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UE, Claude Moraes alla guida della commissione per le libertà civili

 

La commissione LIBE, formata giovedì, ha eletto oggi come presidente il laburista britannico Moraes

 

 

 

Il laburista inglese Claude Moraes è stato eletto alla presidenza della commissione per le Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni (Libe) durante l’assemblea costitutiva che ha avuto luogo oggi, lunedì 7 luglio, a Bruxelles.

Giovedì 3 luglio l’Europarlamento aveva eletto i sessanta componenti della commissione, che resteranno in carica per due anni e mezzo: il Partito Popolare Europeo (PPE) conta diciotto rappresentanti nella Libe, il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) ne ha quindici mentre i Conservatori e Riformisti (ECR) ne hanno sei e i Liberali e Democratici Europei (ALDE) cinque.

Sono rappresentati, entrambi da quattro eurodeputati, anche il gruppo della Sinistra Unita Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL) ed i Verdi-Alleanza Libera Europea (Verts/ALE) e l’Europa per la Libertà e la Democrazia Diretta, che conta a sua volta su quattro esponenti nella commissione, stesso numero di eurodeputati assegnato ai non iscritti.

Uno dei primi argomenti che la commissione dovrà affrontare è la questione della protezione dei dati, che ha tenuto banco nell’anno passato e che entrerà in ulteriori capitoli specifici adesso, dato l’avanzamento delle trattative per la Transatlantic Trade and Investment Partnership ed i problemi che alla sua conclusione possono essere posti proprio a causa delle diversità di valutazione, tra UE ed USA, riguardo alle politiche di controllo dei dati personali. Ma anche diritto di asilo e contrasto alle discriminazioni rientrano tra le competenze della LIBE.

Moraes sarà coadiuvato dai vicepresidenti Kinga Gàl (PPE, Ungheria), Iliana Iotova (Socialisti e Democratici, Belgio), Jan Philip Albrecht (Verdi, Germania), Barbara Kudrycka (PPE, Polonia) eletti lunedì dall’assemblea della commissione.

Aldo Ciummo

UE: decisa oggi inchiesta sulla raccolta dei dati

 

 L’indagine sarà portata avanti dalla Commissione Libertà Civili dopo la vicenda del monitoraggio Usa sulle informazioni in Europa

Una inchiesta a tutto campo per chiarire le implicazioni dei programmi statunitensi di sorveglianza, che hanno messo in allarme le cancellerie europee, soprattutto per quanto riguarda Germania e Francia. L’Europarlamento ha votato oggi, giovedì 4 luglio (approvando con 483 voti favorevoli, 98 contrari e 65 astensioni), una risoluzione che esprime serie preoccupazioni sul cosidetto “Prism” e su altre attività di monitoraggio portate avanti in Europa dalle autorità Usa.

Il documento, sostenuto dagli europarlamentari, biasima nettamente la raccolta di informazioni presso le rappresentanze della UE e chiede alle autorità degli Stati Uniti di fornire spiegazioni esaustive sui fatti.

Sono state avanzate critiche ad iniziative simili a quella statunitense portate avanti da molti stati europei, a cominciare proprio da Germania e Regno Unito (che nel caso del datagate Usa sono stati tra i maggiori bersagli dello spionaggio di cui si parla), difatti Berlino, Londra ed anche Parigi non sono stati da meno dell’alleato, dimostrando una simile sete di informazioni al riguardo di Washington, per ragioni sia politiche che commerciali. Però questo non toglie che sia urgente esaminare la compatibilità con le leggi europee delle attività di monitoraggio che gli stati conducono tra i propri cittadini, che proteggono la sfera personale da intrusioni pubbliche nella privacy.

L’inchiesta del Comitato per le Libertà Civili raccoglierà elementi sull’accaduto (sia da fonti USA che da fonti UE) ed alla fine dell’anno presenterà le sue conclusioni, per stabilire l’impatto che le attività di sorveglianza hanno avuto e per prevenire attraverso la legislazione futura che azioni del genere si ripetano.

