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L’austerità a senso unico aggredisce gli studenti

Gli esecutivi di destra tecnica attaccano l’istruzione, togliendo risorse al futuro per affidarle alla deregolamentazione e danneggiando il paese

Autunno dopo autunno si ripetono scene che vedono studenti di liceo e di università trattati con metodi polizieschi nelle piazze italiane, col solito strascico di richiesta di leggi securitarie da parte della consueta fascia di destra dello schieramento di grande coalizione tecnica. Ci sarà pure un motivo se in fatto di ricerca e sviluppo e in materia di energie alternative l’Italia arranca, dietro ad un numero consistente di stati più avanzati, che in tempo di crisi hanno ritenuto di rafforzare (e non di dissestare) l’istruzione ed hanno avuto tanta ragione che oggi trainano da soli tutta la UE.
Ma è un pò in tutta Europa che le destre conservatrici e coalizioni tecniche relegano studenti, professionisti, disoccupati e precari al ruolo di destinatari di campagne elettorali sempre meno convincenti,  tagliando contemporaneamente risorse all’istruzione, all’università, alla cultura, alla ricerca e soprattutto alle opportunità per la parte della popolazione che non è bocconiana di nascita (e a tutti quelli che probabilmente non frequenteranno le facoltà private, religiose, aziendali, specie in tempi di recessione).
E’ incerto se i maturandi, guardando alla situazione dei fratelli maggiori laureati, trovino il fegato di iscriversi alle università che a causa delle destre populiste e tecniche non assegneranno più borse di studio, ma presenteranno invece un salato conto in termini di tasse, il tutto sempre sovrastato dalla continua proposta della destra montiana, avvallata da quella berlusconiana, di abolire il valore legale del titolo di studio per favorire direttamente i dottori delle università cosidette prestigiose (cioè supportate dai privati, a pagamento e riservate ad una piccola parte della società italiana).
Non si vede proprio come si fa a non essere solidali con gli studenti di liceo e di università, lasciati soli dalla carente politica italiana a scontrarsi con una deprivazione di futuro (costituito dai mezzi culturali per competere nella società) tanto più grave perchè avviene in un paese come l’Italia, già fortemente arretrato in tema di istruzione e ricerca, come registra qualsiasi statistica da anni.
Un altro motivo per il quale gli studenti che coraggiosamente reagiscono (con una scarsissima attenzione della politica) meritano solidarietà è che mentre loro vengono trattati come sovversivi dai governi dell’austerità a senso unico (che protegge i più facoltosi e ripudia le patrimoniali), l’Italia si impoverisce con loro della risorsa più preziosa, l’istruzione, che non è solo il mezzo al quale secondo la Costituzione italiana avrebbero diritto per sviluppare il proprio futuro, ma è anche il valore aggiunto con il quale i paesi civili in quasi tutto il mondo occidentale stanno contrastando la crisi economica e ne stanno uscendo.
Danneggiare istruzione, sanità, ricerca, solidarietà, per proteggere invece prepotenze e feste di quella parte di Italia che promette venti miliardi di investimenti (e poi ne impiega uno contestualmente ad una campagna di smantellamento dei diritti dei lavoratori) non è solo un attacco premeditato da parte degli autori della crisi economica agli studenti di liceo e di università giustamente preoccupati per la desertificazione del loro futuro (programmata dalla destra tecnica e dalla destra populista con importanti appoggi confessionali ed ex-democratici) ma è anche una scelta in grado di compromettere gravemente la crescita dell’Italia, già arretrata a causa del numero esiguo dei laureati e della aperta ostilità del sistema paese a questi ultimi, segno distintivo negativo nei confronti di molti paesi vicini (e non) più sviluppati e sicuramente più proiettati verso il futuro. Poche forze politiche come Prc, IdV, Sel, Fiom esprimono la propria solidarietà a questa parte importante della società rappresentata dagli studenti.
Aldo Ciummo

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Cosa vogliamo noi progressisti per l’Italia

Si sta votando in diverse città italiane e il risultato, in combinazione con la crescita a sinistra in Francia e Regno Unito può influire sulla politica italiana

 

di  Aldo Ciummo

Questo fine settimana si vota in diverse città italiane, alcune molto importanti. Il risultato potrà influire sulla vita politica italiana soltanto se la partecipazione popolare darà mandato ad una vera opposizione politica, capace di contrapporsi all’alleanza dei poteri forti rappresentata da PDL e dai resti del Centrodestra e subìta passivamente dal PD.

