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UE: la riforma sulla protezione dei dati sarà votata nell’Europarlamento

Il dibattito nella commissione per i diritti civili ha sottolineato l’importanza di regole comuni nella UE

Tanto il regolamento quanto la direttiva sulla protezione dei dati dovranno essere votati al più tardi in ottobre, questa è la conclusione raggiunta nel corso della discussione di martedì 9 luglio nella commissione per i Diritti Civili dell’Europarlamento. Gli europarlamentari ritengono che l’itinerario della legislazione comunitaria in materia sia lento e insistono molto sul ruolo di regole simili all’interno della Unione Europea.

Il regolamento riguarderà l’insieme dei dati (dei cittadini europei) trattati, mentre la direttiva sarà in merito al segmento particolare dei dati trattati per ragioni di polizia in procedimenti giudiziari.  La prima a votare sarà la Commissione per le Libertà Civili, che fornirà poi all’Europarlamento il mandato per iniziare il negoziato con il Consiglio dei Ministri, nel quale sono rappresentati gli stati componenti la UE.

Quasi cinquemila emendamenti testeranno le due parti menzionate della legge, ma i negoziati all’interno dell’assemblea dovrebbero riassorbirne un numero consistente, velocizzando l’iter dell’approvazione.  Philipp Albrecht (Verdi-Alleanza Libera Europea, Germania) ha detto che la votazione non dovrebbe ritardare oltre ottobre. Dimitrios Droutsas (Socialisti e Democratici, Grecia) ha sottolineato che il periodo è adatto ad affrontare l’argomento: il dibattito sul programma statunitense “Prism” ha reso l’opinione pubblica internazionale attenta al tema. Axel Voss (PPE, Germania) ha dichiarato che gli eurodeputati sono concentrati sul problema, ma che questo richiede minore precipitazione nella sua soluzione legislativa.

Sarah Ludford (Alleanza dei Liberali e Democratici, Regno Unito) ha affermato che la scelta migliore non è la ricerca del consenso, ma l’elaborazione di una legislazione efficace. Cornelia Ernst (Sinistra Unitaria Europea, Germania) ha detto invece che l’obiettivo non può essere soltanto un compromesso tra gli stati componenti, ma piuttosto il raggiungimento di regole comprensibili in tutta la Unione Europea.  Il prossimo incontro rilevante della commissione per le Libertà Civili è stato fissato per il 5 settembre.                                                                                                                 

L’Istituto culturale della Repubblica Ceca a Milano

Ente Nazionale Ceco per il Turismo, Czechtourism ed Istituto Culturale Ceco, in collaborazione con Pilsner Urquell, partecipano alla BIT di Milano

L’ente Nazionale Ceco per il Turismo, Czechtourism ed Istituto Culturale Ceco, in collaborazione con Pilsner Urquell, presenteranno alla BIT di Milano (Fiera Milano, Rho, Sala Adutei, Pad 2 Stand G28) le destinazioni che il paese propone al turismo internazionale.

Il direttore dell’Ente, Lubos Rosenberg, introdurrà le mete legate alla cultura ed alla tradizione dello stato. Pilsner Urquell rappresenta alcuni di questi argomenti, trattandosi di una birra che ha dato inizio alle varie Pilsner o Pils come anche vengono chiamate spesso. La storia di Pilsner Urquell comincia nel 1842 a Pilsen, nella Boemia, il nome completo Pilsner Urquell significa Pilsner dalla fonte originale.

Josef Groll iniziò a produrre questa birra con il malto chiaro tuttora prodotto nella fabbrica di Pilsen, con orzo boemo e della Moravia, elemento che influenza il colore tipico, chiaro e leggermente dorato. Il luppolo (del Saaz) è alla base del retrogusto amaro che contrasta con il malto. Il lievito è tuttora prodotto sulla base di una formula conosciuta soltanto ai produttori. L’iniziativa, nello spazio di competenza della Repubblica Ceca, comprenderà uno spettacolo folcloristico.

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Anders Borg è il politico più popolare in Svezia

Il Ministro delle Finanze sta superando anche il Primo Ministro Fredrik Reinfeldt, intanto nell’opposizione si discute sulle strategie di comunicazione

Dallo scorso anno la popolarità di Anders Borg, Ministro delle Finanze in Svezia, è in crescita, superando anche il Primo Ministro, Fredrik Reinfeldt. La crisi internazionale è stata affrontata bene dal mercato svedese, che resta uno dei più solidi. Al terzo posto nel gradimento dell’elettorato, dopo Borg e Reinfeldt, viene il Ministro degli Esteri, Carl Bildt.

