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Continuità in Italia con la destra tecnica

Mentre alla UE si risponde con conti gravanti sulle fasce più colpite dal ventennio di destre liberiste e monopoliste, ci rimettono gli immigrati

di Aldo Ciummo

Di europeo, nello stivale, si vede poco: vengono introdotte le norme di rigore, caricate selvaggiamente sulle spalle delle parti della società che hanno pagato negli ultimi venti anni i costi delle scelte ultraliberiste in fatto di diritti del lavoro e delle politiche monopoliste riguardo alla concorrenza, decisioni di governi espressamente di destra e non solo.

Intanto si assiste, nella cronaca nera e giudiziaria delle maggiori città, ad attacchi agli immigrati ed a altri bersagli di una insofferenza popolare incanalata contro il diverso da una comunicazione di massa che negli anni del berlusconismo e di alternative “politicamente corrette” non poteva dirigersi contro rendite e squilibri determinati da interessi antichi, che oggi continuano ad avere una spropositata voce in capitolo, tanto che si permettono di impedire a coloro che lavorano in fabbrica di eleggere i propri rappresentanti.

E’ evidente quanti danni abbia fatto il liberismo selvaggio associato all’assenza di concorrenza (che oggi viene perpetuata con la protezione dei soggetti televisivi del monopolio) alle condizioni materiali della piccola e media impresa e della maggior parte della popolazione, così come è grave che la necessità per la destra di distogliere l’attenzione dai veri problemi e dalle vere iniquità abbia determinato campagne razziste e di chiusura che a varia intensità hanno attraversato il dibattito e l’intrattenimento pubblico in Italia, tendenze coltivate anche (per quindici anni su diciassette) da soggetti politici che oggi si propongono come alternativi agli ex alleati e dirigenti della propria coalizione di destra.

E’ preoccupante anche, però, l’insistenza con cui l’area progressista ha costantemente evitato o annacquato i temi del lavoro, dell’integrazione, della presenza sul territorio, del ruolo dei sindacati, del dialogo coi movimenti, dell’equità, del diritto all’istruzione e della lotta al razzismo. Con l’eccezione delle parentesi influenzate da Romano Prodi, (che culturalmente non era di sinistra ma dimostrava attenzione per i temi sociali) per il resto si è assistito ad aggregazioni di Centrosinistra intente soprattutto ad accreditarsi verso un asse della politica che i dirigenti degli ex partiti di sinistra consideravano evidentemente ormai spostato a destra, oltre che a condividerne molte scelte e molti interessi.

Questi presupposti, accettati dalla maggior parte dei dirigenti di forze che erano state di sinistra, sono stati smentiti dai fatti, a volte nella forma di vere e proprie dimostrazioni di consolidata opinione proprio da parte della maggioranza dell’ elettorato di riferimento delle liste maggiori che rappresentavano queste posizioni ultramoderate: ad esempio, in Puglia il PD insiste due volte a rifiutare una consultazione democratica della coalizione affermando che un candidato più a sinistra non può vincere e poi questo candidato vince due volte quelle consultazioni interne e poi prevale due volte contro l’area nettamente favorita in quella regione; in seguito un altro candidato della sinistra alternativa batte il Centrodestra nella sua roccaforte, Milano, dopo aver patito molto per convincere il maggiore partito della coalizione a sostenerlo, nel frattempo, a Napoli, un partito accusato tutti i giorni di essere populista eclissa un candidato rigettato dall’elettorato ma difeso da dirigenti di partito erroneamente confortati dal fatto che a livello nazionale possono scegliere i candidati in contrasto con l’opionione di coloro – gli elettori – che dovrebbero avere il diritto di sceglierseli.

Oggi, c’è continuità in Italia rispetto alle politiche di Centrodestra che hanno raddoppiato un debito pubblico che ora  il governo della destra tecnica chiede di pagare soltanto alla parte più in difficoltà della popolazione ma anche alla parte più in salute perchè più produttiva (piccole e medie imprese e professionisti), questa continuità c’è perchè non si affrontano le rendite, una parte delle quali generatesi in quella zona grigia che ha contribuito a creare la crisi (capitali anonimi e scudati oggetto di prelievi risibili in percentuale) ma si aggrediscono miti pensionati, precari e mondo produttivo, con misure classiste fin da quando esiste l’economia come l’iva, i carburanti e i tagli dei servizi sociali e pubblici.

