• i più letti

  • archivio

  • RSS notizie

    • Si è verificato un errore; probabilmente il feed non è attivo. Riprovare più tardi.
  • fin dove arriva la nostra voce

  • temi

Svezia esempio negli aiuti allo sviluppo

 

 

Diverse relazioni riportano il fatto che lo stato scandinavo guida la classifica nell’Unione Europea per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo

La quota di ricchezza pro capite che gli svedesi spendono per aiutare i paesi svantaggiati ad organizzare propriamente l’economia è la più grande all’interno dell’Unione Europea (1,12 per cento contro la media europea che è complessivamente allo 0,46 per cento quest’anno e che scende ancora al di sotto nel caso di alcuni grandi paesi come Italia e Francia).

Oltre a AidWatch, anche Concord, coordinamento europeo per le organizzazioni non governative che si occupano di ricostruzione e di sviluppo, riporta dati simili. Ma quest’anno la Svezia ha ottenuto anche un altro riconoscimento riguardante il modello di società e basato su sedici liste dedicate a diversi aspetti della vita associata.

Occorre aggiungere che i paesi scandinavi complessivamente raggiungono posti molto alti in questa classifica, risultato di una iniziativa della Fondazione Tallberg, portata avanti però da altri soggetti, organizzazioni internazionali e fondazioni indipendenti.

Diritti di accesso pubblici, processi collettivi di decisione, innovazione nella gestione della proprietà privata, meccanismi di solidarietà sono tra gli elementi sottolineati dalle ricerche completate ed indicano una generale stabilità ed anche un accentuamento del ruolo positivo nella definizione di alti standard di diritti umani e di efficienza della vita associata, così come già tradizionalmente riconosciuto ai paesi nordici, di cui viene apprezzata molto anche la volontà di includere la difesa dell’ecosistema nei diritti dei cittadini da tutelare per primi.

Aldo Ciummo

L’ Europa chiede garanzie per i migranti stagionali impiegati illegalmente

 

La delegazione della Commissione Libertà Civili, Giustizia ed Affari Interni del Parlamento Europeo sarà a Rosarno dal 15 al 17 febbraio.
 
 
di Aldo Ciummo
 
 
A Rosarno il 7 ed 8 gennaio la befana ha portato soltanto carbone, il residuo scuro delle garanzie democratiche. Garantite soltanto a chi è nato in Italia, concesse a malapena a chi, pur avendo conquinstato un permesso di lavoro, rimane nel limbo del lavoro sottopagato nei campi. Per altri, quelli arrivati sulle nostre coste “clandestinamente”, il riconoscimento del diritto all’esistenza è del tutto assente.  Ed il 7 gennaio ha portato alla luce anche “il carbone” dell’Europa, che deve fare i conti con i confini sui quali si gioc la scommessa di diventare una patria di diritti aperta al mondo, piuttosto che una fortezza dove si consuma una messinscena identitaria.
 
Per questo acquista una rilevanza particolare la prossima visita a Rosarno della commissione per le Libertà Civili, Giustizia ed Affari Interni (LIBE) del Parlamento Europeo, presieduta da Fernando Lopez Aguilar e composta da undici deputati europei, tra i quali gli italiani Salvatore Iacolino (vice presidente della commissione LIBE), Roberta Angelilli (vice presidente del Parlamento Europeo), Mario Borghezio, Clemente Mastella e Gianni Vattimo.
 
L’assemblea elettiva della comunità sta effettuando una revisione delle norme comunitarie in materia di immigrazione e di lavoro e chiede maggiori garanzie per i lavoratori migranti stagionali provenienti da paesi terzi ed impiegati illegalmente negli stati europei.
 
La delegazione per prima cosa incontrerà le autorità regionali di Reggio Calabria, il Presidente della regione Agazio Loiero, il prefetto Luigi Varratta ed il questore Carmelo Casabona, mentre martedì 16 febbraio si terrà una riunione con le autorità locali di Rosarno, in presenza anche del commissario straordinario per il comune di Rosarno, Domenico Bagnato.
 
