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Il 26 novembre a Mestre presentazione del libro sui Diritti delle Donne

 

Copertina del libro di Daniela Danna "Stato di Famiglia", nel corso del dibattito e delle settimane su queste pagine troverete sottolineati anche spunti presenti in testi non strettamente dedicati alla questione dei diritti delle donne, ma ugualmente interessanti proprio ai fini di una riflessione sull'arricchimento della qualità della democrazia grazie al protagonismo femminile nella società, nell'impresa, nei territori ed in Europa

In occasione della Giornata Mondiale dei Diritti della Donna verrà presentato il libro di Daniela Danna sulle violenze in famiglia. Su queste pagine se ne prende spunto per avviare la pubblicazione di una serie di opinioni di esperti di rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile, interviste raccolte nel corso di diversi mesi in seguito all’uscita del testo di Marco Almagisti sul capitale sociale

 

 

La cronaca nera straborda dalle riviste e dalle notizie quotidiane, fa parte delle cose che esistono ma non ci piacciono, andrebbe affrontata ugualmente ma c’è già chi lo fa, decine di mass media che lo fanno, spettacolarizzandola, semplificandola o anche approfondendo in maniera efficace le possibile soluzioni. Qui si può fare altro (i lettori di skapegoat ci hanno abituato alla loro pazienza, non cercano solo l’ultima notizia) e approfittare del sasso nello stagno per avviare la rassegna di opinioni sulle strutture di potere più arretrate in Italia ed in Europa, nella società molto prima che nello stato (ma con drammatici effetti di rinforzo di meccanismi arcaici anche nello stato), che il maschilismo ha lasciato a presidio del terreno, di quello concreto della società italiana ma non solo italiana e a presidio del terreno più importante per la crescita dei cambiamenti cioè quello culturale.

L’iniziativa del giorno è la presentazione del libro di Daniela Danna “Stato di Famiglia – Le donne maltrattate di fronte alle istituzioni”  al Centro Culturale Santa Maria delle Grazie di Via Poerio 32 a Venezia, giovedì 26 novembre, l’autrice nel corso dell’incontro discuterà del tema con Patrizia Marcuzzo del Centro Antiviolenza del Comune di Venezia. Si parlerà di come lo stato italiano protegge le vittime delle violenze che avvengono dentro le mura domestiche e del ruolo giocato da tutte le figure in grado di fornire aiuto (operatori dei tribunali, assistenti sociali, agenti) e soprattutto delle testimonianze. Verrà affrontato anche l’argomento delle strutture culturali in cui gli episodi in questione avvengono.

Spostiamo però l’attenzione all’incrocio tra cultura, società e stato, perchè questo crocevia è stato il punto di vista assunto quando su queste pagine web si è iniziato a seguire con più continuità il rapporto tra partecipazione femminile e qualità della democrazia, interpellando proprio su questo punto il professor Marco Almagisti, la cui ricerca verte soprattutto sulla qualità della democrazia. Almagisti non ha avuto difficoltà a rispondere anche sullo specifico, sulla partecipazione femminile, anche se il suo libro non trattava principalmente di questo. E altri apporti sono stati forniti in seguito da Alisa Del Re, Lucia Visca, Luciana Castellina, che conoscerete attraverso le loro opinioni con l’uscita delle interviste nel corso delle prossime due settimane.

Il motivo per cui è stato scelto il libro di Almagisti come spunto per una riflessione sui rapporti tra qualità della democrazia e partecipazione femminile è questo: il libro parla di capitale sociale, ossia quel patrimonio civile e associativo che eccede le regole della democrazia e le regala qualcosa di più permettendo alla democrazia di crescere grazie al coinvolgimento della gente. L’autore stesso, nel suo libro, supera le strutture politiche per occuparsi anche di tutto ciò che nella evoluzione della democrazia è legato al lavoro, alla dimensione locale, ai rapporti informali, e di ciò che i territori possono investire nella costruzione dell’Europa.

