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Ricostruire la sinistra, sconfiggere la destra in Europa

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste fanno, con varie sfumature, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste e di sinistra fanno, con varie sfumature da centro a sinistra, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone. Solo dove le leggi elettorali permettono a conventicole politiche (in via di scomparsa per ragioni anagrafiche) di autoriprodursi su base segmentaria selezionando rappresentanti fedeli ai vertici (Italia) perfino le forze politiche che dovrebbero riconoscersi nella sinistra e nel progressismo disattendono, nelle istituzioni, le istanze minime del proprio elettorato tradizionale (tutele sociali per le fasce deboli, difesa della dignità del lavoro, laicità delle norme, apertura verso l’immigrazione) e sembrano irrimediabilmente distanti e separati dal senso comune della maggioranza della popolazione.
Non ha nulla di sinistra appoggiare decisioni apparentemente tecniche (che appaiono tecniche alle televisioni che si fanno portavoce della tendenza al rigore a senso unico delle grandi coalizioni di destra) come è avvenuto in Grecia e Portogallo con i disastrosi risultati sociali e finanziari che superano ormai anche il filtro dell’informazione di centrodestra onnipresente in Italia, quando queste decisioni vanno soltanto a comprimere e danneggiare piccola e media impresa, disoccupati e precari, giovani ed immigrati; non ha nulla di progressista la difesa di posizioni di rendita acquisite da piccoli gruppi le cui condizioni di vita sono ormai da decenni lontanissime da quelle dei semplici operai o impiegati (di cui viene decisa la riduzione di fatto della pensione attraverso le tasse sui consumi anzichè sui redditi, una misura che fin dall’ottocento viene utilizzata dai governi di destra e conservatori per scaricare sulle parti più deboli della società i costi).
Non ha nulla di sinistra nemmeno accettare che i grandi patrimoni in Italia crescano senza controllo mentre le condizioni di vita delle parti più deboli della società peggiora e mentre queste porzioni di società, svilite, vengono ingrossate dall’impoverimento del ceto medio. Ciò che invece è di sinistra è tassare i patrimoni ed i redditi più alti e penalizzare le speculazioni, come vogliono fare i candidati del centrosinistra e della sinistra Hollande e Melenchon, così come l’applicazione di misure che riducono gli squilibri economici tra le diverse fasce sociali, come ha fatto la sinistra in Germania e come il Centrodestra tedesco in parte ha accettato, è un fatto che spiega perchè, tra le tante tutele (tutele sull’abitazione e sull’occupazione che Germania, Olanda, Belgio e molti altri paesi difendono invece di additare a zavorre) l’economia tedesca e di molti altri paesi corra tanto, mentre, in modo speculare, la spiegazione del progressivo atrofizzarsi dell’economia e del senso civile di altri paesi forse può trovarsi nella coazione a ripetere errori (dannosi per la società e fallimentari nella strategia) di una ex sinistra che identifica il proprio ruolo progressista nella difesa di una versione poco più moderata dei dogmi liberisti e conservatori dei propri ex avversari, i liberisti e le leghe, con il prevedibile (ed accertato in maniera crescente in diverse tornate elettorali) risultato di perdere voti, consenso ed impegno verso sinistra e destra, verso il centro, i regionalismi e le liste di protesta, oltre che disperdendoli nel non voto: un caso unico negli ultimi due decenni in l’occidente , dove non è difficile verificare che i maggiori partiti d’opposizione i consensi li guadagnano, in qualsiasi paese.
Non c’è da sperare, in Italia, in un risveglio alla realtà da parte di minuscoli gruppi sociali che non condividono nessuno dei problemi affrontati dalle persone comuni e che hanno tale sentimento di orgogliosa separatezza dalla popolazione (composta da pensionati, studenti, immigrati, professionisti) da permettersi di rispondere alla richiesta maggioritaria di eliminazione di una legge elettorale in cui i partiti autonominano i propri eletti con l’elaborazione di una nuova legge elettorale che intende sbarrare la strada ai partiti che hanno guadagnato consensi nelle ultime elezioni amministrative ricorrendo allo stratagemma di elevare la soglia di ingresso alla camera e soprattutto al senato in modo da escludere milioni di voti, anche se comincia realisticamente ad essere possibile che qualcuno dei partiti che cerca questa soluzione finisca al di sotto di queste soglie a sua volta (si vedano i risultati di elezioni regionali e cittadine di Puglia, Napoli, Milano, Cagliari, dove i cittadini hanno messo una pietra tombale sulle pretese di forze non rappresentative ed ormai minoritarie al di fuori da pochi palazzi).
Quello che si può sperare e per cui occorre adoperarsi è che le popolazioni dell’Unione Europea, in particolare gli abitanti degli stati più gravemente arretrati in fatto di tutele sociali, partecipazione democratica, integrazione dell’immigrazione (l’Italia è uno di questi) non perdano tempo in anacronistiche guerre tra poveri, tra pensionati ed immigrati, studenti e lavoratori, operai e precari, si lascino alle spalle le false soluzioni proposte dal liberismo (di cui la crisi è l’effetto) e dalle varie leghe xenofobe (che esistono appositamente per fare da alibi e da scudo al liberismo responsabile dei disastri sociali), perchè il ruolo della sinistra non è quello di essere un simulacro di opposizione assimilato al conservatorismo e al capitalismo selvaggio, progressismo non è costruire una opposizione perdente che piace alla destra: la sinistra deve interpretare le idee di quella maggioranza europea che vuole apertura, innovazione, multiculturalità, lavoro, ecosostenibilità e che intende affrontare direttamente le ingiustizie sociali.
Aldo Ciummo