Le forze che hanno causato la crisi economica globale con la loro firma in bianco in favore del liberismo selvaggio e con le politiche di destra conservatrice, spesso appoggiata da liste xenophobe e nostalgiche che hanno contribuito a peggiorarne i singoli provvedimenti, sono organizzate nella società e non potranno essere certo scalzate, dalle posizioni che hanno acquisito, con delle semplici invettive (e agglomerati di intenzioni complessivamente buone ma contraddittorie e confuse) messe in piedi da comici e altri intrattenitori, da quelli usciti direttamente dai teatri fino a quelli che fino a oggi hanno fatto show razzisti sulle sponde di qualche fiume veneto o lombardo, passando per i tutori della legge che appoggiano leggi elettorali per tagliare fuori i partiti minori: stelle varie e liste civiche, leghe e difensori dei valori (non si è ancora capito se di sinistra o di destra) continueranno a fare quello che hanno fatto fino ad adesso, rumore, mentre la gente ha i problemi veri.

Nelle forze politiche rappresentate in Parlamento e nelle regioni di progressisti ne sono rimasti sfortunatamente pochi: qualche frangia di sinistra del Partito Democratico, (convertito per tutto il resto al rigore solo per i molti che lo hanno già assaggiato nel ventennio del centrodestra), il Partito della Rifondazione Comunista e la Fiom, il movimento di Sinistra e Libertà e parte delle nuove liste e qualche esponente delle altre forze di sinistra, più i partiti minori come i Verdi.

I progressisti vogliono poche cose semplici per l’Italia, cambiamenti di cui anche l’Europa nel suo complesso ha un grande bisogno ma nei quali il resto della UE è molto più avanti, spesso anche quando in Germania e negli altri paesi governa il Centrodestra: i progressisti, oggi confinati nell’estrema sinistra (Sel, Prc, ambientalisti) pensano che le tasse vadano pagate, perchè esistono anche gli altri, ma che vadano riscosse in maniera progressiva, non all’inverso, come accade oggi, con grandi patrimoni che non sono intaccati minimamente, redditi enormi che vengono spezzettati in diversi paesi per pagare meno del dovuto ed uno squilibrio di opportunità che si aggrava ogni giorno all’interno della popolazione.

I progressisti vogliono che, come hanno fatto con successo Germania e Finlandia, le crisi vengano affrontate attrezzando le nuove generazioni con gli strumenti più efficaci in tempi in cui si approssima un futuro complesso: con il potenziamento con l’istruzione e non con il suo smantellamento per investire in navi e aerei militari, come fa l’Italia. Una politica progressista non regala le città ai costruttori vicini alla chiesa maggioritaria, perchè ritiene invece che la valorizzazione dell’ambiente sia un investimento molto più vantaggioso. La sinistra, favorevole ad una prospettiva di progresso, considera un valore aggiunto l’integrazione dei nuovi cittadini, a cui vergognosamente viene negata la cittadinanza anche quando nascono qui, nella nostra Europa, studiandovi e lavorandovi per anni.

I progressisti non accettano che la società sia divisa in caste, come di fatto sta avvenendo in una società come quella italiana dove tutte le statistiche (soprattutto quelle internazionali) indicano che le diseguaglianze crescono e che lo stato non pone neppure nella sanità, nella giustizia e nell’istruzione strumenti minimi di tutela delle pari opportunità, il progressismo politico infatti ritiene un pericolo la crescita del razzismo e del maschilismo che si fa strada in questa disgregazione della società guidata da un mercato senza controllo, ma un’altra cosa che tutti coloro che sono di sinistra distinguono chiaramente è questa: gli attuali equilibri non possono essere sostituiti da nulla di decente se questo pretende di nascere da agglomerati opachi di manie di protagonismo, di capipopolo che fanno finta di non sapere che la fiscalità può essere riformata ma non sparire, che si arrogano il diritto di istigare ad una parodia di far west che favorisce solo le tendenze di destra, che non hanno progetti che non assomigliano ad una specie di autoritarismo in erba.

