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Norvegia e Svezia tra i paesi più ecosostenibili

Il rapporto del gruppo di investimento svizzero ha preso in considerazione per le opportunità legate all’ambiente cinquantanove paesi sviluppati ed emergenti

Gli stati nordeuropei risultano ancora una volta tra i più attenti all’ambiente, assieme a realtà di altri continenti come Australia e Canada: il rapporto di un gruppo di investimento svizzero ha posto la Svezia in cima alla classifica, che vede tra i primi dieci anche Norvegia, Finlandia e Danimarca, oltre a paesi del Commonwealth come Australia (secondo nella lista), Canada ed il Regno Unito.

Tra i paesi europei nei primi dieci anche l’Olanda. La particolare classifica associa le opportunità di investimento con la sicurezza ambientale.

Paesi come Norvegia e Svezia hanno raggiunto in questo tipo di analisi parametri molto positivi anche negli aspetti legati all’ambiente nei settori della occupazione, dell’istruzione e della cura istituzionale riguardo questi argomenti, nella classifica menzionata la Norvegia ha raggiunto il quinto posto e la Svezia si è piazzata prima.

Aldo Ciummo

L’Europa prende provvedimenti contro il disboscamento illegale

Nella settimana scorsa il Parlamento Europeo ha accordato il proprio consenso a due accordi internazionali, con Libera e Repubblica Centrafricana, per contrastare il disboscamento illegale

Gli accordi recentemente siglati dal Parlamento Europeo per promuovere il commercio sostenibile del legname avranno anche l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sulla questione, ha affermato la relatrice dell’Europarlamento, Elisabeth Kostinger (PPE, Austria) prima del voto che ha avuto come scopo principale evitare che i proventi del legname liberiano finiscano investiti in armamenti.

L’Unione Europea in sintesi lascerà entrare soltanto prodotti di legname legali, in base ad accordi volontari di partenariato (voluntary partnership agreement – VPAs) che impegnano i paesi ad esportare nella UE prodotti dal percorso verificato. L’Unione Europea garantirà come contropartita un accesso privilegiato ai prodotti che rientrano negli accordi menzionati.

Difatti le stime a disposizione della UE registrano la distruzione di una foresta di dimensioni paragonabili a quelle di un campo da calcio ogni due secondi, in un anno ciò significa danni per dodici miliardi di euro, senza contare l’effetto sull’ambiente, incalcolabile in termini puramente economici ed immediati. Dall’ottobre del 2010 la UE sta cercando di affrontare questo problema.

Il nuovo sistema di monitoraggio prevede il coinvolgimento di esperti indipendenti e provenienti dalla società civile. La Banca Mondiale ha affermato, in seguito ad uno studio, che in alcuni paesi il disboscamento illegale rappresenta il novanta per cento dell’attività di disboscamento, con immaginabili legami dell’economia del paese con fenomeni di corruzione e di criminalità.

Aldo Ciummo

 

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mmo

 

