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Cittadini europei al lavoro sui beni pubblici con il Mfe

 

Il Movimento Federalista Europeo venerdì e sabato a Roma Tre ha promosso diversi tavoli di lavoro sulle questioni attuali nella definizione dell’identità europea

 

Si è svolta in questi due giorni la Convenzione dei Cittadini Europei su Beni Pubblici e Diritti Collettivi presso la sede dell’Università Roma Tre a via Ostiense 159, una iniziativa fortemente voluta dai giovani federalisti europei della Gfe che da mesi ci stanno lavorando. La sessione di apertura ha visto l’intervento di Guido Fabiani, rettore della Università e di Luigi Moccia, presidente del centro Altiero Spinelli e di Lucio Levi presidente nazionale Mfe (Movimento Federalista Europeo).

I lavori della Convenzione sono stati presentati da Pier Virgilio Dastoli, presidente Mfe Lazio e attivista storico per il federalismo in Europa e l’unione dei paesi nella comunità.

Tra gli altri, sono stati coinvolti nei lavori di ieri l’ambasciatore del Belgio in Italia, Jan De Bock; il presidente dell’associazione giornalisti europei Nuccio Fava; il garante per la privacy Franco Pizzetti; il presidente del Comitato Europeo delle Regioni, Giorgio Ruffolo; il presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo Mario Sepi.

Sandro Gozi ha coordinato il tavolo di lavoro su “Democrazia Europea”, Ettore Greco il dibattito sul “Ruolo dell’Unione Europea per la pace nel mondo”, Mauro Palma quello su Interculturalità ed Inclusione e Laura Pennacchi sui Diritti Collettivi. I vari gruppi di lavoro sono stati coordinati rispettivamente da Mfe, Tavola della Pace, Eapn e CittadinanzaAttiva.

Nella giornata di ieri è stato presentato il libro curato da Simone Vannuccini e Nicola Vallinoto “Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo”, oggi i gruppi di lavoro sono ripresi con il nuovo dibattito sulla democrazia europea presieduto da Roberto di Giovan Paolo, sull’Europa e la pace con Francesco Cavalli, sull’integrazione coordinato da Luigi Ferraioli, sui diritti collettivi con Giuseppe Scaramuzza. La sessione di chiusura è stata presieduta da Giorgio Anselmi, segretario nazionale della Mfe e la giornata è stata conclusa da Pier Virgilio Dastoli.

Aldo Ciummo

Mauro Palma: “Nel Trattato di Lisbona opportunità di garantire i diritti sociali”

Nel corso del Forum della Società Civile per l’anno europeo della lotta alla povertà che si è svolto a Napoli venerdì e sabato, i relatori del focus su Cittadinanza, Diritti Sociali ed Inclusione hanno discusso di beni comuni, politiche sociali e flexicurity, obiettivi di Lisbona che il Trattato introduce nelle norme scritte dell’Unione Europea

 

 

Venerdì pomeriggio, in uno dei focus più importanti in materia di lotta a tutte le forme di povertà nella nostra Europa Mauro Palma (Presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa) ha moderato il dibattito sulle garanzie che la Ue assicura alle persone che vivono nell’area dei 27 (e soprattutto su quelle che non assicura affatto e questo è proprio lo spazio che si apre all’azione politica che riguarda l’Europa). La conferenza si è svolta presso il Maschio Angioino di Napoli.

L’impostazione del Trattato di Lisbona è, contrariamente a quello che spesso si pensa, per l’Economia Sociale di Mercato e non per i due sistemi che hanno portato l’uno all’attuale crisi economica e ad infinite guerre e brutture, l’altro all’azzeramento dell’iniziativa privata e delle persone (e c’è un 3 per cento tendente al 2 per cento che in molti paesi come Italia, Spagna e Francia ancora insiste). Ma questa Economia Sociale di Mercato è tutta da fare. Non sembra che ne facciano parte gli immigrati extraeuropei ed europei, che sono carne da cannone dell’industria a basso costo con il beneplacito di leggi razziste, non sembra che ci stiano nella bambagia i precari e pensionati autoctoni, che appena aprono bocca sono razzisti ma l’attenzione dei professori illuminati dei partiti rivoluzionari per questi occidentali si ferma lì, perchè i cittadini di oggi per il resto spesso non sono operai nè braccianti e non starebbero bene sul quadro del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo.

