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Antiche arti dell’Europa Contemporanea: arte tessile in Lituania

In Lituania a a partire dal 22 settembre settantaquattro giorni di mostre d‘arte contemporanea, trecento artisti, spettacoli di danza intorno al tessile la Biennale di  Kaunas, quest’anno dedicata alla scienza ed all’industria


Artigiani e docenti da quasi 40 paesi di tutto il mondo in gallerie e spazi allestiti in una delle città più antiche d’Europa:  Dal 2005 le mostre tradizionali tessili della città lituana di Kaunas si sono trasformate in manifestazioni interdisciplinari (patrocinate da un team internazionale) il contenuto della festa da allora cambia ogni anno, la città si fa riconoscere sempre di più come uno dei più importanti centri del mondo tessile. E’ un esempio di come l’Europa alimenta con nuove energie le antiche tradizioni dei territori emergenti, oltre che di quelli che hanno partecipato alla fondazione della comunità: noti artisti accanto a piccoli produttori, province di paesi più piccoli e meno conosciuti visitate da tutto il continente, grazie ad una nicchia di arte o di artigianato conosciuta in tutto il mondo.
 
La Biennale di Kaunas da dieci anni fa del tessile la sua parola chiave, quest’anno si chiama “Rewind-Play-Forward” come i comandi di un registratore, per simboleggiare i tre momenti dell’arte, passato, presente e futuro. I laboratori aperti quest’anno parlano di arte, scienza ed industria, sono previste mostre di gruppo e personali, la più grande conferenza europea sul tessile, un programma interdisciplinare di danza contemporeanea e arte visiva. Le domande di partecipazione sono arrivate da decine di paesi, ma per l’esposizione più competitiva sono stati selezionati trentuno progetti .
 
Dirigente artistico della Biennale di Kaunas è Virginia Viktiene, che ha selezionato le opere assieme ad un comitato internazionale. Quest’anno verranno esposte per la prima volta in Lituania le opere di un noto artista inglese, Yinka Shonibare. All’interno della manifestazione ci saranno le esposizioni personali dei più importanti artisti di tessile Reiko Sudo (Giappone) e Lia Cook (USA). Il programma “Rewind” presenterà processi tessili in cui artisti e scienziati uniscono la tecnologia moderna con il processo di tessitura per creare tessuti interattivi in ​​grado di interagire con l’ambiente. Nel programma “Play” si intrecciano danza contemporanee ed arti visive: promosso dal Festival Internazionale di Danza “Aura” e dalla Biennale di Kaunas questo programma ha favorito le condizioni per la nascita di sei nuovi spettacoli.
 
Partecipano gli artisti più significativi nel proprio campo: la tessitrice finlandese Silja Puranen, i fratelli brasiliani (artisti di strada) Os Gemeos, il coreografo tedesco Johannes Wieland, il suo collega norvegese Kenneth Flak e altri. La terza parte della Biennale di Kaunas (Forward) consiste nella Sedicesima Conferenza Europea del Tessile, la più grande a livello internazionale: quest’anno ha scelto Kaunas. Nel 2011 cade il trentennale della rivista ”Textile Forum” organizzatrice della conferenza, Beatrijs Sterk ha invitato a Kaunas per leggere le relazioni nella conferenza le maggiori personalità dell’arte contemporanea tessile. Molti di questi ospiti sono stati invitati ad organizzare le mostre personali a Kaunas. Alla conferenza parteciperanno circa 150 artisti dell’arte tessile, design, professionisti dell’industria provenienti da ogni parte del mondo. Ci sarà spazio anche per la promozione dei giovani artisti, per collaborare al loro sviluppo e creazione di network. La Biennale di Kaunas quest’anno si svolgerà dal 22 settembre al 4 dicembre a Kaunas.

 

L’impegno danese per una politica Ue comune

 

La Danimarca sostiene meccanismi di finanziamento e di decisione legati alla verifica dell’efficacia delle azioni intraprese

La politica agricola comune ha avuto una grossa parte nella costruzione dell’ Unione Europea e tuttora rappresenta una porzione significativa del suo bilancio. Nella prospettiva delineata dal governo danese, la PAC dovrebbe continuare ad assicurare un ruolo da giocare a tutti gli stati membri, ma il rafforzamento delle regole comunitarie appare come un requisito fondamentale.

