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Prosegue l’intolleranza del regime di Mugabe

 

Cascate di Vittoria tra Zimbabwe e Zambia. Le risorse naturali ed economiche risentono ancora delle difficoltà storiche sperimentate nel passato da diversi paesi dell'area. Utilizzarle, nel caso dello Zimbabwe, avrebbe probabilmente portato ad uno sviluppo maggiore rispetto al disastro causato dalla decisione di requisire aziende produttive alla parte di popolazione di origine europea. D'altronde, Mugabe governa da anni e anni, se il suo programma "anticoloniale" fosse stato molto avanzato socialmente il paese non si troverebbe sull'orlo della guerra civile anche all'interno della comunità nera.

Oligarchie politiche inefficaci (sotto le quali paesi interi sono finiti nel disastro economico) non perdono occasione per prendersela con i bianchi che vivono in Africa, credendo di risolvere ogni problema attaccando l’occidente.

 

 

Anche al vertice della Fao, il ritornello del regime di Mugabe nello Zimbabwe è sempre lo stesso: nel 2009 l’autocrate parla ancora di nemici neocolonialisti, trascurando il contributo allo sviluppo dell’economia e di rapporti col resto del mondo che anche le comunità di origine europea hanno dato nel tempo, in Africa ed altrove.

L’antioccidentalismo è una brutta bestia, perchè basandosi su elementi di fatto concreti (come i guasti causati storicamente dall’imperialismo ed i disastri tuttora gravi consistenti nelle ineguaglianze) pretende di elevare prediche che dividono sommariamente il mondo in buoni e cattivi a mezzi di soluzione di problemi complessi.

Lo Zimbabwe ha una situazione di scarso rispetto della regolarità delle elezioni e dei diritti di proprietà di imprenditori cui sono state requisite le terre, in base ad uno strano programma di riappropriazione rispetto ad eventi accaduti nel trapassato remoto. Mugabe governa incontrastato appellandosi ad una sorta di missione storica anticoloniale (molto dopo la fine cronologica del colonialismo) e attacca i programmi di aiuto concordati con le aree sviluppate, definendoli mezzi di controllo politici.

Ma il problema, in molti paesi del Sud del Mondo, in molti casi è proprio l’assenza di controllo, rispetto all’utilizzo che oligarchie poco convinte dei valori democratici e solidaristici fanno degli introti e degli aiuti, spesso, questo è vero, con l’appoggio di un sistema internazionale che non disdegna lo sfruttamento incontrollato delle risorse che hanno un valore economico indifferentemente agli effetti sperimentati dalle popolazioni che vivono in prossimità di tali risorse.

Ma il malgoverno dell’economia delle nazioni in difficoltà, in più di un caso, sarebbe impensabile se i gruppi di potere locali non fossero più che inseriti nelle strategie economiche mondiali e nei loro proventi e non ottenessero il consenso in patria (di una parte significativa e disorientata della popolazione autoctona) attraverso mezzi propagandistici discutibili e nel medio lungo periodo molto dannosi, come l’antioccidentalismo e l’ostilità verso le comunità di origine straniera, che fanno da caprio espiatorio per le difficoltà generate da problemi che, essenzialmente tecnici, culturali ed economici, attendono soluzioni concrete e non guerre di civiltà.

Aldo Ciummo