Il governo di Centrodestra in Svezia mantiene quindi un consenso abbastanza stabile, anche se le opposizioni riguadagnano terreno rispetto ai risultati delle ultime elezioni. Nel maggiore partito di opposizione, I Socialdemocratici, Ylva Johansson, la quale è stata Ministro, ha rilevato che la forza di Centrosinistra che ha amministrato a lungo la Svezia, raggiungendo obiettivi importanti nella costruzione dello stato sociale e nella promozione dell’economia, non ha per il momento riconquistato le percentuali che di regola otteneva quasi in tutte le competizioni elettorali fino a pochi lustri or sono.

Commentando perciò il distacco che ancora separa la coalizione guidata dal Partito dei Moderati attualmente al governo e la propria formazione politica, Ylva Johansson ha auspicato che il leader dei Socialdemocratici Hakan Juholt riorganizzi il partito per evitare che la situazione dei consensi si cristallizzi così come appare adesso. Attualmente Johansson è la vicepresidente della commissione dei Socialdemocratici sul Mercato del Lavoro.

Aldo Ciummo

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Foad Aodi: i giovani egiziani non hanno ancora vinto davvero

La riflessione del presidente dell’Associazione dei Medici Stranieri in Italia: la partecipazione e la correttezza delle elezioni sono una vittoria, ma dove sono i giovani eletti?

A ridosso delle elezioni egiziane, un grande avvenimento per la democratizzazione di una regione importante vicino l’Europa, il presidente dei medici stranieri in Italia riflette su un dato: neppure uno dei cinquantasei candidati che rappresentavano i maggiori protagonisti del cambiamento è riuscito ad essere eletto.

Naturalmente esistevano in Egitto forze, a partire da quelle militari e religiose, molto più organizzate e dotate di mezzi, tanto che molti hanno deciso di non prendere parte ad elezioni molto condizionate dai rapporti di forza pre-esistenti, ma la lista nata dai movimenti di piazza ha preso solo il 5 per cento.

Pesa quindi, sottolinea Foad Aodi, la divisione in molte liste dei ragazzi che hanno partecipato alla primavera egiziana. Si potrebbe aggiungere che a questo punto sarà molto importante il ruolo dell’Europa nel sostenere le richieste di partecipazione e di crescita che vengono dalla sponda sud del Mediterraneo.

Un elemento che si può aggiungere alle considerazioni del presidente AMSI, che ha una conoscenza di prima mano delle situazioni nel mondo arabo e mediterraneo, è una generale necessità di rafforzare l’azione delle giovani generazioni in un contesto che in molti paesi, non soltanto in quelli ancora in via di sviluppo ma anche in molti sviluppati o in declino, è bloccato dalla autolegittimazione e riproposizione su base censitaria-familiare delle classi dirigenti.

Nell’anno entrante, anche in un’area industrializzata come l’Europa a trainare lo sviluppo socioeconomico sono in tutte le stime la Germania (che si sta occupando assieme a pochi vicini di gestire una difficile situazione, pur con gli esborsi che ha dovuto di fatto subire a vantaggio di altre parti d’Europa) ed il Regno Unito (chiacchiere a parte, l’unico paese in crescita secondo le previsioni), mentre i paesi caratterizzati da scarsa concorrenza e iniqua distribuzione delle risorse arrancano nonostante i ritocchi istituzionali.

Aldo Ciummo

 

Una grande società, pressata da contraddizioni globali

Nelle città inglesi emergono le capacità uniche di cooperare per aiutare le persone colpite dalle distruzioni, ma anche problemi irrisolti che emergono da tempo in tutto il continente 

 

 di Aldo Ciummo

 

La grande società, che forse Cameron ha immaginato quando ha iniziato un percorso oggi simile ad altre destre prodighe di tagli e misure speciali che hanno preceduto l’attuale governo in UK, è qualcosa sempre esistito nel Regno Unito: sono le centinaia di persone che stanno aiutando finanziariamente e umanamente Aaron Biber, un barbiere ottantanovenne il cui negozio quarantennale a Tottenham è stato distrutto da una folla (dotata di un singolare concetto di libertà, una deviazione che ha mandato in fumo gli appartamenti di famiglie e procurato un trauma cranico ad un anziano la cui colpa era tentare di spegnere un incendio).

