• i più letti

  • archivio

  • RSS notizie

    • Si è verificato un errore; probabilmente il feed non è attivo. Riprovare più tardi.
  • fin dove arriva la nostra voce

  • temi

Reintegrati gli operai Fiom, esistono ancora i diritti dei lavoratori

La magistratura sana la situazione che si era venuta a creare per l’esclusione di lavoratori che avevano dimostrato opinioni diverse da quelle della azienda

di   Aldo Ciummo

L’azienda ha dovuto cedere: in Italia esistono ancora delle leggi che impediscono di licenziare i lavoratori senza una giusta causa. Si rischia di trovarsi presto in un paese che non prevede più queste tutele e permette alle multinazionali ed alle industrie di fare ciò che vogliono con i lavoratori che hanno bisogno di una occupazione, come dimostrano l’evidente ricatto al quale gli operai si sono trovati di fronte a Torino e il comportamente messo in atto a Melfi dove tre operai erano stati licenziati durante uno sciopero (a parole per atti dannosi per lo stabilimento, di fatto perchè iscritti ad una sigla sindacale, la Fiom, che vuole tutelare i lavoratori).

Esistono ancora leggi che tutelano il lavoro in Italia, nonostante siano brutti tempi, con un governo nominalmente tecnico che segue tutte le direttive del governo precedente e che gode del sostegno acritico in fase di voto di una parte importante dell’ex opposizione all’esecutivo precedente, approdando a provvedimenti che rendono ancora più flessibile il lavoro in Italia (se possibile che l’occupazione diventi ulteriormente flessibile e comprimibile in Italia): le norme sul lavoro hanno determinato il reintegro dei tre operai che erano stati licenziati durante uno sciopero, un fatto che dovrebbe far riflettere sulla necessità di difendere i valori democratici in Italia, prima che la contemporanea pressione di leggi elettorali che permettono ai governanti di autoselezionarsi, di azioni scorrette da parte di multinazionali e grandi aziende, di controriforme governative tese a dare il via libera ad un liberismo selvaggio, erodano del tutto le garanzie costituzionali costruite nel corso di decenni.

Dell’attuale situazione, nella quale non si chiede neppure agli imprenditori che occupano le frequenze televisive pubbliche di corrispondere allo stato delle risorse e dove non si chiede neppure una patrimoniale a quella piccolissima parte della società italiana che ha accentrato le risorse nella propria disponibilità durante gli ultimi venti anni, è responsabile anche l’area politica progressista, che a forza di pensare a feste del cinema della capitale ed a festeggiamenti delle istituzioni ed a furia di cooperare con le destre nell’accogliere un modello iperliberista dell’economia, si è dimenticato che il progressismo deve trarre ispirazione dalla parte produttiva della società (e che questa non si trova di certo solo nella finanza, visti i pessimi risultati che questa ha restituito all’intera società occidentale negli ultimi anni).

Lo scollamento tra la parte della sinistra che ha accettato la centralità del modello liberista e di Centrodestra e l’area della società che sostiene l’opposizione al Centrodestra ed alle destre è tanto evidente che in ogni grande e piccola città italiana dove si svolgono le primarie (Milano, Cagliari, Genova) anno dopo anno e mese dopo mese sta vincendo la parte della sinistra che sostiene i diritti del lavoro, dei professionisti, dei precari, degli immigrati, che sostiene il laicismo e lo sviluppo sostenibile. Riguardo alla ex sinistra adattatasi ai dogmi liberisti che hanno portato alla crisi mondiale, anche quando questa parte del mondo progressista rifiuta un confronto con il resto della sinistra prima delle elezioni gli altri partiti di sinistra più favorevoli ai diritti del lavoro ed alla partecipazione la battono ugualmente nel primo e nel secondo turno, come avvenuto in Puglia ed a Napoli in anni diversi, poi sconfiggono il Centrodestra dimostrandosi centrali nel voto di sinistra, laico, moderato, avverso ad una visione estremista del mercato e del liberismo come quella sostenuta dai grandi manager appoggiati dal Centrodestra e dalle televisioni nazionali e temute dal Centrosinistra tradizionale riformista. La sinistra che dimentica completamente il suo ruolo infatti subisce nel voto le conseguenze della propria marginalità, causata dall’assenza di una posizione chiara su qualsiasi argomento e dalla vicinanza al Centrodestra nelle posizioni dimostrate rispetto ai lavoratori, all’immigrazione, alla concorrenza.