Adesso, se per capitale sociale si intende la capacità di coesione e di riconoscimento delle energie presenti nelle comunità, non si vede quale elemento più importante del protagonismo femmile le situazioni locali hanno espresso negli ultimi venti anni. Questo almeno a mio parere e soprattutto se si parla di tutto il sapere che non si limita alle forme istituzionali ma permette la crescita nella società a livello di associazionismo, produttività, ricerca e socialità.

Ecco perchè le persone intervistate si sono viste proporre le medesime occasioni di riflessione che seguono ed è sulla base di queste che hanno espresso le opinioni che leggerete nelle prossime settimane, come prima cosa il fatto che se vi sono stati dei ritardi nell’incremento della partecipazione femminile, si sono riscontrati anche cambiamenti sostanzialmente e non solo quantitativamente positivi nel corso degli ultimi decenni, sia pure a fasi molto alterne.

Un altro fattore che l’analisi della situazione del capitale sociale (inteso come rete di associazioni, patrimonio di pratiche sociali eccetera…) ci ha suggerito è il ruolo dei diversi territori, delle regioni più avanzate o della loro tradizione (il testo si basa sulle esperienze raccolte in Toscana e in Veneto) nell’avanzamento del ruolo delle donne nella società. Si rischia una certa confusione perchè qui segnaliamo la presentazione di un testo che parla di violenze private (Danna sullo stato di famiglia) e introduciamo contemporaneamente un dibattito partito dalla diffusione di un libro che parla di sistemi politici (Almagisti sul capitale sociale) ma è una scelta che faccio perchè i problemi sociali come il sessismo, la partecipazione nella politica e i sistemi istituzionali sono strettamente interrelati e anche senza essere scienziati sociali vale la pena di introdurre un dibattito in più su questi legami.

A livello locale, dove i cambiamenti sono a volte più forti della cultura politica arcaica più forte della realtà che si esprime spesso nelle immutabili strutture nazionali (il ritardo in termini anche numerici nell’inclusione di tutte le componenti della società è talente evidente che non ci ritorniamo) la situazione evidenzia molti casi di progresso concreto, dove in alcuni territori (nella pratica quotidiana dell’amministrazione, dell’impresa e dell’associazionismo) delle barriere di genere non c’è talvolta più traccia.

Inoltre se l’Europa degli artigiani e degli agricoltori è quasi scomparsa e in testi come quello sul capitale sociale se ne registra la trasformazione anche nelle regioni, come appunto Veneto e Toscana, e se questo ha prodotto anche delle crisi nella coesione sociale del paese e della provincia, nel mondo delle professioni, nell’istruzione e nell’associazionismo la presenza femminile è oggi maggiormente incisiva ed è quindi oltre che un cambiamento uno dei maggiori agenti degli altri mutamenti sociali e culturali.

Il problema è che restano sovrastrutture arcaiche pure a livello istituzionale e non si può evitare che queste causino ritardi e regressi anche nella società, soprattutto quando si accompagnano a barriere ereditate dal passato anche nel mondo dell’impresa, dell’economia e dei settori della società che dei progressi più hanno beneficiato ma non riconoscono sempre i meriti in termini di responsabilità che vengono affidate alle donne. Le operazioni di costruzione del capitale sociale (inteso in sintesi come modo di coesione di una società al di là delle regole imposte) sono sempre rischiose, perchè la cultura e la percezione di cui le comunità vivono si costruiscono nel tempo, nel proporvi il contenuto delle interviste infatti ci sarà occasione di ritornare anche sui limiti del ruolo che l’Europa può svolgere per stimolare stati come l’Italia a colmare il divario.

Aldo Ciummo

SPORT|Jennings, fermata per la Nba: «Totti who?»

BASKET Il talento Usa della Lottomatica: «Che traffico a Roma, peggio che a Los Angeles»

I ragazzi che giocano a pallacanestro per strada sono il volto alternativo dello sport romano. Poco distante si allena la Lottomatica Roma. Uno di loro porta la maglia numero undici con su scritto «Jennings». La tua maglia è la più venduta ai negozi, lo sapevi? «No, non lo sapevo ma mi fa piacere, eccome».