Per questo, in occasione delle consultazioni elettorali, tutti fanno bene come sempre ad ascoltare il proprio senso di responsabilità ed almeno per chi si riconosce nella sinistra e nei valori di tutela del lavoro, difesa dell’ambiente, promozione dei diritti (che hanno permesso alla sinistra progressista nelle sue varie espressioni istituzionali o movimentiste di far crescere l’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi) questo significa votare effettivamente a sinistra, per Prc e ambientalisti, per Sinistra e Libertà, per gli esponenti democratici credibili, a seconda delle diverse situazioni amministrative, che non si può nascondere sono differenti da un quadro nazionale.

Come la nuova affermazione di un esponente della sinistra ha dimostrato nelle primarie a Genova, l’appiattimento sulle politiche di destra perseguito a tutti i costi dai maggiori partiti di origine progressista non ha più grandi spazi di manovra. La maggioranza degli italiani come degli europei vuole più equilibrio sociale e più prospettive economiche, i progressisti e la sinistra vogliono un progetto in tal senso.

 

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Si avvicina il Primo Maggio e urge la riorganizzazione della sinistra in Europa

Le difficoltà che i diritti devono affrontare nella UE impongono un superamento di sbarramenti tra progressismi e sinistre radicali per confrontarsi con i conservatorismi dominanti
Si avvicina il Primo Maggio, festa nata alla fine del milleottocento dalla viva forza delle idee scaturite dalla necessità di conquistare diritti da parte degli operai e di parti produttive della società, la data ha tratto il suo significato dalle lotte di fasce sociali che per ottenere la visibilità di questa celebrazione spesso hanno dovuto affrontare repressioni poliziesche e militari in quegli anni, in America ed in Europa.
 Oggi le questioni sono tanto diverse eppure molto simili: immigrazione, precariato, divari generazionali, divisioni nell’istruzione, sono facce diverse di un problema, la disuguaglianza, che è rimasto uguale. Anche adesso si assiste, nella nostra Europa con i vari Le Pen e in America con i Tea Party, al tentativo di aggirare i problemi sociali e scaricarli sui più deboli, addossando le colpe all’immigrazione, ai sindacati, ai manifestanti, ai giovani che studiano troppo a lungo ed agli anziani che a un certo punto vogliono la pensione.
Le ricette nazionaliste e populiste non stanno riscuotendo grande successo, il Centrosinistra sta vincendo in Francia ed i progressisti mantengono la maggioranza negli Usa, mentre ambientalisti e sinistre alternative stanno raccogliendo un pò in tutta l’Unione Europea più voti degli euroscettici (e di coloro che predicano la chiusura all’immigrazione, come se lo squilibrio fortissimo nei redditi e nei patrimoni permettesse alla popolazione ed alle economie della UE di crescere altrimenti). Hollande può contare in Francia su una riserva a sinistra perchè il suo programma è progressista ed ha punti di contatto con quello di Melenchon, in paesi come l’Italia la composizione del quadro delle forze progressiste è difficile soprattutto a causa della sterzata al centro che il maggior partito di centrosinistra ha effettuato negli ultimi anni.
Non si parla soltanto di gruppi politici: la parte maggioritaria della popolazione che vuole un progresso sociale è a favore della redistribuzione delle risorse, dell’integrazione degli immigrati e del rispetto dei loro diritti, della valorizzazione del merito. Se le forze più grandi dell’opposizione ai governi di destra sono alleate di questi governi ed accettano logiche squilibrate a favore delle rendite (di patrimoni e di posizione) l’opinione pubblica di sinistra non può aderire alle politiche di questi gruppi di opposizione formale e ciò che è peggio non partecipa alla vita politica e sociale. Questo favorisce la destra ed i vari gruppi nostalgici, populisti, regionalisti e nazionalisti.
Non si possono trovare tutte le cause della debolezza di una coalizione politica progressista (che in Italia ed in altri paesi sarebbe maggioritaria se unita) solo nelle barriere poste dai guardiani del museo che nei vari partiti minori di sinistra difendono l’uno per cento e l’integrità ortodossa di una serie di simboletti decorativi (che i conservatori ignorano governando tranquillamente in assenza di minimi rischi di alternanza). Le attuali forze di sinistra organizzate in funzione del voto senza prospettive di costruire alternative durature (ai Centrodestra liberisti alleati con i vari populismi nazionalisti o regionalisti) si trovano ad un bivio tra la loro marginalizzazione e la costruzione efficace di politiche comuni con gli altri partiti di sinistra e con le energie provenienti dalla società civile per contrastare i conservatorismi.
Le nuove sinistre meno ideologizzate che si affacciano nei paesi europei non fanno eccezione, non possono permettersi di coltivare presunzioni di autosufficienza e dovrebbero cooperare con gli altri partiti della sinistra alternativa e le forze sociali che difendono continuativamente diritti del lavoro, società multiculturale, diritto allo studio, alla salute, alla partecipazione politica. Anche in Italia la sinistra è ancora complessivamente forte (ci sono la Fiom rappresentativa nei luoghi di lavoro, Sel con progetti nuovi in istituzioni e nella società, il Prc che è rimasto una roccia in positivo a difesa dei diritti costituzionali, gli ambientalisti che hanno conosciuto elezioni favorevoli in paesi europei) se si riconosce in obiettivi comuni e individua gli avversari nell’area conservatrice-liberista e non nei partiti vicini.
Le date come il 25 aprile ed il Primo Maggio, che ricordano a tutti coloro che fanno lo stesso percorso che l’appartenenza ad una prospettiva di alternativa è stata ed è rimasta in gran parte comune, sono importanti per questo, perchè sottolineano che nonostante la dispersione politica impressa in passato da scelte ed errori di tutte le forze politiche che hanno subìto di conseguenza una perdita di rappresentatività delle parti della società tradizionalmente vicine alla sinistra e nonostante la dispersione sul territorio in Italia ed in Europa che è anche una necessità data l’attuale struttura del lavoro e della vita oggi, non dovremmo ugualmente mancare alle opportunità di coltivare nei territori di appartenenza e nella nostra Europa l’avanzamento delle politiche progressive di cui c’è un visibile bisogno ed il collegamento di queste politiche e dei raggruppamenti progressisti locali con le tematiche europee e con le regioni europee che l’attuale integrazione ci permette di approfondire e conoscere.
Aldo Ciummo