Ricostruire la sinistra, sconfiggere la destra in Europa

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste fanno, con varie sfumature, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste e di sinistra fanno, con varie sfumature da centro a sinistra, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone. Solo dove le leggi elettorali permettono a conventicole politiche (in via di scomparsa per ragioni anagrafiche) di autoriprodursi su base segmentaria selezionando rappresentanti fedeli ai vertici (Italia) perfino le forze politiche che dovrebbero riconoscersi nella sinistra e nel progressismo disattendono, nelle istituzioni, le istanze minime del proprio elettorato tradizionale (tutele sociali per le fasce deboli, difesa della dignità del lavoro, laicità delle norme, apertura verso l’immigrazione) e sembrano irrimediabilmente distanti e separati dal senso comune della maggioranza della popolazione.
Non ha nulla di sinistra appoggiare decisioni apparentemente tecniche (che appaiono tecniche alle televisioni che si fanno portavoce della tendenza al rigore a senso unico delle grandi coalizioni di destra) come è avvenuto in Grecia e Portogallo con i disastrosi risultati sociali e finanziari che superano ormai anche il filtro dell’informazione di centrodestra onnipresente in Italia, quando queste decisioni vanno soltanto a comprimere e danneggiare piccola e media impresa, disoccupati e precari, giovani ed immigrati; non ha nulla di progressista la difesa di posizioni di rendita acquisite da piccoli gruppi le cui condizioni di vita sono ormai da decenni lontanissime da quelle dei semplici operai o impiegati (di cui viene decisa la riduzione di fatto della pensione attraverso le tasse sui consumi anzichè sui redditi, una misura che fin dall’ottocento viene utilizzata dai governi di destra e conservatori per scaricare sulle parti più deboli della società i costi).
Non ha nulla di sinistra nemmeno accettare che i grandi patrimoni in Italia crescano senza controllo mentre le condizioni di vita delle parti più deboli della società peggiora e mentre queste porzioni di società, svilite, vengono ingrossate dall’impoverimento del ceto medio. Ciò che invece è di sinistra è tassare i patrimoni ed i redditi più alti e penalizzare le speculazioni, come vogliono fare i candidati del centrosinistra e della sinistra Hollande e Melenchon, così come l’applicazione di misure che riducono gli squilibri economici tra le diverse fasce sociali, come ha fatto la sinistra in Germania e come il Centrodestra tedesco in parte ha accettato, è un fatto che spiega perchè, tra le tante tutele (tutele sull’abitazione e sull’occupazione che Germania, Olanda, Belgio e molti altri paesi difendono invece di additare a zavorre) l’economia tedesca e di molti altri paesi corra tanto, mentre, in modo speculare, la spiegazione del progressivo atrofizzarsi dell’economia e del senso civile di altri paesi forse può trovarsi nella coazione a ripetere errori (dannosi per la società e fallimentari nella strategia) di una ex sinistra che identifica il proprio ruolo progressista nella difesa di una versione poco più moderata dei dogmi liberisti e conservatori dei propri ex avversari, i liberisti e le leghe, con il prevedibile (ed accertato in maniera crescente in diverse tornate elettorali) risultato di perdere voti, consenso ed impegno verso sinistra e destra, verso il centro, i regionalismi e le liste di protesta, oltre che disperdendoli nel non voto: un caso unico negli ultimi due decenni in l’occidente , dove non è difficile verificare che i maggiori partiti d’opposizione i consensi li guadagnano, in qualsiasi paese.
Non c’è da sperare, in Italia, in un risveglio alla realtà da parte di minuscoli gruppi sociali che non condividono nessuno dei problemi affrontati dalle persone comuni e che hanno tale sentimento di orgogliosa separatezza dalla popolazione (composta da pensionati, studenti, immigrati, professionisti) da permettersi di rispondere alla richiesta maggioritaria di eliminazione di una legge elettorale in cui i partiti autonominano i propri eletti con l’elaborazione di una nuova legge elettorale che intende sbarrare la strada ai partiti che hanno guadagnato consensi nelle ultime elezioni amministrative ricorrendo allo stratagemma di elevare la soglia di ingresso alla camera e soprattutto al senato in modo da escludere milioni di voti, anche se comincia realisticamente ad essere possibile che qualcuno dei partiti che cerca questa soluzione finisca al di sotto di queste soglie a sua volta (si vedano i risultati di elezioni regionali e cittadine di Puglia, Napoli, Milano, Cagliari, dove i cittadini hanno messo una pietra tombale sulle pretese di forze non rappresentative ed ormai minoritarie al di fuori da pochi palazzi).
Quello che si può sperare e per cui occorre adoperarsi è che le popolazioni dell’Unione Europea, in particolare gli abitanti degli stati più gravemente arretrati in fatto di tutele sociali, partecipazione democratica, integrazione dell’immigrazione (l’Italia è uno di questi) non perdano tempo in anacronistiche guerre tra poveri, tra pensionati ed immigrati, studenti e lavoratori, operai e precari, si lascino alle spalle le false soluzioni proposte dal liberismo (di cui la crisi è l’effetto) e dalle varie leghe xenofobe (che esistono appositamente per fare da alibi e da scudo al liberismo responsabile dei disastri sociali), perchè il ruolo della sinistra non è quello di essere un simulacro di opposizione assimilato al conservatorismo e al capitalismo selvaggio, progressismo non è costruire una opposizione perdente che piace alla destra: la sinistra deve interpretare le idee di quella maggioranza europea che vuole apertura, innovazione, multiculturalità, lavoro, ecosostenibilità e che intende affrontare direttamente le ingiustizie sociali.
Aldo Ciummo

