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SPORT|La rabbia di Donadoni: «Sul mio esonero poca correttezza»

NAZIONALE L’ex ct in una lunga intervista a Sky tv parla della sua esperienza in azzurro: «Situazioni non chiare»

A un mese di distanza dalla sconfitta di Vienna contro la Spagna, l’ex ct della Nazionale di calcio italiana, Roberto Donadoni, torna a parlare, di sé e del suo rapporto con i vertici azzurri. Sui quali getta l’ombra di un comportamento poco corretto nei suoi confronti. La sua cavalcata sulla panchina azzurra ebbe inizio in un clima ancora ebbro del Mondiale vinto dal suo predecessore e successore, Marcello Lippi. Tre sole sconfitte in due anni di gare ufficiali.

A pesare è stato un Europeo giocato male, anche se perso soltanto ai rigori. Una lotteria che a Lippi regalò la gloria, a lui invece la gogna mediatica e un esonero a caldo. È questo il punto: «Forse le cose sono state molto accelerate e, onestamente, mi aspettavo qualcosa di diverso, nei modi – ha spiegato ieri, ai microfoni di Sky, l’ex commissario Tecnico azzurro – Io so come mi sono comportato quindi, da questo punto di vista, non ho davvero nulla da rimproverarmi».

E l’ombra di Lippi quando ancora Donadoni era in piena corsa all’Europeo? «Ognuno può valutare questo come meglio crede: le cose sono andate in questo modo, io ne ho preso atto senza fare troppi discorsi o storie». Alza la testa, Roberto da Cisano Bergamasco, e rincara la dose: «Non so se ci sia stata correttezza assoluta da parte di tutti quanti. So di guardare in faccia una persona e poterla guardare dritta negli occhi, senza avere difficoltà e se c’è qualcuno che abbassa lo sguardo perché è in difetto, non è certo il sottoscritto». Al presidente della Figc, Giancarlo Abete, l’artefice principale del suo licenziamento, fischieranno ancora le orecchie. «Vivo in questo mondo da tanti anni – prosegue Donadoni – quindi so quali sono gli eccessi. Sicuramente c’è stato molto di eccessivo, ci sono stati anche dei fraintendimenti e situazioni poco chiare».

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SPORT|La Figc: Atalanta-Livorno fu una combine

Cinque deferiti, le società rischiano la retrocessione. «I capitani si accordarono sia all’andata che al ritorno»

Ci risiamo, è sempre la solita storia. Squalifiche e deferimenti sconvolgono ancora l’estate del calcio italiano. Per la Procura Federale quel vizietto ancora tanto di moda in Italia di combinare partite e falsare risultati resta prerogativa ancora di molti. Sta volta sono i calciatori di Atalanta e Livorno a essere accusati, assieme alle rispettive squadre, di aver alterato i risultati di due gare: Livorno-Atalanta del 23 dicembre 2007 e Atalanta-Livorno del 4 maggio 2008.

Quattro calciatori del Livorno, Alessandro Grandoni, Emanuele e Antonio Filippini e il capitano del Livorno David Balleri con l’aggiunta del capitano dell’Atalanta, Gian Paolo Bellini. Sulla testa dei due capitani le accuse più pesanti essendo ritenuti gli artefici dell’aggiustamento dei due risultati, «in concorso con altre persone non identificate», recita l’accusa. Per loro adesso si prospetta il rischio di una lunga squalifica, almeno fino a tre anni.

Nella gara di andata, il 23 dicembre 2007, il risultato «concordato» dai capitani delle due squadre sarebbe dovuto essere di pareggio, e così fu, bloccando il tabellino sull’1-1 e conferendo alle rispettive squadre un vantaggio in classifica. Stesso risultato di pareggio concordato per la gara di ritorno Atalanta-Livorno del 4 maggio scorso. Sul 2-2 però il giovane nerazzurro Padoin siglò la rete della vittoria per i padroni di casa. All’esplosione di gioia della curva atalantina fece eco un inspiegabile parapiglia tra componenti delle due squdre, tra cui i gemelli Filippini, accusati assieme a Grandoni, di aver tenuto «un comportamento contrario ai principi di lealtà, sia in campo che in fase di audizione innanzi agli organi inquirenti».

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