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Reintegrati gli operai Fiom, esistono ancora i diritti dei lavoratori

La magistratura sana la situazione che si era venuta a creare per l’esclusione di lavoratori che avevano dimostrato opinioni diverse da quelle della azienda

di   Aldo Ciummo

L’azienda ha dovuto cedere: in Italia esistono ancora delle leggi che impediscono di licenziare i lavoratori senza una giusta causa. Si rischia di trovarsi presto in un paese che non prevede più queste tutele e permette alle multinazionali ed alle industrie di fare ciò che vogliono con i lavoratori che hanno bisogno di una occupazione, come dimostrano l’evidente ricatto al quale gli operai si sono trovati di fronte a Torino e il comportamente messo in atto a Melfi dove tre operai erano stati licenziati durante uno sciopero (a parole per atti dannosi per lo stabilimento, di fatto perchè iscritti ad una sigla sindacale, la Fiom, che vuole tutelare i lavoratori).

Esistono ancora leggi che tutelano il lavoro in Italia, nonostante siano brutti tempi, con un governo nominalmente tecnico che segue tutte le direttive del governo precedente e che gode del sostegno acritico in fase di voto di una parte importante dell’ex opposizione all’esecutivo precedente, approdando a provvedimenti che rendono ancora più flessibile il lavoro in Italia (se possibile che l’occupazione diventi ulteriormente flessibile e comprimibile in Italia): le norme sul lavoro hanno determinato il reintegro dei tre operai che erano stati licenziati durante uno sciopero, un fatto che dovrebbe far riflettere sulla necessità di difendere i valori democratici in Italia, prima che la contemporanea pressione di leggi elettorali che permettono ai governanti di autoselezionarsi, di azioni scorrette da parte di multinazionali e grandi aziende, di controriforme governative tese a dare il via libera ad un liberismo selvaggio, erodano del tutto le garanzie costituzionali costruite nel corso di decenni.