La “Big Society” che la coalizione di Cameron ha pensato di inventare (e che non sta traendo grandi incoraggiamenti dalla riduzione delle opportunità di iscriversi all’università e dagli altri tagli a senso unico che anche altri paesi cominciano a sperimentare): una grande società che esiste adesso come ieri in Inghilterra per aiutare Aaron e altri incolpevoli bersagli di distruzioni, grande da tanti punti di vista, sopravvissuta a grandi conflitti contro stati meno liberali e alle stagioni oligarchiche degli anni ottanta.

Tariq Jahan è un altro esponente di questa società, in questi anni e in questi giorni additata a torto come una area sociopolitica che ha incoraggiato il liberismo nella sua versione estrema, da molti che dimenticano lo stato sociale esemplare per molti aspetti che tuttora funziona nel Regno Unito. Jahan ha perso il figlio, che cercava di difendere il suo quartiere a Birmingham da saccheggiatori, ma non ha incoraggiato vendette, anzi ha dato un contributo importante perchè una comunità di immigrati duramente provata mantenesse la calma e la ragione.

Gli immigrati come Jahan sono la dimostrazione del grado di integrazione possibile in Inghilterra. Il successo che il suo esempio ha riscosso nei quartieri a forte identità etnica è un segno di quanto la maggioranza, in ogni settore del paese, sappia come il Regno Unito non lascia spazi alla discriminazione su base nazionale. Gli stessi scontri non hanno assunto nessuna caratteristica di questo tipo. Riguardo ai fenomeni di autodifesa dei quartieri, molto preoccupanti, si tratta di eventi resi comprensibili dal rischio accertato di vedere case e attività distrutte, ma nei quartieri come Eltham e Enfield, dove la maggioranza delle persone scese in strada a tutela di un’area erano inglesi, sono apparse sulla stampa in maniera affrettata giustapposizioni con gruppi xenophobi minoritari in Inghilterra ed estranei alle zone di cui hanno cercato di strumentalizzare i problemi, gruppi in realtà tenuti lontano dalla popolazione delle aree citate.

Difficilmente altri paesi avrebbero retto un simile caos senza che degenerasse in problemi interetnici, un esito infausto che le comunità dei diversi quartieri hanno evitato nel Regno Unito. Le proteste nate da un fatto contingente e deragliate in azioni dalle conseguenze gravissime, incluse vittime, hanno origine in un contesto di diritti effettivamente violati in Occidente dalla massiccia redistribuzione verso l’alto (o se si preferisce concentrazione dei beni, delle opportunità e delle decisioni in poche mani) un processo storico che alle istituzioni economiche e politiche piace spesso chiamare crisi, come se fosse un evento indipendente dalla volontà umana.

Il senso dei diritti di cittadinanza in paesi come il Regno Unito è più forte che altrove in Europa, in altri paesi dove una classe media che ormai non è più tale si lascia comprimere assieme alle fasce più deboli della società, anche queste dotate di sempre minore possibilità e capacità di promuovere le proprie istanze. Anche nel Regno Unito la comparsa sulla scena di categorie che dalle strade alcuni vorrebbero togliere completamente è avvenuta con modalità del tutto deviate, conducendo a violenze gratuite e sfiorando la guerra tra poveri, mentre le dimostrazioni di solidarietà delle comunità che hanno cercato di risollevare i propri quartieri dalle distruzioni hanno mostrato la solidità del tessuto sociale nel Regno Unito, ma anche evidenziato il rischio di chiusura dei diversi gruppi etnici in sè stessi e dell’insorgere di fenomeni di vigilantismo che contengono i germi della criminalizzazione di persone meno benestanti e meno tutelate.

Sarebbe davvero un disastro sociale se gli immigrati che si sono costruiti con fatica qualcosa in occidente si tramutassero in tutori di un ordine discutibile contro giovani delle città che vedono innalzare le soglie (economiche) di accesso alle università, nello stesso modo in cui sarebbe un disastro sociale se una maggioranza spaventata additasse le persone di origine straniera come responsabili di una situazione. La realtà è che tante critiche verso il modello del Regno Unito rappresentano una fuga da problemi che stanno insorgendo nello stesso modo nel resto d’Europa e nell’occidente, trovando una molla nella compressione dei diritti e delle opportunità delle giovani generazioni e delle fasce popolari della cittadinanza.

