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Italia e Danimarca: centocinquanta anni di storia a confronto

Agli inizi di aprile una interessante conferenza ha dato a studiosi dei due paesi la possibilità di approfondire le vicende delle due nazioni

Il Convegno che ha avuto luogo a Via Omero a Roma il 7 ed 8 aprile 2011, promosso dall’Accademia di Danimarca (che ha sede in questo suggestivo angolo della capitale a ridosso di Villa Borghese) e che si è svolto grazie alla collaborazione della Reale Ambasciata di Danimarca e dell’Università di Copenaghen, ha permesso a studiosi di varie discipline di mettere a confronto l’Italia e la Danimarca, due paesi con un ruolo significativo nella creazione e nella crescita della Unione Europea. L’iniziativa, intitolata “L’Italia in Europa – L’Italia e la Danimarca” ed ideata in occasione del Centocinquantesimo dell’Unità d’Italia, è stata aperta da un appassionato discorso del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, il quale ha sottolineato che le difficoltà e le incertezze che hanno costellato il percorso della nascita e dello sviluppo dell’Europa unitaria non hanno frenato un continuo progresso di quest’ultima in direzione non soltanto di una maggiore integrazione economica ed infrastrutturale, ma anche politica e sociale.
 
Il direttore dell’Accademia di Danimarca, Erik Bach, ha dato il benvenuto a tutti gli ospiti, provenienti da diversi istituti culturali, atenei ed organizzazioni: giovedì 7 aprile, nel corso di tutta la giornata, sono intervenuti Francesco Barbagallo (dalla Università degli Studi di Napoli Federico II) , sul tema “Nazione, Stato, Costituzione dall’Unità alla Repubblica”; Francesco Biscione (Istituto della Enciclopedia Italiana) su “Lo storicismo italiano, identità italiana in un contesto europeo”; Kristina Junge Jorgensen (dell’Università La Sapienza) sul Viaggio in Italia di Federico IV di Danimarca; Bent Holm (Università di Copenaghen), sull’identità comica “L’importanza dell’italianità di Holberg e della danesizzazione di Goldoni per la creazione del teatro nazionale danese”; Anna Maria Segala (Sapienza) su “L’Odin Teatret tra Italia e Danimarca” in dibattiti moderato da Gert Sorensen, dell’ Università di Copenaghen, da Paolo Borioni del Center for Nordic Studies di Helsinki e da Kristina Junge Jorgensen.

Venerdì 8 aprile si sono svolti i dibattiti sulla traduzione e sull’immaginario e la realtà storico-politica, con gli interventi di Hanne Jansen (dell’ Università di Copenaghen), su “L’Italia in Danimarca vista dall’ottica delle traduzioni”; di Anna Wegener (Università di Copenaghen) su “I libri di Bibi della scrittrice Karin Michaelis letti da adulti e bambini nell’Italia fascista”; di Bruno Berni (dell’Istituto Italiano di Studi Germanici) sul tema “Letteratura danese in traduzione italiana. Un panorama”; Jorgen Stender Clausen (Università di Pisa) su “Brandes e Garibaldi”, Mads Frese (“Information” Copenaghen) sulla “immagine dell’Italia contemporanea nella stampa” e di Paolo Borioni (Center for Nordic Studies Università di Helsinki) “Moralismo elitista e distorsioni populiste. Per una vera comparazione storico-scientifica.”
 