L’Europarlamento ha sottolineato la necessità di procedure che permettano la protezione di quanti siano in grado di svelare violazioni di diritti fondamentali, fornendo a queste persone la protezione di cui hanno bisogno a livello internazionale: non è certo difficile notare che ciò è proprio quanto invece non sta affatto accadendo nel caso di Snowden, nei fatti bersaglio di una vera caccia all’uomo internazionale.

Gli europarlamentari hanno anche chiesto alla Commissione Europea ed al Consiglio dei Ministri delle Unione Europea di riconsiderare, a diversi livelli, le negoziazioni in corso con gli Stati Uniti, sospendendo ad esempio gli accordi sui dati dei passeggeri del traffico aereo e sui dati bancari.

Restano invece saldamente sui binari le negoziazioni sugli accordi doganali UE-USA, ma anche a questo proposito l’Europarlamento ha puntualizzato che le novità in arrivo non dovrebbero influire sugli standard europei di protezione dei dati, di cui va rafforzata l’efficacia alla luce degli elementi emersi di recente.

Aldo Ciummo

Ore cruciali per l’Europa

La Grecia continua ad annaspare in assenza di concreta solidarietà europea, Francia e Germania abbozzano un cambiamento di programma

La Grecia è stata ancora declassata, mentre l’Europa non è ancora uscita dalla serie di strattoni che sta adoperando per forzare la scelta elettorale dei greci in direzione dell’accettazione della cura decisa dai grandi dell’Unione Europea nel 2010. Ma la Grecia resiste e affidando il consenso alla nuova sinistra si prepara a fare quello che hanno giustamente fatto tutti i paesi alle prese con un debito più grande di loro per tornare a crescere davvero: rinegoziare il debito. L’Irlanda ha rinegoziato in parte la sua situazione di fronte all’Unione Europea e si sta riprendendo, l’Argentina ha rinegoziato il debito e si è ripresa.

Il Portogallo, accettando tutti i dogmi del rigore, oggi è in difficoltà maggiori di quelle di partenza, quanto alla Grecia, si è visto ampiamente come è stata ridotta dalla medicina del rigore liberista. Ora l’agenzia Fitch ha tagliato il rating della Grecia a CCC, il paese si trova quindi ad un passo dal default. La Grecia è un paese europeista, che ha cercato di accettare a lungo tutte le misure necessarie a restare nella comunità. La Germania ha sempre dato tanto per la costruzione europea, ma adesso la politica non solo di Berlino ma di tutti i grandi stati europei si sta dimostrando gravemente miope, perchè perdere un pezzo importante dell’Europa, in un’area importante e complessa come il Mediterraneo, è contrario a tutte le politiche lungimiranti che sono state edificate negli ultimi decenni, a cominciare dall’evoluzione euromediterranea su cui si è tanto investito anche con partenariati con stati extraeuropei vicini.

Mentre in Spagna è corsa agli sportelli bancari e questo indica anche l’elevato rischio di contagio dell’economia dei ventisette, il nuovo ministro dell’Economia francese, Pierre Moscovici, ha affermato che la Francia ratificherà il trattato europeo sulla disciplina di bilancio appena firmato soltanto se verrà aggiunto un capitolo sulla crescita e questo fa davvero sperare che la Francia diretta dai progressisti si impegni con successo a sostenere una crescita equilibrata, orientata al sociale ed all’ambiente, iniziando a ridimensionare quella economia di carta straccia che sia neglio Stati Uniti che nella Unione Europea sta rischiando di snaturare quei princìpi di economia sociale di mercato, di concorrenza democratica e di emancipazione sociale che hanno scandito lo sviluppo delle democrazie occidentali durante la seconda metà del millenovecento. Il modo in cui gli europei tratteranno la Grecia sarà il modello di come i cittadini della UE tratteranno sè stessi, di quali diritti, doveri e solidarietà saranno oggetto e saranno capaci.

