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L’Europa al Mamiani

Il 9 maggio si è svolto un incontro promosso dal Movimento Federalista Europeo, una iniziativa alla quale hanno partecipato gli studenti

In occasione della festa dell’Europa, il 9 maggio, il Movimento Federalista Europeo ha partecipato ad una giornata formativa per gli studenti del liceo classico Terenzio Mamiani a Roma. Altre iniziative si sono svolte nella mattinata presso l’Università di Roma Tre.

All’iniziativa hanno preso parte il direttore dello IAI (Istituto Affari Esteri) Ettore Greco, il presidente del Movimento Federalista Europeo nel Lazio, Francesco Gui, il presidente del Movimento Federalista Europeo di Campoleone, Carlo Curti Gialdino; per i Giovani Federalisti di Roma Luca Gramaglia.

Il Movimento Federalista Europeo comprende persone di tutti gli orientamenti politici, convinti della necessità di una vera federazione europea che assicuri rapidità e democraticità delle decisioni di governo in Europa. L’iniziativa è stata seguita da una settantina di ragazzi. L’intervento di Ettore Greco verteva sulla preparazione della dichiarazione di Schuman, che ha dato il via all’Unione. Gialdino ha parlato invece dell’importanza del diritto nella costruzione europea.

In seguito è stato proiettato un filmato sulla nascita dell’idea di Europa unita attraverso la liberazione dai totalitarismi. Luca Gramaglia ha sottolineato il ruolo che possono avere le attuali generazioni, nate in una Europa in gran parte già unita. E’ stata importante per il Gfe la partecipazione di EurActiv per coprire l’informazione dell’evento.

Aldo Ciummo

 

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Parlamento Europeo, le iniziative sull’ambiente

Gli europarlamentari sono convinti che la valorizzazione della biodiversità costituisce anche un punto di forza economico

La tutela dell’ambiente e della biodiversità rappresenta non solo un fattore importante per quanto riguarda la qualità della vita, ma anche una delle basi di uno sviluppo socioeconomico duraturo. La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha approvato quasi all’unanimità una proposta di risoluzione sulla strategia della Ue sulla biodiversità da qui al 2020.

Sussiste in Europa il rischio estinzione per molte specie, un quarto circa, di conseguenza tutti i settori delle politiche europee, dalla politica agricola comune a quella di coesione passando naturalmente per la pesca e l’energia dovrebbero essere coinvolti nelle preoccupazioni in materia. La proposta di risoluzione è stata votata ieri, mercoledì 21 marzo, dalla commissione ambiente dell’europarlamento.

Bisognerebbe aggiungere che senza un impegno coerente nella promozione delle energie alternative e nell’adeguamento delle strutture produttive i danni all’ecosistema continueranno nonostante i documenti approvati da anni, anche perchè uno studio delle nazioni unite ha confermato che intorno al tre per cento del prodotto interno lordo mondiale va perso proprio a causa di queste dinamiche dovute all’inquinamento. La proposta di risoluzione sarà votata nella sessione plenaria di Strasburgo ad aprile.

Aldo Ciummo

 

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L’Unione Europea chiede alla Libia il rispetto dei diritti

L’Europa non intende firmare assegni in bianco per un regime il cui atteggiamento verso i migranti presenta molti punti oscuri e discutibili oltre ad episodi apertamente in contrasto con i valori della UE

La Libia deve garantire ai migranti che attraversano il suo territorio una protezione adeguata e riconoscere lo status di rifugiato a chi ne ha diritto in base alle norme internazionali: questo è in sintesi il contenuto delle richieste che la UE avanza, prima di procedere a qualsiasi accordo di cooperazione con Tripoli. Si tratta di una situazione molto diversa dalla realtà attuale, indipendentemente dalla dubbia credibilità che il regime ha cercato di acquisire con parate mediatiche come quelle cui anche l’Italia ha assistito da vicino. 

Quello cui i deputati europei fanno riferimento è l’accordo quadro che coprirebbe le relazioni politiche, l’immigrazione e l’energia nella prospettiva dell’apertura di un libero mercato. Nel 2008 sono iniziati dei negoziati che una volta conclusi dovrebbero portare ad un primo rapporto bilaterale tra il paese mediterraneo e l’Unione Europea.

