• i più letti

  • archivio

  • RSS notizie

    • Si è verificato un errore; probabilmente il feed non è attivo. Riprovare più tardi.
  • fin dove arriva la nostra voce

  • temi

Reintegrati gli operai Fiom, esistono ancora i diritti dei lavoratori

La magistratura sana la situazione che si era venuta a creare per l’esclusione di lavoratori che avevano dimostrato opinioni diverse da quelle della azienda

di   Aldo Ciummo

L’azienda ha dovuto cedere: in Italia esistono ancora delle leggi che impediscono di licenziare i lavoratori senza una giusta causa. Si rischia di trovarsi presto in un paese che non prevede più queste tutele e permette alle multinazionali ed alle industrie di fare ciò che vogliono con i lavoratori che hanno bisogno di una occupazione, come dimostrano l’evidente ricatto al quale gli operai si sono trovati di fronte a Torino e il comportamente messo in atto a Melfi dove tre operai erano stati licenziati durante uno sciopero (a parole per atti dannosi per lo stabilimento, di fatto perchè iscritti ad una sigla sindacale, la Fiom, che vuole tutelare i lavoratori).

Esistono ancora leggi che tutelano il lavoro in Italia, nonostante siano brutti tempi, con un governo nominalmente tecnico che segue tutte le direttive del governo precedente e che gode del sostegno acritico in fase di voto di una parte importante dell’ex opposizione all’esecutivo precedente, approdando a provvedimenti che rendono ancora più flessibile il lavoro in Italia (se possibile che l’occupazione diventi ulteriormente flessibile e comprimibile in Italia): le norme sul lavoro hanno determinato il reintegro dei tre operai che erano stati licenziati durante uno sciopero, un fatto che dovrebbe far riflettere sulla necessità di difendere i valori democratici in Italia, prima che la contemporanea pressione di leggi elettorali che permettono ai governanti di autoselezionarsi, di azioni scorrette da parte di multinazionali e grandi aziende, di controriforme governative tese a dare il via libera ad un liberismo selvaggio, erodano del tutto le garanzie costituzionali costruite nel corso di decenni.

Dell’attuale situazione, nella quale non si chiede neppure agli imprenditori che occupano le frequenze televisive pubbliche di corrispondere allo stato delle risorse e dove non si chiede neppure una patrimoniale a quella piccolissima parte della società italiana che ha accentrato le risorse nella propria disponibilità durante gli ultimi venti anni, è responsabile anche l’area politica progressista, che a forza di pensare a feste del cinema della capitale ed a festeggiamenti delle istituzioni ed a furia di cooperare con le destre nell’accogliere un modello iperliberista dell’economia, si è dimenticato che il progressismo deve trarre ispirazione dalla parte produttiva della società (e che questa non si trova di certo solo nella finanza, visti i pessimi risultati che questa ha restituito all’intera società occidentale negli ultimi anni).

Lo scollamento tra la parte della sinistra che ha accettato la centralità del modello liberista e di Centrodestra e l’area della società che sostiene l’opposizione al Centrodestra ed alle destre è tanto evidente che in ogni grande e piccola città italiana dove si svolgono le primarie (Milano, Cagliari, Genova) anno dopo anno e mese dopo mese sta vincendo la parte della sinistra che sostiene i diritti del lavoro, dei professionisti, dei precari, degli immigrati, che sostiene il laicismo e lo sviluppo sostenibile. Riguardo alla ex sinistra adattatasi ai dogmi liberisti che hanno portato alla crisi mondiale, anche quando questa parte del mondo progressista rifiuta un confronto con il resto della sinistra prima delle elezioni gli altri partiti di sinistra più favorevoli ai diritti del lavoro ed alla partecipazione la battono ugualmente nel primo e nel secondo turno, come avvenuto in Puglia ed a Napoli in anni diversi, poi sconfiggono il Centrodestra dimostrandosi centrali nel voto di sinistra, laico, moderato, avverso ad una visione estremista del mercato e del liberismo come quella sostenuta dai grandi manager appoggiati dal Centrodestra e dalle televisioni nazionali e temute dal Centrosinistra tradizionale riformista. La sinistra che dimentica completamente il suo ruolo infatti subisce nel voto le conseguenze della propria marginalità, causata dall’assenza di una posizione chiara su qualsiasi argomento e dalla vicinanza al Centrodestra nelle posizioni dimostrate rispetto ai lavoratori, all’immigrazione, alla concorrenza.