Aldo Ciummo

 

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A San Lorenzo l’Europa nelle immagini di Marco Di Niscia

Il fotografo romano ha ripercorso in una esposizione che rimarrà aperta fino al 12 maggio paesi e personaggi del continente

Si intitola “Solo Due Ruote” la mostra nella quale il giovane fotografo romano Marco Di Niscia ha voluto ripercorrere, in una esposizione presso la Galleria 291 Est (Viale dello Scalo San Lorenzo 45, Roma) i suoi viaggi nel continente europeo, dalla Francia alla Svezia passando per Londra.

Pavese, citano i curatori della mostra, affermava che nel viaggio nulla è nostro tranne l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo, mentre Robert Capa dichiarava che se una foto non era riuscita significava che non si era andati abbastanza vicini. Il fotografo romano Marco Di Niscia ha fatto suoi alcuni di questi concetti, viaggiando con una bicicletta, una tenda ed una macchina fotografica.

Di Niscia ha studiato presso l’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione Integrata (ISFCI) di Roma, prima di iniziare il suo percorso professionale nel mondo delle immagini. Dal 2009 in poi ha partecipato a diverse esposizioni collettive. Attualmente vive e lavora a Roma.

Aldo Ciummo

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Buon giorno Inghilterra

Birgminagham, Leeds, Manchester, Newcastle, Sheffield, Coventry, Nottingham, Bradford, la sinistra vince ovunque e lascia solo Londra ai conservatori (ma non a David Cameron)

 

La fiducia nelle ricette liberiste di destra che hanno ridotto l’Europa alle condizioni generalmente note non convincono più in nessun paese europeo, anche perchè non ce n’è uno che non conta i guasti sociali, aggravati dai tentativi dei vari populismi stile Fronte Nazionale o Lega di approfittare della crisi economica per introdurre razzismi e chiusure estranee alla cultura europea nell’Unione, come al solito molto lenta a difendersi dai rigurgiti nostalgici ed antidemocratici.

Il Regno Unito è un caso a parte, dove fortunatamente le forme più becere della destra conservatrice non hanno mai attecchito, data la vigilanza di una società civile molto avanzata che oltre a fare spesso da guida al resto del continente ha sempre evitato derive autoritarie nello stato. La destra liberista però ha dato prova di una grande aggressività, anticipando anzi alcune delle forme più estreme di liberismo senza freni, portando ad esempio ai disastri sociali dell’era Thatcher.

Il Centrodestra di David Cameron ha rinverdito purtroppo molte delle teorie e delle tecniche di governo dell’era Thatcher, tagliando le spese per l’istruzione e sociali ed aggravando soltanto in questo modo una crisi che in Europa ed in America era nata proprio da quelle ricette conservatrici che oggi vengono presentate come una necessità anche in Italia, dopo essere state utilizzate per ridurre Grecia e Portogallo ad una condizione che oramai appare solo parzialmente europea ed occidentale.

E’ molto importante il cambiamento di rotta che il Regno Unito ha effettuato ieri, rottamando i LiberalDemocratici di Nick Clegg che attraverso l’alleanza forzata con i conservatori hanno snaturato il proprio patrimonio politico, basato sui diritti della persona e non sulla sua subordinazione ad un bene assoluto come il mercato e l’intangibilità dei grandi patrimoni (teoremi e privilegi che attualmente vengono protetti ancora di più in Italia, dove non esiste più in pratica progressività delle imposte).

E’ significativo anche il colpo che Ed Miliband ha inflitto ai conservatori, il quasi quaranta per cento dei laburisti infatti, oltre a staccare di sette punti percentuali i conservatori e di molto il misero sedici per cento di Clegg, acquista peso soprattutto nei risultati territoriali, dove i Laburisti hanno guadagnato ottocento incarichi, laddove i Conservatori ne hanno persi quattrocento. Boris Johnson conquistando l’amministrazione di Londra ha creato più un problema che un vantaggio per i Conservatori, essendo da sempre il diretto avversario di Cameron all’interno del partito, lo scarto con Ken Livingstone è stato minimale. Da Francia e Regno Unito sta ripartendo un progetto progressista per la UE.