Su queste pagine web si è auspicato più volte un approccio chiaro verso tutte quelle realtà del Sud del Mondo e sull’Estremo Est d’Europa e dell’Asia che potrebbero ingannarsi sulla disponibilità europea a sostenere materialmente e politicamente impostazioni lontane anni luce dalla concezione dello stato, dei diritti dei cittadini e del mercato come si è sviluppata faticosamente in Europa ed in Occidente nei secoli e negli ultimi decenni dopo le guerre mondiali.

La democrazia è un insieme di conquiste che ha apportato molti benefici anche al di fuori dei confini dove è nato e che se frettolosamente svenduto a realtà geopolitiche emergenti come in Asia (o in declino come in molte parti del Mediterraneo) rischia di incrinarsi seriamente  nello stesso Occidente, come dimostrano i casi di debolezza delle istituzioni e della scarsa separazione dei poteri cui si assiste in alcuni paesi fondatori della Ue nel Mediterraneo e in alcuni dei paesi di recente ingresso.

Auspicare una disponibilità europea verso le potenze emergenti fortemente condizionata alla verifica del rispetto di parametri che è bene che l’Occidente difenda su scala mondiale non è nulla di originale, perchè una domanda di questo tipo sale dalle società civili europee, in netto contrasto con un realismo politico affrettato (che spesso si nasconde dietro una sorta di politicamente corretto semplificato) che vorrebbe permettere a qualsiasi soggetto istituzionale dotato di un potere contrattuale economico di distorcere una agenda di obiettivi sociali che almeno in Europa e negli USA dovrebbe essere data per scontata.

Un buon segnale nel senso della chiarezza sono state le richieste elaborate dalla politica americana alla Cina e che sono state capaci di limitare anche la formale disponibilità della presidenza degli Stati Uniti alla cooperazione con lo stato asiatico. Repubblicani e Democratici hanno condiviso in Senato ed alla Camera una serie di condizioni non negoziabili che in Asia debbono essere prese in seria considerazione se si vuole arrivare ad accordi in supporto della governabilità globale.

Nella stessa direzione di chiarezza va finalmente il Parlamento di Strasburgo, auspicando una intensificazione dei rapporti tra Unione Europea e Libia sottoposta alla condizione dell’apertura di un ufficio europeo funzionante a Tripoli, ma soprattutto all’accettazione da parte di regole non imposte dalla UE, ma che in Europa consideriamo non negoziabili in base a considerazioni di convenienza relative alla politica energetica e commerciale. Ciò vale per tutte le realtà limitrofe coinvolte nel Consiglio d’Europa.

Questo non significa che bisogna ignorare la realtà: la Comunità ha bisogno di incrementare la sua conoscenza delle energie alternative e la valorizzazione delle fonti di energia tradizionali, di ottimizzare l’integrazione economica delle sue regioni incluse le nazioni dell’est che ne accettano chiaramente tutte le regole in fatto di diritti, di cooperare quotidianamente con il resto dell’Occidente e di appoggiare un maggiore equilibrio della collaborazione internazionale, aprendosi ai soggetti emergenti in maniera strettamente condizionata al loro atteggiamento riguardo ai valori sui quali UE ed USA non recedono.

Un altro aspetto importante è l’influenza che il Parlamento Europeo (come assemblea eletta dai cittadini della Unione Europea e che quindi ne rappresenta la società) riuscirà o meno ad esercitare su Consiglio e Commissione della UE. Il Trattato di Lisbona dichiara che il Parlamento di Strasburgo questa influenza deve usarla: molto dipende  non solo da quelli che tuttora sono gli organi politici forti in Europa come la Commissione e la Presidenza del Consiglio della Unione Europea (Manuel Durao Barroso e Herman Van Rompuy per dirla con dei volti ormai riconoscibili), ma anche dal peso politico che gli eurodeputati sapranno acquisire e da quanto le società nazionali li spingeranno a guadagnare incisività, pretendendo dagli eletti nel continente una politica che non sia un doppione di quella degli stati membri, soggetti deboli in questa fase perchè preoccupati principalmente di situazioni interne a fronte della crisi economica globale.

Insomma, l’Europa conta se è determinante in questioni come l’ottenimento di garanzie per quei rifugiati i cui diritti umani sono violati in Libia, la possibilità di azione per l’Alto Commissariato per i Rifugiato dell’Onu e la moratoria sulla pena di morte. La vera apertura europea verso le società al di fuori dei suoi confini risiede nella promozione dei suoi valori universali, come dimostra  il modo in cui le popolazioni di diversi paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente stanno chiedendo aiuto, incrinando sistemi di governo consolidati: le società in via di sviluppo non chiedono appoggi incondizionato a istituzioni che si giovano di una malintesa disponibilità terzomondista.