Se i maggiori partiti dell’area progressista non vogliono finire al terzo o quarto posto in qualsiasi tipo di competizione elettorale non possono continuare a lavorare inutilmente assieme al Centrodestra per dare il via libera alle componenti peggiori del capitalismo italiano e per elaborare leggi elettorali con le quali proseguono nel nominare i deputati eletti senza permettere all’elettorato di indicare le preferenze ed è inutile che si dedichino ad escogitare sbarramenti per impedire l’elezione di rappresentanti del paese reale, un luogo contrapposto a coloro che si annoiano ad avere una occupazione, difatti questi sbarramenti risulteranno comunque inutili ai propri autori, quando sulla scia delle primarie e delle amministrative i maggiori partiti della ex opposizione si verranno a trovare al di sotto degli stessi sbarramenti e dei movimenti di cui vorrebbero stabilire la marginalità.

Milano, Cagliari, Napoli, Genova cominciano infatti ad essere grandi e rappresentative città che dovrebbero suggerire qualcosa a quei settori della società che si barricano nei palazzi a decidere candidature ed incarichi ed a scriverli su fogli e schemini ormai astratti. Anche Roma ed il Lazio dovrebbero suggerire qualcosa, perchè nella capitale italiana la decisione di portare avanti gruppi vecchi ed impopolari ha consegnato la città a tendenze ultraconservatrici e nella regione Lazio la plateale freddezza verso una candidatura non ortodossa, accompagnata da un mancato sostegno, ha consegnato la regione a gruppi conservatori che la hanno trasformata in ciò che vediamo oggi.

Occorre una ricostruzione della sinistra si vuole uscire da questa situazione e se si intende davvero rimettere al centro politiche almeno in parte progressiste, che portino in Italia ciò che esiste in tutta Europa senza che i pensionati gridino al pericolo comunista, ossia tasse progressive e patrimoniali che impediscono un accentramento delle risorse di tipo latinoamericano, leggi sulla concorrenza che impediscano che in materia di autostrade e televisioni l’Italia sia singolarmente vicina alla Federazione Russa (dove chi governa si regala delle licenze di sfruttamento privato decennale di beni pubblici).

Per ottenere una riorganizzazione dell’area progressista che la metta in condizione di contrastare duramente le tendenze controriformatrici che invece dominano nel governo berlusconiano di Monti bisogna che i partiti maggiori del Centrosinistra non si autonominino tali soltanto perchè lo sono stati quindici anni fa, ma affrontino la realtà senza la protezione di leggi elettorali che servono solo ad assicurare la rielezione di gruppi di Centrodestra e di Centrosinistra le cui posizioni all’interno delle istituzioni stanno diventando oramai ereditarie. Se questo non si verifica, occorre che le attuali forze di maggioranza progressiste, maggioritarie all’interno dell’area politica di riferimento e nel paese, costruiscano comunque reti di promozione e difesa del lavoro, della multiculturalità, del laicismo e successivamente  si mobilitino in tutti gli spazi sociali, istituzionali e di tutti gli appuntamenti elettorali disponibili per rimuovere i gruppi e le modalità di gestione della partecipazione che si sono radicati all’interno delle istituzioni attraverso grappoli familistici, partitici e proprietari. Soltanto così si eviterà all’Italia una sorte come quella della Grecia, causata dalle politiche di destra di liberismo selvaggio e di concentrazione delle risorse e dalla obbedienza della ex sinistra a queste filosofie economiche fallimentari, la sinistra deve ripartire perciò dagli spazi sociali e di partecipazione.

 

NOTIZIE SU REGIONI E CULTURE DEL NORDEUROPA SUL SITO DI INFORMAZIONE      www.nordeuropanews.it      NORDEUROPANEWS 

Conferenza sull’immigrazione a Palermo

 

L’iniziativa organizzata dall’Ordine dei Medici di Messina e dalla Associazione dei Medici Stranieri in Italia presso l’Assessorato alla Salute della Regione Sicilia in Piazza Ottavio Ziino

Sarà presentato mercoledì 20 aprile a Palermo il Convegno “Salute e Migranti. Un approccio all’integrazione ed alla cooperazione sanitaria” che poi si svolgerà il 17 e 18 giugno a Giardini Naxos – Hotel Ramada Hilton. Alla conferenza è prevista la partecipazione di Pietro Bartolo, responsabile del presidio sanitario di Lampedusa, di Massimo Russo, Assessore alla Salute della Regione Sicilia, Giacomo Caudo, presidente dell’OMCeO di Messina, Salvatore Amato, presidente dell’OMCeo di Palermo, Maria Concetta Mirisola, commissario straordinario INMP, Lucia Borsellino, dirigente generale DASOE, Mario Affronti, presidenza SIMM e Foad Aodi, presidente AMSI.

