Il film di Roberto Rossellini come spaccato della Roma occupata. Ancora attuale oggi, giorni in cui si vorrebbe equiparare partigiani e repubblichini
di Simone Di Stefano
Per chi l’ha vissuta la II Guerra Mondiale è un trauma che porta con se non solo il ricordo di aver rischiato la vita. Le lacerazioni partono da ben più lontano nella psiche dei reduci e si materializzano in spaccati della memoria. I bombardamenti, le sirene del coprifuoco, le file all’assalto dei pochi panifici ancora attivi. In una città come Roma poi, teatro di un’occupazione tra le più dure ed efferatte, la sofferenza del popolo, delle povere famiglie raccolte in venti in un buco di ricovero, si mescolano alla presopopea razzista degli occupanti nazisti che fecero degli ebrei del ghetto le loro cavie, fino a far mettere da parte il Vaticano, che sapeva, ma più che far partire un accorato invito alla clemenza per gli appartenenti alla propria religione, altro non fece. La macchina nazista era forte in tutta la sua apparente perfezione.
Lungo tutto il 1944 pensare che la guerra sarebbe durata “solo” un altro anno era vera utopia. Si era già fortunati a vivere quella sofferenza, unica macabra consolazione. L’8 settembre 1943, all’indomani dell’Armistizio con cui l’Italia si consegnò alle truppe alleate del gereale Eisenhower, per moltissimi soldati dell’esercito italiano si consumò un vero e proprio dramma, abbandonati a se stessi nel momento più tragico delle ostilità. Le fucilazioni di massa che subirono nell’isola greca di Cefalonia le truppe di Mussolini da parte dei loro vecchi alleati tedeschi ne sono la riprova. E così un pò in tutta Europa. E così in Italia e a Roma soprattutto, dove i tedeschi stabilirono le regole.
La lotta intestina che si consumò durante l’occupazione tedesca e anche dopo che gli alleati penetrarono nello stivale equivalse a una vera e propria guerra civile, tra repubblichini fedeli ancora al Duce e alla Repubblica di Salò e partigiani fedeli solo alla loro patria, l’Italia libera da qualsiasi regime o dittatura. Anche se nel corso dell’ultimo cinquantennio da più parti si è cercato di mitigare questo aspetto della storia italiana, resta il fatto che un grande tributo fu versato dai partigiani, uomini e donne nascosti nelle periferie, nelle foreste, nei boschi, nelle soffitte, e che costituivano quella rete clandestina tenuta insieme dal comune amore per la patria e per i valori antifascisti.
In questi giorni immediatamente successivi alla Festa della Liberazione è quanto mai attuale allora uno dei film che ha fatto la storia del cinema neorealista italiano. Roma città aperta, di Robetto Rossellini, fotografa la situazione che si era delineata nella capitale nei giorni che separavano la caduta del fascismo in Italia e l’avanzata delle truppe alleate culminate nella fatidica data del 25 aprile 1945. Anche se Roma fu liberata dagli alleati nel giugno del 1944, questa data è stata presa come simbolo della liberazione di tutto il paese perhé il 25 aprile dell’anno successivo vennero liberate Milano e Torino, mentre a Genova iniziava l’insurrezione. L’Italia ricominciava a respirare la libertà.
Il film offre diverse facce della stessa epoca. Dalla famiglia di Pina (Anna Magnani), in attesa del matrimonio con Francesco, che vive riunita sotto lo stesso tetto in spazi del tutto risicati, fino a Don Pietro, il prete libertino (Aldo Fabrizi) che aiutava sottobanco i partigiani approfittando dell’a sua insospettabile veste clericale. Nella ressa senza scrupoli anche i bambini svolgevano, per quanto gli poteva essere permesso, un ruolo sovversivo. Basta vedere cosa combinano Marcello e la combriccola del dinamitardo Romoletto. Tra accenni saffici e moine tra la nobildonna tedesca e l’attrice Marina Mari, Rossellini ci introduce anche nella vita mondana del tempo, tra vaghe ambizioni di ricchezza e ricatti perpetrati dai tedeschi pur di ottenere in cambio la testa di Luigi Ferraris, a capo del Movimento di Liberazione Nazionale.
Nastro D’argento 1946 come miglior regista, miglior sceneggiatura, miglior interpretazione femminile (Anna Magnani). Nonostante qualche pecca di montaggio, Roma città aperta resta una pietra miliare del cinema mondiale, un film assolutamente da vedere.
Filed under: Archivio audio-video | Tagged: aldo fabrizi, anna magnani, Cinema, cinema italiano, film, liberazione, nastro d'argento 1946, neorealismo italiano, roberto rossellini, roma città aperta | Commenti disabilitati su ARCHIVIO AUDIO-VIDEO|I valori della Resistenza: Roma città aperta