Aldo Ciummo

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Sì, l’Europa

L’andamento elettorale in Francia conferma l’affermazione della sinistra, che segue la riuscita dei progressisti in Danimarca, Irlanda, regionali in Germania

Il populismo non paga, se Sarkozy prende i voti di Le Pen perde quelli dei centristi: non dappertutto in Europa i vari leghismi sono accettati perfino dai maggiori partiti di origine progressista, il razzismo in Europa è chiamato col suo nome e determina, ad esempio in Francia, l’allontanamento anche di forze conservatrici come i centristi di Bayrou da chi vergognosamente scende a patti col Fronte Nazionale con le sue politiche populiste di destra, anacronistiche in un paese multiculturale come la Francia e come è l’Europa unita.

La vittoria di Hollande, se saranno confermate le previsioni, determinerà uno spostamento a sinistra dell’intera Unione Europea, che per fortuna di qualsiasi prospettiva di crescita inizierà a lasciarsi alle spalle il metodo del rigore a tutti i costi. Un altro fatto positivo sarà che verranno nuovamente nominate le classi sociali, di cui la destra economica politica e sociale non vuole parlare, preferendo giocare al bersaglio con le parti più deboli della popolazione come gli immigrati, ma le classi esistono e nel caso delle più privilegiate vengono appoggiate dalle varie destre populiste e tecniche, che hanno approfittato dell’emergenza delle crisi che hanno determinato per instaurare uno stato di democrazia controllata dove la partecipazione è pressochè sparita.

Ecco perchè le forze di sinistra in Europa non devono barricarsi nel principio della difesa di simboli scomparsi e dello scontro tra conventicole politiche che tengono in ostaggio partiti e asfissiano movimenti, ma affrontare l’avversario che è la destra nelle sue varianti liberista, tecnocratica, populista, conservatrice, spesso associate tra loro. Il progressismo non è una funzione inutile di testimonianza, ma serve a innescare una alternativa europea al disastro creato dai conservatori negli ultimi venti anni.

Aldo Ciummo

 

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Nel 25 aprile le radici della libertà italiana

Il percorso iniziato da arditi del popolo e partigiani che negli anni venti e quaranta si opposero al fascismo continua in difesa dei diritti nella Ue

di Aldo Ciummo

Gli arditi del popolo che in Italia si opposero al fascismo fin dalle prime prevaricazioni da parte della dittatura ed i partigiani che proseguirono la loro opera abbattendo la dittatura con l’aiuto del Regno Unito e degli Usa vanno ricordati nel quadro europeo che già allora vedeva tutte le popolazioni d’Europa, operai, intellettuali, contadini, immigrati (l’immigrazione esisteva già e molti operai provenienti da altri paesi europei si sacrificarono assieme agli arditi del popolo, repubblicani e comunisti, già negli anni venti in favore della nostra libertà di italiani nelle città in cui il fascismo attaccava sedi di partito e fabbriche) combattere unita per la propria libertà dal nazifascismo.

L’unità europea nacque da quel sacrificio e rimase capace di conservare la democrazia in Europa durante le tensioni mondiali che seguirono nel mezzo secolo dopo. Le grandi manifestazioni francesi che impedirono agli antisemiti di conquistare il potere a Parigi mentre l’Italia purtroppo cadeva in mano ai fascisti, gli scontri di Londra contro gli squadristi di Mosley e nelle aree agricole irlandesi contro le Blueshirts, i partigiani che come quelli italiani reagirono agli occupanti tanto in Norvegia quanto in Grecia, assieme agli interventi statunitense e russo determinarono la libertà dell’Europa.