Andrea Fumagalli è intervenuto proprio sulla flexicurity, la parola magica che per i liberisti all’italiana significa che quelli che perdono il lavoro stanno al sicuro a causa della libertà di investire le proprie competenze sul mercato. Ma che fine fa la flexicurity se uno è immigrato e perde il lavoro (che non sempre è regolare nel mondo reale) rischiando la repressione? se uno è pensionato al minimo e i costi di tutto, specialmente quelli di chi ha un modello di consumi che non prevede acquisti di lusso ma ordinari, salgono mentre agli enti locali vengono tolti i mezzi per fare assistenza? cosa succede se la formazione anche quando c’è conta poco, perchè chi avvia imprese per lo stato ultraliberista non esiste e per la sinistra residuale è un padrone delle ferriere?

Andrea Fumagalli, docente dell’Università di Pavia, da parte sua ha fatto notare che in Danimarca ed in Olanda c’è la flexicurity, ma ciò significa coerentemente presenza di ammortizzatori sociali, di formazione e di accesso al mercato del lavoro sulla base delle competenze. E senza troppe discriminazioni che (come è reso evidente per contrasto dalla solidità oltre le crisi e dalle capacità di rinnovamento di paesi come Danimarca, Olanda, USA, Svezia, Regno Unito che hanno una cultura di scambio con gli altri) sono zavorre che non aiutano il corretto sviluppo del mercato in nazioni come Grecia, Italia, Francia e Spagna, stati che (basta guardare le leggi, le carceri e talvolta i disordini di stranieri che non ce la fanno più) hanno puntato soltanto sulla repressione.

Altrove le leggi sull’immigrazione sono anche rigorose, ma il discorso è che poi non si fanno le differenze. In altri casi abbiamo situazioni che apparentemente sono aperte ma poi recludono non solo stranieri ma in blocco chi vive nelle periferie in stati di emarginazione (Francia) oppure situazioni in cui per comprimere gli emigranti nello schema di pura forza lavoro (si vedano le leggi italiane) si finisce per ignorare anche la realtà, cioè che non si può chiedere agli immigrati di raggiungere condizioni perfettamente stabili nel lavoro quando il mercato del lavoro non ne offre in generale, e soprattutto che costringerli alla clandestinità serve solo a permettere a chi sfrutta di farne concorrenti al ribasso.

Nel corso del dibattito Giuseppe Bronzini, di Magistratura Democratica, ha ricordato che quell’articolo 6 del Trattato di Nizza che tutela i diritti sociali acquista un valore giuridico con l’attuale affermazione del Trattato di Lisbona. Il vituperato progetto di costituzione europea infatti contiene anche cose buone, stratificate nelle norme che eredita anche dai Trattati passati (l’Europa è una casa che non si costruisce in un giorno). Venendo all’opinione di Bronzini, “sancire che i livelli minimi di trattamento sociale raggiunti ad oggi non devono essere inficiati significa che il giudice ordinario potrà essere interpellato per ottenere il rispetto delle garanzie primarie europee”.

Un fatto davvero interessante è che il giudice potrà anche disapplicare le norme nazionali qualora queste cozzino visibilmente contro i diritti che l’Europa impone. In un paese che in genere ha un numero di cinque donne su ventidue ministri e dove alcuni cittadini sono morti pestati in caserma una novità del genere non è propriamente un dettaglio, perchè potrebbe produrre la positiva imposizione di standard occidentali.

Gli altri relatori, Raymond Van Herman per il Forum permanente della società civile europeo, Pietro Barbieri presidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap e Antonello Scialdone dell’Isfol, l’organizzazione che si occupa di formazione, come pure Enrico Tedesco (dell’associazione Polis) e Francesco Fioretti (dell’associazione Enzo Aprea di Avellino) hanno sottolineato sotto vari aspetti  la necessità che l’Europa si attrezzi a garantire quella che è la base dell’esercizio dei diritti politici e cioè l’esistenza dei diritti sociali minimali.

Mauro Palma, come presidente del comitato che si occupa di contrasto alla tortura per il Consiglio d’Europa quindi per la diffusione dei diritti anche oltre la Ue di oggi, ha parlato in maniera accorata della opportunità di estendere i diritti di tutte le persone che vivono nello spazio europeo e non soltanto le garanzie contro gli abusi ma anche quelle che mettono gli immigrati e tutti i cittadini nelle condizioni di non cadere in situazioni che spesso vengono risolte dagli stati nazionali soltanto con la repressione. “Bisogna fare uno sforzo – ha detto Mauro Palma – per far valere nel diritto europeo le norme che vanno in questa direzione”. E’  un impegno, si può aggiungere, al quale non bisogna sottrarsi. Ma la strada sarà molto lunga.