Aldo Ciummo

Nessuna Europa senza Occidente

Dopo le approvazioni del Trattato di Lisbona e una dimostrazione socioeconomica quasi cruenta della necessità dell’Europa politica unita a fronte delle crisi il 2011 si può leggere come un anno cruciale per la Comunità

di   Aldo Ciummo

Quelli appena trascorsi sono stati anni difficili per la nostra Europa, alle prese non soltanto con la dura situazione globale del 2010 ma anche con il lungo lavoro istituzionale del 2008 e del 2009, un complesso di nodi la cui soluzione lungi dall’essere un fatto burocratico è stata la base degli interventi emergenziali in favore di paesi sotto pressione come Grecia ed Irlanda.

Gli ostacoli al percorso del Trattato di Lisbona, cioè ad una  piena e partecipata unità politica del continente (necessaria come è emerso in tutta evidenza quest’anno allo sviluppo socioeconomico dell’area) rappresentano tuttora limiti consistenti anche a qualsiasi contrasto duraturo alle speculazioni.

Si registrano però risultati  come la decisione di inserire in modo più chiaro le regole di governo economico dell’Unione nel Trattato, le cui modifiche dovranno essere approvate tra due anni e mezzo (a metà del 2013) e di congelare le richieste di ulteriori investimenti sul Parlamento Europeo ed in sintesi di applicare princìpi di risparmio nel capitolo della politica europea: la definizione efficiente delle regole e dell’iniziativa per la riduzione dei costi non obbligati sono due segnali significativi, ottenuti grazie a due stati come la Germania ed il Regno Unito che hanno dato molto all’Europa anche in termini di forza economica, dato non indifferente perchè pure le dimensioni produttive e finanziarie del fenomeno europeo fanno parte oggi della capacità della UE di agire sul panorama mondiale e di influenzarlo; non a caso gli stati componenti comprendono oggi l’importanza di dare direzione politica a tale insieme di energie per dimostrare le potenzialità presenti attraverso decisioni unitarie nel pianeta.

Se da una parte l’Europa non può più, in una situazione di durissima competizione con aree geopolitiche completamente diverse sotto il profilo del rispetto dei diritti e dei costi sociali, puntare solo su un ruolo politico di potenza civile ma deve anche  promuovere i propri interessi nel pianeta più coerentemente, da un’altra nemmeno è pensabile difendere soltanto sicurezze acquisite, all’interno come all’esterno: a metà del 2011 bisognerà arrivare alla riforma del patto di stabilità e crescita e  le richieste di garanzie di rigore da parte di tutti, richieste provenienti da membri come la Germania e vari paesi dell’area nord del continente, nascono dal fatto che spesso questi paesi hanno dovuto accollarsi spese delle aree a sud ed a est.

Guardando all’esterno, dall’Europa sono state mosse critiche agli Stati Uniti per gli effetti globali ipotizzabili in merito a misure con le quali gli Usa cercano di risollevare legittimamente il proprio mercato interno (ad esempio la svalutazione del dollaro attraverso l’acquisto di titoli pubblici) ma forse piuttosto che valutare gli eventi in ordine sparso occorrerebbe pensare in prospettiva alla realtà geopolitica attuale, dove tutto il mondo occidentale recepisce positivamente la tutela del livello della qualità della vita in Europa come in America e dove è improbabile che Spagna, Germania, Italia, Polonia, Uk vadano a integrarsi rapidamente con Cina, Federazione Russa, India o con altre regioni peraltro apertamente impegnate in azioni autonome di influenza o di cooperazione con i vicini.

Il compito realistico nel medio e lunghissimo periodo per la UE è avviare una strettissima cooperazione con il resto dell’Occidente, Stati Uniti in testa, sugli stessi temi di cui si dibatte a Strasburgo cioè azioni anticrisi, prospettive di sviluppo e promozione dei diritti, fino ad arrivare alla stessa compattezza con cui questi argomenti vengono proposti all’esterno da altri soggetti geopolitici (spesso lontanissimi per sensibilità e problemi dall’area politicoculturale occidentale ed europea). Per svolgere un compito simile  l’Europa deve completare la sua integrazione istituzionale e politica e poi sociale ed economica, invertendo in qualche modo la priorità delle questioni economiche che ne ha fatto un gigante troppo assente sia nelle vicende globali, sia agli occhi dei cittadini che nel supporto ai vicini come gli Usa. Le dimensioni cui l’Europa è giunta portano responsabilità cui  non deve sottrarsi.