Gli attuali governanti e quelli immediatamente (ed a lungo) precedenti ripetono che l’Italia è forte del suo risparmio privato. I fatti però hanno dimostrato che concentrare massicciamente questo patrimonio nelle mani di pochi noti, alcuni dei quali oggi protagonisti di prepotenze illegali contro sindacati storici, non è un metodo saggio per utilizzare questa presunta forza (anche perchè spesso poi queste risorse una volta accantonate vengono spostate in depositi che non sono tassabili in Italia ed in Europa), come non lo è operare questo spostamento di risorse attraverso la spoliazione della maggior parte della popolazione e delle sue parti più produttive: l’Europa è piena di paesi con meno capitale accumulato ma maggior redistribuzione le cui economie includono ogni anno di più decine di migliaia di italiani qualificati.

In Italia, se l’obiettivo è avvicinare lo stivale al resto d’Europa, non solo nei conti ma in parametri basilari di civiltà, solidarietà e laicità, finchè non esisteranno qui destre e alternative democratiche liberali simili a quelle tedesca, inglese, francese, la sinistra deve fare il suo lavoro, senza imitare le destre liberiste e leghiste come è avvenuto nel tragitto verso elezioni disastrose per il centrosinistra ma soprattutto caratterizzate da anni interi di incomprensibile adeguamento dell’area progressista ai princìpi antisociali che hanno portato alla crisi economica: le forze di alternativa debbono stare nella realtà ma senza accettarne una interpretazione forzata come quella che ancora oggi, dal governo in carica, viene proposta. Le misure antisociali dell’ortodossia liberista non producono una vera crescita, solo una società più debole, dove settori della popolazione lasciati in balìa delle difficoltà quotidiane ed affidate alla discutibile cura culturale dei leghismi producono fenomeni anacronistici come gli infami atti di intolleranza contro immigrati (cittadini che contribuiscono al progresso del paese molto di più di molti sostenitori della chiusura all’immigrazione) cui purtroppo si assiste e che una sinistra che voglia chiamarsi così deve cominciare a contrastare culturalmente, socialmente e politicamente sul territorio.

Partecipazione e politiche sociali per una diversa Europa

Recentemente si è dibattutto a Roma sull’Iniziativa dei Cittadini Europei (prevista dal Trattato di Lisbona), nuove proposte vengono da SEL

Il 25 novembre a Roma ha avuto luogo un dibattito promosso dal Movimento Federalista Europeo sul tema della Federazione Europea, di quel New Deal europeo che viene visto come necessario da tutti coloro che pensano che difficilmente ci sarà qualsiasi ripresa in assenza di un ripensamento fattivo delle politiche che sono state attuate finora in Occidente. Nella discussione è stato dato molto spazio all’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) perchè questa è lo strumento attraverso il quale le popolazioni possono concretamente incidere nella legislazione della comunità.

Il regolamento che descrive il funzionamento della ICE è stato approvato il 16 febbraio del 2011 e consente ad un milione di cittadini di almeno un quarto degli stati componenti la UE di invitare la Commissione Europea a proporre atti legislativi. Il comitato che avvia l’iniziativa deve essere formato da almeno sette cittadini della UE residenti in almeno sette diversi stati, il gruppo ha un anno a disposizione per raccogliere le dichiarazioni di sostegno. Lo strumento legislativo di cui si parla sarà concretamente operativo a partire dall’aprile 2012.

L’incontro è stato presieduto da Lucio Levi, presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo e dal presidente della sezione Mfe di Roma, Paolo Ponzano. Il Responsabile Immigrazione della Cgil, Pietro Soldini, ha proposto la ratifica della Convenzione dell’Onu sui diritti dei migranti, in modo da arrivare ad una politica europea unica in materia di immigrazione, unitamente alla concessione della cittadinanza di residenza a chiunque viva in uno stato componente la UE per un lungo periodo.

Beppe Allegri, per il Basic Income Network, ha presentato la proposta dell’introduzione del reddito minimo, una disposizione assente solo in Italia ed in Grecia per quanto riguarda la UE. Da Sinistra e Libertà è venuto il contributo di Sergio Bellucci (comitato scientifico SEL) al dibattito, sul superamento degli eserciti nazionali attraverso un unico esercito europeo con conseguente riduzione delle spese militari oggi enormi. Si tratta di tutte questioni che andrebbero ormai inquadrate nel contesto continentale.