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La sinistra europea riparte dalla Francia con Hollande

 La sinistra europea riparte dalla Francia con Hollande

I risultati parziali che emergono dal primo turno delle presidenziali francesi confermano che gli elettori europei voltano le spalle a tecnici e liberisti
Non ci sono sorprese nel primo turno di uno degli stati più importanti d’Europa, la Francia fondatrice della Ue con altri cinque paesi. Nicolas Sarkozy non si solleva dal venticinque per cento che aveva provato a superare con grandi sforzi pubblicitari e con la preoccupante rincorsa a destra cui ci si è purtroppo abituati soprattutto negli stati mediterranei della Ue.
L’affluenza è alta e la riserva di voti che i conservatori estremisti offrono a Sarkozy gli allontanerebbe tutti i centristi, anche la Francia non ha superato tutti i rigurgiti ultraconservatori che l’avevano snaturata nelle elezioni del 2002 in presenza di una bassa partecipazione e di tendenze nazionalistiche spinte dalle guerre e dalle varie leghe xenophobe europee che si avvantaggiavano del clima di tensioni internazionali sollevato dai conflitti.
Le vere novità in Francia si trovano a sinistra, un cambiamento che riecheggia altri segnali emersi negli ultimi due anni in tutta Europa (il successo dell’ambientalismo ed il fallimento della campagna elettorale euroscettica dei liberali nelle elezioni regionali in Germania, il ritorno di un governo di sinistra in Danimarca, il buon risultato della sinistra nelle presidenziali irlandesi ed il successo dei Verdi nel primo turno delle presidenziali in Finlandia), indizi di un progressivo rifiuto, da parte delle popolazioni europee, di entrambe le versioni liberista e xenofoba del conservatorismo di destra responsabile in questi ultimi due decenni di squilibri economici e chiusure culturali che hanno desertificato molte opportunità di sviluppo socioeconomico della UE.
In Francia, Francois Hollande sta vincendo le elezioni con un indirizzo di politica di sinistra progressista: ridurre le disparità tra i cittadini per difendere il concetto di cittadinanza, valorizzare il ruolo degli immigrati attraverso l’apertura e l’integrazione, sostenere la crescita sociale attraverso l’ecosostenibilità e l’Europa. Jean-Luc Melenchon, il candidato del raggruppamento di sinistra, sta viaggiando attorno al dodici per cento dei consensi, con progetti di redistribuzione e riconversione ancora più netti, oltre che con una critica forte all’Europa rigorosa solo con le popolazioni, nelle questioni sociali e con l’immigrazione e invece debolissima con gli eccessi della finanza, con le concentrazioni patrimoniali e le tendenze conservatrici.
Aldo Ciummo

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Tilt con la Fiom: “in nome dell’austerità si ipoteca anche il futuro”

All’assemblea della Fiom a Bologna è intervenuta l’associazione della sinistra diffusa “Tilt” che riunisce giovani appartenenti a diverse forze progressiste ed alla società civile

di  Aldo Ciummo 

Un futuro di diritti, che il presente ingombro di dogmi ultraliberisti e conservatori riciclati dalle fallimentari esperienze finanziarie globali degli ultimi due decenni sembra avere archiviato, è invece la domanda che proviene dal paese reale, difficilmente rappresentato dagli studi sulle curve quotidiane dello spread che sembra essere l’unica passione della destra tecnica che governa oggi l’Italia.