  
Francesco Barbagallo ha ripercorso le fasi che hanno portato l’Italia della seconda metà dell’ottocento a contraddistinguersi per la presenza di istituzioni accentrate, di derivazione giacobino napoleonica sotto il profilo della organizzazione dello stato, una impostazione alla quale avevano contribuito intellettuali di impostazione hegeliana. “Nello sviluppo manifatturiero e nella disponibilità di risorse energetiche l’Italia restava molto indietro rispetto agli stati nazionali di più antica unità – ha affermato Barbagallo – gli squilibri tra nord e sud del paese venivano letti ed affrontati dalla classe dirigente del nord ed anche dagli intellettuali del sud passati al nord come uno scontro di civiltà, da regolare attraverso lo stato d’assedio.” Il modello di stato italiano, sottovalutando la società civile, si poneva a metà tra stato etico tedesco, per lo sforzo di far identificare le masse nelle istituzioni ed il liberalismo britannico col suo modello di tutela delle libertà e delle proprietà. “I diritti dei cittadini non sono concepiti, in un modello come quello italiano, come limiti all’azione dello stato, ma come concessioni dello stato – ha aggiunto il docente dell’Università di Napoli – i primi partiti in Italia saranno quelli socialisti, repubblicani, popolari, che porteranno di forza la società nello stato.”
 
Barbagallo ha riflettuto su come la logica conseguenza dei sommovimenti sociali, ossia la ristrutturazione del sistema liberale in uno nuovo i cui indirizzi politici fossero dettati dalla democrazia dei partiti, sia naufragato assieme al tentativo liberale di strutturarsi in uno stato dei partiti, “il modello statocentrico si riproporrà sotto forma dello stato fascista, che progetta di nuovo l’integrazione forzata della società nello stato – ha concluso lo studioso – le forze che avevano combattuto per la Resistenza e per la Repubblica porteranno alla costituzione italiana, con una forte innovazione rispetto allo statuto liberale del Regno d’Italia. I partiti di massa iniziavano a comprendere la necessità di associare l’economia alla politica.”
 
Francesco Biscione ha ricordato come fino agli anni settanta del novecento tutti i partiti parlassero dell’Italia come nazione, mentre negli ultimi anni è emersa una difficoltà a parlare del paese come di un soggetto unitario. “La riflessione sulla storia, per la politica italiana a partire dal secondo dopoguerra, è stata il punto di incontro maggiore – ha notato Biscione – dai primi anni quaranta dell’ottocento il problema che si presentava era costruire una politica unitaria in un paese segnato da problemi di frammentazione.” Lo studioso ha ricordato come gran parte della generazione della destra storica fosse composta da di intellettuali che erano anche uomini di stato in dialogo con l’Europa. “Con la società di massa, in cui esistono altri problemi come il lavoro e la democrazia oltre alla indipendenza nazionale, la classe politica non trova più referenti condivisi, la cultura inoltre si orienta verso soluzioni antiparlamentari – ha spiegato Biscione – il dato che la prima società di massa sia stata costruita di fatto dal fascismo ha portato a riflettere su una mancata riforma culturale in Italia. Gramsci legge entrambi gli aspetti del fascismo, quello di movimento sociale autentico di massa e quello di strumento conservatore di lotta di classe. In Croce manca la consapevolezza del passaggio alla società di massa. Nel fascismo ed in Gramsci esiste invece questa consapevolezza, a tratti carente invece nel Partito Socialista.” Lo studioso ha sottolineato anche come Pietro Scoppola ed Aldo Moro abbiano modificato la cultura cattolica, integrandola nel disegno costituzionale e come si sia adattato anche il Partito Comunista Italiano, nè rivoluzionario nè socialdemocratico, ma partito di massa nazionale e costituzionale. La cornice costituzionale insomma era un ambiente condiviso e questo spiega l’influenza che hanno potuto esercitare anche partiti piccoli come quello d’Azione.”
 