L’illusione della destra di Cameron e di quella europea di aggiustare l’economia con ulteriori tagli alle spese sociali e di dare alle strade del proprio paese un senso di cittadinanza con gli idranti è fallimentare. L’esempio che ha reso l’Inghilterra il grande paese che è viene dai valori che permettono a Aaron di essere aiutato da tutta la sua città ed a Jahan di spegnere i rancori tra le comunità, princìpi che hanno sviluppato le tradizioni di liberalismo e socialdemocrazia inglesi attraverso l’integrazione di comunità diverse: è vero che una forma latente di segregazione si è fatta strada nelle turbolenze economiche e nella rapidità dei cambiamenti, ciò che ha spinto Cameron a parlare della necessità di non accontentarsi della compresenza di comunità “non belligeranti” ma di chiedere a tutti di aderire ai valori della nazione di cui si è entrati a far parte, ma questa big society non la si manterrà togliendo diritti allo studio e alla mobilità sociale ed imponendo scelte estranee alla tradizione britannica con la repressione poliziesca.

C’è una relazione tra le esplosioni di disagi e la serie di tagli che la destra ha promosso a partire dall’autunno, quando i problemi di ordine pubblico sono iniziati. L’atteggiamento sbagliato di attaccare il modello di sicurezza sociale inglese o il modello di liberalismo inglese riemerge sul continente ad ogni crisi che sorge, perchè in Europa concentrarsi sulle particolarità serve a sfuggire al quadro generale, di cui si sono avuti scorci poco edificanti negli ultimi anni, dalle banlieu parigine dove a nelle sommosse non c’erano solo immigrati alle proteste di immigrati nell’Italia del sud, comune denominatore la negazione dei diritti.

E la prospettiva generale suggerisce che non solo ieri in Grecia o oggi in Spagna, ma in tutta Europa e nell’Occidente sarà impossibile parlare di integrazione tagliando fuori giovani e immigrati come si sta facendo un pò dappertutto, in maniera particolarmente virulenta a Sud nella UE. La situazione rende evidente che i diversi gruppi cui si deve la crescita della nostra Europa nell’insieme hanno bisogno di partecipazione e opportunità per sviluppare le qualità che si sono viste nei gesti di solidarietà che si moltiplicano in Inghilterra verso coloro che hanno perso le proprie abitazioni ed attività: la paura e l’ordine pubblico possono (a caro prezzo) tenere insieme le varie comunità per un giorno o una settimana, ma per restare una nazione o addirittura diventare un insieme di nazioni come dovrebbe essere l’Europa, ci vogliono diritti e democrazia, elementi la cui tenuta sostanziale è stata messa a dura prova, in maniera crescente, negli ultimi trenta anni.

Decidono i singoli stati sull’agricoltura

 

Il Parlamento dell’Unione Europea all’inizio di luglio ha votato una risoluzione che riguarda gli Ogm e le norme in materia

Per gli eurodeputati, gli stati che compongono la Ue devono avere la possibilità di vietare o limitare la coltivazione di ogm se esistono motivi ambientali. La relazione è passata con 548 voti a favore ed 84 contrari, in luglio, la relatrice del PE Corinne Lapage (gruppo Alde, Francia) ha commentato positivamente l’accordo su cui la maggioranza del Parlamento Europeo si è ritrovato. Adesso è soprattutto il Consiglio d’Europa che sta cercando una posizione comune.

La Commissione invece aveva proposto a sua volta di concedere agli stati della UE il diritto di divieto ma non per quanto riguarda i motivi di salute e sicurezza ambientale che restavano oggetto di valutazione esclusivamente da parte della Autorità europea per la sicurezza alimentare.

Le ragioni a disposizione degli stati ora potrebbero includere la resistenza ai pesticidi, la conservazione della biodiversità e l’assenza di dati sulle potenziali conseguenze negative per l’ambiente.

Legittimi motivi di divieto potrebbero anche essere costituiti dalle possibilità di impatto socioeconomico, come la contaminazione di agricolture convenzionali o biologiche. Agli stati il compito di prevenire questi esiti.

L’Amsi a Roma: “integrazione anche nella sanità”

 

All’inizio di maggio a l’Associazione dei Medici Stranieri in Italia ha rilanciato la propria azione.

 Il 4 maggio a Roma l’Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della provincia ha patrocinato la conferenza dedicata all’argomento “Integrazione e Prevenzione: la donazione di sangue”, con l’organizzazione dell’Avis Comunale di Roma.

