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Nordeuropa, la democrazia non si ferma

 I socialdemocratici svedesi si preparano a tenere un congresso e esprimono tutto l’appoggio ai compagni norvegesi : riguarda anche noi in Italia ed il resto d’Europa

di   Aldo Ciummo

I giovani del partito socialdemocratico svedese hanno deciso di tenere come previsto il proprio congresso ad agosto, nonostante le preoccupazioni sollevate dalla grave aggressione avvenuta ad Oslo e proveniente dalla destra estrema, avvenimento di cui si conoscono purtroppo le drammatiche conseguenze.

 La Svezia è un paese vicinissimo per storia e cultura alla Norvegia, anche per questo sono forti la solidarietà e la compartecipazione. Jytte Guteland, una esponente dell’organizzazione giovanile dei Socialdemocratici svedesi, ha affermato che far svolgere il congresso è una scelta solidale con i compagni norvegesi, che proprio nel settore giovanile del partito più importante hanno visto colpiti i valori di democrazia e di progresso sociale che hanno reso la Norvegia un punto di riferimento per il mondo.

La notizia sottolinea la capacità degli stati più direttamente toccati, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda, oltre che dello stato concretamente ferito da questo ignobile attacco, la Norvegia, di reagire con una decisione utile a rendere fallimentare ogni tentativo violento di trasformarne le istituzioni e la società: la decisione di proseguire nelle consuetudini di democrazia, di rispetto dell’ambiente e delle persone e di laicità, di sviluppo equilibrato socialmente e di inclusione e integrazione, tradizioni civiche che hanno fatto sì che i paesi scandinavi diventassero un esempio per il resto d’Europa.

La solidità della partecipazione sociale in primo luogo in Norvegia (e come il congresso del partito socialdemocratico svedese sottolinea anche in Svezia e nei paesi vicini) è un incoraggiamento a tutti noi, alla società civile, alle ultime generazioni, a non richiuderci di fronte ad una Europa frenata da tendenze negative di chiusura all’esterno e di rinuncia alle idee di progresso sociale, che la Norvegia continua a sostenere e costruire con coraggio.

Come avviene in Norvegia ed in Svezia, la società civile può rendere l’Europa forte per accogliere, per arricchirsi della capacità di integrare culture diverse, per scommettere su energie e idee nuove, promuovendo nel pluralismo la propria identità. Sono almeno cinquecento i giovani del partito socialdemocratico svedese che come riportato dalla stampa del paese si riuniranno all’inizio di agosto.

Per queste ragioni qui si sceglie di non concentrare l’informazione nè su tristi numeri di catastrofi nè su vaneggiamenti di ultraconservatori senza coscienza: la notizia per noi è rappresentata dal fatto che in Norvegia e nei paesi vicini quella democrazia che ha portato a grandi risultati negli ultimi sessantasei anni va avanti, spingendoci a partecipare alla vita pubblica in Italia e nella UE, perchè tutta l’Europa apprenda di più dai laburisti norvegesi.

Pavlos Yieroulanos: “tutti i mezzi di trasporto, i luoghi di cultura, dello sport e gli aspetti della vita quotidiana sono tornati alla normalità”

La dichiarazione del Ministro della Cultura e del Turismo Pavolos Yieroulanos (rilasciata il 30 giugno 2011)

“La Grecia sta voltando pagina verso la stabilità finanziaria e la crescita. In questo ambito, un piano di austerità è stato votato ieri dal Parlamento Ellenico, innescando dimostrazioni temporanee e disagi nel centro della città di Atene.

Questi eventi, anche se deplorevoli, avevano carattere locale e non rispecchiano in alcun modo la vita quotidiana della città. I visitatori, ad Atene continuano ad essere sicuri, in un ambiente tranquillo ed a vivere una esperienza culturale molto intensa.

Tutti i mezzi di trasporto, i luoghi di cultura, dello sport e gli aspetto della vita quotidiana sono tornati alla normalità ed i visitatori possono godere l’esperienza auspicata.

Nessuna altra città o luogo della Grecia è stata toccata da questi disagi”.