 
Gert Sorensen ha parlato da una prospettiva tutta danese de “Il Grand Tour in Italia, andata e ritorno”, introducendo il discorso con una citazione da Benedetto Croce, nell’osservazione in cui affermava che ogni storia deve includere un elemento di autobiografia, aspetto che emerge in tutte le descrizioni dei viaggiatori nordici in Italia, che risentono spesso dei miti dello stivale come paese di arte, di musei e di tradizioni antiche. “Un luogo colorato da un sottoproletariato pittoresco – ha detto Sorensen – un immaginario che nel milleottocento era già superato, per quanto in parte ancora verosimile all’epoca di scrittori come Andersen e nei quadri di Costantin Hansen. La vita in comune degli artisti danesi li portava ad un nostalgico isolamento, favorendo la creazione di mitologie autosufficienti.” Viene dipinta una Italia con le caratteristiche più congeniali ad un mondo intellettuale. “Wilhelm Marstrand, Ditlev Blunch, pittori di una natura ora selvaggia ed incontaminata ora animata da scene carnevalesche, offrono immagini di un mondo cristallizzato dopo il fallimento dei sommovimenti rivoluzionari – ha spiegato il docente dell’Università di Copenaghen – esiste anche un’altra versione del Tour in Italia, un rapporto tra una conoscenza più approfondita dei problemi italiani e lo spostamento in Italia di attività massoniche. I programmi progressisti dell’epoca parlavano già di Unione Europea.”
 
Bent Holm ha cominciato il suo discorso dalla constatazione che oggi ogni danese porta con sè personaggi del Tivoli, parco dei divertimenti di Copenaghen, pantomime che risalgono in realtà al millesettecento danese ed ai rapporti tra i protagonisti della Commedia dell’Arte italiana ed il nascente teatro borghese della Danimarca. “I testi vengono resi accessibili per il pubblico locale, i personaggi vengono danesizzati – ha ricordato il docente dell’Università di Copenaghen – Il teatro nazionale estero viene adattato, quello nazionale estraniato con l’adozione di modelli provenienti dall’estero, da qui il miscuglio di nomi danesi ed italiani in un unico mondo teatrale artificiale italo-franco-danese che rappresentava, nella convenzione, la Danimarca.” Dunque da un lato fenomeno autoctono, dall’altro una imitazione di modelli “romanzi”. Difatti la compagnia di Copenaghen fu diretta da Pietro Mingotti.
 
Anna Maria Segala ha citato un esempio molto noto dell’integrazione tra Italia e Danimarca: L’Olin Teatret, celebre gruppo teatrale danese creato da Eugenio Barba, al centro dei suoi studi. “Nel 1972, uno spettacolo ispirato a Dostoevsky mette il gruppo a contatto con realtà giovanili che erano estranee al teatro sia tradizionale che come si diceva allora impegnato – ha detto la docente dell’Università La Sapienza – in quegli anni in Danimarca fiorivano gruppi teatrali liberi, non organici alle politiche di decentramento. L’Olin Teatret ha oggi alle spalle quasi cinquanta anni di attività ed è lontano da luoghi e metodi del teatro sociale.” Si incontrano in questa esperienza teatro orientale, tradizioni delle avanguardie ed elementi della cultura locale.

Aldo Ciummo

Foad Aodi: “sostegno alla libertà ed all’integrazione nel Mediterraneo”

 

Il presidente dei Medici Stranieri in Italia, noto per l’impegno a favore dell’integrazione professionale degli immigrati nelle diverse regioni dello stivale, è intervenuto a favore dello sviluppo del mondo arabo e della cooperazione con la UE

Di fronte alla lotta generalizzata sulle sponde sud ed est del Mediterraneo, il presidente dell’Amsi (Associazione dei Medici Stranieri in Italia) Foad Aodi ha preso spunto per sostenere la necessità di rafforzare la partecipazione democratica anche in Europa ed in particolare in Italia attraverso una integrazione fattiva dei nuovi cittadini italiani,  la cui premessa è un coinvolgimento dei cittadini di origine straniera in tutte le organizzazioni in cui si esprime la vita civile e quindi anche nelle differenti formazioni dell’arco politico.

L’Amsi, associazione dei Medici Stranieri in Italia, negli ultimi anni ha promosso la diffusione di consultori e studi medici che permettendo un rapporto tra personale medico e pazienti facilitato dall’uso della stessa lingua (l’Amsi ha permesso di organizzare all’interno dell’Ordine dei Medici di gruppi di lavoro riconducibili a diverse nazionalità) ha alleggerito il carico del sistema sanitario nazionale e ne ha sviluppato una azione più efficace. Foad Aodi è intervenuto più volte per sostenere una evoluzione della situazione nel Mediterraneo in un quadro di sviluppo della democrazia, del libero mercato e della cooperazione con i vicini.