Se i maggiori partiti dell’area progressista non vogliono finire al terzo o quarto posto in qualsiasi tipo di competizione elettorale non possono continuare a lavorare inutilmente assieme al Centrodestra per dare il via libera alle componenti peggiori del capitalismo italiano e per elaborare leggi elettorali con le quali proseguono nel nominare i deputati eletti senza permettere all’elettorato di indicare le preferenze ed è inutile che si dedichino ad escogitare sbarramenti per impedire l’elezione di rappresentanti del paese reale, un luogo contrapposto a coloro che si annoiano ad avere una occupazione, difatti questi sbarramenti risulteranno comunque inutili ai propri autori, quando sulla scia delle primarie e delle amministrative i maggiori partiti della ex opposizione si verranno a trovare al di sotto degli stessi sbarramenti e dei movimenti di cui vorrebbero stabilire la marginalità.

Milano, Cagliari, Napoli, Genova cominciano infatti ad essere grandi e rappresentative città che dovrebbero suggerire qualcosa a quei settori della società che si barricano nei palazzi a decidere candidature ed incarichi ed a scriverli su fogli e schemini ormai astratti. Anche Roma ed il Lazio dovrebbero suggerire qualcosa, perchè nella capitale italiana la decisione di portare avanti gruppi vecchi ed impopolari ha consegnato la città a tendenze ultraconservatrici e nella regione Lazio la plateale freddezza verso una candidatura non ortodossa, accompagnata da un mancato sostegno, ha consegnato la regione a gruppi conservatori che la hanno trasformata in ciò che vediamo oggi.

Occorre una ricostruzione della sinistra si vuole uscire da questa situazione e se si intende davvero rimettere al centro politiche almeno in parte progressiste, che portino in Italia ciò che esiste in tutta Europa senza che i pensionati gridino al pericolo comunista, ossia tasse progressive e patrimoniali che impediscono un accentramento delle risorse di tipo latinoamericano, leggi sulla concorrenza che impediscano che in materia di autostrade e televisioni l’Italia sia singolarmente vicina alla Federazione Russa (dove chi governa si regala delle licenze di sfruttamento privato decennale di beni pubblici).

Per ottenere una riorganizzazione dell’area progressista che la metta in condizione di contrastare duramente le tendenze controriformatrici che invece dominano nel governo berlusconiano di Monti bisogna che i partiti maggiori del Centrosinistra non si autonominino tali soltanto perchè lo sono stati quindici anni fa, ma affrontino la realtà senza la protezione di leggi elettorali che servono solo ad assicurare la rielezione di gruppi di Centrodestra e di Centrosinistra le cui posizioni all’interno delle istituzioni stanno diventando oramai ereditarie. Se questo non si verifica, occorre che le attuali forze di maggioranza progressiste, maggioritarie all’interno dell’area politica di riferimento e nel paese, costruiscano comunque reti di promozione e difesa del lavoro, della multiculturalità, del laicismo e successivamente  si mobilitino in tutti gli spazi sociali, istituzionali e di tutti gli appuntamenti elettorali disponibili per rimuovere i gruppi e le modalità di gestione della partecipazione che si sono radicati all’interno delle istituzioni attraverso grappoli familistici, partitici e proprietari. Soltanto così si eviterà all’Italia una sorte come quella della Grecia, causata dalle politiche di destra di liberismo selvaggio e di concentrazione delle risorse e dalla obbedienza della ex sinistra a queste filosofie economiche fallimentari, la sinistra deve ripartire perciò dagli spazi sociali e di partecipazione.

 

NOTIZIE SU REGIONI E CULTURE DEL NORDEUROPA SUL SITO DI INFORMAZIONE      www.nordeuropanews.it      NORDEUROPANEWS 

Il fumetto tedesco a Terni

Il Goethe Institut promuove una interessante iniziativa culturale, che mette a confronto diverse generazioni di fumettisti, in un contesto che sta diventando centrale nel settore

A partire da marzo, a Terni, si svolgerà una mostra sul fumetto tedesco, che a partire dalla riunificazione della Germania sta conoscendo un periodo di sperimentazione, arrivando a rappresentare una delle scene più interessanti nel settore, dopo decenni in cui si è parlato soprattutto di altri paesi a proposito di questa forma di espressione. Ne ha dato notizia il Goethe Institut di Roma sul proprio sito. Molti degli artisti che stanno fornendo nuovi spunto sono originari della ex Repubblica Democratica Tedesca.