Le energie rinnovabili festeggiate ad Urbino il 22 maggio

 

La prima iniziativa prevista è il Corso di aggiornamento per docenti “Dalle buone pratiche alla strumentazione scientifica” promosso dalla sezione ISS di Urbino e dall’azienda Edumad già il 21 maggio

 

Questa settimana l’Itis Mattei di Urbino, in collaborazione con gli enti locali e con il coordinamento del dirigente scolastico Riccardo Rossini, la cui presentazione a nome dell’istituto del progetto è visibile al link http://www.itisenergie.altervista.org/index.htm dove si trova un videoclip prodotto dal laboratorio cinema della scuola, promuove la Festa dell’Energia. L’ evento comprenderà tutta la giornata di sabato, ma verrà introdotta già venerdì da un primo incontro, alle 15.00, il corso di aggiornamento per docenti che tratta del percorso della ricerca “Dalle buone pratiche alla strumentazione scientifica”, organizzato dalla sezione ISS di Urbino e dalla azienda Edumad.

Sabato 22 maggio, alle 9.15 di mattina, ci sarà l’apertura vera e propria dell’iniziativa per un mondo sostenibile, come gli ideatori l’hanno chiamata, seguita dalla premiazione del concorso “Inventa la tua energia”.  Alle 9.30 aprirà la mostra “L’alternativa in pratica” della Associazione PAEA, così come della mostra “Energie e Sostenibilità” del gruppo locale di Urbino di Legambiente.

Parallelamente, sono previsti un laboratorio di autocostruzione di forni e di parabole solari (allestito dal CEA Provincia di Pesaro e Urbino), la gara di orienteering energetico “Caccia all’energia” del Dipartimento di educazione fisica dell’Itis di Urbino, l’iniziativa dei laboratori S.O.S Energia dei dipartimenti di Fisica e Chimica dell’Itis di Urbino.

Alle 10.00 apriranno gli stand di installatori, associazioni ed istituzioni e inizierà il cineforum “the age of the stupid” e CO2 Greenpeace (gruppo locale di Urbino), che saranno seguiti dai concerti dei gruppi locali e dal convegno su “La transizione energetica verso le rinnovabili”. Sul tema dell’ecosostenibilità interverranno anche Luca Lombroso, metereologo della trasmissione Rai “Che tempo che fa”, il presidente di Legambiente delle Marche Luigino Quarchioni, Michele Altomeni di EnergEtica, moderati dal dirigente dell’ITIS, Riccardo Rossini.

Alle 11.30 comincerà la conferenza spettacolo “un’esplosione di energia” del dipartimento di Fisica e Chimica dell’Itis e aprirà il laboratorio di costruzione di strumenti con materiali di recupero a cura del Circo Musicale ed alle 12.45 verrà inaugurato il laboratorio di energetica. Nel pomeriggio si riprende alle 15.30, con la riapertura degli stand degli espositori e delle mostre citate e riprendono le gare ed i laboratori di cui si è appena parlato, seguono un altro concerto ed il convegno sul piano energetico provinciale riguardo alle energie rinnovabili.

Intorno all’attività ecosostenibile delle amministrazioni del territorio interverranno l’assessore all’ambiente della provincia di Pesaro ed Urbino, Tarcisio Porto, l’assessore ai lavori pubblici del comune di Urbino Francesca Crespini, il Dipartimento di Scienze Geologiche, Tecnologie Chimiche ed Ambientali dell’Università di Urbino e anche qui modererà l’incontro il professor Riccardo Rossini.

La giornata del 22 si concluderà con il workshop per dirigenti ed addetti ai lavori “Rinnovabili: la scuola ci guadagna?” dedicato alle modalità con le quali un istituto può reperire risorse dalle rinnovabili e condotto da Paola Boarin, ricercatrice della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. Il sito ha raccolto le informazioni sulle attività in favore dell’ambiente promosse nel territorio dall’istituto grazie alle indicazioni gentilmente fornite dal professor Massimo Zandri.