La destra tecnica dei Monti, Fornero, della noia del lavoro e della sfortuna dello studio, propone ed impone a tamburo battente ricette che in Portogallo hanno raddoppiato in un anno il debito ed incrementato la mortalità tra i pazienti della spesa sanitaria pubblica tagliata con l’accetta ed in Grecia hanno portato il paese nelle condizioni conosciute, a cui anche l’Italia comincia per gradi ad assuefarsi.

Sono trascorsi soltanto pochi mesi dal passaggio, comprensibilmente indolore, dalla destra populista delle campagne mediatiche contro la cultura dei diritti e del lavoro ad una destra tecnica dei fatti quotidiani contro contro un assetto democratico fondato anche sulla partecipazione sostanziale alle opportunità di istruzione, lavoro, autonomia e partecipazione di tutte le parti della popolazione.

Tilt è una associazione a cui appartengono ragazzi di diversi partiti di sinistra, studenti, lavoratori, immigrati, precari, il cui orientamento comune è il rifiuto di una logica distorta, che vorrebbe mettere l’operaio che difende le conquiste realizzate nei decenni e lo studente che vede l’assetto attuale della società cercare di prevenire in anticipo la sua libertà e la sua autonomia attraverso la negazione dei diritti allo studio ed alla formazione, la stessa logica distorta che attraverso le televisioni e le campagne stampa dei governi Berlusconi e Monti ha cercato in questi anni di mettere precari contro immigrati.

Difendere l’articolo 18 e condividere il percorso della Fiom in questo senso, unitamente a sottolineare il valore della sua difesa della dignità ed espressione dei lavoratori nei luoghi di produzione, significa promuovere il diritto di tutti quei giovani che sono spesso cittadini di serie B a causa di un debito creato da altri (impoverendo anziani e adulti) solo per approdare ad una crisi di sistema che dovrebbe diventare finalmente il punto di partenza per cambiare le cose e non per riproporre i soliti dogmi neoliberisti e conservatori di destra che hanno rovinato intere società, da un lato e dall’altro dell’Atlantico.

Nello stesso modo, per i lavoratori ed i professionisti dei luoghi di produzione e del malconcio sistema imprenditoriale italiano, indebolito dalla impossibilità di espandere o conservare i consumi da parte del sessanta per cento della popolazione, condividere il percorso di quanti oggi iniziano il liceo o un istituto professionale con la sicurezza di non potersi iscrivere all’università (o di poter scegliere di farlo soltanto per approdare a maggiori disagi al termine del proprio impegno) significa tutelare i propri diritti, salvaguardandoli dalla concorrenza certa di una riserva di “stranieri in patria”, nati con una cittadinanza formale ma costretti dall’assenza di tutele minime e di prospettive civili a concorrere al ribasso nel mondo del lavoro con anziani esodati che gli studiosi dello spread considerano un ingombro.

I sindacati italiani sono stati la forza che ha impedito alle resistenze alla modernizzazione (da parte di gruppi che hanno sempre cercato di fare dell’Italia un terreno di sperimentazione di forme autoritarie di capitalismo) di trattenere indietro l’Italia: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Fiom, la Fiom più di altri e pagando prezzi maggiori, hanno consentito al paese di trasformare il testo della sua Costituzione, una delle più complete in fatto di diritti sociali, in qualcosa di vissuto veramente nella consapevolezza dei diritti propri e dei diritti altrui, motivo per cui i sindacati, specialmente quelli di sinistra, hanno difeso giustamente sia italiani che nuovi cittadini sui luoghi di lavoro, coscienti del fatto che salvaguardare la dignità degli altri significa lottare concretamente per la propria.

E’ importante che questa solidarietà tra componenti diverse della vera sinistra, che non accetta il razzismo e non accetta lo smantellamento della Costituzione nata dalla Resistenza, non cambi e anzi trovi adesso nella rinnovata ostinazione dei ragazzi, studenti, immigrati, precari, professionisti a non accettare un futuro a due corsie (per la maggior parte della popolazione da una parte e per i figli dei tecnici dall’altra) il collante per una opposizione sociale ai programmi di concentrazione delle opportunità e delle risorse che il Centrodestra ha confusamente portato avanti per venti anni e che la destra tecnica sta finalizzando con efficienza scientifica e con profitto, avvantaggiandosi cinicamente del disorientamento creato dalla crisi economica e dalle speculazioni finanziarie che l’hanno creata.