Aldo Ciummo

 

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A Roma discussione sul Trattato di Lisbona

L’incontro si è svolto il 10 novembre presso lo Spazio Europa ed ha avuto al centro le ipotesi di modifica del TrattatoSi stanno aprendo concretamente i negoziati per le modifiche al Trattato di Lisbona. Il CIME, Consiglio Italiano del Movimento Europeo, giovedì pomeriggio ha promosso un dibattito presso lo “Spazio Europa” (in Via Quattro Novembre a Roma) sull’insieme di riforme utili a rilanciare l’azione dell’Unione Europea, in un periodo in cui la presenza politica comunitaria è particolarmente vitale.

Si è parlato di ciò che già si potrebbe realizzare “a Trattato Costante” basandosi proprio sulle opportunità aperte a Lisbona. L’incontro, intitolato “A cosa serve ed a che cosa non serve il Trattato di Lisbona” ed è stato introdotto da Pier Virgilio Dastoli, Rocco Cangelosi, Enzo Cannizzaro, Giacomina Cassina, Emilio Gabaglio, Alberto Majocchi.

Riguardo al rilancio economico, che è al primo posto nella cronaca e nelle preoccupazioni di larga parte dei cittadini di questa nostra Europa, l’accento è stato posto su elementi che nel Trattato hanno ampio spazio: le strategie di diffusione della conoscenza, il regolamento dei sistemi finanziari, l’ambiente, la ricerca, la politica fiscale europea.

Ci si è soffermati anche sull’opportunità di rafforzare l’integrazione della politica economica e fiscale anche attraverso l’introduzione del voto a maggioranza per la politica macroeconomica e l’istituzione di un Fondo monetario europeo come Agenzia del Debito. I relatori hanno sottolineato molto la necessità di potenziare la partecipazione dei cittadini.

Aldo Ciummo

 

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Internazionale a Ferrara: l’Europa al primo posto

La Commissione europea continua ad organizzare dibattiti sull’Europa, orizzonte comune delle scommesse che attendono i ventisette paesi componenti

A Ferrara l’iniziativa della rivista di attualità “Internazionale” affronta ancora il tema dell’Europa, vale a dire l’argomento del futuro date le scelte che i ventisette si trovano di fronte e che non possono essere prese singolarmente: all’interno del festival organizzato dalla testata la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia parteciperà per la seconda volta.

Diffondere il dibattito sulle istituzioni e sulle prospettive dell’Europa è fondamentale per raggiungere una vera integrazione, la cui mancanza si è fatta sentire in termini tutt’altro che astratti, mentre una mobilitazione sia pure parziale e carente delle strutture portanti della UE ha mostrato chiaramente il suo peso. Decine di migliaia di persone parteciperanno alla discussione e sostenibilità, energia, diritti fondamentali, mobilità, saranno al centro dell’attenzione.

Ci sarà anche uno stand europeo sugli interventi umanitari, organizzato in collaborazione con il Servizio per gli aiuti umanitari della Commissione. Sabato mattina, alle 10.00, andrà in onda presso il chiostro di San Paolo la trasmissione di Radio 24 “l’Altra Europa”. L’iniziativa si svolgerà dal 30 settembre al 2 ottobre 2011.

Aldo Ciummo

Europa: attenzione ai populismi

A fine agosto la Commissione Europea si occuperà del problema dei nazionalismi che stanno crescendo nel continente in forme diverse

di    Aldo Ciummo

Due giorni a Bruxelles per definire un programma dei lavori che riguarderà anche la prevenzione dei populismi. Bisogna dire che in parte i buoi sono già scappati: durante gli anni in cui i rischi del terrorismo sono stati spesso usati per dipingere con tratti grotteschi intere culture extraeuropee alcuni fenomeni di intolleranza sono stati in qualche modo favoriti dalla propaganda governativa in occidente, per giustificare azioni militari che spesso avevano poco di legale, in base all’assetto diplomatico che il mondo si era dato fino agli anni novanta proprio per evitare l’uso indiscriminato della forza e le sue conseguenze culturali.

Un altro elemento che ha favorito l’insorgere di fenomeni di rinazionalizzazione, molto spesso poco edificanti, è stata la lontananza delle istituzioni dalla gente comune in tempi in cui le crisi economiche (o comunque si vogliano chiamare i massicci processi di redistribuzione delle risorse a favore delle concentrazioni di capitali finanziari) rendono gli effetti dei cambiamenti sociali e culturali più pesanti per le parti più deboli (ormai maggioritarie) della popolazione.