Successivamente si svolgeranno due sessioni, una per consentire il confronto con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali (CGIL, Sergio Genco, Cisl, Paolo Tramonti, UIL, Roberto Castagna) e delle associazioni agricole (CIA, Giuseppe Mangone, Confagricoltori Nicola Cilento, Coldiretti Pietro Molinaro); un altro incontro invece con i rappresentanti delle associazioni Caritas e Croce Rossa e delle ONG (LIBERA, Don Pino De Masi, ARCI, Filippo Miraglia, MSF, Rolando Magnano) che lavorano nell’assistenza agli immigrati e nella lotta alla criminalità organizzata in questa area.
 
Mercoledì 17 febbraio la delegazione si sposterà a Roma, dove incontrerà il commissario straordinario della Croce Rossa Italiana Francesco Rocca e del vice capo Missione Italia di Medici senza Frontiere, Rolando Magnano e parteciperà all’incontro con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Chiuderà i lavori l’incontro con il procuratore anti-mafia Pietro Grasso.

Strasburgo: “il muro di silenzio intorno alla Russia va rotto”

Mosca capitale della Russia, gli eventi storici qui condizioneranno tutto il futuro anche economico dell'Europa Unita, che intrattiene con la Federazione Russa rapporti vitali

Mosca capitale della Russia, gli eventi storici qui condizioneranno tutto il futuro anche economico dell'Europa Unita, che intrattiene con la Federazione Russa rapporti vitali

L’organizzazione non governativa russa “Memorial” ha vinto il Premio Sacharov 2009 dedicato a chi si batte per la democrazia, il riconoscimento verrà assegnato il 16 dicembre 2009.

 

 

 

 

 

 

Un riconoscimento ed un segnale di presenza da parte della nostra Europa verso tutti coloro che in Russia lottano per la difesa dei diritti e delle libertà e contro la restaurazione strisciante dello Stato che può tutto verso gli individui: è il premio europeo Sacharov 2009, attribuito al gruppo russo Memorial,  rappresentatoda Oleg Orlov, Sergei Kovalev e Lyudmila Alexeva, il presidente del Parlamento Europeo Jerzy Buzek ha annunciato questa mattina la decisione, la consegna avverrà a Strasburgo il 16 dicembre.

Buzek ha ricordato di venire da Solidarnosc, uno dei movimenti che ha liberato la Polonia da uno dei più duri regimi dell’Est europeo, un richiamo che merita di essere raccolto da una Unione Europea che, verso il grande vicino storico ma anche verso il Kurdistan turco, la Palestina, il Mediterraneo, l’Iran e tutte le aree dove i diritti sono compressi (e spesso con essi la vita umana), ha dei doveri di iniziativa democratica. Il mondo è profondamente cambiato e sarebbe un tragico ritardo culturale negare agli attivisti russi l’aiuto da cui dipende il futuro non solo della Ex Urss ma anche dell’Europa, che dalle sue politiche è strategicamente condizionata.

Il centralismo dell’ex Urss, che riprende in parte quello sovietico, non è il contraltare di un supposto “impero” occidentale sviluppato, peraltro a sua volta in rapido mutamento, un cambiamento che ne favorisce politiche sempre meno schematiche. Coloro che vivono l’Europa e gli Stati Uniti hanno la facoltà di portare avanti azioni e movimenti politici anche di rottura e di completa alternativa (anche perchè qui tali azioni non si concludono se non in rarissimi casi con la morte violenta di chi le promuove), qualsiasi iniziativa democratica non può avere come presupposto la negazione del supporto a chi si batte contro regimi autocratici, oppure a democrazia fortemente controllata (quest’ultimo è il caso della Federazione Russa).