La logica dell’Amsi, espressa attraverso una azione a tutto campo non limitata all’ambito medico ma portata avanti anche attraverso iniziative di informazione sulle regole professionali e legali in Italia e di formazione specialistica e linguistica, è quella di velocizzare l’integrazione degli immigrati e soprattutto renderla una parte solida della costruzione nazionale italiana ed europea grazie alla chiarezza dei diritti e doveri.

La piena partecipazione dei nuovi cittadini in un contesto come quello italiano ed europeo, caratterizzato da stretti rapporti con l’area Mediterranea e dalla necessità quotidiana di gestire trasformazioni sociali che avvengono ai propri confini come oggi in Egitto, Libia, Tunisia ed Algeria, è un  fattore strategico anche nella facilitazione dei rapporti internazionali che all’interno della cooperazione occidentale vedono l’Europa, per posizione e storia, incaricata di un rapporto costruttivo con le aree meridionali ed orientali.

Foad Aodi il 13 febbraio di quest’anno è entrato a far parte della segreteria politica del partito FLI  sulla base dell’ esperienza nei settori dell’immigrazione, della sanità e della cooperazione internazionale, segreteria che si è insediata il 18 febbraio. Il presidente dell’Associazione Medici Stranieri in Italia ha affermato che l’assenza di fatto dei cittadini stranieri dalla rappresentanza politica è un limite. Infatti con l’attuale sistema di “nomina” dall’alto dei candidati è difficile per gli elettori scegliere i candidati per il lavoro che hanno svolto sul campo. Una riforma della legge elettorale che consenta di esprimere le preferenze all’interno delle liste e nel territorio riporterebbe anche l’emergente mondo dell’immigrazione in Italia a concrete opportunità di raggiungere rappresentanza.

Unione: l’istruzione necessaria perchè la nostra Europa sia libera ed autonoma

 

Tra i settori più attaccati dalla crisi determinatasi all’interno del mondo finanziario e i cui costi si stanno abbattendo soprattutto sugli ambiti che favoriscono l’uguaglianza di opportunità ci sono l’istruzione e l’ambiente: la Ue inverta la rotta

Il Parlamento Europeo ha approvato mercoledì il Bilancio comunitario per il 2011, un documento che contiene alcune delle priorità proposte dai deputati e portate avanti durante i negoziati con Consiglio e Commissione, organi con i quali l’assemblea eletta dai cittadini dell’Unione Europea – con modalità per molti versi più dirette di quelle che ormai sperimentiamo nei listoni redatti da altri nelle consultazioni nazionali – ha raggiunto un accordo su varie questioni politiche.

Ma veniamo agli impegni in pagamento, che assumono un peso particolare in un’epoca in cui i cittadini comuni potrebbero davvero percepire istituzioni situate a Bruxelles e Strasburgo come qualcosa di lontassimo, in assenza di interventi riconoscibili nel sociale: le risorse per la crescita e l’occupazione mettono a segno un buon colpo con i diciotto milioni di euro destinati all’apprendimento permanente, un capitolo le cui carenze in Italia hanno ad esempio fatto registrare una limitazione significativa della crescita del Pil a detta di Confindustria e, se lo dicono coloro che di norma individuano i maggiori limiti di produttività nel costo del lavoro, ci crediamo.

Un altro programma quadro importante è quello per la competitività e l’innovazione, che ottiene in tutta Europa dieci milioni: una iniziativa simile potrà sortire buoni effetti in gran parte del continente ma incontrerà più difficoltà dove il monopolio è la regola, perchè il motore dell’economia e dell’innovazione è la concorrenza (secondo il meglio della teoria economica liberale, dalla quale grandi blocchi conservatori si sono oramai sganciati per perseguire particolari varianti mediterranee del popolarismo europeo, con risultati ad oggi non molto incoraggiati sul piano della tenuta dello sviluppo economico, dell’armonia sociale e della stessa onorabilità minima che di consueto si richiede alle istituzioni pubbliche).

