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Il seminario sulla letteratura norvegese unisce Università di Milano e Istituzioni norvegesi

 

Giovedì 27 maggio, nell’ambito della settimana dedicata alla “Norweek10” studenti italiani, rappresentanti dell’ambasciata norvegese, di Innovasjonnorway e insegnanti hanno presentato insieme il lavoro del corso di norvegese

 

Nel pomeriggio del 27 maggio, la Sala Napoleonica dell’Università di Milano ha ospitato un seminario intitolato “s’erge blu dal mare grigio e verde”, citazione dall’autore nazionale Bjornsterne Bjornson, che rimanda così alle caratteristiche della Norvegia, i cui ambienti naturali hanno influito molto sulla produzione degli scrittori che vi hanno trascorso la loro vita. L’iniziativa si è articolata in due lezioni da parte di Camilla Storskog e Giovanna Paterniti, seguite da una discussione sulla lingua norvegese tenuta dagli studenti del corso, mentre un altro gruppo di ragazzi che seguono l’indirizzo di scandinavistica si è esibito in un coro, comprendente sia brani del repertorio tradizionale e popolare del paese nordico che l’esecuzione, adattata, di pezzi attuali appartenenti al folk metal.

Elio Franzini, docente, ha affermato che è importante promuovere la conoscenza della cultura nordica in Europa ed in Italia, sottolineando il ruolo che l’Università può svolgere ed ha detto che “l’Europa va sostenuta con uno spirito di apertura all’esterno ed all’interno e bisogna lavorare per l’Europa, non soltanto intesa come Unione Europea, ma come comunità di culture, un insieme che comprende paesi che ancora non hanno aderito o che ritengono di non aderire alla struttura istituzionale, anche tutti questi paesi sono un valore per il continente”. Andrea Meregalli, che insegna lingue scandinave, ha ricordato che il Governo di Oslo investe moltissimo sulla cultura e su una comunicazione consapevole.

Come in tutte le iniziative organizzate nel corso della settimana a partire dal 24 maggio, erano presenti Elisabeth Svanholm Meyer ed Elisabeth Ones per “Innovasjonnorway”, ente governativo che coopera con le realtà economiche norvegesi ma anche con i centri di ricerca e di innovazione per favorirne l’internazionalizzazione ed il radicamento, ed è intervenuto Richard Scarborough, consigliere dell’ambasciata di Norvegia che cura costantemente i rapporti del paese scandinavo con le diverse realtà italiane. Ilka Wunderlich ha presentato i suoi studenti che hanno illustrato alle persone presenti gli elementi più significativi della lingua e della cultura norvegese.

I responsabili di lingue e letterature scandinave all’Università di Milano dicono sempre che ne studi una e ne guadagni tre, perchè in particolare svedese, danese e norvegese presentano forti affinità ed offrono un indubbio interesse anche culturale e di vita perchè il danese è la lingua delle opere di Andersen e di Karen Blixen, il norvegese il linguaggio di un ambito sociale che non fa ancora parte della Ue e lo svedese è la lingua madre di registi cinematografici noti, come Ingmar Bergman, per non parlare dell’originalità della musica metal in tutta l’area nordica.

Del dipartimento di Scandinavistica qui fanno parte Anna Brannstrom, Celina Bunge, Inger-Marie Willert Bortignon, Giuliano D’Amico e Davide Finco oltre ai già citati Meregalli, Wunderlich e Storskog. Si è parlato sia della lingua norvegese, suddivisa nel Bokmal che è una evoluzione del danonorvegese (originato dall’unione di Kalmar che dal 1389 al 1521 vide unite politicamente le attuali Norvegia, Svezia e Danimarca) e nel Nynorsk che a partire dalle tendenze romantiche di recupero delle specificità nazionali si basa su elementi provenienti dai dialetti interni del paese, sia della cultura letteraria nazionale. Jo Nesbo, Anne Holt, Karin Fossum, tutte le tendenze più significative degli scrittori hanno ricevuto attenzione arrivando fino ad autori moderni ed originali come Erlend Loe.

La discussione ha toccato nomi universalmente conosciuti come Jestein Gaarder ed autrici come Asne Seierstad che hanno saputo spingere l’interesse dei lettori nordeuropei verso universi culturali completamente diversi dalla Scandinavia (Asne Seierstad lo ha fatto con il suo “Diario da Baghdad”). I discorsi dei docenti intervenuti hanno ripercorso la storia letteraria norvegese da Peter Dass (1647-1707) e Ludwig Holberg (1684-1754) fino ad Alexander Kielland, che ha innovato la letteratura nazionale con l’ironia delle sue Novelletter (“Novellette”) che dietro l’apparente leggerezza contengono una analisi dettagliata della società del tempo.

 Non sono mancate neppure riflessioni sugli autori più moderni come Camilla Collett (1813-1895) che al di là delle date è tra le iniziatrici del romanzo moderno norvegese, Knut Hamsun (1859-1952), che nella sua “Fame” (“Sult”) traccia in maniera espressionistica l’allucinazione mentale prodotta dalla povertà, Tarjei Vesaas (1897-1970) che intuisce le lacerazioni del secolo avviato ai conflitti (autore di “Kimen”, Il germe, nel 1940), Sigrid Undset (1882-1949), conosciuto per La Saga di Vigdis (Viga-Ljot og Vigdis) e tutti coloro che anche precedentemente avevano riportato in vita le fiabe e le tradizioni norvegesi, come Johan Sebastian Welhaven e Henrik Arnold Wergeland.