Per la Danimarca, soltanto attraverso una politica agricola comune possono essere assicurate uguali condizioni per la produzione agricola europea. L’area nord europea nel suo insieme si muove sulla linea dell’armonizzazione delle politiche nel continente, per evitare che ci siano ventisette posizioni completamente diverse, che non riuscirebbero ad assicurare l’efficienza del mercato interno e la competitività globale dell’Europa.

Copenaghen sostiene gli sforzi di consolidare un mercato interno ben funzionante con 500 milioni di consumatori, a vantaggio delle esigenze dei cittadini che sono al centro di crescenti preoccupazioni riguardanti la protezione dell’ambiente e la sicurezza alimentare. La Politica Agricola Comune in altre parole dovrebbe diventare al più presto il quadro nel quale collocare una serie di impegni attesi da chi acquista, dalle regole comuni sugli standard di qualità del cibo alle norme di etichettatura.

Il documento con il quale il governo della Danimarca illustra la propria posizione affronta anche l’importanza delle regole di produzione per l’azione europea nei mercati esterni che, attraverso la progressiva apertura al commercio soprattutto in Giappone, USA, Federazione Russa e nei mercati emergenti dell’Asia e dell’America Latina, l’Europa può fare leva anche sull’agricoltura per rafforzare il suo impegno a favore dell’accesso dei paesi in via di sviluppo al commercio mondiale.

Aldo Ciummo

2014 Città del Messico: le macchine vanno ad alghe marine

 

Sarà il combustibile del futuro quello  che la biofields messicana produrrà su larga scala a partire dal 2014. E’ appena cominciata la costruzione dell’impianto  pilota che produrrà etanolo dalle alghe.

 

di    Gabriele Tribulato Ragusa

Il primo impianto sorgerà nella regione di Pitiquito (stato messicano settentrionale di Sonora) e sarà ultimato entro il 2010. Il procedimento è basato sulla lavorazione di alghe blu verdi ibride. Queste producono già naturalmente etanolo, ma dopo una lavorazione di tipo industriale si avrà una produzione su larga scala.  In seguito l’etanolo verrà miscelato alla benzina riducendo notevolmente l’inquinamento dovuto dai trasporti ed eliminando due processi industriali che si usano solitamente: la fermentazione e la sintesi. 

Per l’alimentazione delle alghe verrà utilizata una centrale termoelettrica vicina all’impianto, che produrrà la Co2  necessaria, che insieme ai nitrati ed ai raggi solari sta alla base  della crescita e della riproduzione  delle alghe. L’investimento sarà di circa 850 milioni di dollari e se si otterranno i risultati previsti, la BioField avrà come primo cliente il Messico stesso, potendo così sostituire i composti ossigenati della benzina (pari al 5% per litro) con l’etanolo a partire dal 2012.

Il fabbisogno annuo ammonta  a tremila milioni di litri  ed è probabile che vista la vicinanza degli Stati Uniti, saranno loro i primi possibili clienti esteri. Non si escludono comunque esportazioni in Giappone ed in Europa, paesi firmatari di accordi commerciali per l’abbattimento delle tariffe donanali sull’importazione. Certo, bisognerà considerare i rischi, prendendo ad esempio altri paesi che già ne fanno uso: sfruttamento eccessivo del territorio e dei lavoratori.  BioField prevede a riguardo l’impiego di 1500 lavoratori per la costruzione dell’impianto e successivamente, ad impianto  avviato, circa 350 a tempo indeterminato.

Questo bioprogetto dovrà tenere presente l’andamento del mercato mondiale dei biocombustibili, che se avrà maggiori sviluppi permetterà un proficuo investimento e allo stesso tempo avrà bisogno che il prezzo del petrolio  superi cinquanta dollari al barile. Se il progetto avrà successo, la CFE (commissione Federale per l’Elettricità) tratterrà le risorse derivanti dalla cattura del biossido di carbonio tramite il meccanismo di sviluppo pulito previsto dal protocollo di Kyoto per i cambiamenti climatici. Questo meccanismo, obbliga i paesi più ricchi  a ridurre la propria quota di inquinamento ambientale, compensando parte delle proprie emissioni di gas serra finanziando progetti che riducano le emissioni nei paesi in via di sviluppo.