Per questo Tilt ha sottolineato a Bologna e sta evidenziando in tutta Italia che i tecnici e la destra non devono arrogarsi il diritto di togliere tutele ai lavoratori ed ai disoccupati, agli immigrati ed ai pensionati, permettendosi, vergognosamente, di farlo in nome di generazioni di studenti e di ragazzi che non conoscono e di cui attaccano i diritti definanziando la scuola, la ricerca e la formazione.

Per gli stessi motivi, la parte della popolazione nata quando ormai l’Unione Europea nel senso attuale del termine era già stata costruita e il suo Parlamento era ormai votato dai cittadini sa che questa Unione Europea non può dirsi compiuta, se le garanzie sociali scritte nel manifesto di Ventotene non vengono difese dai cittadini europei attraverso la partecipazione politica quotidiana. Vicino alla lotta per la tutela dei diritti dei lavoratori più attaccati oggi c’è la promozione di strumenti come il welfare universalistico in Europa, che incontrano un solo ostacolo nel divario di patrimoni e opportunità in Europa, in maniera particolarmente accentuata in Italia.

Professionisti, precari, immigrati devono collaborare con i lavoratori delle industrie e con i disoccupati se vogliono fronteggiare quel mondo composto da concentrazioni patrimoniali, mediatiche, politiche (aggravatesi con la legge elettorale che consente alle dirigenze di autonominarsi nelle elezioni), che sta aggredendo da un nuovo ventennio a questa parte, le fasce più deboli e produttive della popolazione con una vera e propria lotta di classe alla rovescia. Tilt rappresenta soltanto una delle realtà della sinistra italiana e dell’opposizione alla destra populista dei Berlusconi e dei Bossi ed a quella destra tecnica che ne è la continuazione scientifica.

L’interesse dell’esperienza di Tilt risiede nella collaborazione di ragazzi di diversi partiti di sinistra e di non iscritti ai partiti, anche in considerazione della costante consegna alla destra del paese che è stata causata da una litigiosità tra gruppi di orientamento di sinistra incomprensibile per chiunque ritenga prioritario portare avanti politiche progressiste, rispetto all’elezione di un esponente o di un altro, evidentemente più importante per tutte quelle liste che a turno hanno anteposto a tutto l’esigenza di lucidare vecchi simboli sconosciuti alla maggior parte dell’elettorato.

Per queste ragioni Tilt e le altre forze di sinistra che di tale non hanno conservato soltanto il nome sono state in piazza a Bologna e sono in strada in Italia per affermare con iniziative concrete che la logica del “si salvi chi può”, promossa cinicamente dai tecnici della destra per frammentare il mondo del lavoro dividendolo da quello del precariato e spezzando l’uno e l’altro in partite iva, ricercatori e altro ancora non deve interessare tutti coloro i cui diritti sono sotto attacco in questo momento e che perciò debbono preoccuparsi di proporre un modello diverso di paese e di Europa.  

 

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La Commissione Europea: “ripresa attraverso l’occupazione”

Il Commissario agli Affari Sociali Laszlo Andor ha indicato nelle telecomunicazioni, nell’assistenza sociale e nella produzione ecosostenibile le leve della ripresa

L’Unione Europea vuole creare più di diciassette milioni di nuovi posti di lavoro nel territorio dei ventisette nei prossimi otto anni, puntando su telecomunicazioni, assistenza sociale ed economia verde per favorire una ripresa durevole, basata sull’effettiva inclusione dei cittadini e sulla valorizzazione del loro ruolo al di là delle superate frontiere degli stati. L’obiettivo della Commissione europea è arrivare ad un tasso di occupazione molto alto nel 2020, il settantacinque per cento escludendo le persone in età scolare o oramai in pensione.