“Il fumetto tedesco è tornato” è il titolo scelto da Andreas Platthaus per il saggio introduttivo. La mostra si svolgerà dal martedì alla domenica (lunedì chiuso), dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Tra i nomi presenti nell’esposizione ci sono Anke Feuchtenberger, Henning Wagenbreth e Martin Tom Dieck, provenienti dall’avanguardia tedesca del fumetto e docenti di illustrazione.

La mostra itinerante ideata dal Goethe Institut assieme a Matthias Schneider riguarda due generazioni di fumettisti, l’avanguardia menzionata poco prima che ha consolidato la tradizione indipendente in questo settore e la più recente generazione di autori di fumetti.

All’inaugurazione dell’esposizione (l’8 marzo 2012), interverranno il sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania con il primo segretario Dirk Lolke, l’assessore alla cultura del comune di Terni, Simone Guerra, e due autori di fumetti, Reinhard Kleist e Mawil. La conferenza stampa d’apertura, l’8 marzo, avrà luogo al Caos-Centro Arti Opificio Siri, viale Campofregoso 98, a Terni. L’esposizione continuerà fino al 9 aprile e comprenderà una apertura straordinaria il 10 aprile.

Aldo Ciummo

NOTIZIE SU REGIONI E CULTURE DEL NORDEUROPA SUL SITO DI INFORMAZIONE      www.nordeuropanews.it      NORDEUROPANEWS 

Internazionale domani a Ferrara per l’Europa

 

Il settimanale il 23 settembre realizza l’evento nella città di Ferrara in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione Europea

Domani, 23 settembre, il settimanale “Internazionale” promuove a Ferrara la presentazione di “Internazionale a Ferrara 2010”, realizzato in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea.

L’evento si svolgerà nella città centroitaliana dal primo al tre ottobre. La conferenza stampa si terrà giovedì mattina alla Sala Lorenzo Natali della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea.

Interverranno il direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Lucio Battistotti, il direttore di “Internazionale” Giovanni De Mauro, l’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara Massimo Maisto, il Presidente della Provincia di Ferrara Marcella Zappaterra, il Presidente dell’Arci Ferrara, Paolo Marcolini ed il Responsabile Comunicazione di “Medici Senza Frontiere”, Sergio Cecchini.

Nella scorsa edizione della manifestazione promossa da “Internazionale”, la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha partecipato ad alcuni dibattiti.

Adesso si è deciso di rafforzare la collaborazione europea all’iniziativa, apportando al dibattito i temi attuali della integrazione europea ed aprendo questo spazio ai cittadini con “L’angolo europeo”, nel quale la Commissione si sforzerà di far conoscere gli strumenti a disposizione delle persone comuni per partecipare all’approfondimento ed alla elaborazione dell’identità europea e delle questioni al centro delle vicende comunitarie.

Aldo Ciummo

L’ex presidente finlandese Maarti Ahatisaari: “solo la cooperazione scioglie i conflitti”

 
 

Immagine da panorama.it

 

Il politico socialdemocratico, poco prima della fine dell’anno 2009,  ha delineato le priorità per la comunità internazionale, in base alla sua lunga esperienza di mediatore in Indonesia, Irlanda del Nord e Balcani.

 

Maarti Ahatisaari, Presidente della Finlandia dal 1994 al 2000 e premio Nobel per la Pace nel 2008, ha una lunga storia di operatore nelle aree più difficili (dal punto di vista della ricomposizione sociale e politica necessaria al termine dei conflitti). Ahatisari ha lavorato alla transizione che ha portato all’indipendenza della Namibia e alla tutela delle diverse comunità autoctone e di origine europea negli stati meridionali dell’Africa, laddove le contraddizioni del passato rischiavano di sfociare in una inaccettabile ostilità tout court contro la popolazione bianca o contro i differenti gruppi etnici. Ed ha mediato a lungo anche nel nostro continente, in Irlanda del Nord come nei Balcani.
 
In una intervista, rilasciata al magazine dell’International Herald Tribune alla metà di dicembre, Ahatisaari ha fatto appello ai principali attori del mondo attuale, soprattutto agli USA, per una azione determinata a spegnere i conflitti più gravi, che rischiano di segnare non solo il decennio che si apre, ma anche quelli successivi. “C’è una grande urgenza di risolvere il problema israelo-palestinese – ha scritto l’ex presidente finlandese – se non si ottiene un progresso nel 2010 il conflitto può trasformarsi radicalmente e sfide inedite alla sicurezza possono emergere.” Per rendere più sicura la regione, prosegue il politico socialdemocratico, bisogna affrontare i problemi in Israele, Siria e Libano.
 