Oggi l’Italia è libera, anche in presenza di squilibri e ingiustizie macroscopiche che contraddicono la carta costituzionale che comunisti, cattolici, liberali, socialisti e repubblicani hanno scritto con il sacrificio di persone rare, l’Europa cresce ed assieme agli Stati Uniti ed a tutta l’area anglosassone che ha dato così tanto per la nostra libertà è un insieme di paesi dove i diritti delle persone sono presenti in maniera imparagonabile rispetto ad altre regioni del pianeta, dove il mercato si esprime con un liberismo selvaggio ancora più stridente con la nostra costituzione solo parzialmente applicata, anche a causa delle responsabilità che il nostro occidente porta con il suo mercato ineguale, l’occidente è diventato un’area sociopolitica ed economica dove la democrazia è infinitamente più avanti nelle opportunità individuali rispetto a paesi dove sopravvivono totalitarismi convertiti al mercato o teocrazie.

Le lotte dei lavoratori e l’impegno per il pluralismo politico hanno condotto l’Italia, la Germania, il Regno Unito, la Francia e gli stati che si sono liberati più tardi e che oggi non vanno lasciati alle loro difficoltà, Spagna, Portogallo, Grecia, a liberarsi ed a liberare i propri vicini. Non è un caso che l’Italia, avendo subìto la dittatura e le sue conseguenze, conosca ancora problemi simili a quelli di altri stati mediterranei, nonostante i progressi sociali conquistati dagli operai, dalle donne, dai lavoratori nei decenni passati. Non è pensabile una Unione Europea che affronti le sfide attuali, della speculazione, dell’inquinamento, della precarietà, del cambiamento delle società che diventano multiculturali, attraverso gli strumenti deviati della chiusura o del neoliberismo.

Il successo socioeconomico di paesi guida dell’occidente come Regno Unito, Germania, Stati Uniti, pur tra contraddizioni ed errori gravi, è avvenuto grazie alle scelte ed ai mezzi dell’apertura multiculturale, della riduzione delle diseguaglianze e della garanzia dei meriti e delle opportunità, in maniera molto diversa in ognuno di questi paesi. La sinistra deve essere unita oggi come settanta anni fa perchè ci sono tuttora le minacce, in Europa ricompaiono la povertà ed il razzismo e occorre impegnare la politica sociale perchè gli stati europei ed occidentali non esportino gli uni negli altri le cattive pratiche del populismo e del ribasso sui diritti sociali ma vedano cooperare i movimenti sociali di giovani, lavoratori, immigrati, per costruire alternative democratiche alle nostalgie destrorse ed al pensiero unico del mercato. Dopo i successi elettorali dei progressisti nelle regionali in Germania, dei Verdi in Finlandia, del Labour in Irlanda, delle sinistre in Danimarca ed ora in Francia (senza dimenticare che sia pure in maniera incompleta le riforme sociali procedono anche negli Stati Uniti) in Unione Europea ed in Occidente qualcosa si sta muovendo a sinistra per la costruzione di un superamento dei danni globali del conservatorismo politico, dovremmo portare un contributo in ogni territorio.

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I giovani federalisti europei di Roma: “la vera soluzione alle crisi è la solidarietà europea”

Il primo marzo i ragazzi del Movimento Federalista Europeo si incontreranno vicino a Piazza della Libertà per promuovere la cooperazione nel continente

 Il Fiscal Compact e tutte le misure di rigore non servono a rilanciare l’unità della Unione Europea, se contemporaneamente non si sviluppa una vera solidarietà tra i governi, le organizzazioni e le imprese del continente: per ribadirlo i ragazzi del Movimento Federalista Europeo si incontreranno vicino a Piazza della Libertà a Roma, il primo marzo, per parlarne in strada, in un frangente in cui le urgenze dettate dalla crisi economica rischiano di far perdere di vista la prospettiva dell’integrazione europea.