La Commissione, attraverso Laszlo Andor, commissario agli affari sociali, afferma anche di voler prevenire la crescente povertà tra i lavoratori attraverso l’introduzione di un salario minimo, allo scopo di mettere un freno alla corsa al ribasso del costo del lavoro. Occorrerebbe ricordare che le direttive europee che hanno consentito negli anni passati di basarsi sul prezzo del miglior offerente oltre i confini nazionali, di per sè motivate da fondate considerazioni di concorrenza, hanno però innescato il deprezzamento del lavoro, in assenza di misure che contemporaneamente all’introduzione della liberalizzazione dei costi del lavoro oltre i confini degli stati tutelassero le professioni e l’occupazione.

L’Unione Europea fa un passo avanti, proponendosi di attingere ai fondi della Ue per potenziare i sussidi rivolti alla creazione di lavoro, alla diminuzione del costo del lavoro non riconducibile alla retribuzione degli occupati, oltre che scommettendo su salute ed assistenza sociale, economia verde e telecomunicazioni per rimettere in crescita il mercato unico europeo, facilitando anche la mobilità attraverso il riconoscimento delle competenze, un ambito ancora reso incerto dalla diversità dei quadri legislativi.

I settori indicati però si trovano alle prese con le contraddizioni dell’economia ultraliberista come la si è conosciuta in questi anni, che hanno portato prima ad un impoverimento di fatto della maggior parte della popolazione ed alla disarticolazione dei diritti sociali e civili così come erano stati faticosamente costruiti in lotte decennali contro i fascismi e contro le concentrazioni economiche, e successivamente ad una fase di disordine anche nell’economia finanziaria, che non poteva restare completamente slegata dall’economia reale che la finanza aveva compromesso attraverso le sempre più frequenti speculazioni.

Risulta molto difficile oggi pensare che drenare risorse dalle fasce più in difficoltà delle popolazioni europee e soprattutto sottrarre diritti e prospettive a lavoratori, giovani, immigrati, possa consentire dei miglioramenti nella società e nell’economia, perchè i danni che una simile impostazione da parte delle organizzazioni finanziarie meno colpite dalla crisi economica possono creare al tessuto sociale difficilmente potranno essere recuperati con qualche contromisura sociale o innovativa sostenuta con risorse derivate dalla ulteriore tassazione delle parti più deboli della società.

Aldo Ciummo

 

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L’impegno europeo per l’ambiente

Il 27 febbraio a Roma convegno sulla bioeconomia organizzato dalla Rappresentanza della Commissione Europea in collaborazione con l’Apre

La Commissione Europea è impegnata nell’avviare l’economica europea verso un maggiore utilizzo delle risorse rinnovabili e una effettiva sostenibilità. Difatti la popolazione mondiale si dirige, entro quaranta anni, ad avvicinarsi ai nove miliardi di abitanti. Questa previsione impone un diverso approccio alle risorse naturali ed alla distribuzione delle opportunità. L’Europa, in particolare, sperimenta la necessità di programmare il reperimento di risorse biologiche rinnovabili per la produzione di generi alimentari, beni energetici e materiali.

Al convegno che si svolgerà la mattina del 27 febbraio presso la sede della Rappresentanza a Roma della Commissione Europea (Via Quattro Novembre), organizzato in collaborazione con l’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea, “Apre”, parteciparanno il Vice Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Emilio Dalmonte, il capo unità alla direzione generale Ricerca e Innovazione della Commissione Europea, Antonio Di Giulio, Maria Uccellatore della direzione generale per l’internazionalizzazione della ricerca (al Miur), Luigi Rossi, coordinatore delle piattaforme tecnologiche italiane di Bioeconomy.

Attualmente, la bioeconomia europea ha un fatturato di 2000 miliardi di euro ed impiega attorno ai ventidue milioni di persone (il 9 per cento dell’occupazione nell’Unione Europea). Sono interessati dal fenomeno l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, la produzione alimentare, della carta, l’industria chimica, biotecnologica, energetica.