A gestire sistemi militarizzati di produzione o monopoli statali inattaccabili non sono lavoratori, nei paesi sottosviluppati. Nello stesso tempo, soltanto una piccola parte dei lavoratori e delle fasce di popolazione in difficoltà in occidente sono operai salariati: gli altri sono immigrati, precari, studenti, professionisti e anche in massiccia parte pensionati, microimprenditori e abitanti autoctoni degli stati nazionali d’Europa.

Nella stragrande maggioranza dei paesi della Unione Europea la sinistra ha intrapreso lo sforzo di rappresentare le persone staccandosi da schemi risalenti a prima della caduta del muro di Berlino, in due terzi dell’Europa i partiti ecologisti e radicali, liberaldemocratici di sinistra e movimenti nati dalla contestazione no global non difendono i vecchi regimi che hanno sfruttato i lavoratori e compresso le libertà. Le nuove sinistre si propongono di dialogare con vaste fasce dell’elettorato, caratteristica che, unita ad un’attidudine all’ apertura all’esterno, ai gruppi sociali, permette loro di portare avanti iniziative sostanziali (i verdi hanno più del dieci per cento in Germania, i movimentisti più del dodici per cento in Portogallo e queste situazioni si verificano pressochè ovunque tranne che in Italia, Spagna e Grecia, ma limitatamente agli ultimi due casi il principale partito di opposizione adotta una agenda politica progressista e non teme di difenderla, circostanza che lo ha portato al governo).

Il dinamismo della sinistra a livello continentale è dovuto chiaramente anche a motivi storici. La sinistra tedesca, anche movimentista ed alternativa, ha dovuto sostenere come prima cosa, nella parte orientale del paese, una dura lotta contro il regime comunista filosovietico, lotta dalla quale provengono molti dei suoi dirigenti, almeno nel caso dei Verdi. La necessità di mantenere rapporti costruttivi con i vicini ha portato le socialdemocrazie nordiche ad un’effettivo interesse per le condizioni di vita dei suoi lavoratori, unito alla difesa dei diritti individuali che oltre i confini erano negati. In tutti i paesi dell’Est i politici non possono ignorare il valore della libertà accanto a quello dell’uguaglianza, anche esso negato nei regimi dell’Est nel passato. Quanto al Regno Unito ed ai paesi legati alla sua tradizione, i fortissimi movimenti dei lavoratori si sono sempre tenuti alla larga da chi faceva il lavoro di parlare del lavoro e contemporaneamente reprimeva sistematicamente i lavoratori, come è successo a Praga, Budapest, Danzica in decenni diversi, fino alla vigilia del crollo del muro. Per questo l’UK era un modello di partecipazione e del servizio pubblico e per molti versi lo è tuttora, anche dopo la ristrutturazione neoliberista degli anni ’80, come pure lo è per la “laicità” ideologica dei movimenti di sinistra e per  i diritti.

Ma torniamo al riconoscimento per la democrazia attribuito all’organizzazione “Memorial”, da Strasburgo, una delle tappe che offre spunti di approfondimento anche alle tradizioni di opposizione cresciute in situazioni tutelate in Europa, dove era presente la protezione delle forze di opposizione maggiori ma in totale assenza del contatto con la durezza del socialismo reale, come Italia e Francia. I premiati dall’Europa per il contrasto alle misure liberticide nell’ex Urss sono:

Oleg Orlov, attuale direttore di Memorial, condannato il 6 ottobre da un tribunale di Mosca a risarcire il presidente ceceno Ramzan Kadyrov per diffamazione ed obbligato a ritirare le sue dichiarazioni in cui accusava Kadyrov di essere responsabile dell’omicidio dell’attivista di Memorial Natalia Estemirova. Il 23 novembre 2007  è stato rapito in Inguscezia e minacciato di morte, poi rilasciato.