Ma chi è il nuovo  americano di Roma? Talento precoce della pallacanestro a stelle e strisce, Brandon Jennings è appena approdato alla Lottomatica e ha già una voglia matta di stupire: «Mi ispiro molto ad Allen Iverson e Kobe Bryant. Amo giocare all’attacco e tenere la palla in mano. Sogno di arrivare in Nba, ma intanto penso solo a far bene qui a Roma», ostenta in uno slang quasi incomprensibile il diciannovenne gioiello della Virtus che riprova l’assalto allo scudetto e all’inaffondabile Siena.

Jennings è stato ill primo giocatore nella storia del basket americano a diventare professionista senza passare per la gavetta universitaria. «Credo in questo progetto e spero di aver tracciato una nuova strada ai giovani americani. Non è poi così lungo il salto all’Nba». Una scelta obbligata per qualche malizioso, visto che Brandon non vantava voti così eccelsi a scuola . Malignità, perché lui era già d’accordo con l’università dell’Arizona. Con Jennings c’è sempre la mamma, Alice, e il fratellino di dodici anni. Alice lo accompagna dappertutto. Agli allenamenti lei si siede in tribuna, apre il suo portatile e passa il tempo su internet o divorando film. «Per adesso – dice Jennings – studio con lei. Poi, fra un paio di anni conto di finire il college».

Roma la conosce ancora poco ma si è già «scornato» con il traffico della capitale: «Sì il traffico è peggio che a Los Angeles. Inoltre trovare parcheggio è un’impresa. Però rispetto agli Usa qui la gente è più tranquilla, pacata». Internet e videogames i suoi passatempo preferiti, oltre allo shopping, «shaappin’», come ci tiene a sottolineare. «Gucci e Louis Vuitton sono le marche che preferisco. Anche se comunque vesto spesso largo e preferisco il genere americano».

I media d’oltreoceano lo considerano la possibile prima scelta del prossimo draft: «Oh, it’s cool! Non sento la pressione, sono focalizzato solo nel giocare a basket. Il mio obiettivo resta soltanto quello di far bene con la mia squadra. Fin dalla prossima gara, sempre se gioco…». Quando parla il coach, Jasmin Repeša, l’americano è come se andasse in trance, ascolta e impara in silenzio. Ma perché proprio Roma? «Ero a un provino a Los Angeles e mi ha visto Dejan (Bodiroga, ndr). Sono stato scelto e ho accettato perché mi piace la città e credo di poter migliorare molto con questa squadra».

Giovane e ricercato. Fanno la fila i giornali di tutta Europa per accaparrarsi un’intervista. Nella sua città natale, Compton, nella contea di Los Angeles, California, le gang vivono tra il crimine e la violenza. Da qui è nato il genere gangsta rap. Negli States lo sport è vissuto da molti come l’ancora di salvezza, l’uscita d’emergenza, «ma la vita criminale non mi appartiene – precisa Jennings – perchè a salvarmi ci ha pensato la pallacanestro».

Banale forse chiedergli per chi voterà: «Obama, no way», replica secco e quasi stizzito. Meno ovvio venire a sapere che non conosce Totti. Eppure gli piace eccome il calcio: «giochiamo spesso con gli altri qui vicino. Mi diverte». Sfila Repeša, tempo scaduto. Lo rivedremo domani stasera su Sky, alle 20.55, nella sfida tra Fortitudo e Lottomatica.