L’evento è stato promosso con la collaborazione della Commissione Affari Esteri e Medicina Internazionale dell’Ordine dei Medici di Roma e Provincia. La conoscenza di tutti gli aspetti della donazione del sangue tra medici, operatori sanitari, popolazione ed associazioni degli stranieri residenti è alla base del miglioramento del settore sanitario.

La giornataè stata moderata da Baleanu e da Sabri (AMSI). Il presidente dell’Ordine dei Medici di Roma e provincia, Mario Falconi, ha sottolineato il ruolo dei medici in un sistema sanitario che abbia al centro i cittadini e affermato che occore una informazione più capillare sulla donazione. Il presidente dell’Avis comunale di Roma, Raniero Ranieri ha detto che i medici stranieri in Italia sono stati molto attivi nella diffusione della donazione.

Foad Aodi, come presidente dell’Amsi e coordinatore della commissione sanità mediterranea (Co-mai) e della Commissione Affari Esteri e Medicina Internazionale dell’Ordine dei Medici di Roma ha descritto i risultati della collaborazione tra medici di diversa nazionalità e lanciato un appello alle diverse comunità per un impegno ancora maggiore.

Aldo Ciummo

La Finlandia per una più forte cooperazione Usa-Ue

Tampere in Finlandia

 

Ieri il Ministro degli Esteri finlandese Alexander Stubb è intervenuto a Londra in merito ai rapporti tra Europa e Stati Uniti

Alexander Stubb ieri è intervenuto presso l’Istituto per le Relazioni Internazionali ospitato da Chatam House a Londra e sottolineato che occorre continuare a lavorare per raggiungere un livello di integrazione più efficace,  nonostante i buoni rapporti che la nostra Europa già intrattiene con gli Stati Uniti, grazie alla condivisione di valori e all’alto grado di integrazione economico.

Stubb ha affermato che il recente vertice di Copenaghen, con le sue difficoltà dovute ad una molteplicità di approcci diversi e le trasformazioni anche istituzionali, come il Trattato di Lisbona, intervenute nel mondo moltipolare di oggi, hanno dimostrato l’opportunità di rilanciare il dialogo tra UE e USA fino a ottenere un miglior grado di coordinamento.

La Finlandia, attraverso il proprio ministro degli Esteri, ha presentato cinque proposte: un patto per affrontare insieme tutte le situazioni di emergenza, un accordo per una economia ecosostenibile su entrambe le sponde dell’Atlantico, una vera area di libero commercio, un quadro comune comprendente UE ed Usa per andare incontro agli altri paesi nella cooperazione ed infine la costituzione di un gruppo di esperti per rafforzare le relazioni tra Unione Europea e Stati Uniti.

Il Governo di Helsinki può contare su una lunga esperienza di cooperazione internazionale ed anche regionale, per il lavoro svolto insieme a Svezia, Norvegia e Danimarca in molte questioni, per gli organismi dedicati all’area artica dei quali la Finlandia fa parte e per le missioni di grande rilievo portate avanti nel mondo negli ultimi decenni. L’approccio multipolare della nuova amministrazione Usa incrementa gli spazi per una politica atlantica comune.

Aldo Ciummo

Il paesaggio urbano è qualcosa che si può leggere in molti modi

Il libro Via Tiburtina - Space, Movement and Artefacts in the Urban Landscape è pubblicato dall’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma con il sostegno del Consiglio Svedese per la Ricerca ed è distribuito da eddy.se AB. Il libro è uscito sul mercato svedese in occasione della Fiera del Libro di Goteborg, 24-27 settembre 2009.

L’Istitituto di Studi Classici Svedese venerdì sera ha ospitato un dibattito sulla via Tiburtina. L’architetto Hans Bjur, professore dell’Università di Goteborg, e l’archeologa Barbro Santillo Frizell, direttore dell’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma,  hanno percorso per sei anni questa strada, alla guida di un progetto di ricerca sui tremila anni di storia di questa Via ancora oggi in uso.

Venerdì 11 dicembre l’Istituto di Studi Classici Svedese ha accolto l’iniziativa di dibattito “Via Tiburtina, Space, Movement,and Artefacts in the urban Landscape” un seminario internazionale su come le città integrano le stratificazioni storiche nel proprio sviluppo urbano.
Si è parlato di come vengono valorizzati ed interpretati, in una città e nello sviluppo del suo paesaggio, le eredità materiali ed immateriali e di quale significato può avere una città antica in questo contesto.