Aldo Ciummo

Kevin Rudd: “l’Australia non è un paese razzista”

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Il dibattito sugli scontri tra culture e sulle difficoltà di integrazione è salito alla ribalta questa settimana in Australia, a seguito di eventi criminosi

 

 

Alcuni incidenti xenofobi, registratisi nelle principali città australiane negli ultimi mesi, hanno creato un clima di diffidenza in alcune comunità, fino a portare ieri molti tra gli indiani che vivono lì ad ipotizzare una matrice razzista nel caso di un omicidio di cui non è stata accertata la ragione (la vittima era uno studente e lavoratore proveniente dall’India).

La dinamica del brutale omicidio, condotto dando fuoco alla vittima, e l’uccisione pochi giorni fa di uno studente indiano anche lui, accoltellato, hanno diffuso più che inquietudine.

Non sono emersi però, secondo quanto rilevato dagli inquirenti, segni di matrice razzista e Kevin Rudd, primo ministro australiano, ha rigettato pubblicamente l’immagine di un paese che non accetta gli stranieri diffusa da alcuni.

L’Australia difatti è una nazione nata dall’immigrazione, rientra negli altissimi standard di apertura alle culture di recente arrivo tipici del mondo anglosassone ed è uno degli stati che fa di più per favorire l’integrazione dei nuovi cittadini attraverso l’istruzione ( assieme all’ U.K ).

La società australiana sta cambiando rapidamente, anche con l’insediamento di tanti cittadini asiatici ed è vero che si registrano gravi casi di intolleranza da parte di alcuni settori della società. Ma la stragrande maggioranza della popolazione si distingue per attivismo in favore di un equilibrio multiculturale.

Tim Watts, consulente del governo di Canberra e della compagnia di comunicazione Telco, ha messo in piedi un gruppo antirazzista nel suo paese e riecheggiando quanto detto da Kevin Rudd ha affermato che l’Australia non è un paese intollerante, tutt’altro, e che proprio per questo è opportuno preservare l’eccezionale tradizione di ospitalità e di comprensione da parte della comunità australiana, alimentando, anche per il futuro le condizioni che permettono lo scambio culturale e l’integrazione.

Watts però solleva un problema che non è soltanto del suo paese, sottolineando che la legislazione a volte è equivoca nel permettere a minoranze intolleranti ed anche a esponenti istituzionali di alimentare invece gli ostacoli verso gruppi di persone in via di inserimento nella comunità, e soprattutto che le istituzioni da sole non bastano ed occorre far lavorare la cultura, processo molto più lento dei grandi cambiamenti globali che sollevano disagi e paure.

Il consulente passato all’attivismo in favore dei diritti è uno dei tanti esempi delle naturali tendenze all’integrazione da parte della maggioritaria società australiana, in linea con la tradizione liberale di questo paese e delle società culturalmente affini .

Aldo Ciummo

La sinistra sociale in Italia uno spazio che nessuno rappresenta

L'elettorato europeo è numericamente cento volte maggiore dei partiti che si sono ridotti all'uno per cento nel tentativo di indottrinarlo. E' tempo, nell'ambito della politica, di rivalutare la ricchezza della vita sociale che peraltro ha permesso alla storia di continuare il suo corso anche in assenza dei rappresentanti di ideologie ultraminoritarie dal parlamento. Storicamente infatti la sinistra è nata nelle strade e solo con l'apertura può pensare di confrontarsi con avversari imperfetti ma realistici

Rispetto al partito stato-nello-stato che era il Pci, alle divisioni degli anni ’70 e al berlusconismo senza Berlusconi del Partito Democratico, esiste uno spazio sociale del tutto estraneo alla destra ed al centro, ma che per ragioni anche anagrafiche è del tutto disinteressato ai miti dell’operaismo e avverso all’antioccidentalismo ideologico. E anche privo di tempo e di voglia per stare a guardare tutto il giorno quanto è bella la falce e martello.

C’era una volta la sinistra in politica, strettamente legata alla realtà sociale, anzi faceva della sua capacità di sentire il polso alla strada la sua forza, anche in situazioni di palese svantaggio istituzionale e mediatico.