“La situazione di emergenza, sorta nell’isola di Lampedusa negli ultimi mesi, ha posto all’attenzione della comunità nazionale ed internazionale non solo il problema legato all’accoglienza di quanti stanno fuggendo, per vari motivi, dai fronti africani, ma la necessità di attivazione di interventi sanitari capaci di garantire i più elementari princìpi del diritto alla salute” afferma l’Amsi (Associazione dei Medici Stranieri in Italia) in una nota.

Le strutture sanitarie di tutti i paesi del Mediterraneo in altre parole vanno coinvolti e l’Europa è chiamata a svolgere il suo ruolo come potenza civile, di cui si sente il bisogno assieme ad una presenza più organizzata dello stato e della società italiana a fronte di problemi che non possono essere risolti con pericolose chiusure. L’Amsi come associazione di medici di origine straniera integrati nel sistema sanitario italiano svolge un ruolo insostituibile attraverso il contributo specifico in fatto di lingua e di conoscenza della situazione particolare delle aree di partenza.

Il giorno precedente il convegno, il 16 giugno, si svolgeranno venti workshop su argomenti sociosanitari, nelle strutture ospedaliere di Palermo, Messina, Taormina, Ragusa e Siracusa, eventi cui parteciperanno più di cinquanta rappresentanti del settore nel Mediterraneo, tra cui una delegazione del Ministero della Salute del Marocco ed i componenti del Comitato Euromediterraneo dell’Ordine dei Medici, con il patrocinio della UE, della regione Sicilia, dei Ministeri della Salute e delle Pari Opportunità e dell’Istituto Superiore della Sanità.

L’Istruzione nell’Europa delle regioni

Nei giorni 8 e 9 febbraio a Napoli si svolgerà il convegno “Regionalizzazione dei sistemi di istruzione e formazione”, organizzato dalla regione in collaborazione con la Facoltà di Sociologia dell’Università “Federico II” e l’Ais-Edu.

Un convegno per fare il punto sulle politiche di istruzione e formazione messe in campo in questi anni nel territorio regionale campano e per confrontarle con altre realtà nazionali ed internazionali: è l’occasione nella quale si incontreranno alcuni dei più accreditati esperti di politiche educative nel panorama nazionale.

Le regioni assumono un peso sempre maggiore nel contesto europeo delle riforme del sistema dell’istruzione. Difatti l’Unione Europea non ha ancora competenze ben definite in quello che resta un settore di competenza nazionale. In questa situazione si inserisce il ruolo delle regioni e delle provincie, di quelle realtà territoriali che sempre più spesso si trovano a giocare come degli apripista nel campo della integrazione continentale.

La riflessione è stata promossa dal Fondo Sociale Europeo della regione Campania con l’Ais-EDU e con la facoltà di Sociologia dell’Università Federico II , si parlerà infatti come prima cosa della governance regionale delle politiche educative, in una sessione dedicata a quanto fatto a Napoli in accordo con la strategia di Lisbona, in particolare riguardo all’investimento sulla conoscenza.

La discussione affronterà il problema dell’inclusione sociale e delle opportunità di accesso alla formazione professionale, le politiche sull’apprendimento permanente e sull’adeguamento dell’offerta scolastica alle realtà regionali. A questo proposito il confronto si sposterà soprattutto sull’università. Infine le due giornate daranno spazio anche ai progetti incentrati sulle nuove tecnologie.

Aldo Ciummo

Al Palazzo dell’Innovazione e della Conoscenza di Napoli “Ripensare le città”

 

Una scommessa ragionata sui fondi europei è ciò che ha portato allo sviluppo diverse aree d'Europa e che auspicabilmente porterà nei prossimi anni alla loro reciproca integrazione

Il 15 dicembre una iniziativa dedicata a Riqualificazione, Innovazione e Mobilità sarà una occasione di riflessione sull’impatto del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale

Il programma operativo regionale della Campania (POR) per il 2007-2013 si trova ad uno stadio abbastanza avanzato ed il 15 dicembre 2009 al Palazzo dell’Innovazione e della Conoscenza (Pico) si svolgerà un dibattito dedicato all’illustrazione degli obiettivi raggiunti e di quelli per i quali lavorare per uno sviluppo più equilibrato della regione.

I progetti finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale stanno apportando diverse trasformazioni in Italia, le aree del Mezzogiorno sono tra quelle che potranno beneficiarne di più ed accelerare così la integrazione delle zone anche marginali finora nella comunità europea.