Dell’attuale situazione, nella quale non si chiede neppure agli imprenditori che occupano le frequenze televisive pubbliche di corrispondere allo stato delle risorse e dove non si chiede neppure una patrimoniale a quella piccolissima parte della società italiana che ha accentrato le risorse nella propria disponibilità durante gli ultimi venti anni, è responsabile anche l’area politica progressista, che a forza di pensare a feste del cinema della capitale ed a festeggiamenti delle istituzioni ed a furia di cooperare con le destre nell’accogliere un modello iperliberista dell’economia, si è dimenticato che il progressismo deve trarre ispirazione dalla parte produttiva della società (e che questa non si trova di certo solo nella finanza, visti i pessimi risultati che questa ha restituito all’intera società occidentale negli ultimi anni).

Lo scollamento tra la parte della sinistra che ha accettato la centralità del modello liberista e di Centrodestra e l’area della società che sostiene l’opposizione al Centrodestra ed alle destre è tanto evidente che in ogni grande e piccola città italiana dove si svolgono le primarie (Milano, Cagliari, Genova) anno dopo anno e mese dopo mese sta vincendo la parte della sinistra che sostiene i diritti del lavoro, dei professionisti, dei precari, degli immigrati, che sostiene il laicismo e lo sviluppo sostenibile. Riguardo alla ex sinistra adattatasi ai dogmi liberisti che hanno portato alla crisi mondiale, anche quando questa parte del mondo progressista rifiuta un confronto con il resto della sinistra prima delle elezioni gli altri partiti di sinistra più favorevoli ai diritti del lavoro ed alla partecipazione la battono ugualmente nel primo e nel secondo turno, come avvenuto in Puglia ed a Napoli in anni diversi, poi sconfiggono il Centrodestra dimostrandosi centrali nel voto di sinistra, laico, moderato, avverso ad una visione estremista del mercato e del liberismo come quella sostenuta dai grandi manager appoggiati dal Centrodestra e dalle televisioni nazionali e temute dal Centrosinistra tradizionale riformista. La sinistra che dimentica completamente il suo ruolo infatti subisce nel voto le conseguenze della propria marginalità, causata dall’assenza di una posizione chiara su qualsiasi argomento e dalla vicinanza al Centrodestra nelle posizioni dimostrate rispetto ai lavoratori, all’immigrazione, alla concorrenza.

Se i maggiori partiti dell’area progressista non vogliono finire al terzo o quarto posto in qualsiasi tipo di competizione elettorale non possono continuare a lavorare inutilmente assieme al Centrodestra per dare il via libera alle componenti peggiori del capitalismo italiano e per elaborare leggi elettorali con le quali proseguono nel nominare i deputati eletti senza permettere all’elettorato di indicare le preferenze ed è inutile che si dedichino ad escogitare sbarramenti per impedire l’elezione di rappresentanti del paese reale, un luogo contrapposto a coloro che si annoiano ad avere una occupazione, difatti questi sbarramenti risulteranno comunque inutili ai propri autori, quando sulla scia delle primarie e delle amministrative i maggiori partiti della ex opposizione si verranno a trovare al di sotto degli stessi sbarramenti e dei movimenti di cui vorrebbero stabilire la marginalità.

Milano, Cagliari, Napoli, Genova cominciano infatti ad essere grandi e rappresentative città che dovrebbero suggerire qualcosa a quei settori della società che si barricano nei palazzi a decidere candidature ed incarichi ed a scriverli su fogli e schemini ormai astratti. Anche Roma ed il Lazio dovrebbero suggerire qualcosa, perchè nella capitale italiana la decisione di portare avanti gruppi vecchi ed impopolari ha consegnato la città a tendenze ultraconservatrici e nella regione Lazio la plateale freddezza verso una candidatura non ortodossa, accompagnata da un mancato sostegno, ha consegnato la regione a gruppi conservatori che la hanno trasformata in ciò che vediamo oggi.

Occorre una ricostruzione della sinistra si vuole uscire da questa situazione e se si intende davvero rimettere al centro politiche almeno in parte progressiste, che portino in Italia ciò che esiste in tutta Europa senza che i pensionati gridino al pericolo comunista, ossia tasse progressive e patrimoniali che impediscono un accentramento delle risorse di tipo latinoamericano, leggi sulla concorrenza che impediscano che in materia di autostrade e televisioni l’Italia sia singolarmente vicina alla Federazione Russa (dove chi governa si regala delle licenze di sfruttamento privato decennale di beni pubblici).