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Governo Europeo, meglio tardi che mai

Coordinamento effettivo dei paesi componenti la UE, capacità di influenzare coattivamente gli stati, risorse dalle transazioni: a iniziare prima si sarebbero evitati parecchi danni

di   Aldo Ciummo

 La paura fa novanta davanti alla prospettiva di vedere ancora stati che raccontano ai loro cittadini che va tutto bene e poi si vedono imporre manovre obbligate dall’aver rimandato riforme e iniziative per anni se non per decenni: Nicolas Sarkozy e Angela Merkel chiedono un vero governo economico per la UE, in particolare per la zona euro che dovrebbe gestire sè stessa riunendosi in maniera più stabile ed efficace.

Italia e Spagna come è noto non sono Portogallo e Grecia, trovare sorprese nei conti a Roma significherebbe spargere guai grossi in tutto il continente. La Germania ha potuto fare tanto ma non può fare tutto, come dimostra la frenata della sua economia, non estranea alla consapevolezza internazionale che su Berlino grava l’incombenza di garantire per i debiti di tutti, inclusi alcuni che negli ultimi anni hanno dato poche prove di responsabilità.

Germania e Francia hanno proposto come presidente stabile di questo eurogruppo rafforzato da compiti effettivi di governo economico Herman Van Rompuy, attuale presidente del Consiglio Europeo e hanno chiesto di inserire nella Costituzione europea un vincolo che obblighi a raggiungere il pareggio di bilancio. Una richiesta che non è un sopruso tecnocratico verso i paesi che hanno dei debiti da pagare ma una tutela verso quelle nazioni che stanno pagando già troppi debiti degli altri.

Volere che questo avvenga a partire dal prossimo anno significa difendere l’Europa da comportamenti distruttivi. L’elaborazione e l’applicazione delle manovre che rendono possibile avvicinarsi al pareggio di bilancio non riguarda affatto l’imposizione di regole da parte della BCE e dell’Unione Europea, dipinte con tinte romanzesche come entità distanti e aggressive da alcuni gruppi folcloristici rappresentati in Parlamento in Italia, difatti è tutta interna al Governo la scelta che vorrebbe togliere appena l’uno per cento ai capitali recentemente coperti da scudo fiscale, mentre i comuni cittadini saranno molto presto in grado di sperimentare che a loro viene tolto qualcosa di più in percentuale, tra imposte indirette e tagli ai servizi.

Quanto alla Tobin Tax, che è costata etichette di sovversione e di ingenuità a tutti quelli che la proponevano in tempi in cui al liberismo estremo non si potevano nemmeno accennare critiche, adesso i rappresentanti degli stati fondanti dell’Europa affermano giustamente che è uno dei mezzi per fermare la corsa alla speculazione e per restituire ragionevolmente una minimale parte dei suoi profitti a stati (e quindi società) duramente colpiti da questa.