In Israele continua la polemica sulla beatificazione di Papa Pacelli. Risponde il Vaticano: «sono affari interni alla Chiesa», mentre Benedetto XVI non andrà in Israele finché non verrà rimossa la didascalia di Papa Pio XII al museo Vad Yashem sull’olocausto
di Simone Di Stefano/SG
Il dibattito attorno al Medio Oriente durante questi giorni ruota molto attorno alla crisi di governo in Israele. La leader di Kadima, Tzipi Livni, non è riuscita a unire una forza di maggioranza attorno a se e quindi si andrà alle elezioni anticipate. C’è tuttavia un’altra questione che in Italia è stata affrontata marginalmente, ma che meriterebbe maggiore approfondimento per le implicazioni internazionali. Si tratta del caso diplomatico che si è venuto a creare la settimana scorsa attorno al viaggio in Israele rimandato dal Papa Benedetto XVI per via di una didascalia al museo dello Yad Vashem sull’Olocausto, contenete delle informazioni su Papa Pacelli ritenute «offensive» dal Vaticano.
Grosso modo sono riportate sulla scritta le seguenti parole:«Eletto nel 1939, il Papa mise da parte una lettera contro l’antisemitismo e il razzismo preparata dal suo predecessore. Anche quando i resoconti sulle stragi degli ebrei raggiunsero il Vaticano, non reagì con proteste scritte o verbali. Nel 1942, non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l’uccisione degli ebrei. Quando vennero deportati da Roma ad Auschwitz, Pio XII non intervenne».
La Chiesa di Roma avrebbe fatto sapere che fin quando la didascalia continua a rimanere sotto l’effige del Papa in questione, il viaggio di Joseph Ratzinger in terra santa non si farà. Una presa di posizione che ha trovato l’immediata replica del Ministro degli Affari Sociali israeliano, Isaac Herzog, che in un’intervista pubblicata di recente sul quotidiano nazionale Haaret’z, ha ribadito con forza che «durante l’Olocausto il Vaticano sapeva molto bene quello che accadeva in Europa e non vi è alcuna prova, per ora, di alcun provvedimento preso dal Papa. Il tentativo di far diventare santo Pio XII è una forma di “sfruttamento dell’oblio” rispetto a quei fatti e testimonia “una assenza di consapevolezza”. Invece di essere coerente con il verso biblico nel quale si afferma ‘Tu non permetterai che si versi il sangue del vicino’, il Papa rimase in silenzio e forse fece anche peggio».
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