Secondo Ahatisaari, la vera priorità nei paesi più a rischio è la prospettiva delle nuove generazioni, delle quali va ridotta la disoccupazione. Questo sito ha sempre insistito soprattutto su un aspetto dello sviluppo, il ruolo dell’istruzione, non a caso agli argomenti trattati su queste pagine si aggiungerà nel 2010 in maniera crescente la scuola, partendo anche dalla realtà del territorio romano ed italiano, accanto all’Europa e al Nord Europa ed oltre al ruolo della partecipazione femminile nelle strutture politiche ed economiche.

Il politico socialdemocratico, poco prima della fine dell’anno 2009, ha delineato le priorità da affrontare per la comunità internazionale, in base alla sua lunga esperienza di mediatore in Medio Oriente, Indonesia, Irlanda del Nord e nei Balcani

L’Unione Europea ancora fa fatica ad essere presente nella vita dei territori, la partecipazione nel governo della società conosce ancora squilibri maschilisti e l’area nord dell’Unione Europea e di tutta l’Europa (Svezia, Finlandia, Danimarca, ma anche Norvegia ed Islanda) rappresenta una risorsa anche come esempio di rapporto tra i cittadini e la comunità e tra la crescita della comunità e l’innovazione.                           

L’istruzione è, probabilmente la chiave di volta nelle società che vanno sostenute nel raggiungimento di una libertà di espressione e di iniziativa efficace, in Iran come in Afghanistan, chiaramente a partire dalle energie della cultura autoctona.
 
L’ex presidente finlandese, da parte sua, chiede un esempio agli stati più forti, auspicando un accordo tra Federazione Russa e Stati Uniti in direzione del disarmo nucleare. Resta da osservare che una soluzione di questo genere, senz’altro positiva nei suoi effetti anche culturali, non basterebbe da sè a risolvere il problema in un mondo che, fortunatamente, è sempre più multipolare ma che con ciò è pure sempre più complesso.

Non stupisce che un intervento puntuale e dotato di un fondato ottimismo venga da soggetti che hanno mediato sul campo e che, in questo caso, contemporaneamente sono espressione di un paese come la Finlandia che, nonostante un nuovo attivismo in politica estera con l’avvicinamento progressivo a tutte le istituzioni internazionali occidentali, resta un punto di riferimento per le strategie cooperative nel mondo.

Aldo Ciummo

La responsabile delle questioni di genere nella Fnsi Lucia Visca: “progressi solo a fasi alterne nell’emancipazione femminile”

 

Qualcuno ricorda questo manifesto americano? illustrava un contributo senza il quale la lotta armata contro i razzisti in Europa non sarebbe stata vinta. Uno degli elementi medioevali sui quali i sistemi statalisti fascista e comunista facevano leva in Europa e cioè il sessismo permane in larga parte nelle società odierne di una vasta area del continente.

Lucia Visca è responsabile della Commissione Pari Opportunità Fnsi, anche a lei è stato chiesto un contributo di riflessione sui ritardi del Bel Paese (come lo chiamano) riguardo ai rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile, nel quadro dell’approfondimento di un tema che questo sito web non mollerà nel tempo. Anche perchè è una delle questioni sulle quali l’Europa si gioca il futuro.

Aldo Ciummo

Lucia Visca è la responsabile delle questioni di genere nella Federazione Nazionale della Stampa Italiana, come Presidente della Commissione alle Pari Opportunità, la comunicazione mediatica tiene il polso alla società più di altre organizzazioni e quindi le abbiamo chiesto, in base alla sua esperienza, cosa poteva riferire sulla altalenante situazione italiana in fatto di parità e sulle iniziative istituzionali ed europee che dovrebbero bilanciare le cose ma soprattutto indirizzare la cultura di massa e quella profonda della società.

Ci siamo chiesti se le istituzioni fanno qualcosa di positivo in materia e cosa fanno, a livello territoriale: “dipende – ha affermato Visca – ci sono le consulte regionali femminili e funzionano molto su alcuni temi come l’informazione, molto meno ad esempio sul lavoro. Ci sono molte situazioni regionali differenti, ad esempio in Emilia Romagna funziona bene il contrasto al mobbing.”  Ma il mobbing è già un fenomeno al limite, nel quotidiano le cose come vanno, la UE c’è ?