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 17-10-2008

IN ITALIA|Lo sfogo di un agente: «Allo stadio si rischia la vita per diciotto euro»

LA POLIZIA denuncia di un sindacalista in divisa: «Lavoratori a rischio come quelli delle morti bianche»

 

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 09-09-2008

 

«Chiudere le curve di uno stadio solo per qualche partita garantisce da un lato la possibilità alle forze dell’Ordine di lavorare in sicurezza, ma dall’altro dimostra una mancanza di progettualità da parte delle Istituzioni». A sostenerlo è il Presidente della Federazione sindacale di Polizia dell’Ugl, Cristiano Leggeri, in merito alla decisione del Giudice Sportivo di inibire agli spettatori le Curve A e B dello stadio San Paolo di Napoli fino al prossimo 31 ottobre.
Lei cosa suggerisce allora come deterrente alla violenza negli stadi?
«La mia preoccupazione maggiore è l’incolumità degli agenti, che vanno allo stadio a fare il loro dovere e mettono a repentaglio la loro vita per diciotto euro in più. Bisogna garantire maggiore dignità alle Forze dell’Ordine. Si parla sempre di ciò che è accaduto, ma nessuno parla di ciò che sarebbe potuto accadere e invece è stato sventato grazie al loro intervento. Oltre all’ipotesi dell’aumento progressivo del costo del biglietto, la mia proposta è quella di una nuova normativa che preveda il sequestro e la confisca dei beni degli indagati. L’obbiettivo è quello di costituire un fondo preventivo per tutelare la dignità di tutti i poliziotti che hanno subito lesioni fisiche a seguito di manifestazioni sportive. ».
Ma chiudere gli stadi non danneggia anche tanti sportivi incolpevoli?
«Dispiace infatti per coloro che amano lo sport ma i primi ad essere lesi sono gli agenti che debbono presenziare a questi spettacoli. Si parla troppo spesso di morti sul lavoro e non si pensa che anche i poliziotti allo stadio sono dei lavoratori a rischio. Occorre modificare una normativa ancora troppo deficitaria».

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LE INTERVISTE|«Riccardo mi ricorda Pantani»

EX. Silvio Martinello

Per la maglia gialla è ancora presto e forse è ancora prematuro vederlo trionfare a Parigi come fece Marco Pantani un decennio fa. Eppure Riccardo Riccò a molti ricorda il Pirata.

Silvio Martinello, lei ha conosciuto Pantani ai tempi della Mercatone Uno: è azzardato questo paragone?

«È naturale che vengano fatti confronti, fa parte del gioco. Riccò non ha mai nascosto che Pantani è il suo idolo. Di simile tra i due c’è il modo di affrontare la salita, scattare e guardare in faccia l’avversario. Deve però iniziare a vincere quello che ha vinto Pantani. Ha le potenzialità per farlo, ma deve migliorare anche nelle crono, senza andare a snaturare la sua caratteristica di scalatore».

Come migliorarsi?

«Innanzitutto deve pensare alla sua posizione aerodinamica, lavorando durante l’inverno per trovare quella più redditizia. Occorre prendere la bici da crono almeno 2 o 3 volte alla settimana. La crono resta importante se si vuole vincere una competizione a tappe. Ultimamente gli organizzatori tendono a privilegiare sempre di più lo scalatore ma sono rimaste tappe di crono ancora lunghe come quella a Cérilly. Serve quindi saper sprintare oltre che andare bene in montagna».

Nonostante le difficoltà a cronometro, restano le sue enormi qualità in salita. Giusto riporre in lui tanta attesa ?

«Normale che quando uno comincia a vincere tutti ne parlano, ma il vero campione si vede nei momenti peggiori. Quando arriverà il periodo no, e quello arriva per tutti, dovrà essere bravo a non perdersi e per non fare la fine tanti giovani promettenti persi per strada alle prime difficoltà. Riccò non deve commettere questo errore».

Questo ragazzo ha un grande carattere. Potrebbe essere questa la sua arma in più?

«Fin da giovane la personalità non gli ha fatto difetto e avere carattere e determinazione in questo sport è assolutamente un bene. Si vede poi che gli piace stare in bici. A soli ventiquattro anni ha vinto due tappe al Giro d’Italia e altrettante al Tour de France, e abbiamo visto tutti come le ha vinte. Ha però il suo limite nel carattere che lo ha portato a non avere praticamente amici in squadra. Dovrebbe quindi saper controllare di più il suo equilibrio psicofisico».