Via Tiburtina – Space, Movement and Artefacts in the Urban Landscape, è il titolo del libro che racchiude i risultati degli studi di Bjur e Frizell. “Si evidenzia la continuità tra la Roma antica, medievale e rinascimentale e la moderna metropoli – spiegano gli autori – percorrere una strada originariamente costruita dagli antichi Romani e che tremila anni dopo continua a essere un’arteria pulsante nel caotico traffico in entrata e uscita dalla capitale d’Italia significa percorrere la storia. Ma non solo: un viaggio lungo la Via Tiburtina dimostra quanto può essere importante una strada per lo sviluppo di una città e apre il dibattito su come la moderna pianificazione urbanistica si possa coniugare con il patrimonio storico urbano.”
 
Roma è una città sviluppatasi strato su strato nelle diverse epoche storiche e queste stratificazioni, non soltanto materiali, hanno creato diverse correlazioni tra loro, attraverso i millenni. Maria Margherita Segarra Lagunes, che insegna all’Università Roma Tre, ha sottolineato come abitudini ripetute ogni anno per secoli hanno trasformato gli atti in rituali ed hanno costruito la mentalità della gente, i percorsi contadini, “c’è, nella conformazione dei luoghi e nelle azioni con le quali vengono vissuti una consapevolezza, anche se a volte inconscia”.

Al centro dell’analisi c’è la strada, che è sempre la stessa ma nello stesso tempo è in costante evoluzione. Con il suo febbrile movimento, la Via Tiburtina genera nuove culture sociali, che potenziano il traffico e stimolano l’edilizia, oltre a creare nuovi elementi paesaggistici, i cui resti entrano a loro volta a far parte del patrimonio culturale e si adattano alla struttura sociale dei nostri tempi.

Paolo Liverani, dell’Università di Firenze, ha osservato che  “ci sono mappe in cui si possono trovare monumenti. La coscienza topografica ha origine da semplici considerazioni, sul territorio le testimonianze del tempo non si stratificano semplicemente l’una sull’altra, ma ognuna modifica le altre, le cancella, le ridefinisce”

Il dialogo tra patrimonio ereditato e esigenze del presente è proprio il nocciolo del libro sulla Via Tiburtina,  in cui Hans Bjur propone,  insieme a Barbro Santillo Frizell, professore di archeologia classica, un nuovo approccio alla moderna pianificazione urbanistica: l’archeologia paesaggistica urbana. In tredici capitoli ricchi di illustrazioni archeologi, esperti in conservazione dei beni culturali, studiosi dell’antichità, architetti, storici dell’arte e conservatori specializzati in beni architettonici mettono in relazione l’antica Roma con le intense trasformazioni dell’attuale metropoli.

Si tratta certo di un dibattito che non è neutro, come Gert-Jan Burgers, dell’ Istituto Nederlandese a Roma, ha fatto notare: “diverse visioni si confrontano, quella monumentale della storia coltivata dalla direzione nazionalista settanta anni fa, quella calata dall’alto oggi dall’Unione Europea, quella che mette al centro le esigenze locali”.

Identità, comunità, qualità della vita: diversi possono essere gli obiettivi dell’azione umana sul paesaggio. Il valore della eredità culturale per la società è mediato dalle scelte delle differenti culture, il patrimonio perciò è anche un processo, si tratta di progettazione dello spazio più che di semplice mantenimento di quello che esiste. Esistono paesaggi nascosti alla vista, presenti però nella nostra percezione culturale.

Su questo punto si è soffermato Wetterberg, moderatore della serata (Università di Gotemborg, Svezia) che ha riassunto le considerazioni di molti dei relatori sottolineando come un’area, così come viene percepita dalle persone, “è il risultato della azione e della interazione di fattori naturali ed umani, non è un fatto statico,  non è un dipinto, ci si vive dentro, eppure è una idea e non una cosa. Il paesaggio è un modo di agire e di pensare, non un oggetto immobile da preservare.”

Sono intervenuti anche Graham Fairclough (English Heritage) e Lionella Scazzosi (Politecnico di Milano). Il progetto di ricerca sulla via Tiburtina è nato nel 2003 da una collaborazione tra l’Istituto per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Goteborg e l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. Oggi, l’Istituto Svedese ospita un ambiente di ricerca interdisciplinare. Questa iniziativa inoltre ha gettato delle basi per la nascita dell’archeologia paesaggistica urbana come settore di ricerca. La ricerca portata avanti con il libro sarà anche un valido strumento all’interno dell’urbanistica e dell’edilizia come progetto sociale, sia in Italia che in Svezia.

Aldo Ciummo