Le lezioni hanno riguardato ovviamente anche i quattro grandi (de fire store) della scrittura locale, Bjornsterne Bjornson (1832-1910), che quest’anno è stato ricordato anche a Roma con iniziative apposite promosse dall’ambasciata di Norvegia, dall’Istituto di Norvegia e dal Circolo Scandinavo e di cui già si è parlato; Henrik Ibsen (1828-1906); Jonas Lie (1833-1908) e infine il già citato Alexander Kielland (1849-1906). Di Ibsen ha parlato ancora Camilla Storskog, sottolineando la critica sociale presente in opere come “I pilastri della società” (“Samfundets Statter”). Giovanna Paterniti invece ha affermato che il giallo è diventato ormai una forma moderna di radicamento sul territorio da parte della cultura norvegese ed anzi ha saputo proiettarsi verso l’esterno conquistando nuovi lettori alle storie nordiche.

Aldo Ciummo

L’autonomia scolastica in Svezia inizia dalle lingue straniere

 

Negli ultimi anni si sono affermate le scuole promosse dai cittadini dei diversi territori, istituti finanziati dallo Stato ma basati sulle caratteristiche economiche e sociali delle diverse zone

Futurskolan, un gruppo di istituti compreso nella normativa delle cosidette scuole libere, frutto degli sforzi delle diverse comunità locali di promuovere offerte formative adatte al mercato del lavoro e sostenute dallo stato, ha posto al centro le lingue straniere.

In Svezia dal 2001 ad oggi le scuole di questo tipo sono cresciute e Futurskolan come gruppo di istituti ha puntato sull’apprendimento delle lingue straniere a partire dall’età giovanissima.

L’esperimento prende le mosse da una Svezia molto diversa da quella “da cartolina” ormai scomparsa, oggi gli educatori tengono conto di un panorama multietnico, dove molti ragazzi sono figli di genitori di diverse nazionalità e la prospettiva del mercato del lavoro è spesso all’estero o in stretto contatto con il resto d’Europa.

All’interno della galassia delle scuole libere, Futurskolan è un arcipelago di 1200 studenti e si concentra sulle Scienze Naturali e su un apprendimento dell’inglese previsto fin dall’inizio degli studi. A Ostermalm tutto il programma elaborato dagli insegnanti è in inglese.

La Svezia durante il suo semestre di Presidenza Europeo, nella seconda metà del 2009, ha insistito molto sulla promozione di una istruzione di qualità in tutta l’Unione Europea, apportando una significativa ricchezza di esperienze nella ricerca e nella educazione universitaria nella Comunità.

Aldo Ciummo

Anno di progettazione per i licei

 

Le scuole superiori cambiano completamente con la riduzione degli indirizzi e l’aggiunta di nuove scuole, transizione che richiederà la partecipazione di studenti ed insegnanti, solleva nuove istanze di adeguamento alla società da parte dei fruitori dell’offerta scolastica e comporta l’avvicinamento alle esigenze formative di generazioni alle prese con un mondo del lavoro molto diverso da quello che circondava le scuole nate dal vecchio impianto legislativo.

Entra nel vivo il cambiamento della scuola italiana, una riforma che va a intervenire sul nucleo vitale del sistema dell’istruzione e cioè le scuole superiori, l’insieme delle classi che esce ormai dalla scolarità di base delle fasce d’età precedenti e precede l’attività universitaria orientata in senso specialistico. Nelle scuole superiori coesistono un indirizzo definito ma ancora aperto a opzioni professionali e anche di scelta universitaria molto differenti e una formazione generale che si intende rivolta al cittadino e non soltanto al destinatario di una particolare disciplina teorica o tecnica.

I nuovi licei, di cui si è parlato già moltissimo sui mass media sono il Liceo Musicale e quello delle Scienze Umane, mentre al Classico la lingua straniera si insedierà definitivamente per tutti e cinque gli anni, così come allo scientifico quell’indirizzo tecnologico di cui si era visto qualcosa a livello sperimentale.

I cambiamenti sono qualche cosa di più di novità decorative, anche se negli attacchi all’impianto delle riforme proposte in questi anni – questa inclusa – è presente un elemento di fatto non trascurabile e cioè che il mancato investimento di fondi maggiori e anzi la sottrazione di risorse alla promozione delle iniziative di studenti ed insegnanti nella scuola superiore e della ricerca nelle università vanifica in gran parte lo sforzo di introdurre novità. E altre contraddizioni ancora riguardano lo scarso peso assegnato alla storia, specialmente contemporanea, all’economia ed all’Europa.

Ma è importante la ricerca di un adeguamento della formazione alle esigenze di crescita professionale degli studenti e di ore facoltative, ad esempio di diritto e di scienze audiovisive, che potrebbero essere un vero laboratorio di partecipazione degli studenti alla definizione della scuola ed infatti il sito sarà presente nella preparazione di alcune scuole superiori di Roma a queste novità.

Il numero degli istituti tecnici e di quelli professionali si è ridotto vistosamente e nelle intenzioni la ripartizione risponde a criteri di chiarezza nell’avviamento a ambiti professionali concreti della società italiana ed europea del presente: gli istituti tecnici sono raggruppati in due soli settori, economico e tecnologico, divisi al loro interno in due specializzazioni il primo e in nove il secondo; gli istituti professionali a loro volta comprendono due settori, servizi ed industria ed artigianato.

Aldo Ciummo