Sono importanti anche le risorse destinate a conservazione e gestione delle risorse naturali, che in tutta l’Europa occidentalizzata sono considerate investimenti preziosi per la società, come l’istruzione, l’università e la ricerca, (non freni per lo sviluppo economico e zavorre per le finanze pubbliche) e che difatti oltre all’attenzione della Ue hanno attirato anche le cure della Germania – attualmente indiscusso motore dell’economia europea assieme al Nordest del continente ed insieme a limitata parte dell’est – nazione federale che si è ben guardata dal tagliare sull’istruzione e sulle energie alternative in tempi di crisi. La conservazione e gestione delle risorse naturali ha avuto 6,7 milioni di euro dalla Ue.

Il capitolo Libertà, Sicurezza e Giustizia è da sottolineare, anche per l’aggiunta di 2,35 milioni di euro destinati al programma Daphne per la lotta alla violenza contro le donne ed i bambini ed un aumento di un milione per la prevenzione del terrorismo. Si tratta di aspetti importanti, che assieme agli investimenti necessitano di una effettiva partecipazione politica, economica, sociale dei cittadini che attualmente è di fatto inficiata dal fossato che divide in Europa regioni sviluppate ed in via di sviluppo, classi sociali che hanno attraversato la crisi con più agilità ed altre che hanno visto in essa un colpo di grazia addizionato a difficoltà già non indifferenti, cittadini dell’area euro e neocomunitari, cittadini di nascita ed extracomunitari, spesso nati nel paese di accoglienza ma mantenuti in situazione di semiregolarità da regole che non sono più di questo secolo.

Integrazione e democrazia sostanziale sono presupposti per una Europa capace di agire in tempi movimentati. E’ di questi giorni la notizia che Cina ed India hanno firmato un patto di intenti in favore dello sviluppo economico della loro area di influenza, una regione geopolitica che cresce in maniera stupefacente per i ritmi cui siamo abituati.

 L’Europa ha bisogno innanzitutto di funzionare a pieno regime come comunità istituzionale, sociale, economica, per poter cooperare alla pari con gli Stati Uniti e le altre aree di cultura occidentale che condividono con UE ed USA i valori di concorrenza, solidarietà, partecipazione e libertà individuale (Canada, Australia, Sudafrica, Nuova Zelanda, in prospettiva anche una parte limitata dell’ Est europeo e dell’America Latina) nella definizione di un mondo multipolare nel quale assicurare sì apertura a tutte le aree del pianeta, ma nella ferma difesa e decisa promozione dei princìpi che hanno reso possibile all’Unione Europea ed all’Occidente di esistere e di offrire un grande contributo senza il quale al giorno d’oggi non esisterebbe democrazia.

Nella questione dei rapporti con la Federazione Russa c’è al momento davvero poco di prevedibile, perchè non solo non sussistono  molte delle affinità istituzionali che sono necessarie  in base ai Trattati Europei se si intende intavolare un discorso di adesione, ma Mosca non è realisticamente neppure interessata, rappresentando un’area ed una politica autonoma nel mondo, in merito alla quale l’Unione Europea potrebbe incontrare incompatibilità con le proprie caratteristiche democratiche.

Tornando alle questioni concrete ed urgenti nella Ue cioè gli investimenti, quattro milioni di euro vanno ai Giochi Olimpici Speciali di Atene ed è auspicabile che verso la Grecia, l’Irlanda e le aree geografiche della nostra Europa più duramente colpite dalla crisi globale si concentri la solidarietà delle istituzioni centrali, altri tre milioni di euro sono destinati al Programma Gioventù in Azione e bisogna ricordare anche che la UE ha aumentato di cento milioni il piano di aiuti per la Palestina, il processo di pace e l’UNWRA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East), impegni importanti, perchè il benessere “spicciolo” dei cittadini non è sganciato dalla stabilità dei confini dell’Europa e questo è tanto più vero in paesi come l’Italia che nel Mediterraneo operano  con profitto.

