EX. Silvio Martinello
Per la maglia gialla è ancora presto e forse è ancora prematuro vederlo trionfare a Parigi come fece Marco Pantani un decennio fa. Eppure Riccardo Riccò a molti ricorda il Pirata.
Silvio Martinello, lei ha conosciuto Pantani ai tempi della Mercatone Uno: è azzardato questo paragone?
«È naturale che vengano fatti confronti, fa parte del gioco. Riccò non ha mai nascosto che Pantani è il suo idolo. Di simile tra i due c’è il modo di affrontare la salita, scattare e guardare in faccia l’avversario. Deve però iniziare a vincere quello che ha vinto Pantani. Ha le potenzialità per farlo, ma deve migliorare anche nelle crono, senza andare a snaturare la sua caratteristica di scalatore».
Come migliorarsi?
«Innanzitutto deve pensare alla sua posizione aerodinamica, lavorando durante l’inverno per trovare quella più redditizia. Occorre prendere la bici da crono almeno 2 o 3 volte alla settimana. La crono resta importante se si vuole vincere una competizione a tappe. Ultimamente gli organizzatori tendono a privilegiare sempre di più lo scalatore ma sono rimaste tappe di crono ancora lunghe come quella a Cérilly. Serve quindi saper sprintare oltre che andare bene in montagna».
Nonostante le difficoltà a cronometro, restano le sue enormi qualità in salita. Giusto riporre in lui tanta attesa ?
«Normale che quando uno comincia a vincere tutti ne parlano, ma il vero campione si vede nei momenti peggiori. Quando arriverà il periodo no, e quello arriva per tutti, dovrà essere bravo a non perdersi e per non fare la fine tanti giovani promettenti persi per strada alle prime difficoltà. Riccò non deve commettere questo errore».
Questo ragazzo ha un grande carattere. Potrebbe essere questa la sua arma in più?
«Fin da giovane la personalità non gli ha fatto difetto e avere carattere e determinazione in questo sport è assolutamente un bene. Si vede poi che gli piace stare in bici. A soli ventiquattro anni ha vinto due tappe al Giro d’Italia e altrettante al Tour de France, e abbiamo visto tutti come le ha vinte. Ha però il suo limite nel carattere che lo ha portato a non avere praticamente amici in squadra. Dovrebbe quindi saper controllare di più il suo equilibrio psicofisico».
Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 15-07-2008
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