Per i fascisti di ogni colore politico non va bene una donna a Ministro degli Esteri Europeo

 
 

La Commissione Europea. Si aggiungono oggi altre forme istituzionali che non possono portare alla crescita della nostra Europa senza la maturazione di quella partecipazione democratica che è impossibile senza la demolizione delle diseguaglianze economiche, del sessismo e dei diversi razzismi incluso quello derivante dalla legnosità ideologica

Piovono le critiche sulle nomine: Herman Van Rompuy non va bene come Presidente (non sia mai qualcuno voglia mediare tra diversi interessi senza arroganza); Catherine Ashton invece non avrebbe il curriculum per gli Esteri (ma aver combattuto le disuguaglianze è un peccato capitale?). Il tutto al termine di un processo politico segnato dal rifiuto aprioristico e irrazionale dell’ inglese  Tony Blair al vertice della UE (il candidato più credibile in circolazione). Intanto, l’asse franco-tedesco non ha potuto impedire nomine che svecchieranno un pò l’Europa.

 

 di    Aldo Ciummo

Piovono critiche sulle nomine, fino a ieri Tony Blair non doveva andare bene come Presidente della UE perchè il Regno Unito non aveva accettato sempre tutto dell’Europa centralista (ma non si sapeva indicare un altro candidato credibile). Oggi, dopo la scelta di una donna a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, (cambiamento di cui sarebbe ora, dato che all’interno dell’Unione ci sono stati dove sono quasi tutti maschi anche gli assessori) e dopo l’indicazione a presidente di Herman Van Rompuy, che ha riavviato la cooperazione tra fiamminghi e valloni in Belgio (e la farraginosa macchina europea, complicata da interessi e sensibilità contrapposte, non dovrebbe sputare troppo su chi vuole mediare senza arroganza) pure questi non andrebbero bene, in quanto candidati “deboli”, anche se della efficacia della “forza” dei candidati decisionisti abbiamo qualche esperienza in Italia, specialmente nella qualità della partecipazione democratica e della sensibilità civica che oramai questa scarsa qualità riversa visibilmente nella società.

Ma allora vediamo chi sono questi illustri sconosciuti e se sono davvero sconosciuti o se come spesso accade si tratta di gente che ha lavorato senza parlare tanto e di tutto ogni volta che secondo le televisioni dei vari stati nazionali c’era qualcosa da dire. il nuovo presidente europeo Herman Van Rompuy è nato a Etterberk, il quartiere europeo di Bruxelles, è un appassionato di cultura giapponese in un Europa che di culture extraeuropee ne conosce e ne accetta poche. In quest’ultimo anno ha sbloccato una situazione istituzionale di stallo, in uno stato paralizzato dalla contrapposizione tra francofoni restii a cambiare uno stato di fatto che destina loro più risorse di quante sarebbe realistico e fiamminghi convinti troppo frettolosamente e superficialmente di una esigenza di autonomia di cui non si capisce bene a cosa potrebbe portare in uno stato indivisibile per fattori  oggettivi (Bruxelles è il punto di riferimento di tutti i belgi, è un melting pot oramai europeo e mondiale e non solo rispetto alle tre comunità francofona, fiamminga e tedesca ed è capitale europea.)

La crisi politica in Belgio era durata diciotto mesi, quindi: Van Rompuy forse appare troppo gentile per ispirare fiducia alla gente, specialmente a Sud, ma in tutta evidenza non è incapace di decisioni, anzi è un fine politico. Come secondo aspetto, si potrebbe aggiungere che, senza essere inutilmente arrogante, Van Rompuy sostiene coerentemente le sue idee. Il nuovo presidente europeo è contrario all’ingresso della Turchia nell’Europa. Si può essere d’accordo con lui oppure essere contrari a quello che dice, quello che è certo è che Silvio Berlusconi che appoggia l’ingresso turco nella Ue dovrebbe spiegare poi ai suoi elettori quanto c’è di vero nel fatto che sostiene di volere che l’Italia non cambi troppo e  che quella sinistra che in Italia vuole bene a tutti ma si rivolge oramai esclusivamente ad una fascia dell’elettorato che non ha mai affrontato preoccupazioni economiche e pratiche dovrebbe spiegare quali risorse intende destinare al prevedibile afflusso di milioni di nuovi cittadini comunitari, che meritano rispetto laddove si trasferiranno, non promesse poi pagate finanziariamente da categorie tradizionalmente conservatrici. Scegliere atteggiamenti poco realisti non è funzionale all’integrazione, una necessità civile improrogabile. Al contrario.                Dal 1993 al 1999 Herman Van Rompuy ha colmato il debito pubblico belga in qualità di ministro al Bilancio. Ce n’è abbastanza per dissipare le preoccupazioni di incompetenza che in Italia potrebbero turbare il pubblico, all’apparire di uno che non strilla abbastanza.