La giornata prevederà l’intervento di Carlo Neri (Autorità di gestione del POR Campania per il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale FESR 2007-2013) , di Maria Adinolfi, responsabile dell’Obiettivo Operativo “Più Europa” , l’assessore ai Trasporti e Viabilità, Porti ed Aeroporti, Ennio Cascetta, Gabriella Cundari (Urbanistica, Politiche del Territorio), il Presidente del Tavolo Regionale del partenariato Economico e Sociale Mario De Biase, il capo di gabinetto della giunta regionale Maria Grazia Falciatore.

Lo sviluppo del territorio coinvolge anche l’istruzione e la ricerca, per le politiche legate alle scienze ed all’università parteciperà l’assessore Nicola Mazzocca. Ci saranno anche il presidente di Bagnoli Futura, Rocco Papa, il sindaco di Benevento Fausto Pepe, anche per il tavolo Città più Europa, Maria Raffa, assessore allo sviluppo del comune di Napoli, Leopoldo Spedaliere, Presidente Tess Costa del Vesuvio e la giornata sarà coordinata da Paolo Leon.

L’iniziativa al Palazzo PICO di via Terracina è sostenuta dal Governo, dalla UE e dalla regione, con il motto “la tua Campania cresce in Europa” ed è da intendersi come uno stimolo alla partecipazione dei territori alla costruzione di una economia integrata in Europa, una delle basi per una società sempre più aperta anche oltre i vecchi confini.

Aldo Ciummo

Ma quei ricchi indifferenti siamo proprio noi

Il Maschio Angioino di Napoli dove si è discusso di contrasto alla povertà. L'Europa appare a molti nel pianeta come una fortezza in più, e lo è nella misura in cui difende posizioni acquisite. Ma è anche uno spazio al cui interno si sta avviando la sperimentazione di una economia sociale di mercato basata sulla conoscenza e su un equilibrio avanzato tra le aree e le realtà sociali che la compongono.

Al Forum della Società Civile di Napoli interventi bipartisan hanno affermato che la lotta alla povertà è in cima all’agenda degli impegni di conservatori e progressisti, ma la crescita delle ineguaglianze racconta un’altra storia, strettamente intrecciata allo stile di vita dominante

Al vertice della società civile che si è svolto al Maschio Angioino di Napoli venerdì 26 e sabato 27 novembre, anche politici ed amministratori sono intervenuti. Aprendo la prima giornata dei lavori Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, ha presentato i problemi della povertà come un tema su cui si concentra una attenzione bipartisan e così anche gli altri interventi istituzionali.

L’evento ha ovviamente manifestato la sua identità europea, con un messaggio del Capo dello stato Napolitano sulla necessità dell’innovazione e del rafforzamento del welfare dell’Unione. Non sono mancati i riferimenti alla situazione regionale campana, Bassolino ha reso noto che saranno investiti 150 milioni di euro derivanti dai beni confiscati alla camorra.

Alcuni degli amministratori intervenuti, come l’assessore  alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, Giulio Riccio, hanno messo in relazione la grave congiuntura economica europea, con 78 milioni di persone a rischio di povertà nell’Unione , e le difficoltà ulteriori di paesi come l’Italia che non hanno strumenti efficaci di sostegno al reddito.

Gianni Pittella (PD), uno dei vicepresidenti del Parlamento Europeo, ha auspicato risposte forti da parte dei governi nazionali, ricordando il bisogno di supporto della microimpresa, ed ha chiesto la tassazione delle rendite finanziarie come misura di giustizia sociale.

Apprezzabile la comprensione del fatto che la redistribuzione è una misura progressista e non un esproprio bolscevico, specialmente quando c’è una crisi i cui prodromi sono stati sfruttati da circuiti che hanno enormi disponibilità finanziarie e le cui perdite (sempre relativamente ai detentori di rendite) sono state pagate dagli stati con le risorse che altrimenti avrebbero potuto essere destinate all’emancipazione sociale negli stati colpiti più duramente. Ma il PD non è stato affatto estraneo alla promozione del liberismo e della privatizzazione del pubblico (con annessa socializzazione delle perdite private) negli ultimi quindici anni.

Tajani (PDL), vicepresidente della Commissione Europea, ha ricordato che molti capi di stato erano assenti al vertice della Fao. Nel corso del Forum della Società Civile di venerdì è giunta la notizia del suo nuovo incarico (Commissario all’Industria) nel governo europeo. Tajani ha detto che serve un aiuto maggiore da parte dei paesi ricchi e che l’immigrazione massiccia è   altrimenti un fenomeno strutturale.