L’immigrazione e l’integrazione rappresentano risorse importanti per la crescita della nostra Europa e dell’Occidente, sia per quanto riguarda i movimenti migratori interni al nostro continente ed alle aree più legate culturalmente e politicamente alla UE sia per quanto concerne le culture che entrano a far parte dell’Europa provenendo dall’Asia, dall’Africa, dal Mediterraneo e dalle altre zone più interessate dal fenomeno.

L’integrazione però richiede volontà politica e risorse, difficilmente reperibili se le maggiori concentrazioni finanziarie non vengono toccate dai tagli e dalle imposte o vengono toccate in maniera marginale o anche matematicamente corretta ma non abbastanza proporzionale. Non è una considerazione originale l’affermazione che un cinque, dieci o quindici per cento tolto a soggetti, cittadini o nuovi cittadini, che fanno affidamento su un piccolo quantitativo di risorse per destinarle alle spese di abitazione, alimentazione e attività quotidiane pesa di più di un cinque, dieci o quindici per cento tolto a coloro che negli ultimi anni hanno fatto aumentare i consumi di extra lusso (vedere qualsiasi statistica) mentre il resto delle spese veniva compresso.  Non è una considerazione originale ma è un fatto che ci scordiamo spesso, un pò come il dato che, superficialità o meno, alla gente comune non piace molto fare sacrifici mentre altri rappresentano istituzioni.

A parte le opinioni di studiosi di economia appartenenti a piccoli gruppi che si trovano in condizioni molto migliori delle fasce di cittadini interessate dai fenomeni che analizzano, non è un mistero che l’andamento (negativo) dell’economia ha tenuto conto soprattutto della sorte della maggioranza della popolazione e dei consumatori, col risultato che sono cresciuti i paesi che nel mondo stanno promuovendo, con tante contraddizioni, la crescita del benessere della maggioranza della popolazione. Anche l’Occidente è cresciuto tra gli anni cinquanta e ottanta, quando ha considerato importante la democrazia anche sostanziale.

Occorre premettere questo perchè non a caso i populismi e i nazionalismi ruggiscono proprio in quei periodi storici ed in quelle aree urbane dove la gente viene portata alla disperazione attraverso la perentoria affermazione che la democrazia è viva e vegeta però comprende il fatto che in tanti non debbono mangiare. In questi periodi storici ed in queste aree geografiche, che crescono in maniera preoccupante in occidente, è molto difficile che le persone comuni siano aperte all’integrazione, perchè percepiscono che l’inclusione di nuovi cittadini, svantaggiati, si risolverà in una concorrenza sulle scarse risorse disponibili. Nelle stesse situazioni è poco probabile che i nuovi cittadini si sentano equiparati alla popolazione preesistente, perchè si vedono negati i mezzi per integrarsi con quest’ultima.

Insomma, ben venga la lettura da parte dei commissari europei del nuovo rapporto sulla xenofobia e sul populismo, che poi verranno discussi il 30 ed il 31 agosto (il documento è stato presentato in aprile per conto del Consiglio d’Europa da un gruppo di personalità tra le quali Emma Bonino) perchè la conoscenza del fenomeno è necessaria per contrastarlo, prevenirlo e soprattutto porgli di fronte delle alternative, però la cosa necessaria è dare diritti agli immigrati nella cittadinanza e nell’occupazione e mettere la società civile di approdo nelle condizioni di aprirsi all’integrazione.

E’ un problema il fatto che le proposte del Parlamento Europeo riguardo all’incremento delle risorse disponibili alla UE incontrino una così fredda accoglienza da parte di Commissione e Governi, perchè senza avere a disposizione le risorse per affrontare i problemi l’Europa potrà produrre prevalentemente discorsi, che sono importanti, ma che in situazioni di difficoltà delle popolazioni componenti la UE potrebbero risolversi addirittura in un vantaggio per i promotori dei fenomeni negativi di intolleranza reciproca che crescono in Europa, qualora questi soggetti riuscissero ad apparire più presenti alla realtà rispetto alle istituzioni.

Sauli Ninistö possibile prossimo presidente in Finlandia

 

Nelle elezioni per la Presidenza della Repubblica che si svolgeranno il prossimo inverno Sauli Ninistö è indicato dai sondaggi come il favorito

di  Aldo Ciummo

Sauli Ninistö, nome prestigioso del partito della Coalizione Nazionale (Centrodestra),  potrebbe contare se candidato per il Partito della Coalizione Nazionale (Centrodestra) su un sessanta per cento pieno di supporto popolare secondo diversi sondaggi, un consenso che potrebbe sfiorare l’ottanta per cento in un eventuale secondo turno.