Se oggi l’Europa regge, all’incrocio di fortissime pressioni mondiali, è perchè le diverse nazioni e forze politiche e popolari che al termine della Seconda Guerra Mondiale hanno sconfitto i totalitarismi hanno saputo pensare e realizzare un progetto che è andato oltre le emergenze: il progetto della Unione Europea. I trattati hanno incorporato le tutele sociali avviate da Nizza in poi e la partecipazione popolare nell’Unione Europea deve affermare i valori democratici alla base della costruzione europea, se questa intende diventare un’area politica forte delle proprie caratteristiche di Unione Europea dei diritti e della conoscenza, come sulla carta è stato dichiarato, anche dal Trattato di Lisbona, che include i documenti fondativi precedenti.

Il mercato comune, nelle intenzioni che lo hanno fatto nascere, è un mezzo attraverso il quale culture e società dell’Europa si sarebbero avvicinate e progressivamente integrate, così come poi è effettivamente successo, per fortuna della nostra Europa. Non è pensabile quindi che il progetto europeo progredisca attraverso chiusure, rigidità ed egoismi che si moltiplicano nelle speculazioni economiche. I Giovani Federalisti Europei (GFE), molti dei quali hanno vissuto esperienze professionali ed istituzionali abbastanza lunghe all’estero (nella UE) e la cui prospettiva resta una Europa veramente unita, rappresentano la sezione giovanile del Movimento Federalista Europeo, fondato nel dopoguerra da antifascisti come Altiero Spinelli.

Il Movimento Federalista Europeo esiste in tutta Europa, è molto forte in Francia ed in Germania e le persone che lo portano avanti appartengono a partiti e movimenti politici completamente diversi tra loro, anche i Giovani Federalisti Europei sono ragazzi iscritti a partiti di tutto l’arco delle forze politiche italiane oppure provenienti dalla società civile e senza nessuna appartenenza ideologica. Il futuro dell’Europa passa attraverso la partecipazione di tutte le sue componenti.

Aldo Ciummo

 

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Cosa può fare l’Italia per rilanciare la UE?

Sabato a Roma la “Convenzione sul ruolo dell’Italia per rilanciare l’obiettivo della Federazione Europea”

Il 13 gennaio 2012 si svolge la conferenza stampa organizzata dal Movimento Federalista Europeo (MFE) e dalla Gioventù Federalista Europea (GFE) in vista della “Convenzione sul ruolo dell’Italia per rilanciare l’obiettivo della Federazione Europea” promossa dal movimento federalista e dalla sua sezione giovanile e previsto per sabato mattina, il 14 gennaio, presso il Teatro Capranica di Roma. Alla conferenza stampa di venerdì, alla sala stampa della Camera dei Deputati (via della Missione 4) interverranno Lucio Levi (presidente del Mfe), Sandro Gozi (presidente intergruppo parlamentare per la federazione europea), Paolo Acunzo (vicesegretario del Mfe) e Tommaso Visone (direzione nazionale Gfe).

Verranno illustrati i punti principali al centro dell’iniziativa e sarà presentata l’iniziativa che si terrà a Roma in occasione del vertice Monti-Merkel-Sarkozy il 20 gennaio 2012. Per il Movimento Federalista Europeo, che non è un partito ma un’associazione di cui fanno parte persone di tutti gli orientamenti convinte della necessità di accelerare ed approfondire il percorso in direzione di una Europa effettivamente unita anche politicamente e socialmente, il vertice svoltosi a Bruxelles l’8 e 9 dicembre 2011 e l’accordo con cui la Germania e la Francia hanno cercato di avviare il rafforzamento dell’unione monetaria (accordo di cui al momento non fa parte il Regno Unito per scelta del governo britannico) indica che si è aperta una nuova fase nel processo europeo, pur in presenza di divisioni.