Certo però che il PDL non è una forza che ha stimolato molto la redistribuzione, anzi.  Ma il punto poi è che la negazione della redistribuzione risiede direttamente nella società europea, la UE ha una agenda attenta alle aree del mondo in difficoltà, i governi nazionali possono stanziare fondi ma il livello di vita acquisito, anche qui a sinistra, è duro a morire ed i cittadini di solito chiedono proprio che non cali, che è quello che concretamente dovrebbe fare per una politica ambientale e sostenibile anche dal punto di vista della redistribuzione tra le varie aree del mondo. I consumi di elettricità, l’uso diffuso di ogni sorta di elettrodomestici, garanzie sociali tutto sommato elevate sono fatti che, la popolazione almeno istintivamente lo percepisce, derivano da rapporti di forza che vengono difesi così con una delega sostanzialmente democratica da parte degli elettori nelle nostre società.

Aldo Ciummo

Mauro Palma: “Nel Trattato di Lisbona opportunità di garantire i diritti sociali”

Nel corso del Forum della Società Civile per l’anno europeo della lotta alla povertà che si è svolto a Napoli venerdì e sabato, i relatori del focus su Cittadinanza, Diritti Sociali ed Inclusione hanno discusso di beni comuni, politiche sociali e flexicurity, obiettivi di Lisbona che il Trattato introduce nelle norme scritte dell’Unione Europea

 

 

Venerdì pomeriggio, in uno dei focus più importanti in materia di lotta a tutte le forme di povertà nella nostra Europa Mauro Palma (Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa) ha moderato il dibattito sulle garanzie che la Ue assicura alle persone che vivono nell’area dei 27 (e soprattutto su quelle che non assicura affatto e questo è proprio lo spazio che si apre all’azione politica che riguarda l’Europa). La conferenza si è svolta presso il Maschio Angioino di Napoli.

L’impostazione del Trattato di Lisbona è, contrariamente a quello che spesso si pensa, per l’Economia Sociale di Mercato e non per i due sistemi che hanno portato l’uno all’attuale crisi economica e ad infinite guerre e brutture, l’altro all’azzeramento dell’iniziativa privata e delle persone (e c’è un 3 per cento tendente al 2 per cento che in molti paesi come Italia, Spagna e Francia ancora insiste). Ma questa Economia Sociale di Mercato è tutta da fare. Non sembra che ne facciano parte gli immigrati extraeuropei ed europei, che sono carne da cannone dell’industria a basso costo con il beneplacito di leggi razziste, non sembra che ci stiano nella bambagia i precari e pensionati autoctoni, che appena aprono bocca sono razzisti ma l’attenzione dei professori illuminati dei partiti rivoluzionari per questi occidentali si ferma lì, perchè i cittadini di oggi per il resto spesso non sono operai nè braccianti e non starebbero bene sul quadro del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.

Andrea Fumagalli è intervenuto proprio sulla flexicurity, la parola magica che per i liberisti all’italiana significa che quelli che perdono il lavoro stanno al sicuro a causa della libertà di investire le proprie competenze sul mercato. Ma che fine fa la flexicurity se uno è immigrato e perde il lavoro (che non sempre è regolare nel mondo reale) rischiando la repressione? se uno è pensionato al minimo e i costi di tutto, specialmente quelli di chi ha un modello di consumi che non prevede acquisti di lusso ma ordinari, salgono mentre agli enti locali vengono tolti i mezzi per fare assistenza? cosa succede se la formazione anche quando c’è conta poco, perchè chi avvia imprese per lo stato ultraliberista non esiste e per la sinistra residuale è un padrone delle ferriere?

Andrea Fumagalli, docente dell’Università di Pavia, da parte sua ha fatto notare che in Danimarca ed in Olanda c’è la flexicurity, ma ciò significa coerentemente presenza di ammortizzatori sociali, di formazione e di accesso al mercato del lavoro sulla base delle competenze. E senza troppe discriminazioni che (come è reso evidente per contrasto dalla solidità oltre le crisi e dalle capacità di rinnovamento di paesi come Danimarca, Olanda, USA, Svezia, Regno Unito che hanno una cultura di scambio con gli altri) sono zavorre che non aiutano il corretto sviluppo del mercato in nazioni come Grecia, Italia, Francia e Spagna, stati che (basta guardare le leggi, le carceri e talvolta i disordini di stranieri che non ce la fanno più) hanno puntato soltanto sulla repressione.