Per ottenere una riorganizzazione dell’area progressista che la metta in condizione di contrastare duramente le tendenze controriformatrici che invece dominano nel governo berlusconiano di Monti bisogna che i partiti maggiori del Centrosinistra non si autonominino tali soltanto perchè lo sono stati quindici anni fa, ma affrontino la realtà senza la protezione di leggi elettorali che servono solo ad assicurare la rielezione di gruppi di Centrodestra e di Centrosinistra le cui posizioni all’interno delle istituzioni stanno diventando oramai ereditarie. Se questo non si verifica, occorre che le attuali forze di maggioranza progressiste, maggioritarie all’interno dell’area politica di riferimento e nel paese, costruiscano comunque reti di promozione e difesa del lavoro, della multiculturalità, del laicismo e successivamente  si mobilitino in tutti gli spazi sociali, istituzionali e di tutti gli appuntamenti elettorali disponibili per rimuovere i gruppi e le modalità di gestione della partecipazione che si sono radicati all’interno delle istituzioni attraverso grappoli familistici, partitici e proprietari. Soltanto così si eviterà all’Italia una sorte come quella della Grecia, causata dalle politiche di destra di liberismo selvaggio e di concentrazione delle risorse e dalla obbedienza della ex sinistra a queste filosofie economiche fallimentari, la sinistra deve ripartire perciò dagli spazi sociali e di partecipazione.

 

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A Roma l’incontro di TILT con gli studenti

L’iniziativa si chiama prossima fermata “Esperanza”, incontro a Roma tra gli studenti cileni ed italiani, saranno presenti Nichi Vendola e Maurizio Landini

Sabato 11 febbraio al caffé letterario di via Ostiense 95 (Roma) si svolgerà l’incontro tra gli studenti italiani e cileni “Esperanza” promosso dalla rete “Tilt”, attiva in Italia sui temi del superamento del precariato, della diffusione dello sviluppo sostenibile e della partecipazione democratica di giovani, donne, immigrati.

Parteciperanno all’incontro Camila Vallejo, leader degli studenti cilena; il segretario della Fiom Cgil, Maurizio Landini; il presidente di Sinistra Ecologia Libertà, Nichi Vendola; la portavoce nazionale di Tilt, Maria Pia Pizzolante e molti movimenti ed associazioni che non sono scomparsi durante gli anni del fallimento delle ricette liberiste, ma attraverso diverse iniziative di alternativa si sono confrontate arrivando in molti casi a lavorare insieme a nuove prospettive.

E’ diffusa la sensazione che viaggino ormai tutti assieme studenti, immigrati, persone che lavorano e che cercano di costruire progetti di partecipazione in tutta Europa come in altri paesi del Sud del Mondo che ormai è (per capacità di competere nell’economia mondiale e per squilibri nella distribuzione delle ricchezze che accompagnano anche da loro una fuorviante definizione di “sviluppo”) in molti casi occidente e come in molti altri paesi di un nord del mondo spesso in crisi sia nella sua posizione tradizionale di forza economica che nell’emergere delle contraddizioni sociali a questa connesse.

Forse non è un caso che quest’ultimo anno i mass media, in diverse occasioni, non siano riusciti a distinguere i manifestanti di Occupy Wall Street da quelli del Mediterraneo, e che i due livelli si siano quasi fusi, nella pratica e nei contenuti, nelle proteste che avvengono oggi sulla sponda sud dell’Europa, in Grecia ed altrove.”Incontrare Camilla Vallejo sarà come guardarsi allo specchio – dice la responsabile di Tilt Maria Pia Pizzolante, gli studenti che hanno scosso il Cile di Pinera sono parte della nostra stessa generazione, consapebole che una buona parte del futuro parte dallo studio e dalla formazione pubblica.”

Per TILT non si può parlare del sapere senza affrontare i nodi del lavoro. “Vallejo è cresciuta nella provincia di Santiago, che oggi racconta la stessa storia che potremmo sentire a Milano, Roma, Napoli, Palermo” spiega la responsabile di Tilt. Camilla Vallejo studia geografia all’Università del Cile ed il suo impegno politico, sfociato nel movimento degli studenti diventato centrale in Cile a partire dal giugno 2011, rispecchia quelli che hanno attraversato l’Italia nel 2010.

