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Europa più presente sulla scena internazionale

 

Il Parlamento Europeo ieri ha deciso il via libera per l’accordo che regola il Servizio Europeo di Azione Esterna, mezzo effettivo delle attività comunitarie nel mondo.

di   Aldo Ciummo

Gli eurodeputati ieri hanno approvato una serie di raccomandazioni sulla organizzazione e sui metodi di lavoro del SEAE, il Servizio Europeo di Azione Esterna, una delle novità più importanti del Trattato di Lisbona recentemente entrato in vigore. Il Parlamento Europeo in realtà non ha potuto cambiare sostanzialmente la consuetudine e la norma che vede la Commissione in posizione di preminenza, anche se, venendo consultato su questo tema e più in generale incrementando la propria influenza sulle questioni concernenti la politica estera, l’organo elettivo ha posto le basi per una maggiore centralità del dibattito democratico all’interno dell’Unione Europea.

L’assemblea elettiva del continente ha ottenuto il rafforzamento dell’identità comunitaria del servizio europeo che si occuperà delle attività esterne, risultato evidente anche nelle norme che regolano la composizione del personale di questo nuovo organismo istituzionale. Un altro successo del Parlamento Europeo è la responsabilità politica e di bilancio che il SEAE dovrà assicurare nei confronti dell’assise, ma il servizio diplomatico non assumerà i poteri di controllo sulla politica di sviluppo e di vicinato che resteranno alla Commissione contrariamente a quanto delineato nella proposta dell’Alto Rappresentante della Politica Estera, Catherine Ashton.

La risoluzione con la quale il Parlamento Europeo ha confermato l’accordo raggiunto due settimane fa a Madrid proprio in merito al Servizio Europeo di Azione Esterna è stata approvata con 549 voti a favore, 78 contrari e 17 astensioni ed ha registrato valutazioni positive da parte di Elmar Brok (PPE, Partito Popolare Europeo), Guy Verhofstadt (Alde, Liberali) e Roberto Gualtieri (S&D).

Il Servizio Europeo di Azione Esterna assisterà l’Alto Rappresentante per la Politica Estera della UE, mentre il bilancio esecutivo ricadrà sotto la responsabilità della Commissione. L’esecutivo dovrà informare i deputati delle spese per le attività esterne e per le delegazioni. Il Parlamento si occuperà del bilancio nel suo complesso.

Un aspetto da non sottovalutare è la composizione del personale dell’amministrazione centrale a Bruxelles e delle 136 delegazioni esterne, difatti almeno il sessanta per cento dei funzionari del SEAE saranno provenienti dall’Unione, mentre un terzo verrà dai servizi diplomatici nazionali, in base a criteri di equilibrio anche regionale. La struttura nasce quindi con una forte impronta europea, mirata ad assicurarne appunto il ruolo di promotore della prospettiva europea nel mondo e con questo dell’identità globale della nostra Europa.

La politica estera della UE risponderà ai cittadini del continente?

 

Uno dei dibattiti maggiori cui assisteremo nei prossimi anni è quello su chi dovrà decidere con quale faccia si presenteranno nel mondo tutti i cittadini di un'Europa in crescita (oggi 27, un domani 28 con la Croazia, 29 con l'Islanda e poi chissà)

Uno dei dibattiti maggiori cui assisteremo nei prossimi anni è quello su chi dovrà decidere con quale faccia si presenteranno nel mondo tutti i cittadini di un'Europa in crescita (oggi 27, un domani 28 con la Croazia, 29 con l'Islanda e poi chissà)

Il Parlamento Europeo ieri ha chiesto di essere coinvolto pienamente nello sviluppo delle relazioni esterne della comunità, una domanda che apre un dibattito cruciale nella direzione che la democrazia europea imboccherà nei prossimi decenni

 

di    Aldo Ciummo

 

I deputati dell’europarlamento ieri hanno approvato con 424 voti favorevoli, 94 contrari e 30 astensioni la relazione di Elmar Brok (PPE,DE) sul Servizio Europeo di Azione Esterna (SEAE), che assisterà l’Alto Rappresentante della UE per gli Affari Esterni. I deputati vogliono essenzialmente esercitare il loro controllo sugli aspetti riguardanti il bilancio, ma con ciò anche affermare il controllo dell’organo elettivo sulla gestione della politica estera.