Riguardo alle cifre totali, gli eurodeputati hanno approvato lo stanziamento di 141, 8 miliardi in stanziamenti di impegno e 126, 5 miliardi in pagamenti. Gli stanziamenti di impegno, nonostante la definizione possa risultare meno immediata, sono quelli che determinano le spese future.

E’ stato raggiunto inoltre un accordo tra Consiglio della UE, Commissione Europea e Parlamento di Strasburgo che prevede di poter emendare il bilancio  durante il 2011, una decisione che potrebbe rendersi necessaria perchè i Trattati sui quali si fonda l’Unione Europea prevedono che essa non possa andare in deficit. E, si potrebbe aggiungere, la nostra Europa non può permettersi neppure deficit di cittadinanza in tempi che sono così complessi. La priorità concessa all’economia come motore anche politico della cittadinanza europea ha dimostrato i suoi limiti in occasione della recente crisi greca, laddove la mancanza di solidarietà europea si è trasformata in una mancanza di lungimiranza anche economica che ha svelato come la Comunità non è soltanto una parola scelta per sostenere l’aggettivo “europea” ma la base per ogni credibile ruolo dell’Europa al suo interno e nel pianeta.

Aldo Ciummo

In partenza il liceo delle Scienze Umane

 

E’ una delle maggiori novità all’interno del quadro delle offerte formative che si profila nel 2010 e riorganizza le sperimentazioni in ambito pedagogico

Nell’autunno 2010 prendono il via le nuove scuole superiori previste dalla riforma, prima di passare ad uno sguardo più approfondito sulla situazione di licei ed istituti superiori, naturalmente ancora chiusi, è possibile iniziare ad inquadrare le macroaree tematiche in cui le sperimentazioni cresciute nel corso degli anni sono state riorganizzate. Il Liceo delle Scienze Umane è una delle maggiori novità, forse più attuale delle altre dato il contesto culturale nel quale ci troviamo, nel quale il problema dell’istruzione e della formazione associato alle opportunità introdotte dalla crescente integrazione culturale è diventato preponderante.

Il Liceo delle Scienze Umane riprende contenuti e finalità del Liceo Sociopsicopedagogico, del Liceo delle Scienze Sociali e di altre sperimentazioni storicamente diramate dai vecchi istituti magistrali. Le materie che caratterizzano in modo più forte questo gruppo di corsi di studio sono Pedagogia, Sociologia, Psicologia, Antropologia, ma a queste si affiancano anche altre discipline “tradizionali” come storia e geografia. Argomenti come la geografia umana e politica acquisiscono anzi un ruolo particolare in una situazione che affida ad un’istruzione di questo tipo una funzione essenziale in tempi di rapidi cambiamenti e scambi culturali sempre più intensi.

Un aspetto da sottolineare quindi è una marcata tendenza a proiettare gli studenti verso l’Università, che non si distacca più nettamente negli argomenti trattati dall’itinerario formativo precedente, ma diventa un proseguimento delle linee principali del percorso di studio già avviato. La combinazione delle materie invece si adatta alle prospettive di professionalità immerse in un ambiente nel quale si moltiplicano le esigenze di mediazione e di cooperazione in Europa e nei territori. Una serie di competenze sociologiche hanno acquisito centralità nella gestione della vita e dell’attività in modo trasversale ai settori della produzione e dei servizi.

Novità come le lingue straniere, il diritto e l’economia erano già entrate nelle sperimentazioni un quindicennio fa, quando la commissione Brocca diede il via ai licei Sociopsicopedagogici, gradualmente sfumava il focus sulla formazione degli insegnanti e gli studenti (anche prima della chiusura dei corsi agli Istituti Magistrali nel 1999) proseguivano gli studi pedagogici in un’ottica che non aveva più al centro solo una specifica ipotesi di progetto professionale: si iniziava sia a considerare globalmente l’istruzione come un segno distintivo del periodo attuale, una materia in sè valida per interpretare un’epoca di formazione permantente, sia a valutare una serie di necessità professionali nel campo dell’integrazione, del sociale, del servizio pubblico competente nella psicologia.