L’outsider Timo Soini, autore del successo politico dei cosidetti Veri Finlandesi, una lista euroscettica e critica verso l’immigrazione, sarebbe votato in una elezione presidenziale dall’undici per cento, una quota rappresentativa dello scontento verso la UE di un settore marginale dell’elettorato, ma ulteriormente chiarificatrice del ruolo minoritario di posizioni di questo tipo nel paese.

Olli Rehn, esponente di rilievo del Centro, non peserebbe tanto nelle urne, nonostante la sua azione presso la UE, la sua porzione di voti si aggirerebbe intorno al nove per cento:  il partito della ex premier Mari Kiviniemi è quello che ha pagato nelle urne delle ultime consultazioni la scelta europeista, peraltro confermata complessivamente dall’elettorato, sia pure con il successo di un profilo più puntiglioso nel merito come quello di Jyrki Katainen, ieri alleato del Centro (di cui oggi però fa a meno nell’esecutivo) che assicura ai finlandesi un controllo oculato dei piani europei da parte della Coalizione Nazionale e dei Socialdemocratici oggi in coalizione con lui.

Non è  il momento dei Socialdemocratici come affidatari dei simboli rappresentativi della Finlandia, sempre stando ai sondaggi che pongono Eero Heinäluoma, personaggio di punta per la presidenza della repubblica secondo molti, poco sotto di Rehn, praticamente assieme a Pekka Haavisto dei Verdi e poco avanti rispetto  a Paavo Arhinmäki dell’Alleanza di Sinistra.

 Trascurabile il consenso oggi prevedibile per Cristiano Democratici e lista degli Svedesi che in Finlandia pur mantenendo sempre un certo supporto all’interno della propria area non lo hanno mai reso in qualche modo universale nel paese.

Sauli Ninistö ha lavorato a molte riforme promosse dal Partito della Coalizione Nazionale, assieme al Centro ed a Verdi e Svedesi, ricoprendo anche il ruolo di Presidente del Parlamento Finlandese, l’Eduskunta, annunciando già nella primavera del 2010 che non si sarebbe ricandidato nelle elezioni successive.

Votatissimo nelle elezioni politiche precedenti le ultime nel distretto di Uusima (il più popoloso del paese), è stato Ministro delle Finanze e Vicepresidente della Banca Europea per gli investimenti. Ninisto ha fatto parte anche di governi a guida socialdemocratica, quelli di Paavo Lipponen tra 1996 e 2003. I partiti indicheranno i candidati delle elezioni presidenziali del 22 gennaio 2012 questo autunno.

Foad Aodi: “sostegno alla libertà ed all’integrazione nel Mediterraneo”

 

Il presidente dei Medici Stranieri in Italia, noto per l’impegno a favore dell’integrazione professionale degli immigrati nelle diverse regioni dello stivale, è intervenuto a favore dello sviluppo del mondo arabo e della cooperazione con la UE

Di fronte alla lotta generalizzata sulle sponde sud ed est del Mediterraneo, il presidente dell’Amsi (Associazione dei Medici Stranieri in Italia) Foad Aodi ha preso spunto per sostenere la necessità di rafforzare la partecipazione democratica anche in Europa ed in particolare in Italia attraverso una integrazione fattiva dei nuovi cittadini italiani,  la cui premessa è un coinvolgimento dei cittadini di origine straniera in tutte le organizzazioni in cui si esprime la vita civile e quindi anche nelle differenti formazioni dell’arco politico.

L’Amsi, associazione dei Medici Stranieri in Italia, negli ultimi anni ha promosso la diffusione di consultori e studi medici che permettendo un rapporto tra personale medico e pazienti facilitato dall’uso della stessa lingua (l’Amsi ha permesso di organizzare all’interno dell’Ordine dei Medici di gruppi di lavoro riconducibili a diverse nazionalità) ha alleggerito il carico del sistema sanitario nazionale e ne ha sviluppato una azione più efficace. Foad Aodi è intervenuto più volte per sostenere una evoluzione della situazione nel Mediterraneo in un quadro di sviluppo della democrazia, del libero mercato e della cooperazione con i vicini.

La logica dell’Amsi, espressa attraverso una azione a tutto campo non limitata all’ambito medico ma portata avanti anche attraverso iniziative di informazione sulle regole professionali e legali in Italia e di formazione specialistica e linguistica, è quella di velocizzare l’integrazione degli immigrati e soprattutto renderla una parte solida della costruzione nazionale italiana ed europea grazie alla chiarezza dei diritti e doveri.