Aldo Ciummo

La Finlandia al primo posto per l’inclusione sociale nella scuola

Helsinki

Helsinki, i risultati raggiunti nel campo dell'istruzione e le conseguenze positive che ne sono derivate nella coesione sociale e nell'economia inducono a riflettere sull'opportunità di fare dell'istruzione una base per il futuro dell'Europa e delle relazioni culturali tra le nazioni che la stanno costituendo

Oggi a Palazzo Marini a Roma è stato presentato il rapporto europeo sulla scuola dell’obbligo, si è svolto un dibattito sulla costruzione dell’identità europea attraverso l’istruzione

 

 
A Roma, nel pomeriggio di lunedì 9 novembre, è stato presentato il rapporto sull’istruzione di Giorgio Allulli,  parte di un progetto della  Foundation of Europea Progressive Study, un gruppo legato all’area Socialista nella Ue, la discussione è stata coordinata da Heidi Giusto,  della “Fondazione Italiani Europei”, che ha coordinato l’incontro, sottolineando il ruolo dell’educazione nella costruzione della identità europea.  Sono intervenuti l’ex primo ministro italiano Giuliano Amato, l’ex ministro delle Finanze in Svezia Par Nuder, Mauro Palma, consulente scientifico della Treccani per i temi dell’istruzione.

Allulli, nel suo rapporto, ha rilevato come le differenze sociali di base non influenzano in maniera rilevante il percorso degli studenti in Finlandia, permettendo una emancipazione uniforme attraverso l’istruzione e che ciò attribuisce un primato al paese nord europeo nella funzione sociale dell’istruzione. Giuliano Amato ha sottolineato il ruolo sociale della scuola nell’inclusione dei più svantaggiati.

L’istruzione nel suo complesso ha l’occasione di riequilibrare il disagio di bambini cresciuti in situazioni difficili attraverso il lavoro di gruppo. L’ex ministro delle finanze svedese Par Nuder ha affermato che per i socialdemocratici in Europa l’istruzione è il mezzo con il quale gli umili possono cambiare il mondo e Mauro Palma ha parlato della necessità di armonizzare le politiche europee. Regno Unito e Olanda hanno avviato efficaci strumenti di valutazione della qualità dell’offerta scolastica  e tutti i paesi d’Europa sperimentano grandissime differenze. Gli studenti italiani delle università ad esempio dimostrano un grande interesse e anche conoscenza della storia del resto d’Europa piu’ dei loro colleghi stranieri. Nel Mondo, Nuova Zelanda, Irlanda e Australia fanno moltissimo per  l’emancipazione dei cittadini di origine straniera attraverso l’educazione, in linea con la tradizione di democrazia del mondo anglosassone.

Sui vari aspetti del rapporto europeo sull’istruzione e sulla educazione pure qui in Italia, Skapegoat tornerà nel dettaglio, così come sul legame tra partecipazione femminile e qualità della vita democratica di cui il sito aveva annunciato (in articoli sullo stesso argomento) un servizio costituito da diverse interviste  a qualificati osservatori: i tempi di risposta sono stati più lunghi del previsto e ciò, unitamente alla piccola struttura di questo spazio web, ha determinato uno slittamento di tali argomenti, che però non sono stati dimenticati e su cui vi terremo aggiornati.

Aldo Ciummo

LE INTERVISTE|Mauro Palma. “Direttiva rimpatrio”, l’Europa chiamata a decidere

Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, parla della ”direttiva Rimpatrio”, della carcerazione di 18 mesi nei Cpt e della criminalizzazione degli immigrati.

Articolo scritto da Aneta Carreri (Redattore Sociale)

Un’Europa impaurita e cinica è pronta a calpestare una serie di principi internazionali sui diritti umani con una direttiva  approvata dagli ambasciatori dei 27 stati membri. Si  attende a giorni la decisione del Parlamento europeo  che dovrà pronunciarsi sulla tanto discussa direttiva Rimpatrio.

Tra le norme contestate a destare maggiori critiche è quella che prevede tempi di permanenza nei cpt fino a 18 mesi per tutti i clandestini, minori inclusi. Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti Inumani e Degradanti, spiega quale china pericolosa l’Ue rischia di prendere: «E’ vero che ogni stato ha la libertà di privare una persona che risulta irregolarmente presente sul suo territorio secondo l’art. 5 della Convenzione europea, detto questo non vanno violati gli altri articoli della Convenzione stessa che prevedono degli obblighi in virtù del cosiddetto Trattato costituzionale dei diritti umani e – precisa Palma – privare una persona della libertà per 6 mesi ed in casi particolari fino a 18 mesi stride con il principio del diritto penale della nostra civiltà giuridica che dovrebbe corrispondere a ciò che uno ha fatto non a un problema relativo il suo status».

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