Altrove le leggi sull’immigrazione sono anche rigorose, ma il discorso è che poi non si fanno le differenze. In altri casi abbiamo situazioni che apparentemente sono aperte ma poi recludono non solo stranieri ma in blocco chi vive nelle periferie in stati di emarginazione (Francia) oppure situazioni in cui per comprimere gli emigranti nello schema di pura forza lavoro (si vedano le leggi italiane) si finisce per ignorare anche la realtà, cioè che non si può chiedere agli immigrati di raggiungere condizioni perfettamente stabili nel lavoro quando il mercato del lavoro non ne offre in generale, e soprattutto che costringerli alla clandestinità serve solo a permettere a chi sfrutta di farne concorrenti al ribasso.

Nel corso del dibattito Giuseppe Bronzini, di Magistratura Democratica, ha ricordato che quell’articolo 6 del Trattato di Nizza che tutela i diritti sociali acquista un valore giuridico con l’attuale affermazione del Trattato di Lisbona. Il vituperato progetto di costituzione europea infatti contiene anche cose buone, stratificate nelle norme che eredita anche dai Trattati passati (l’Europa è una casa che non si costruisce in un giorno). Venendo all’opinione di Bronzini, “sancire che i livelli minimi di trattamento sociale raggiunti ad oggi non devono essere inficiati significa che il giudice ordinario potrà essere interpellato per ottenere il rispetto delle garanzie primarie europee”.

Un fatto davvero interessante è che il giudice potrà anche disapplicare le norme nazionali qualora queste cozzino visibilmente contro i diritti che l’Europa impone. In un paese che in genere ha un numero di cinque donne su ventidue ministri e dove alcuni cittadini sono morti pestati in caserma una novità del genere non è propriamente un dettaglio, perchè potrebbe produrre la positiva imposizione di standard occidentali.

Gli altri relatori, Raymond Van Herman per il Forum permanente della società civile europeo, Pietro Barbieri presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap e Antonello Scialdone dell’Isfol, l’organizzazione che si occupa di formazione, come pure Enrico Tedesco (dell’associazione Polis) e Francesco Fioretti (dell’associazione Enzo Aprea di Avellino) hanno sottolineato sotto vari aspetti  la necessità che l’Europa si attrezzi a garantire quella che è la base dell’esercizio dei diritti politici e cioè l’esistenza dei diritti sociali minimali.

Mauro Palma, come presidente del comitato che si occupa di contrasto alla tortura per il Consiglio d’Europa quindi per la diffusione dei diritti anche oltre la Ue di oggi, ha parlato in maniera accorata della opportunità di estendere i diritti di tutte le persone che vivono nello spazio europeo e non soltanto le garanzie contro gli abusi ma anche quelle che mettono gli immigrati e tutti i cittadini nelle condizioni di non cadere in situazioni che spesso vengono risolte dagli stati nazionali soltanto con la repressione. “Bisogna fare uno sforzo – ha detto Mauro Palma – per far valere nel diritto europeo le norme che vanno in questa direzione”. E’  un impegno, si può aggiungere, al quale non bisogna sottrarsi. Ma la strada sarà molto lunga.

Aldo Ciummo

Guy Standing: “è l’ineguaglianza il convitato di pietra del ventunesimo secolo”

 

Guy Standing, docente di Sicurezza Ecomica, con il Basic Income Earth Network si propone di trovare forme di partecipazione effettiva, anche economica e produttiva, di quelle fasce di persone rimaste escluse dalle dinamiche finanziarie degli ultimi due decenni

Al Forum della Società Civile apertosi oggi a Napoli, il co-presidente del Basic Income Earth Network ha sottolineato l’impossibilità di affrontare il problema della povertà senza impegnarsi per una redistribuzione del prodotto

La classe emergente oggi nel mondo è quella dei precari, ha affermato Guy Standing intervenendo al Forum della Società Civile riunitosi a Napoli oggi e che continuerà i propri lavori domani per introdurre l’anno europeo della lotta alla povertà (il 2010). E’ un gruppo povero, anche solo di identità e storia in senso classico, e in seno a questo gruppo monta la rabbia, così Standing descrive la massa dei precari.

“Ma è impossibile promuovere responsabilità sociale e combattere la povertà senza considerare il nocciolo del problema, se non si affronta la grave crescita della disuguaglianza, è impossibile fare quello di cui c’è bisogno, cioè trovare nuove forme di partecipazione” ha detto Standing, che è docente di Sicurezza Economica all’Università di Bath e che con il Basic Income Earth Network spinge perchè si arrivi a forme di reddito garantito nel mondo di oggi.