La piena partecipazione dei nuovi cittadini in un contesto come quello italiano ed europeo, caratterizzato da stretti rapporti con l’area Mediterranea e dalla necessità quotidiana di gestire trasformazioni sociali che avvengono ai propri confini come oggi in Egitto, Libia, Tunisia ed Algeria, è un  fattore strategico anche nella facilitazione dei rapporti internazionali che all’interno della cooperazione occidentale vedono l’Europa, per posizione e storia, incaricata di un rapporto costruttivo con le aree meridionali ed orientali.

Foad Aodi il 13 febbraio di quest’anno è entrato a far parte della segreteria politica del partito FLI  sulla base dell’ esperienza nei settori dell’immigrazione, della sanità e della cooperazione internazionale, segreteria che si è insediata il 18 febbraio. Il presidente dell’Associazione Medici Stranieri in Italia ha affermato che l’assenza di fatto dei cittadini stranieri dalla rappresentanza politica è un limite. Infatti con l’attuale sistema di “nomina” dall’alto dei candidati è difficile per gli elettori scegliere i candidati per il lavoro che hanno svolto sul campo. Una riforma della legge elettorale che consenta di esprimere le preferenze all’interno delle liste e nel territorio riporterebbe anche l’emergente mondo dell’immigrazione in Italia a concrete opportunità di raggiungere rappresentanza.

La Croazia presto nella Unione Europea

 

La comunità si muove rapidamente verso l’inclusione dello stato croato: sarà il ventottesimo stato membro, ma la popolarità della Ue è ancora scarsa tra la gente a Zagabria

di   Aldo Ciummo

I negoziati per l’adesione della Croazia all’Unione potrebbero essere completati entro giugno: questo se Zagabria proseguirà nelle riforme che il Parlamento Europeo ha descritto come irrinunciabili per portare a buon fine la domanda di adesione croata. Lo scoglio più arduo nelle valutazioni degli eurodeputati è rappresentato dallo scetticismo popolare nello stato che ha fatto parte della ex Yugoslavia e ne ha costituito una delle regioni più vitali economicamente.

La risoluzione del Parlamento Europeo afferma che i negoziati di adesione presuppongono la riduzione della corruzione, la garanzia del ritorno dei rifugiati e la ristrutturazione dei cantieri navali, in una ottica di adeguamento della nazione candidata all’ingresso nella UE con gli standard amministrativi, istituzionali ed economici della comunità.

La Croazia, nella valutazione dell’Unione Europea, ha prodotto importanti sforzi per riformare costituzione e potere giuridico e dimostrato una soddisfacente cooperazione con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia (ICTY). La corruzione però è ancora un problema, di cui anche l’ufficio europeo anti-frode (Olaf) si sta occupando, mentre il sistema giudiziario necessita tuttora di riforme strutturali.

La Croazia è cresciuta molto e sul versante della ricostruzione  civile si registrano progressi nella questione dei profughi (serbi), che a tanti anni dalla fine delle ostilità però non hanno ancora la possibilità di ottenere permessi di residenza permanenti e reinserimento effettivo.

Ma come avviene spesso quando è in gioco l’allargamento dell’Europa, che su queste pagine è stato considerato sempre una necessità storica positiva ma che è controproducente affrettare e forzare, ciò che manca e serve di più è il consenso profondo della popolazione interessata ed altrettanto irrinunciabile è una vera adesione a quelli che sono i princìpi della nostra Europa, a volte confusamente accettati ma poi messi in crisi da eventi politici poco compatibili con i valori comunitari, episodi che si sono verificati in Repubblica Ceca come in Polonia ed Ungheria proprio negli anni della ridefinizione istituzionale della UE, con la crescita delle eurofobie populiste.

 La risoluzione dell’europarlamento, approvata il 16 febbraio con 548 voti a favore, 43 contrari e 52 astensioni è forse eccessivamente ottimista nel chiedere alla società civile di mobilizzarsi per alimentare il dibattito in Croazia, perchè occorre ricordare che le società europee, per molti versi già coinvolte in una unica comunità, stentano ancora a riconoscere nell’Unione Europea uno strumento davvero  capace di affrontare i problemi e di interpretare le speranze delle persone comuni.