L’incontro di sabato è quindi soprattutto una occasione per parlare di sinistra politica e sindacale, uno spazio troppo a lungo lasciato vuoto dalle istituzioni e che in particolare le nuove generazioni stanno iniziando di nuovo a riempire, per difendersi dall’aggressione evidente e persistente da parte di ben determinate fasce di età e di reddito.

Aldo Ciummo

 

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IN ITALIA|Fiat Melfi, ricucito lo strappo

Gli operai tornano nelle fabbriche dopo l’accordo sindacato e vertici Fiat. Si attende la ratifica dalle assemblee

di Simone Di Stefano/Dazebao, l’informazione on-line

Gli operai dello stabilimento Fiat di Melfi, in provincia di Potenza, hanno smesso di scioperare, consentendo quindi il ritorno alla produzione della Grande Punto.

“Plastic Components” e “Sistemi sospensioni” sono le due fabbriche, facenti capo alla Fiat, che per più di una settimana avevano chiuso causando un calo di produzione  di oltre 7000 automobili. Nella sede della Giunta regionale, in presenza dell’assessore lucano alle Attività Produttive, Gennaro Straziuso, i rappresentanti sindacali hanno, nella nottata di ieri, accettato l’ipotesi di accordo presentata dal consorzio Acm (che raggruppa 19 aziende dell’indotto) e illustrata dal Presidente di Confindustria Basilicata, Attilio Martorano. Saranno così reintegrati i 13 lavoratori interinali della Plastic Components, nell’orbita della Magneti Marelli, che erano stati sospesi dal servizio.

Circostanza questa che, assieme alla minaccia di vedere bloccati altri 80 contratti in scadenza, aveva mobilitato allo sciopero i loro colleghi. Le assemblee dei lavoratori hanno approvato l’accordo come annuncia un comunicato della Fiom, secondo il quale «a Melfi ha vinto la solidarietà. Le assemblee svoltesi nelle imprese Fiat della Piana di San Nicola hanno dato il proprio consenso, ampiamente maggioritario, all’accordo realizzato stanotte dai sindacati dei metalmeccanici con l’Azienda. Accordo che mantiene in fabbrica quei 70 dipendenti che erano stati assunti come lavoratori in somministrazione e di cui la proprietà intendeva disfarsi». Così prosegue il comunicato: «Con una scelta incomprensibile, di fronte alla lotta avviata dai lavoratori della Magneti Marelli e della Ergom a difesa dei propri compagni, la Fiat ha messo in libertà per più giorni consecutivi tutti i dipendenti della Sata, puntando a creare una divisione e una contrapposizione tra i produttori di componentistica e i lavoratori della stessa Sata. Ma questo disegno non è passato».

L’annuncio dell’accordo ha rallegrato la Regione Basilicata, che per  voce del suo governatore, Vito De Filippo, ha evidenziato il ruolo di mediazione svolto dalla Regione lucana. «La mediazione della  Regione e di Confindustria Basilicata ha determinato una svolta alla  vertenza che ha bloccato per molti giorni la produzione del  complesso industriale Fiat di Melfi. La ripresa delle attività  restituisce serenità a tutti i protagonisti e assicura un clima di maggiore operosità in un polo produttivo tra i più moderni del  Paese». Fondamentale, secondo il Governatore Pd, è stata «l’attenta  mediazione dell’Assessore Straziuso, che consente di presentarsi  all’appuntamento ministeriale del 9 giugno a Roma con un quadro pacificato, premessa indispensabile per dare vigore ad una realtà  industriale che la Regione sostiene, puntando sulla ricerca e  sull’innovazione».

Lo stesso assessore alle Attività Produttive ha poi precisato come  «la complessa interlocuzione con le aziende dell’indotto automobilistico dell’area di San Nicola di Melfi e con i sindacati ha prodotto un apprezzabile risultato. La proposta di attivare tredici contratti interinali in aziende del Consorzio ACM non appartenenti al gruppo Fiat a fronte della rimozione dei blocchi e la disponibilità al recupero delle produzioni ha trovato, infatti, il consenso dei sindacati ed ha consentito l’immediata riapertura  dei cancelli nonché il mantenimento di posti di lavoro per i  lavoratori lucani».