La presidente della commissione pari opportunità della Federazione Nazionale della Stampa Italiana dice a questo proposito che l’Unione Europea offre molte risorse per ridurre le disparità, investe molto sulle pari opportunità, però l’Italia spesso non chiede i fondi e non li spende. E che inoltre manca una informazione adeguata sul Fondo Sociale Europeo. “Permane una scarsa rappresentanza sul lavoro, questo è un grave problema perchè anche se aumenta la presenza numerica, non si riscontra un miglioramento della partecipazione perchè non c’è un riconoscimento adeguato delle competenze.”
 
I migliori risultati scolastici garantiscono un accesso sempre maggiore al mercato del lavoro, ma poi non si riscontra un riconoscimento attraverso la promozione agli alti livelli, questo in sintesi quello che da un osservatorio abbastanza accurato come la Fnsi si registra. Ma come è possibile, è stato quindi chiesto a Lucia Visca, che una dinamica che comunque ha portato importanti cambiamenti nel corso dell’anno si sia arenata. I movimenti femminili hanno semplicemente avuto lo stesso andamento che la spinta generale della società italiana prendeva, è stata la riflessione della responsabile Fnsi.
 
“La partecipazione è alla base della democrazia, negli anni ’70 ed ’80 anche la partecipazione  femminile ha fatto sentire i propri effetti, ma in seguito la disaffezione alla politica ha indebolito di più le conquiste che erano state date per scontate, accade con tutti i valori democratici.
Negli anni ’70 il movimento per i diritti delle donne aveva effettivamente contribuito a modificare in positivo i meccanismi di formazione della opinione pubblica”  ha ricordato Lucia Visca.

E la cultura generale della società non ha aiutato, si potrebbe aggiungere qui, terminato il contributo di riflessione gentilmente accordato da Visca. Il protagonismo femminile sta crescendo positivamente nei territori, nelle professioni e nei luoghi della vita di tutti i giorni, ma gli spazi che indirizzano la mentalità, dalle istituzioni alla televisione, hanno difeso spesso schemi dove le persone sono rinchiuse in schemi subalterni ed offensivi.

Anche nella polemica politica, (e qui si esprimono libere opinioni al di fuori dell’intervista della quale sono stati riportati prima i punti principali) ci si è trovati di fronte a maggioranze che danno un pessimo esempio nel modo di considerare le persone ed a minoranze politiche che fanno peggio, attaccando i governi con l’utilizzo di stereotipi inficiati da grave violenza maschilista nella mentalità,  oltre che in totale assenza di confronto tra proposte, povertà politica che accomuna gli schieramenti e si manifesta poi chiaramente nell’assenza di reali politiche di pari opportunità e nella diffusione di incultura nella comunicazione, assai più che nella società che presenta, sia pure a fasi alterne nel corso degli anni, elementi di maturità molto maggiore.

Marco Almagisti sulla partecipazione femminile in politica: “una ricchezza per il capitale sociale dei territori”

La qualità della Democrazia in Italia Capitale Sociale e Politica. Marco Almagisti affronta dettagliatamente il problema dello scollamento tra strutture istituzionali e forme nelle quali la vita in comunità dei cittadini concretamente si sviluppa. Sintomo ulteriore di questo divario tra la realtà e il potere è a nostro parere il mancato riconoscimento della partecipazione femminile e del protagonismo femminile ai vertici delle organizzazioni, delle imprese e delle istituzioni sovraordinate rispetto ai livelli locali.

Il docente di Scienze Politiche all’Università di Padova ha studiato le pratiche che, eccedendo le regole base della democrazia per creare ulteriori legami civici, aumentano il “capitale sociale”, la qualità, di una democrazia. Gli ostacoli tradizionali alla partecipazione femminile nelle organizzazioni più influenti sono tra i sintomi dello scollamento tra attivismo crescente nella società e rigidità dei sistemi di potere, tema che ad un livello più ampio è affrontato da Almagisti, con una particolare attenzione al ruolo, in via di ridefinizione e di rilancio, assunto dai territori.