Aldo Ciummo

Cittadini europei al lavoro sui beni pubblici con il Mfe

 

Il Movimento Federalista Europeo venerdì e sabato a Roma Tre ha promosso diversi tavoli di lavoro sulle questioni attuali nella definizione dell’identità europea

 

Si è svolta in questi due giorni la Convenzione dei Cittadini Europei su Beni Pubblici e Diritti Collettivi presso la sede dell’Università Roma Tre a via Ostiense 159, una iniziativa fortemente voluta dai giovani federalisti europei della Gfe che da mesi ci stanno lavorando. La sessione di apertura ha visto l’intervento di Guido Fabiani, rettore della Università e di Luigi Moccia, presidente del centro Altiero Spinelli e di Lucio Levi presidente nazionale Mfe (Movimento Federalista Europeo).

I lavori della Convenzione sono stati presentati da Pier Virgilio Dastoli, presidente Mfe Lazio e attivista storico per il federalismo in Europa e l’unione dei paesi nella comunità.

Tra gli altri, sono stati coinvolti nei lavori di ieri l’ambasciatore del Belgio in Italia, Jan De Bock; il presidente dell’associazione giornalisti europei Nuccio Fava; il garante per la privacy Franco Pizzetti; il presidente del Comitato Europeo delle Regioni, Giorgio Ruffolo; il presidente del Comitato Economico e Sociale Europeo Mario Sepi.

Sandro Gozi ha coordinato il tavolo di lavoro su “Democrazia Europea”, Ettore Greco il dibattito sul “Ruolo dell’Unione Europea per la pace nel mondo”, Mauro Palma quello su Interculturalità ed Inclusione e Laura Pennacchi sui Diritti Collettivi. I vari gruppi di lavoro sono stati coordinati rispettivamente da Mfe, Tavola della Pace, Eapn e CittadinanzaAttiva.

Nella giornata di ieri è stato presentato il libro curato da Simone Vannuccini e Nicola Vallinoto “Europa 2.0 prospettive ed evoluzioni del sogno europeo”, oggi i gruppi di lavoro sono ripresi con il nuovo dibattito sulla democrazia europea presieduto da Roberto di Giovan Paolo, sull’Europa e la pace con Francesco Cavalli, sull’integrazione coordinato da Luigi Ferraioli, sui diritti collettivi con Giuseppe Scaramuzza. La sessione di chiusura è stata presieduta da Giorgio Anselmi, segretario nazionale della Mfe e la giornata è stata conclusa da Pier Virgilio Dastoli.

Aldo Ciummo

Oggi a Roma Tre la Convenzione Europea sui Beni Pubblici

 

L’iniziativa che ha al centro i diritti collettivi è cominciata ieri, 4 giugno, prosegue oggi con interventi sul ruolo comunitario nella promozione dei beni pubblici

 

Lo sviluppo della Ue nel nuovo quadro economico mondiale e le ipotesi di maggiore democratizzazione del contesto geopolitico  sono i punti di riferimento cui la comunità può puntare a seguito del rafforzamento istituzionale determinato dal Trattato di Lisbona. La protezione dei diritti fondamentali all’interno e l’efficacia dell’azione diplomatica per favorirne la crescita all’esterno sono due lati della stessa questione: una identità europea che le strutture statali da sole non possono definire.

Sono i cittadini che possono ottenere una concreta federazione europea se questa non solo rispetta i loro diritti ma diventa il mezzo per assicurare la democrazia su base continentale, equilibrando il peso degli esecutivi centrali con l’espressione dei territori. La società europea, più avanti degli stati nelle applicazioni della mobilità, dell’integrazione e dell’espressione politica anche al di fuori delle formule tradizionali partitiche, è il soggetto che decide davvero nel mediolungo termine.