All’inizio degli anni ’90, nel periodo di maggiore pressione negativa sull’area comunista derivante dalle vicende storiche dell’Est europeo, un quaranta per cento degli italiani apparteneva in qualche modo ad un’area post-socialista oppure progressista.

Studenti, operai e dipendenti erano in gran parte soggetti che dialogavano costantemente con le organizzazioni classiche di sinistra. Da allora la società è molto cambiata, nel tempo questi professionisti, immigrati, giovani, fasce sociali nuove oppure profondamente mutate hanno acquisito capacità anche maggiori di partecipazione e promozione dei progressi civili.

Ma gli eredi del Pci e delle organizzazioni sindacali sono rimasti ancorate ai modelli, di riproduzione delle oligarchie e di rappresentanza del lavoro che conoscevano meglio e dalle quali pensavano di ottenere il mantenimento di un controllo partitico e ideologico sulla società, perpetuando queste ritualità anche dopo la fusione con forze diverse.

Quanto alle sinistre alternative o estreme, hanno avuto più occasioni. La più grande è stata la possibilità, tra 2001 e 2003, di avviare un laboratorio di novità con i movimenti, fenomeno diffuso in alcune fasce (significative) della popolazione  e qualsiasi cosa ne dicano i cultori della forma partito, pratica politica che si affermò fin nei piccoli centri urbani e per anni.

Inoltre si trattò di una tendenza che non coinvolse solo qualche sbandato in cerca di stranezze e nemmeno solo intellettuali, ma che colpì proprio per la sua trasversalità e soprattutto per la varietà delle adesioni, che andavano dai giovanissimi agli immigrati e dai cattolici agli attivisti per i diritti civili.

Ciò attirò i partiti per la presenza di voti potenziali, ma li spaventò per la necessaria apertura alla società, ad una parte di società difficilmente catechizzabile in stile anni ’50, anche per il fatto che invece ci troviamo nel 2009 e ben venti anni fa il crollo del muro di Berlino ha rivelato che indottrinare la gente crea sistemi fallimentari innanzitutto dal punto di vista sociale.

I partiti di alternativa, dopo il farsi da parte di Bertinotti (che aveva tanti difetti ma sapeva che qualsiasi piccolo imprenditore, precario, immigrato o studente di sinistra è più interessato alle cose concrete che si vogliono portare avanti che ai simboli o ai libri di ideologie) i cultori degli anni settanta hanno spezzettato la sinistra istituzionale in partiti il più grande dei quali prende il tre per cento. Sommati prendono il sette. Ma senza poter essere nemmeno rappresentati.

Ma soprattutto questi partiti, con il loro interesse sterile per delle puntigliose distinzioni ideologiche, con il loro odio antioccidentale paradossale all’interno di una società aperta ed avanzata, con la palese indifferenza che dimostrano verso le punizioni elettorali che la gente in carne ed ossa infligge ad ogni appuntamento elettorale a simboli in via di estinzione, lasciano un vuoto a sinistra.

Perchè ancora un paio di anni fa lo spazio politico della cosidetta sinistra radicale veniva realisticamente stimato intorno al 15%, e lievitava di un altro dieci per cento se si consideravano anche coloro che intendevano non votare o votare Partito Democratico. Queste persone probabilmente esistono ancora indipendentemente dalla capacità visiva di Ferrero, Vendola e Pannella.

Sono proprio i soggetti sociali (lavoratori, immigrati, professionisti, attivisti, precari) da cui è più spesso nata la sinistra e di cui i rappresentanti dei frammenti istituzionali dei partiti minori si riempiono la bocca. Sono i soggetti sociali quotidianamente più alle prese con questioni di gestione finanziaria, integrazione, solidarietà. E quasi mai con il tempo per i libri di Marx.