Quanto a Catherine Asthon, dal 1983 al 1989 ha diretto Business in the Community, associazione di imprese che si occupa delle diseguaglianze, un tabù che l’Europa iperliberista non vuole affrontare ma anche un problema al quale è ora che si metta mano, invece di preoccuparsi di assicurare un direttorio strettamente continentale (e secondo alcuni a priori più sociale del Regno Unito, che invece di fatto ha un modello inimitabile di assistenza pubblico e una televisione pubblica indipendente dallo stato e libera di criticare il governo) all’Unione Europea.

Catherine Ashton è il nuovo Ministro degli Esteri della UE e questo fa storcere il naso a molti di destra e di sinistra, il sessismo è molto forte in alcuni stati ed inoltre la carica di Alto Rappresentante della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) ha ora un’importanza molto accresciuta dal Trattato di Lisbona. Catherine Ashton è stata responsabile dell’Autorità sanitaria dello Hertfortshire e sottosegretario britannico all’Istruzione, ricoprendo entrambe le cariche in un paese, il Regno Unito, che si prende cura delle persone molto di più di quanto non faccia con i simboli di partito. Ed il partito laburista, cui appartiene, ha costruito fin dal secondo dopoguerra un solido stato sociale, non un intreccio di corporazioni nazionalpopolari.

A Bruxelles, Catherine Ashton ha una esperienza di Commissario al Commercio e politicamente di leader dei laburisti alla camera dei Lord. L’Italia ad oggi non ha avuto nomine e questo da un punto di vista della distribuzione territoriale non è perfettamente corretto. Ma le considerazioni opportunistiche della politica degli stati nazionali non devono nascondere il fatto che alcuni cambiamenti nella UE sono positivi.

In Italia, formalmente una delle democrazie mature, c’è una forza politica maggioritaria dominata da una persona sola (Silvio Berlusconi) il quale come farebbe il leader di una forza extraparlamentare insulta, denuncia e chiama manifestazioni di piazza ed elezioni anticipate invece di fare (e non è detto che sia un male, visto che quando ha fatto, ha fatto la Bossi-Fini contro gli immigrati, la Fini-Giovanardi che criminalizza persone comuni e la legge sul rientro dei capitali, che umilia l’uomo della strada ed impoverisce le casse pubbliche). E c’è un sistema politico, di cui il PD e le sue appendici fanno integralmente parte, che sancisce il maschilismo dentro le istituzioni e la concentrazione delle risorse economiche al di fuori.

Se l’Europa si orienta verso una efficace mediazione tra i diversi interessi e le diverse culture politiche, sblocca la carenza di partecipazione femminile ai vertici delle istituzioni, si affeziona di più alla produttività che alla punizione della piccola impresa, lavora per l’integrazione delle diverse culture evitando che a monopolizzare il tema della multiculturalità siano minoranze portatrici di razzismi alternativi ma non meno pericolosi di quello tradizionalmente inteso, questi cambiamenti non saranno sintomi di debolezza, pure se i candidati nominati non hanno passato la vita davanti alle telecamere, ma si riveleranno fenomeni di progresso e forse potranno forzare in direzione di uno sviluppo più equilibrato anche le nazioni rimaste penosamente ostaggio della Chiesa, delle oligarchie economiche e di piccole corporazioni ultraideologizzate perfettamente prospere tra questi due poteri grazie ad una funzione ornamentale di critica.