Diventa ancora più significativo adesso il ruolo che l’Italia può giocare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, sottolineano i federalisti, che evidenziano soprattutto gli incontri dei capi di stato e di governo di Francia, Germania ed Italia nella promozione del metodo federale al posto di quello untergovernativo e per introdurre piani di sviluppo sostenibile nelle proposte di trattato per una unione fiscale ancora poco definita. Il Movimento Federalista perciò ha proposto ai rappresentanti delle principali forze politiche, sindacali, imprenditoriali e della società civile italiana una Convenzione per la federazione europea, obiettivo reso più urgente dalla situazione globale, che una Europa unita nell’utilizzare le proprie risorse economiche, cognitive e politiche può affrontare adeguatamente.

Sabato 14 gennaio i lavori presieduti da Lucio Levi, presidente nazionale della Mfe, vedranno l’intervento di esponenti e rappresentanti di IDV, PD, PDL, Radicali, Partito Repubblicano, sindacati ed organizzazioni europeiste come il Movimento Europeo, la JEF Europa, la GFE, l’Aiccre, il Cife, gruppi della società civile come Acli, Ami, Cad, Cilap, European Alternatives, Fare Futuro, Osservatorio Europa, Altramente; le conclusioni saranno affidate a Franco Spoltore, segretario nazionale della Mfe. La partecipazione va comunicata in anticipo ed accompagnata da nominativo ed organizzazione di riferimento.

 

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Continuità in Italia con la destra tecnica

Mentre alla UE si risponde con conti gravanti sulle fasce più colpite dal ventennio di destre liberiste e monopoliste, ci rimettono gli immigrati

di Aldo Ciummo

Di europeo, nello stivale, si vede poco: vengono introdotte le norme di rigore, caricate selvaggiamente sulle spalle delle parti della società che hanno pagato negli ultimi venti anni i costi delle scelte ultraliberiste in fatto di diritti del lavoro e delle politiche monopoliste riguardo alla concorrenza, decisioni di governi espressamente di destra e non solo.

Intanto si assiste, nella cronaca nera e giudiziaria delle maggiori città, ad attacchi agli immigrati ed a altri bersagli di una insofferenza popolare incanalata contro il diverso da una comunicazione di massa che negli anni del berlusconismo e di alternative “politicamente corrette” non poteva dirigersi contro rendite e squilibri determinati da interessi antichi, che oggi continuano ad avere una spropositata voce in capitolo, tanto che si permettono di impedire a coloro che lavorano in fabbrica di eleggere i propri rappresentanti.

E’ evidente quanti danni abbia fatto il liberismo selvaggio associato all’assenza di concorrenza (che oggi viene perpetuata con la protezione dei soggetti televisivi del monopolio) alle condizioni materiali della piccola e media impresa e della maggior parte della popolazione, così come è grave che la necessità per la destra di distogliere l’attenzione dai veri problemi e dalle vere iniquità abbia determinato campagne razziste e di chiusura che a varia intensità hanno attraversato il dibattito e l’intrattenimento pubblico in Italia, tendenze coltivate anche (per quindici anni su diciassette) da soggetti politici che oggi si propongono come alternativi agli ex alleati e dirigenti della propria coalizione di destra.

E’ preoccupante anche, però, l’insistenza con cui l’area progressista ha costantemente evitato o annacquato i temi del lavoro, dell’integrazione, della presenza sul territorio, del ruolo dei sindacati, del dialogo coi movimenti, dell’equità, del diritto all’istruzione e della lotta al razzismo. Con l’eccezione delle parentesi influenzate da Romano Prodi, (che culturalmente non era di sinistra ma dimostrava attenzione per i temi sociali) per il resto si è assistito ad aggregazioni di Centrosinistra intente soprattutto ad accreditarsi verso un asse della politica che i dirigenti degli ex partiti di sinistra consideravano evidentemente ormai spostato a destra, oltre che a condividerne molte scelte e molti interessi.