Al Forum stanno partecipando sia amministratori regionali come Rosa Russo Iervolino, sindaco di Napoli, Antonio Bassolino presidente della Campania, Giulio Riccio, assessore alle Politiche Sociali del Comune, che rappresentanti europei come i vicepresidenti del Parlamento Europeo Gianni Pittella e della Commissione Europea Antonio Tajani. Oggi, nel corso dell’incontro svoltosi al Maschio Angioino, è arrivata per agenzia la notizia che Tajani è diventato Commissario Ue all’Industria.

E’ intevenuto anche Ludo Horemans, Presidente dell’European Anti Poverty Network, mentre nel seguito della giornata si sono svolti dei dibattiti separati, quattro tavoli dedicati rispettivamente all’Immigrazione e Integrazione, all’Agenda Sociale Europea 2010-2020, a Cittadinanza, diritti sociali ed Inclusione ed a Povertà e Globalizzazione.

Sui temi specifici del dibattito, centrale oggi in Europa, troverete nei prossimi giorni e nelle prossime settimane approfondimenti, a fianco al proseguimento degli altri due temi che nel quadro europeo il sito sta proponendo (rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile ;  prospettive dell’ Artico ed impegno dei paesi dell’area nord).

Nell’evento europeo che si sta svolgendo a Napoli oggi e domani stanno emergendo infatti spunti interessanti anche riguardo alle opportunità di iniziativa sociale e riformista offerte dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Aldo Ciummo

Non tutte le strade ci portano nel mondo

Domani a Napoli l’Unione Europea discuterà di un tema apparentemente spicciolo: come facilitare i trasporti con i nostri vicini, l’Africa. Le vie di comunicazione rappresentano uno dei motori più potenti della internazionalizzazione (e della nostra trasformazione in comunità)

L'integrazione europea e la sua apertura all'esterno passa dalle vie di comunicazione                              FOTO di Aldo Ciummo                      Strade d'accesso alla città portuale di Genova

L'integrazione europea (e l' apertura Ue all'esterno) passa dalle vie di comunicazione FOTO di Aldo Ciummo Strade d'accesso alla città portuale di Genova

 

Il nostro sito segnala ai suoi lettori, tradizionalmente sensibili alle questioni estere o perlomeno ad un’immagine aperta dell’Italia, una conferenza interministeriale che si svolgerà domani e dopodomani a Napoli ed avrà come argomento esclusivo il problema dei trasporti e delle vie di comunicazione in Europa.  Apparentemente circoscritto ad un ambito tecnico, il tema delle “strade”, detto in termini spiccioli, è al centro della capacità delle aggregazioni umane che abitano un territorio di incidere con la propria presenza e la propria cultura quest’ultimo ma, più importante, di aprirlo agli scambi con i vicini e anche con le realtà che vicine non sono.

Il titolo dell’evento è “Il futuro delle reti transeuropee di trasporto. La costruzione di ponti tra l’Europa ed i suoi vicini Il Mediterraneo e L’Africa”. E’ opportuno che non ci si lasci ingannare dalla terminologia tecnica utilizzata e dal fatto che il grosso degli incontri previsti si svolgeranno a porte chiuse, per quanto ciò induca senz’altro a riflettere sulla necessità di rilanciare in Italia e sperimentare in Europa forme di democrazia partecipativa e di promuoverle con meno rumore e più decisione e concretezza dal basso: quello di cui si parla è vicinissimo alla vita dei cittadini, specialmente delle attuali generazioni, perchè si discuterà di come collegare meglio tra loro UE, Mediterraneo e Africa.

L’ultimo decennio ha visto gli enormi danni causati dalla contrapposizione socioeconomica e politico-militare nel Mediterraneo, che a tratti ha rischiato di diventare uno scontro Nord-Sud e perfino un redivivo contenzioso Est-Ovest, per quanto ciò non sia mai stato vero per la maggioranza delle popolazioni. E’ stato vero però per una leadership di parte del mondo sviluppato che ha pensato di poter recuperare con una strategia di breve periodo evoluzioni inarrestabili dell’economia mondiale e dei suoi rapporti di forza. A ciò si è aggiunta una ancora più criticabile forma di terzomondismo semplificato, secondo il quale l’apporto di cultura, di civiltà istituzionale e di cooperazione economica delle nazioni industrializzate e delle componenti della popolazione di origine occidentale nel Sud del mondo sarebbe stato sempre da considerarsi negativo, semplificazione caratterizzata da una forma di razzismo sia pure opposto a quello tradizionale e da una mentalità che non ha dato un grande contributo all’integrazione reciproca in una società globalizzata.