Internazionale domani a Ferrara per l’Europa

 

Il settimanale il 23 settembre realizza l’evento nella città di Ferrara in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione Europea

Domani, 23 settembre, il settimanale “Internazionale” promuove a Ferrara la presentazione di “Internazionale a Ferrara 2010”, realizzato in collaborazione con la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea.

L’evento si svolgerà nella città centroitaliana dal primo al tre ottobre. La conferenza stampa si terrà giovedì mattina alla Sala Lorenzo Natali della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea.

Interverranno il direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Lucio Battistotti, il direttore di “Internazionale” Giovanni De Mauro, l’assessore alla Cultura del Comune di Ferrara Massimo Maisto, il Presidente della Provincia di Ferrara Marcella Zappaterra, il Presidente dell’Arci Ferrara, Paolo Marcolini ed il Responsabile Comunicazione di “Medici Senza Frontiere”, Sergio Cecchini.

Nella scorsa edizione della manifestazione promossa da “Internazionale”, la Rappresentanza in Italia della Commissione Europea ha partecipato ad alcuni dibattiti.

Adesso si è deciso di rafforzare la collaborazione europea all’iniziativa, apportando al dibattito i temi attuali della integrazione europea ed aprendo questo spazio ai cittadini con “L’angolo europeo”, nel quale la Commissione si sforzerà di far conoscere gli strumenti a disposizione delle persone comuni per partecipare all’approfondimento ed alla elaborazione dell’identità europea e delle questioni al centro delle vicende comunitarie.

Aldo Ciummo

Con la tragedia di Smolensk si chiude l’era Kaczynski in Polonia

 

Poco più di due anni e mezzo fa cadeva il governo di Jaroslaw Kaczynski, oggi capo dell’opposizione: suo fratello, Lech è morto oggi tragicamente insieme a molti altri esponenti della classe dirigente di Varsavia in un incidente aereo in Russia. Il Presidente della Repubblica aveva a modo suo scritto un capitolo della storia polacca tra Guerra Fredda e Nascita dell’Europa di Lisbona.

L’evento tragico che oggi ha portato alla morte di quasi cento persone, di cui nove decimi alti ufficiali o rappresentanti dello stato polacco, ha traumatizzato Varsavia e condotto alla scomparsa di Lech Kaczynski, Presidente molto discusso della Polonia degli ultimi anni. Non si trovava a bordo invece Jaroslaw Kaczynski, suo fratello gemello, che fino all’8 settembre del 2007 è stato presidente del consiglio in Polonia ed oggi non è più in maggioranza.

 Il gravissimo incidente di cui il presidente polacco Lech Kaczynski è rimasto vittima (come pure, dalle informazioni disponibili attualmente, tutti gli altri sfortunati passeggeri del volo diretto a commemorare le vittime dell’eccidio di Katyn perpetrato dai comunisti sovietici contro 22.000 ufficiali e soldati polacchi nel 1940) ha di fatto prodotto un enorme trauma in Polonia.

Entrambi i gemelli, quello tuttora in Polonia e battuto alle elezioni nel 2007 e quello deceduto che non aveva ancora terminato il suo mandato da Presidente, che stava per esercitare in una cerimonia ufficiale come appunto la commemorazione in programma oggi in Russia, hanno caratterizzato la storia recente del paese e del suo difficile rapporto con il passato dittatoriale e con il futuro europeo.

Durante il periodo in cui entrambi i fratelli erano in carica (dal dicembre del 2005 al settembre del 2007) l’azione del Governo polacco è stata molto discussa per l’accentramento dei poteri che ne derivò. Per permettere l’elezione di Lech Kaczynski al ruolo di presidente della Repubblica che ha ricoperto fino ad oggi, Jaroslaw Kaczynski si dimise da primo ministro alla fine del 2005, affidando il Governo a Kazimierz Marcinkiewicz, che però era pressochè un esecutore della sua politica.

Il 14 luglio 2006 Marcinkiewicz si dimise, lasciando di nuovo il posto a Jaroslaw Kaczynski e sancendo quindi l’inizio dell’era dei due fratelli, un periodo breve ma intenso, per la quantità e la tenacia degli attacchi rivolti alla natura laica dello stato e alla divisione dei poteri e molto discusso a causa degli ostacoli che i gemelli posero alla integrazione europea agendo di concerto.

Contemporaneamente però, gli anni dell’accelerazione sul Trattato di Lisbona in Europa erano anche quelli del cambiamento della società in Polonia, ormai fuoriuscita non soltanto dalla cortina di ferro del comunismo, ma anche dagli schemi conservatori della parte più legata alla Chiesa nello schieramento anticomunista.