 

Al principio della nostra ricognizione sui rapporti tra partecipazione femminile e qualità della democrazia, ormai alcuni mesi fa, Marco Almagisti, autore del testo “La qualità della democrazia in Italia. Capitale Sociale e Politica”, ci ha detto che anche se le pratiche che eccedono in positivo le regole scritte che permettono alla società di funzionare sono processi legati alla storia delle singole comunità, le regole hanno un loro peso: nel caso della partecipazione femminile “uno degli elementi fondamentali è proprio la possibilità di accesso, se ci sono meno strumenti di welfare le opportunità diminuiscono”.

Almagisti è autore di molte ricerche sulle relazioni tra stato, partiti, associazioni e cittadini, indagini che approfondiscono soprattutto lo spazio vuoto che si è venuto a creare tra le organizzazioni politiche ed istituzionali ed il sapere sociale dei luoghi dove la vita dei cittadini si sviluppa, e sui tentativi di riempirlo che le comunità locali, le associazioni, gli studenti, i nuovi partiti locali, hanno messo in atto e stanno sperimentando.  Nell’intervista gli è stato fatto notare che uno dei segni più eclatanti dell’impermeabilità sviluppata dalle istituzioni è il ritardo rispetto all’ingresso di donne ai vertici delle organizzazioni, laddove nella società civile cresceva un protagonismo femminile che la arricchiva.

“Non soltanto i partiti ma anche le associazioni – ha risposto Almagisti – sono state ideate da maschi e pensate da uomini e questo ha delle conseguenze che si ripercuotono poi a livello superiore, nelle sedi dove si prendono le decisioni. A fronte comunque di strutture che si oppongono ai cambiamenti, si può affermare che nei territori, io guardo al Veneto, il potere di perpetuazione oligarchico è meno forte, abbiamo in Veneto varie amministrazioni in cui ai vertici ci sono donne e bisogna dire che lì c’è un approccio molto pragmatico e inclusivo ai problemi”.

Il Veneto e la Toscana sono al centro del libro edito da Carocci, Almagisti infatti trova nelle esperienze storiche (due casi di protagonismo dei territori prima dell’insorgenza del locale cui si è assistito dagli anni ’90 in poi, due laboratori di autogoverno a guida Dc in Veneto e Pc in Toscana) ed attuali (il partito territorio ed il sistema dell’impresa in Veneto, il peso dell’associazionismo con dna sociale in Toscana) esempi di ambienti dove l’attivismo degli abitanti organizzati in comunità cerca la propria forma istituzionale e il proprio raccordo con lo stato.

“E’ vero che sopratutto tra gli studenti le strutture caratterizzate in senso sessista finalmente sono superate, studenti, protagonisti delle nuove professioni, dell’autoimpresa, portano avanti un grande attivismo civico, perfino in piccoli centri come Trebaseleghe (Padova) a coordinare le iniziative civiche cui prende parte una buona fetta della popolazione sono spesso ragazze”. Allora quello che viene da chiedere a chi studia nel dettaglio i sistemi politici è se questi cambiamenti sono in grado di smuovere mutamenti molto più lenti nelle istituzioni centrali.

“Nell’ambito locale sì, mentre nel capoluogo, Treviso, si registravano problemi sull’esercizio del culto da parte di persone di religione diversa, a Villorba il sindaco ha dato la disponibilità a patto che le funzioni si svolgessero in lingua italiana. Liviana Scattolon, sindaco di Villorba, è della Lega, guardando invece ad un’ altra area politica si potrebbe menzionare Laura Puppato, sindaco di Montebelluna (Belluno), ha anche lei una politica di risoluzione dei problemi degli immigrati basata su una integrazione di fatto, ancora una volta approcci molto pragmatici, molto inclusivi”.

Anche alla luce del contributo di Almagisti, dedicato alla democrazia ma per noi del tutto in tema riguardo alla qualità della vita delle comunità del nostro territorio italiano ed europeo in fatto di partecipazione femminile, si potrebbe aggiungere che anche la novità regionale del Lazio, con una probabile presenza di candidature di donne da parte delle maggiori coalizioni, rappresenta una possibilità di ribaltamento della situazione, perchè il panorama nazionale è ancora molto bloccato da questo punto di vista e un segnale dal Lazio non sarebbe insignificante perchè si tratta di una regione – la regione di Roma – che ha un peso politico anche di carattere nazionale maggiore di molte altre.