L’Alto Rappresentante per la politica estera, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, sarà qualche cosa di più di quello che è attualmente, sparirà la duplicazione che oggi vede le relazioni esterne dell’Unione curate anche dall’apposito commissario. Il ruolo del Rappresentante sarà di fatto quello di un ministro degli Esteri della Comunità, capace di competere in visibilità e prestigio con il Presidente di turno. Però la figura del politico incaricato di sostenere l’Europa nel mondo si inscriverà nella tradizione del Consiglio dell’Unione Europea, quella cioè di affidare le questioni ai ministri dei singoli stati, riuniti nei rispettivi settori in sede europea, una tradizione che ha privilegiato il metodo intergovernativo, il peso degli stati e degli accordi che raggiungono tra loro, rispetto al ruolo dell’Europa come insieme e del suo rapporto democratico, ancora labile, con la popolazione.

Non a caso, per nominare il ministro degli Esteri dell’Unione Europea (è ciò di cui si tratta in pratica, il primo vero ministro degli Esteri della UE)si fanno i nomi di politici che hanno ricoperto questa carica o compiti di governo nei rispettivi paesi, di solito i maggiori per importanza. Quello che chiede il Parlamento Europeo, protagonista di una competizione decennale con i poteri non elettivi e intergovernativi, è di sviluppare, sulla base del ruolo di controllo dell’assemblea eletta dai cittadini europei, una politica estera che risponda all’elettorato indipendentemente dalla sua appartenenza nazionale. L’Europa è stata prima un accordo tra stati, poi una comunità economica interdipendente, adesso vuole essere una comunità politica, ma per fare questo c’è bisogno della democrazia, della partecipazione.

Il Parlamento ha chiesto anche che le delegazioni della Commissione nei paesi terzi vengano unificate, per formare ambasciate dell’Unione, diretti da funzionari del Servizio Europeo di Azione Esterna o SEAE, che risponderebbe all’Alto Rappresentante della UE. Il personale dovrebbe assumere gradualmente funzioni di assistenza consolare e diplomatica verso i cittadini di qualsiasi paese della UE. Un vero progetto di costruzione dello stato, che ricorda per alcuni versi la nostra storia nazionale post-risorgimentale. Un’altra proposta è l’istituzione di una scuola europea di diplomazia, che formi coloro che porteranno avanti le relazioni esterne.

L’organizzazione del SEAE è qualcosa che lascerà il segno, sul volto che la UE assumerà di fronte alle altre realtà del pianeta: il suo funzionamento sarà deciso dal Consiglio dell’Unione Europea, su proposta dell’Alto Rappresentante e dopo una consultazione col parlamento e l’approvazione della Commissione. Il Parlamento Europeo, nel suo complesso, ritiene che il Servizio debba essere integrato nella struttura amministrativa della Commissione e che per rafforzare la coerenza dell’azione esterna dell’Unione le funzioni riguardanti le relazioni esterne dovrebbero essere immediatamente trasferite al SEAE.

Non ci si può illudere sulla rapidità di processi che richiederanno anni e anni, in particolare per quanto riguarda la concreta possibilità di un accordo chiaro e duraturo che bilanci il peso dei Governi, della Commissione e del Parlamento Europeo nel definire le linee guida e la forma organizzativa della politica estera, perchè questa si avvicini sempre di più ad una azione europea sottoposta al controllo democratico e ad una valutazione trasparente da parte dei cittadini degli stati che vanno ad integrarsi nella comunità.