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 15-07-2008

LE INTERVISTE|«Piccoli dettagli per tornare a vincere»

Livio Suppo, team manager Ducati

Livio Suppo qual è il segreto di questo rilancio della Ducati?

«Il segreto è nella bravura della squadra e del pilota. Sebbene non si tratti di un vero e proprio rilancio, in quanto Stoner è andato sempre forte. Abbiamo avuto problemi in passato, ma i tecnici sono stati molto bravi a risolverli in modo tempestivo. Ora possiamo contare su una moto competitiva come le Honda e le Yamaha e Casey è tornato a dominare».

Una moto superiore lo scorso anno ma un avvio in sordina, mentre gli altri correvano.

«Non si tratta di essere stati a guardare, quanto invece di aver intrapreso una particolare strada di sviluppo in cui abbiamo creduto moltissimo e che ora ci sta dando ragione. Il fatto è che la Motogp ha un livello di competitività talmente elevato che non lascia spazio ad alcun tipo di errore».

Siete tornati agli altisimi livelli della passata stagione.

«Devo dire che siamo stati premiati, grazie all’ottimo lavoro di un team che sta compiendo un miracolo. È incredibile come una casa piccola come la nostra sia in grado di mettere un pilota in condizione di competere alla pari di Honda e Yamaha».

L’unico che è riuscito a «domare» la Gp8 è Stoner. Come lo spiega?

«Non credo sia così. La moto è andata molto forte al Mugello con il nostro collaudatore, Sete Gibernau. Oggi (ieri, ndr) Quintoli ha girato alla grande, arrivando sesto nonostante i problemi tecnici e la pioggia, che ha fatte emergere la bravura del pilota. Melandri era andato bene finché non è caduto. L’auspicio è quello di risolvere i problemi di Marco, già da domenica prossima a Laguna Seca».

Cosa manca ancora all’australiano?

«Nulla. Daltronde è lui che ha dominato e vinto lo scorso campionato. Casey poi sa reggere la pressione anche quando la moto non va al massimo. Quest’anno abbiamo sentito dire che la Yamaha è la moto migliore e lui comunque è arrivato primo in quattro delle dieci gare svolte».

Simone Di Stefano – Pubblicato su L’Unità del 14-07-2008

LE INTERVISTE|Mauro Palma. “Direttiva rimpatrio”, l’Europa chiamata a decidere

Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani e degradanti, parla della ”direttiva Rimpatrio”, della carcerazione di 18 mesi nei Cpt e della criminalizzazione degli immigrati.

Articolo scritto da Aneta Carreri (Redattore Sociale)

Un’Europa impaurita e cinica è pronta a calpestare una serie di principi internazionali sui diritti umani con una direttiva  approvata dagli ambasciatori dei 27 stati membri. Si  attende a giorni la decisione del Parlamento europeo  che dovrà pronunciarsi sulla tanto discussa direttiva Rimpatrio.

Tra le norme contestate a destare maggiori critiche è quella che prevede tempi di permanenza nei cpt fino a 18 mesi per tutti i clandestini, minori inclusi. Mauro Palma, presidente del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei Trattamenti Inumani e Degradanti, spiega quale china pericolosa l’Ue rischia di prendere: «E’ vero che ogni stato ha la libertà di privare una persona che risulta irregolarmente presente sul suo territorio secondo l’art. 5 della Convenzione europea, detto questo non vanno violati gli altri articoli della Convenzione stessa che prevedono degli obblighi in virtù del cosiddetto Trattato costituzionale dei diritti umani e – precisa Palma – privare una persona della libertà per 6 mesi ed in casi particolari fino a 18 mesi stride con il principio del diritto penale della nostra civiltà giuridica che dovrebbe corrispondere a ciò che uno ha fatto non a un problema relativo il suo status».

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