Aldo Ciummo

Per i fascisti di ogni colore politico non va bene una donna a Ministro degli Esteri Europeo

 
 

La Commissione Europea. Si aggiungono oggi altre forme istituzionali che non possono portare alla crescita della nostra Europa senza la maturazione di quella partecipazione democratica che è impossibile senza la demolizione delle diseguaglianze economiche, del sessismo e dei diversi razzismi incluso quello derivante dalla legnosità ideologica

Piovono le critiche sulle nomine: Herman Van Rompuy non va bene come Presidente (non sia mai qualcuno voglia mediare tra diversi interessi senza arroganza); Catherine Ashton invece non avrebbe il curriculum per gli Esteri (ma aver combattuto le disuguaglianze è un peccato capitale?). Il tutto al termine di un processo politico segnato dal rifiuto aprioristico e irrazionale dell’ inglese  Tony Blair al vertice della UE (il candidato più credibile in circolazione). Intanto, l’asse franco-tedesco non ha potuto impedire nomine che svecchieranno un pò l’Europa.

 

 di    Aldo Ciummo

Piovono critiche sulle nomine, fino a ieri Tony Blair non doveva andare bene come Presidente della UE perchè il Regno Unito non aveva accettato sempre tutto dell’Europa centralista (ma non si sapeva indicare un altro candidato credibile). Oggi, dopo la scelta di una donna a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, (cambiamento di cui sarebbe ora, dato che all’interno dell’Unione ci sono stati dove sono quasi tutti maschi anche gli assessori) e dopo l’indicazione a presidente di Herman Van Rompuy, che ha riavviato la cooperazione tra fiamminghi e valloni in Belgio (e la farraginosa macchina europea, complicata da interessi e sensibilità contrapposte, non dovrebbe sputare troppo su chi vuole mediare senza arroganza) pure questi non andrebbero bene, in quanto candidati “deboli”, anche se della efficacia della “forza” dei candidati decisionisti abbiamo qualche esperienza in Italia, specialmente nella qualità della partecipazione democratica e della sensibilità civica che oramai questa scarsa qualità riversa visibilmente nella società.

Ma allora vediamo chi sono questi illustri sconosciuti e se sono davvero sconosciuti o se come spesso accade si tratta di gente che ha lavorato senza parlare tanto e di tutto ogni volta che secondo le televisioni dei vari stati nazionali c’era qualcosa da dire. il nuovo presidente europeo Herman Van Rompuy è nato a Etterberk, il quartiere europeo di Bruxelles, è un appassionato di cultura giapponese in un Europa che di culture extraeuropee ne conosce e ne accetta poche. In quest’ultimo anno ha sbloccato una situazione istituzionale di stallo, in uno stato paralizzato dalla contrapposizione tra francofoni restii a cambiare uno stato di fatto che destina loro più risorse di quante sarebbe realistico e fiamminghi convinti troppo frettolosamente e superficialmente di una esigenza di autonomia di cui non si capisce bene a cosa potrebbe portare in uno stato indivisibile per fattori  oggettivi (Bruxelles è il punto di riferimento di tutti i belgi, è un melting pot oramai europeo e mondiale e non solo rispetto alle tre comunità francofona, fiamminga e tedesca ed è capitale europea.)

La crisi politica in Belgio era durata diciotto mesi, quindi: Van Rompuy forse appare troppo gentile per ispirare fiducia alla gente, specialmente a Sud, ma in tutta evidenza non è incapace di decisioni, anzi è un fine politico. Come secondo aspetto, si potrebbe aggiungere che, senza essere inutilmente arrogante, Van Rompuy sostiene coerentemente le sue idee. Il nuovo presidente europeo è contrario all’ingresso della Turchia nell’Europa. Si può essere d’accordo con lui oppure essere contrari a quello che dice, quello che è certo è che Silvio Berlusconi che appoggia l’ingresso turco nella Ue dovrebbe spiegare poi ai suoi elettori quanto c’è di vero nel fatto che sostiene di volere che l’Italia non cambi troppo e  che quella sinistra che in Italia vuole bene a tutti ma si rivolge oramai esclusivamente ad una fascia dell’elettorato che non ha mai affrontato preoccupazioni economiche e pratiche dovrebbe spiegare quali risorse intende destinare al prevedibile afflusso di milioni di nuovi cittadini comunitari, che meritano rispetto laddove si trasferiranno, non promesse poi pagate finanziariamente da categorie tradizionalmente conservatrici. Scegliere atteggiamenti poco realisti non è funzionale all’integrazione, una necessità civile improrogabile. Al contrario.                Dal 1993 al 1999 Herman Van Rompuy ha colmato il debito pubblico belga in qualità di ministro al Bilancio. Ce n’è abbastanza per dissipare le preoccupazioni di incompetenza che in Italia potrebbero turbare il pubblico, all’apparire di uno che non strilla abbastanza.