Le reti di trasporto sono chiaramente una delle pagine strategiche della prospettiva europea, perchè la UE molto più che attraverso il Prodotto Interno Lordo ha potuto ritagliarsi uno spazio tra i giganti della terra attraverso un’ attitudine di relazione con i vicini, anche con quelli in difficoltà, politica che ha permesso all’Unione Europea di veder spesso preferita nelle transazioni la sua valuta, l’euro, ad altre che erano anche più forti momentaneamente, nel frangente in cui poi alcuni di quegli stati si sono risollevati o hanno anche raggiunto un peso significativo.

Questo, che può essere letto come opportunismo è lo è anche nella misura in cui i legami geopolitici lo sono sempre stati, però era anche un approccio multipolare di gestione delle decisioni e delle relazioni internazionali che si è rivelato in qualche modo confermato come valido dal gravissimo fallimento che agli estremi opposti è stato sperimentato da una parte dal tentativo di instaurare un controllo unipolare neoconservatore e dall’altro lato dall’insensatezza della mentalità che “i poveri”, superficialmente identificati in un eterogeneo schieramento (dai fondamentalisti religiosi alle fasce svantaggiate della popolazione dell’America Latina), avessero dovuto attaccare indistintamente una parte del mondo senza disporre di un progetto alternativo.

L’evento di domani, che ospiterà 10 workshop e 3 tavole rotonde, a cui parteciperanno ministri degli stati UE e di paesi terzi, membri del parlamento europeo e amministratori delegati i gestori ed operatori di infrastrutture, prevede una sessione ministeriale sull’avanzamento del piano dei Trasporti di cui si parla (che si chiama TEN-T Brdo, che è la sigla del titolo in inglese dell’iniziativa) ed il piano d’azione Europa-Africa. E’ auspicabile che anche all’interno dell’Europa le decisioni sui trasporti non vengano prese al di sopra della testa dei cittadini e che questi premano con ogni mezzo per esserne coscienti e diventarne protagonisti anche quando si vorrebbe escluderli. Altrettanto importante però sarà che gli abitanti dei territori prendano coscienza delle dimensioni che il fenomeno dello sviluppo assume in Europa, e che convoglino verso la politica le proprie esigenze anche ambientali in maniera propositiva.

Le forze politiche che avevano ipotizzato di opporsi a priori alla europeizzazione e alla internazionalizzazione dell’economia in Italia oggi sono disintegrate, perchè quell’approccio aveva condotto lo stesso sforzo legittimo di partecipazione dei territori alle scelte in un vicolo cieco dove ai movimenti favorevoli alla democrazia partecipata era consentito soltanto dire di no. Ma non come.

Aldo Ciummo

I CONTI IN TASCA|Silvio è tornato e io…speriamo che me la cavo

Nuove misure escono dal cdm di Napoli: taglio dell’Ici sulla prima casa e detassamento degli straordinari. Ma è proprio questo quello che serve all’Italia?

Napoli ieri ha vissuto un giorno da leone. Per un giorno la città partenopea è stata considerata per la sua bellezza e per quello che rappresenta al mondo e per l’Italia. Di Napoli ieri si è parlato dopo tanto, troppo tempo passato all’addiaccio, di qualcosa che non aveva a che fare assolutamente con le sue rughe di vecchia signora malata e pusciescente, di camorra e di rifiuti. O meglio lo si è fatto, ma con stile. Tanto che per un giorno siamo riusciti a ridar voce ai poveri ed esausti cittadini napoletani, attraverso le loro manifestazioni di protesta, sit-in e cortei che per tutto il giorno hanno presenziato la zona limitrofa al palazzo reale dove Silvio Berlusconi e i suoi ministri, se ne stavano raccolti a discutere, sentenziare, decidere del futuro nostro e di quanti erano lì sotto a gridare con forza, che non serve tanto per restituire il sorriso a un popolo oppresso, non dal nemico ma dalla puzza. Passeggiando per le vie di Napoli è facile trovare i manifesti con su scritto: «Silvio santo subito se ci togli la monnezza». E lui, il principe degli istrioni non ci ha pensato due volte e portare il cdm qui. «Dovremmo fare più spesso i cdm itineranti, se solo non pesassero sull’economia del paese».

Beh, la notizia credo sia proprio questa: ora Berlusconi sta anche attento all’economia del paese. E a chi gli rinfaccia da piazza del Plebiscito che è stato lui a rovinare il lavoro in Italia facendoci diventare «tutti disoccupati», lui risponde con nuove misure economiche. «Grazie a Tremonti che con le sue soluzioni ci ha salvato spesso, anche se deve fare i conti con una coperta più corta del letto», più p meno recitava così il requiem del Cavaliere verso il suo tesoriere.

Continua a leggere