Aldo Ciummo

SOCIALE|Gli invisibili del Lazio: in 10mila senza diritti

Quasi il 40% degli immigrati non riesce a ottenere lo status di rifugiato. Per loro c’è solo la clandestinità

Rejected, rejeté, diniegati: sono migranti o apolidi cui non è stato riconosciuto lo status di rifugiati in base alla Convenzione di Ginevra. Di sesso maschile, giovane età, di istruzione medio alta e provenienti soprattutto da Afganisthan e Nigeria. Questa è la fotografia dei denigrati presenti a Roma e nel Lazio. Vivono senza alcun diritto e assistenza, delle Presenze trasparenti, questo il titolo dello studio condotto da Marco Accorniti di Irpps – Cnr, promosso da Cesv e da cinque associazioni di volontariato, e presentato ieri alla sala Di Liegro di Palazzo Valentini.

Negli ultimi due anni, su 27.295 domande presentate alle commissioni territoriali, il 39,4% di essi ha ricevuto il diniego, rimanendo senza protezione umanitaria. Il dato riguarda soprattutto la richiesta di asilo. Un terzo di essi ha atteso fino a un mese prima di presentare domanda. Salomon è un congolese che vive a Roma e che fa parte di Diaspora Africana europea – Italia, una associazione che si occupa di difendere i diritti degli immigrati africani alla Conferenza Stato-regioni: «I diniegati devono ottenere questo diritto, Tra loro ci sono anche tanti bambini che non possono andare neanche all’asilo nido».

Lo status di rifugiato si ottiene a seguito di un’audizione davanti a una commissione. Importante è il ruolo che giocano le emozioni e la professionalità degli interpreti. Dentro o fuori. «Rimane impressa l’immagine, lo sguardo di chi torna e comunica che è stato diniegato», dice Padre Giovanni La Manna del Centro Astalli. Con l’entrata in vigore del nuovo Decreto sulla Sicurezza non ci sarà più neanche la possibilità di inoltrare richieste in seconda istanza. Subito espulsi. Secondo Claudio Cecchini, Assessore alle Politiche sociali della Provincia di Roma, c’è molta ambiguità «sul modo in cui l’Italia recepisce le leggi europee. Occorre tornare alla versione precedente del decreto (d.lgs. del 2 marzo 2008, ndr), perché la maggior parte dei ricorsi in seconda istanza alla fine ottiene lo status di rifugiato».

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 19-06-2008

REGIONE LAZIO|Torrevaldaliga, i «No Coke» bloccano l’Aurelia: «No alla centrale»

Da Tarquinia parte la protesta contro la riconversione al carbone della centrale di Civitavecchia. In collegamento anche Beppe Grillo: «Il carbone è un bluff».

«Boicottare l’Enel scegliendo altri gestori». Tarquinia ieri è stata al centro della protesta dei «No Coke» contro l’autorizzazione di utilizzo del carbone nella centrale elettrica di Civitavecchia, concessa all’Enel. «No a qualsiasi forma di inquinamento», dice il sindaco Mauro Mazzola, che accusa anche di «connivenza il comune di Civitavecchia». Beppe Grillo, in collegamento web con la piazza del comune viterbese avverte: «Il carbone pulito non esiste, è un bluff». Mentre l’ex parlamentare Willer Bordon pensa che si tratti «di un’autorizzazione illegittima e inaccettabile». Da Tarquinia parte il corteo pacifico aperto da alcuni trattori con bandiere della Coldiretti e della Cia. Gli «esasperati», hanno portato il proprio dissenso al cospetto della centrale, bloccando così in quel tratto il transito dell’Aurelia fino alle 17 circa, quando le forze dell’ordine hanno provveduto a disperdere i dimostranti.

Un evento che ha richiamato l’attenzione di tanti partecipanti: tremila secondo i «No Coke». Poche centinaia invece secondo i lavoratori Enel che parlano di «ecobugiardi». A prendere parte alla manifestazione mattutina anche l’Assessore della Regione Lazio, Luigi Nieri e l’Assessore della Provincia di Roma, Massimigliano Smeriglio, che ribadisce la posizione già assunta dalla precedente amminisrazione Gasbarra: «Questa è una zona che deve rimanere agricola. Noi abbiamo il compito di evitare di assumere posizioni esasperate, per questo non dobbiamo trascurare la dialettica aperta con i lavoratori dell’Enel». Quindi un apprezzamento al coraggio del sindaco Mazzola: «Da lui una scelta coraggiorsa».

Simone Di Stefano – articolo scritto su L’Unità del 25-05-2008