Sergei Kovalev, fondatore della prima associazione dei diritti umani in Russia nel 1969, il “Gruppo di iniziativa per la Difesa dei Diritti Umani nell’Urss” è anche fra i creatori di Memorial. Kovalev ha sempre denunciato le tedenze autoritarie  dei governi di Boris Eltsin e Vladimir Putin. Nel 1996 ha dato le dimissioni dalla presidenza della commissione per  i diritti umani istituita da Eltsin per protesta. Nel 2002 ha istituito una commissione d’inchiesta per investigare sulle bombe esplose in vari appartamenti a Mosca nel 1999. I lavori della Commissione si sono interrotti a seguito dell’ assassinio, l’avvelenamento e la persecuzione dei suoi membri.

Lyudmila Mikhailovna Alexeyeva, ha fondato insieme ad Andrei Sacharov ed altri il Gruppo “Mosca-Helsinki” che doveva monitorare l’osservanza, da parte dell’Urss, degli accordi di Helsinki nel 1975 (che stabilivano standard minimi di legalità che avrebbero dovuto essere rispettati anche nell’Europa orientale). Alexeyeva milita a favore dei diritti umani fin dagli anni ’60. A quei tempi protestava contro il regime chiedendo processi giusti per i dissidenti e mass media obiettivi. E’ stata per questo espulsa dal Partito Comunista e allontanata dal suo lavoro di editrice per una rivista scientifica. Nel periodo dopo la caduta del muro di Berlino ha criticato spesso il Cremlino, accusando il governo di incoraggiare gli estremisti con le sue politiche nazionaliste, dalle deportazioni di massa dei georgiani nel 2006 ai raid della polizia contro gli stranieri nelle strade di Mosca, fino alla condotta dei russi in Inguscezia.

Nei paesi occidentali europei come l’Italia e la Francia, dove il Partito Comunista era più forte ed occupava davvero uno spazio sociale, quel partito era anche una comunità con una cultura, e ad esempio in Italia è stato un fondamentale argine a rischi reazionari, uno strumento potente per l’emancipazione dei lavoratori che creavano la ricchezza del paese e un baluardo contro la malavita nel Sud dell’Italia. In un’epoca di assenza della sinistra e delle istanze che storicamente essa porta avanti, l’epoca nella quale invece più ve ne sarebbe bisogno, quella comunità manca.

Ma quella formula di autodifesa dei lavoratori conteneva anche un loro ingabbiamento e il condizionamento dell’intero campo della sinistra e dei movimenti per l’uguaglianza che si esprimeva tragicamente nell’appoggio incondizionato a schemi mentali e sistemi politici molto cinici: Indro Montanelli, che era un grande testimone, liberale le cui idee erano in gran parte discutibili ma il suo sguardo sulle cose era onesto, ricordava di aver ascoltato gli slogan dei deputati comunisti italiani alla radio mentre seguiva in Ungheria i fatti del ’56 (“viva l’armata rossa!”) e mentre in Ungheria l’esercito sovietico uccideva nelle cantine operai e studenti. Se la sinistra, di cui si avverte un forte bisogno in Europa, ritornerà forte, starà al senso critico e alla volontà di partecipazione diretta delle fasce sociali che la ricostruiranno assicurare una onestà intellettuale maggiore ed una minore legnosità.

Aldo Ciummo

SOCIALE|Una rete globale contro le mafie

libertà, legalità e diritti in Europa.

articolo scrtitto da Elisa Palagi su Dazebao, l’informazione on line

Libertà, legalità e diritti in Europa. Difficili da garantire, finché le mafie vivono e prosperano nei territori transnazionali. Così è nato il percorso formativo Flare (Freedom, legality and rights in Europe), che coinvolge oltre 200 giovani in rappresentanza di circa 50 Ong provenienti da 30 paesi dell’Europa, del bacino del Mediterraneo, della Federazione Russa, dell’area caucasica, della penisola balcanica.
Obiettivo comune rendere efficace l’azione di lotta alla mafie, che sfruttano al meglio le rapide connessioni della nostra “società globale”.  (leggi tutto…)