Questi presupposti, accettati dalla maggior parte dei dirigenti di forze che erano state di sinistra, sono stati smentiti dai fatti, a volte nella forma di vere e proprie dimostrazioni di consolidata opinione proprio da parte della maggioranza dell’ elettorato di riferimento delle liste maggiori che rappresentavano queste posizioni ultramoderate: ad esempio, in Puglia il PD insiste due volte a rifiutare una consultazione democratica della coalizione affermando che un candidato più a sinistra non può vincere e poi questo candidato vince due volte quelle consultazioni interne e poi prevale due volte contro l’area nettamente favorita in quella regione; in seguito un altro candidato della sinistra alternativa batte il Centrodestra nella sua roccaforte, Milano, dopo aver patito molto per convincere il maggiore partito della coalizione a sostenerlo, nel frattempo, a Napoli, un partito accusato tutti i giorni di essere populista eclissa un candidato rigettato dall’elettorato ma difeso da dirigenti di partito erroneamente confortati dal fatto che a livello nazionale possono scegliere i candidati in contrasto con l’opionione di coloro – gli elettori – che dovrebbero avere il diritto di sceglierseli.

Oggi, c’è continuità in Italia rispetto alle politiche di Centrodestra che hanno raddoppiato un debito pubblico che ora  il governo della destra tecnica chiede di pagare soltanto alla parte più in difficoltà della popolazione ma anche alla parte più in salute perchè più produttiva (piccole e medie imprese e professionisti), questa continuità c’è perchè non si affrontano le rendite, una parte delle quali generatesi in quella zona grigia che ha contribuito a creare la crisi (capitali anonimi e scudati oggetto di prelievi risibili in percentuale) ma si aggrediscono miti pensionati, precari e mondo produttivo, con misure classiste fin da quando esiste l’economia come l’iva, i carburanti e i tagli dei servizi sociali e pubblici.

Gli attuali governanti e quelli immediatamente (ed a lungo) precedenti ripetono che l’Italia è forte del suo risparmio privato. I fatti però hanno dimostrato che concentrare massicciamente questo patrimonio nelle mani di pochi noti, alcuni dei quali oggi protagonisti di prepotenze illegali contro sindacati storici, non è un metodo saggio per utilizzare questa presunta forza (anche perchè spesso poi queste risorse una volta accantonate vengono spostate in depositi che non sono tassabili in Italia ed in Europa), come non lo è operare questo spostamento di risorse attraverso la spoliazione della maggior parte della popolazione e delle sue parti più produttive: l’Europa è piena di paesi con meno capitale accumulato ma maggior redistribuzione le cui economie includono ogni anno di più decine di migliaia di italiani qualificati.

In Italia, se l’obiettivo è avvicinare lo stivale al resto d’Europa, non solo nei conti ma in parametri basilari di civiltà, solidarietà e laicità, finchè non esisteranno qui destre e alternative democratiche liberali simili a quelle tedesca, inglese, francese, la sinistra deve fare il suo lavoro, senza imitare le destre liberiste e leghiste come è avvenuto nel tragitto verso elezioni disastrose per il centrosinistra ma soprattutto caratterizzate da anni interi di incomprensibile adeguamento dell’area progressista ai princìpi antisociali che hanno portato alla crisi economica: le forze di alternativa debbono stare nella realtà ma senza accettarne una interpretazione forzata come quella che ancora oggi, dal governo in carica, viene proposta. Le misure antisociali dell’ortodossia liberista non producono una vera crescita, solo una società più debole, dove settori della popolazione lasciati in balìa delle difficoltà quotidiane ed affidate alla discutibile cura culturale dei leghismi producono fenomeni anacronistici come gli infami atti di intolleranza contro immigrati (cittadini che contribuiscono al progresso del paese molto di più di molti sostenitori della chiusura all’immigrazione) cui purtroppo si assiste e che una sinistra che voglia chiamarsi così deve cominciare a contrastare culturalmente, socialmente e politicamente sul territorio.