La coesione sociale in Europa è l’elemento che permette o meno alla Ue di agire come un’area unica verso il Sud del Mondo, il vicino occidentale e i protagonisti emergenti, con una impostazione di apertura.

Oggi alle 15.00 partirà il dibattito su “Le richieste dei cittadini europei”: relazioni dei quattro gruppi di lavoro, coordinati da Paolo Acunzo, Antonio Longo, Nicoletta Teodosi, Melody Ross. Questa sessione sarà coordinata dal segretario nazionale Mfe (movimento Federalista Europeo) Giorgio Anselmi e si concluderà con un appello di Pier Virgilio Dastoli, accanto alle considerazioni di Paolo Beni, presidente nazionale Arci, Flavio Lotti, portavoce della Tavola della Pace e Christine Weise, presidente della sezione italiana di Amnesty International. Molti altri dibattiti però si sono svolti nella giornata di ieri e questa mattina e i temi discussi saranno oggetto di aggiornamenti in questi giorni.

Aldo Ciummo

La Casa Internazionale delle Donne per l’integrazione in Europa

 

Con soddisfazione, alla vigilia di una festa come l’8 marzo, che si può dire che per chi ci tiene è tutti i giorni, si dà notizia del fatto che a Roma, il 7 marzo, si svolgerà una iniziativa promossa dal Coordinamento delle Donne contro il Razzismo, con il sostegno della Casa Internazionale delle Donne.

La Casa Internazionale delle Donne lavora alla difesa dei diritti femminili a tutti i livelli da molto tempo, tanto che coloro che hanno iniziato a fare informazione a livello locale hanno potuto seguire eventi promossi dall’associazione anche sul territorio del Lazio, a Civitavecchia a Ladispoli ed in molti altri centri già molti anni fa.

L’iniziativa che avrà luogo a Campo de’ Fiori a partire dalle 11.00 di mattina e che andrà avanti durante la giornata unisce (in maniera quanto mai opportuna in un periodo storico in cui si corrono rischi incrociati di involuzione), quel protagonismo femminile fortunatamente in crescita nella nostra Europa allo sforzo di far emergere l’opportunità di integrazione tra cittadini provenienti da diverse nazioni, già presente nella società odierna, per permettere a questa direzione storica il raggiungimento del pieno riconoscimento anche istituzionale ed economico.

Esiste un problema di marginalità dei cittadini di origine straniera, difficoltà che talvolta si salda a elementi di sessismo che permangono pesantemente anche nei paesi cosiddetti sviluppati e conduce perciò ad un doppio ostacolo all’integrazione, laddove i ritardi delle strutture culturali e familiari di origine (e di arrivo) si aggiungono al mancato riconoscimento dei diritti civili e del lavoro nello stato in cui le persone si stabiliscono.

Il programma dell’evento del 7 marzo prevede esposizioni e spazi dedicati alla letteratura, proiezioni, spettacoli: prima verrà presentata l’iniziativa del Coordinamento, poi interverranno le associazioni, molte delle quali create da persone immigrate (Insieme Zajedno, Da Sud, Campagna per il Nobel alle Donne Africane, Cemea, Carlo Pisacane, Nastri Verdi per le donne iraniane, Be Free) e ci saranno diversi eventi (letture teatrali da Quelle Voci dal Vuoto, video The Chain of Love, interventi dalla Bolivia).

L’iniziativa presa a Roma fornisce lo spunto per rilanciare temi presenti da lungo tempo su questo spazio informativo, nella convinzione che tendenze spontanee della società attuale, come il protagonismo femminile che va conquistando un pò tutti gli ambiti della vita associata, insieme a processi più lenti come l’ottenimento di una più corretta rappresentanza istituzionale e negli organismi decisionali in genere, vanno naturalmente a favorire un progresso maggiore anche in altri nodi del nostro tempo, quali appunto un più realistico e sensibile riconoscimento dell’integrazione multiculturale e dei cambiamenti sociali in atto.

Aldo Ciummo