Quanto a Catherine Asthon, dal 1983 al 1989 ha diretto Business in the Community, associazione di imprese che si occupa delle diseguaglianze, un tabù che l’Europa iperliberista non vuole affrontare ma anche un problema al quale è ora che si metta mano, invece di preoccuparsi di assicurare un direttorio strettamente continentale (e secondo alcuni a priori più sociale del Regno Unito, che invece di fatto ha un modello inimitabile di assistenza pubblico e una televisione pubblica indipendente dallo stato e libera di criticare il governo) all’Unione Europea.

Catherine Ashton è il nuovo Ministro degli Esteri della UE e questo fa storcere il naso a molti di destra e di sinistra, il sessismo è molto forte in alcuni stati ed inoltre la carica di Alto Rappresentante della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) ha ora un’importanza molto accresciuta dal Trattato di Lisbona. Catherine Ashton è stata responsabile dell’Autorità sanitaria dello Hertfortshire e sottosegretario britannico all’Istruzione, ricoprendo entrambe le cariche in un paese, il Regno Unito, che si prende cura delle persone molto di più di quanto non faccia con i simboli di partito. Ed il partito laburista, cui appartiene, ha costruito fin dal secondo dopoguerra un solido stato sociale, non un intreccio di corporazioni nazionalpopolari.

A Bruxelles, Catherine Ashton ha una esperienza di Commissario al Commercio e politicamente di leader dei laburisti alla camera dei Lord. L’Italia ad oggi non ha avuto nomine e questo da un punto di vista della distribuzione territoriale non è perfettamente corretto. Ma le considerazioni opportunistiche della politica degli stati nazionali non devono nascondere il fatto che alcuni cambiamenti nella UE sono positivi.

In Italia, formalmente una delle democrazie mature, c’è una forza politica maggioritaria dominata da una persona sola (Silvio Berlusconi) il quale come farebbe il leader di una forza extraparlamentare insulta, denuncia e chiama manifestazioni di piazza ed elezioni anticipate invece di fare (e non è detto che sia un male, visto che quando ha fatto, ha fatto la Bossi-Fini contro gli immigrati, la Fini-Giovanardi che criminalizza persone comuni e la legge sul rientro dei capitali, che umilia l’uomo della strada ed impoverisce le casse pubbliche). E c’è un sistema politico, di cui il PD e le sue appendici fanno integralmente parte, che sancisce il maschilismo dentro le istituzioni e la concentrazione delle risorse economiche al di fuori.

Se l’Europa si orienta verso una efficace mediazione tra i diversi interessi e le diverse culture politiche, sblocca la carenza di partecipazione femminile ai vertici delle istituzioni, si affeziona di più alla produttività che alla punizione della piccola impresa, lavora per l’integrazione delle diverse culture evitando che a monopolizzare il tema della multiculturalità siano minoranze portatrici di razzismi alternativi ma non meno pericolosi di quello tradizionalmente inteso, questi cambiamenti non saranno sintomi di debolezza, pure se i candidati nominati non hanno passato la vita davanti alle telecamere, ma si riveleranno fenomeni di progresso e forse potranno forzare in direzione di uno sviluppo più equilibrato anche le nazioni rimaste penosamente ostaggio della Chiesa, delle oligarchie economiche e di piccole corporazioni ultraideologizzate perfettamente prospere tra questi due poteri grazie ad una funzione ornamentale di critica.