Gli imprenditori più dinamici, i laici, i giovani vissuti all’estero e che rappresentavano una fascia importante del paese adesso non votavano certo gli ex comunisti ma nemmeno i populisti del Pis (Prawo y Sprawieliwosc, Diritto e Giustizia) il partito che aveva preso tutto col supporto di importanti media ultracattolici e di partiti che mettevano paura, se li si guardava da un punto di vista europeista, laico e favorevole all’integrazione: la Lega delle Famiglie (Liga Polskich Rodzin) e il partito dell’Autodifesa (Samobroona) erano sentinelle che chiudevano la porta il primo alla laicità ed al multiculturalismo e l’altro all’Europa, che oggettivamente dava e dà una fetta significativa dei suoi fondi, della sua attenzione e delle sue opportunità alla Polonia ed agli stati orientali.

L’estremismo degli alleati costrinse Jaroslaw Kaczynski ad estromettere Roman Giertych, leader della ultracattolica Lega delle Famiglie (LPR), e Rafael Wiechecky, che erano rispettivamente ministri dell’Istruzione e delle Politiche Marine, nell’agosto del 2007. Poco dopo lo stesso toccò ai politici del partito dell’Autodifesa (Samobroona) Andrzey Aumiller e Anna Kalata, che erano titolari di Edilizia e Lavoro, rispettivamente.

L’avvicendamento, che concludeva un processo avviato il 9 luglio 2007 con l’estromissione del leader stesso del partito antieuropeista Samobroona, Andrzey Lepper, dava ad una immagine governativa in realtà ormai gravemente compromessa in Europa una maggiore accettabilità formale, ma gli sottraeva quel consenso confuso della Polonia rurale che in realtà era una somma di paure in parte giustificate dalla storia recente e dalle incertezze incombenti: timore del ritorno dell’influenza della Federazione Russa negli anni del rafforzamento di Putin, diffidenza dell’Europa e dei suoi vincoli comunitari, ansia di perdere il rifugio delle sicurezze culturali e religiose, spesso le sole sicurezze rimaste nelle aree agricole più sotto pressione nel tempo della globalizzazione economica e dell’indebolimento bipartisan dello stato sociale.

Nel settembre 2007 il Governo populista perse contro un’altra coalizione liberale, anche questa di Centrodestra ma consapevole dell’opportunità europea, che inevitabilmente sotto il ricatto identitario pur compiuta formalmente con l’ingresso della Polonia nel 2004 restava come congelata. Donald Tusk (Piattaforma Civica, Platforma Obywatelska) vinceva e iniziava un confronto con il Presidente della Repubblica, rimasto solo nella difesa delle politiche del Pis.

I cambiamenti andavano avanti, la UE, già a cavallo del passaggio di consegne nell’esecutivo polacco, approvava programmi appositi per la Pomerania, la Slesia, la Bassa Slesia, Grande Polonia e Polonia Minore (per gli anni dal 2007 fino al 2013) Danuta Hubner, Commissario Europeo per le Regioni e cittadina polacca, li annunciava a Krynica, nella parte meridionale del paese. La PO (Centrodestra) di Donald Tusk era ormai in linea con il paese.

Jaroslaw Kaczynski è tuttora leader del Partito Pis, il Presidente Donald Tusk ha convocato oggi una riunione straordinaria del Governo a Varsavia, perchè oltre al Presidente della Repubblica Lech Kaczenski (la cui scomparsa apre di per sè un vuoto istituzionale anche se come le leggi prevedono il portavoce della Camera Bassa del Parlamento Bronislaw Komorowski è da ora il facente funzioni) è scomparso nell’incidente tutto un pezzo della classe dirigente attuale.

Dovranno essere indette elezioni presidenziali anticipate in Polonia. Dopo la fine del governo di Jaroslaw Kaczynski nel 2007, la scomparsa del fratello Lech avvenuta oggi nella tragedia di Smolensk chiude del tutto quella che era stata chiamata l’era Kaczynski, un periodo molto discusso e che da un punto di vista laico ed europeista non può essere certo ricordato come una fase di progressi ma che ha accompagnato, con il legittimo consenso di una parte consistente della popolazione polacca, l’inoltrarsi di una delle nazioni più importanti del gruppo orientale dei paesi europei nella vicenda comunitaria.

Aldo Ciummo