regno Unito quali la partecipazione all’Unione Europea (che dovra’ andare avanti ma presenta aspetti che la gente e’ desiderosa di discutere anche al di fuori delle nazioni che hanno votato in maniera diversa dalle altre o che avrebbero voluto a maggioranza dei propri cittadini farlo), l’immigrazione, che continuera’ a essere indispensabile in UK, la devoluzione, sulla quale ci potrebbero essere contrasti con il leader dello Scottish National Party, Alex Salmond.