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UE, obiettivi più stringenti per l’ecologia

Concluso anche un importante accordo con paesi africani e del Pacifico per frenare la riduzione delle foreste

Si avvicina la conferenza di novembre che si terrà in Polonia sul tema della riduzione dell’inquinamento ed i negoziati sono ancora in alto mare, come ha notato anche Connie Hedegaard, Commissario europeo per il Clima, in un intervento in materia poco più di una settimana fa.

Il problema è sempre lo stesso, cioè l’enunciazione di un cambio di passo in linea di principio cui non segue nulla in termini di cambiamento dei meccanismi economici ed industriali coinvolti nelle emissioni responsabili del riscaldamento globale. Agli stati industrializzati vecchi e nuovi si chiede quindi maggiore concretezza.

Hedegaard ha auspicato che si arrivi ad un accordo legalmente vincolante a partire dal 2015. Questa comunque non è l’unica questione ambientale alla quale l’Europa sta lavorando, c’è infatti anche un nuovo accordo per salvaguardare le foreste della Costa d’Avorio, ultima tappa di una intesa recentemente conclusa con Ghana, Camerun, Repubblica del Congo, Liberia, Repubblica Centrafricana ed Indonesia.

Il Commissario UE allo sviluppo, Andris Piebalgs, è intervenuto sull’argomento poco più di una settimana fa, sottolineando le positive implicazioni economiche di una crescita che preservi il patrimonio naturale dei paesi tropicali. L’Unione Europea ha l’opportunità di segnare una discontinuità con le politiche dei singoli stati nazionali europei che spesso hanno promosso uno sviluppo troppo frammentato da contraddizioni.

Aldo Ciummo

Leonardo Domenici in Europa: “basta paradisi fiscali”

 

Il Parlamento Europeo si sta concentrando sulle misure concrete applicabili per recuperare i crediti fiscali, auspicando per questo uno scambio automatico ed efficiente di informazioni tra la Comunità ed i paesi terzi.

 

Leonardo Domenici (Socialisti e Democratici) ha visto approvata con 554 voti favorevoli, 46 contrari e 71 astensioni la sua relazione. Il Parlamento Europeo quindi condanna il ruolo svolto dai cosidetti paradisi fiscali, ma soprattutto spinge gli stati membri ad adottare sanzioni contro l’evasione fiscale e la fuga illecita di capitali che accompagna il fenomeno.

Con il documento approvato, l’assemblea propone anche l’istituzione di un registro pubblico della Ue che elenchi le imprese che hanno creato società finalizzate all’evasione. Un problema che l’Unione Europea dovrebbe risolvere, se intende avere a disposizione risorse per la ricerca, l’investimento e le strutture sociali, è l’abuso di domicilio e proprietà fittizi creati allo scopo di evitare di pagare le tasse nell’effettivo paese di domiciliazione.

Il Parlamento si sta orientando verso un sistema più stringente di regole riguardo ai fondi alternativi, domiciliati in un paese terzo, perchè siano subordinati a norme fiscali compatibili con i princìpi europei se intendono ottenere licenza di commercializzazione nella UE. Che poi vuol dire che la Comunità non accetta che si possano privatizzare tutti gli utili e trasferire nella società civile e nel settore pubblico tutte le perdite. Ma una iniziativa di questo tipo dovrà coinvolgere tutte le istituzioni dell’Unione Europea e non potrà realizzarsi senza la Commissione, che è l’organo esecutivo.

Un accordo globale su questa materia ha bisogno dell’adesione di stati come Singapore, Hong Kong, Macao, Dubai e Ghana, nazioni che attualmente non favoriscono affatto lo scambio di informazioni in materia fiscale.

Questo però non è l’unico problema, dal momento che anche nel nostro continente non esiste un vero modello di perfezione fiscale e l’evasione è possibilissima e forte. Il Parlamento Europeo ha proposto un prelievo speciale sui movimenti di capitale da e verso giurisdizioni non cooperative in materia di controllo fiscale e ha chiesto anche di non riconoscere lo status giuridico delle società create in stati di questo tipo (paradisi fiscali).

Un’altra proposta, venuta dall’assemblea eletta, è l’introduzione di una base imponibile consolidata per affrontare più agilmente le pratiche fiscali in tutti gli stati. Si tratta senz’altro di argomenti tecnici ma le difficoltà di territori che non possono ottenere fondi nazionali e comunitari per scuola, impresa, ricerca e sicurezza derivano appunto dal fatto che una percentuale numericamente molto bassa della popolazione europea e mondiale letteralmente prende i soldi e scappa, socializzando ogni perdita e privatizzando i profitti, fenomeno che è stato peraltro all’origine della crisi mondiale, i cui autori stanno massicciamente venendo reintegrati ai vertici di banche, imprese e società di consulenza di dimensioni planetarie o quasi tali.

Aldo Ciummo