Europa: clima e diritti al centro, ma serve unità

 

La conclusione della procedura di Bilancio 2011 è al centro, ma il summit di Cancun ed il Premio Sacharov sono stati tra i punti principali sottolineati dal Presidente del Parlamento Europeo Jerzy Buzek oggi

di    Aldo Ciummo

Il Presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, oggi ha evidenziato le priorità dell’Unione a partire dalla procedura di Bilancio 2011, dal dibattito sul summit del Clima di Cancun ed il Premio Sacharov che è stato assegnato a Guillermo Farinas. Questa era l’ultima sessione plenaria quest’ anno a Strasburgo, dedicata al 2011 e Buzek ha ricordato le persone che hanno perso la vita in Polonia 29 anni fa nel periodo della legge marziale.

Si tratta di un richiamo forte in una Europa che ad Est come a Sud tuttora fatica a rendersi compiutamente laica, pluralista e libera dalle corporazioni e dai monopòli che stridono con la storia di emancipazione scritta da secoli di liberazione delle nazioni dalle monarchie personali e dalle ipoteche religiose e militari.

L’Europa si trova oggi stretta tra l’azione aggressiva di economie spesso sostenute dai poteri statali ed alimentate dal mancato rispetto dei diritti umani e delle regole della concorrenza (Cina, Russia e molte forze di media grandezza) e dalla difficile ristrutturazione di un mondo sempre più multipolare (per l’emergere positivo di economie nel Sud del Mondo). 

Si tratta di un panorama all’interno del quale l’Unione Europea deve dimostrare una identità specifica, ma chiaramente legata al resto dell’Occidente, di cui condivide la storia ed una tradizione di cura dei diritti che rischia di cedere alle pressioni delle tendenze emergenti se  Unione Europea,  Stati Uniti, Canada, Australia e le aree culturali anglosassone, tedesca, europea, nel loro insieme non condividono l’intenzione di difendere nel mondo il senso del patrimonio politico nel senso più ampio che hanno costruito nel tempo. Oggi nel pianeta grandi paesi vivono o al di fuori della democrazia (Cina, Iran e moltissimi altri) o in quelle che si usa definire situazioni a democrazia controllata (Russia, Pakistan, vari paesi del Medio Oriente). 

L’Europa deve essere aperta ad un contesto internazionale che evolve in maniera positiva, basti guardare alle democrazia latinoamericane in una regione della geopolitica fino a tempi recenti associata a regimi dittatoriali, ma una necessità per l’Europa in tempi che vedono confliggere le potenze emergenti cinese, indiana, arabe con le “vecchie” aree del governo mondiale è essere molto forte per sostenere assieme agli Stati Uniti una riformulazione dei meccanismi di governo del pianeta che non faccia a meno dei valori storicamente costruiti dall’Occidente in fatto di democrazia e diritti e che non consenta un uso politico dell’economia teso a dividere un’area culturale ed istituzionale, quella rappresentata da Strasburgo, Londra e Washinton, che storicamente funziona in maniera adeguata se è unita.

Non a caso, nel suo discorso del Presidente del Parlamento Europeo Jerzy Buzek ha dichiarato che il Ministro degli Esteri della Ue (lady Ashton) prenderà probabilmente nota delle difficoltà incontrate da Guillermo Farinas per lasciare Cuba e venire in Europa a ritirare il Premio Sacharov per la libertà di pensiero ed ha ricordato che nel 1981 un centinaio di persone persero la vita nel periodo della legge marziale in Polonia per portare alla libertà del loro paese e guardando quei fatti in prospettiva per l’unità della nostra Europa.

Si potrebbe aggiungere che se qualcuna delle personalità politiche dei paesi costituenti ha dato una eccessiva confidenza ai Lukashenko (il dittatore bielorusso) ed ai Gheddafi, la posizione dell’Unione Europea e dell’Europa nel suo complesso è ben diversa, nel solco di una tradizione che fin dai Trattati di Roma coniuga la difesa delle libertà individuali, dei diritti sociali (bisogna ammettere che però questi ultimi sono fortemente sotto attacco in questi anni, anche nella Ue) e degli interessi di un’area geopolitica che se vuole rafforzare la sua coesione deve anche essere coerente verso (e quando necessario anche contro) l’esterno. Per tutto questo ci vuole che i poteri previsti dal Trattato di Lisbona siano effettivamente rodati e avviati dalla Comunità.