Aldo Ciummo

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Norvegia, aumentano le risorse provenienti dal Mare del Nord

 

Il Ministero dell’Energia ha riferito che nel Mare del Nord, nel Mar di Norvegia e nel Mare di Barents nuove aree sono state aperte alla valorizzazione economica
 
Il Ministero del Petrolio e dell’Energia norvegese ha riferito che fasce del Mare del Nord, del Mar di Norvegia, del Mare di Barents saranno interessate da attività di esplorazione e aperte alla valorizzazione industriale. Le nuove licenze riguardano il 2011 ed il 2012.
 
Il documento Awards Predefinied Areas (APA) per il 2011 ha stabilito di espandere le aree del Norwegian Continental Shelf (NCS) in 62 fasce geografiche o sezioni delle fasce geografiche interessate, rispetto al 2010.

Cinquantasei di queste zone saranno oggetto di attività nel Mar di Norvegia e sei nel Mare del Nord. Oslo è all’avanguardia nella previsione delle risorse disponibili per le generazioni future nello stato.
 
La parte nordorientale del Mare di Norvegia, le zone vicino Jan Mayen e parte meridionale del Mare di Barents sono al centro dell’attenzione del Governo norvegese.

La Norvegia è attiva nella concretizzazione di un piano di lungo termine per assicurare livelli stabili di approvvigionamento energetico, così come riferito dal Ministro per Petrolio ed Energia, Ole Boerten Moe.
 
Il 14 settembre 2011 è il termine ultimo per le richieste di sfruttamento delle zone che si trovano nelle regioni marine citate. Le richieste saranno valutate in accordo con i parametri dello stato norvegese in fatto di ambiente, pesca, produzione.

Aldo Ciummo

Danimarca: design e sostenibilità, una tradizione che si rinnova

Il Design, al centro di numerose iniziative pubbliche in Danimarca, viene sviluppato oggi come uno degli elementi che determinano la compatibilità ambientale dei manufatti

Il Design gioca un ruolo fondamentale nel destino ambientale del prodotto: una lunga tradizione in Danimarca vuole che dalla scelta dei materiali alla creazione dell’oggetto, il design aiuti a sviluppare la scommessa della sostenibilità verso un insieme di opportunità economiche capace di collegarsi alla qualità della vita.

Non a caso in Danimarca esiste un premio biennale dedicato proprio al design, articolato in cinque categorie che sono corpo, casa, lavoro, intrattenimento e comunità, con un’attenzione speciale alla sostenibilità ambientale.

Si tratta di un indirizzo delle arti applicate che risale all’architetto danese Kaare Klint, il quale era docente presso la Royal Danish Academy of Fine Arts, dove diffuse un concetto razionale di design adattato alle diverse esigenze umane. La cultura locale di soluzione dei problemi pratici oggi si lega all’ecologia.

Il grande successo del periodo del design di cui furono protagonisti tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta Arne Jacobsen, Hans Wegner, Borge Mogensen e molti altri ha continuato ad intrecciarsi con la funzione sociale dell’arte riconosciuta dalle istituzioni attraverso l’investimento su istruzione, librerie, edilizia popolare e su di una concezione della sperimentazione estetica come miglioramento della vita di tutti.

Costi e qualità dei materiali si sono affiancati così all’aspetto dei prodotti, l’artigianato è entrato a pieno titolo nell’evoluzione dei gusti ed il design danese si è avvicinato sempre di più all’espressività della società contemporanea ed alla coscienza ambientale, cooperando con l’industria privata e le istituzioni per indirizzarsi verso il risparmio energetico, il riuso e la valorizzazione dei materiali alternativi.

L’introduzione di nuove tecnologie è stata resa possibile da una rete di collaborazioni dovuta proprio alla stretta integrazione ormai esistente tra produzione estetica e coscienza sociale. Il Danish Design Centre si occupa oggi di mettere insieme tutti gli sforzi di accrescere la cultura professionale e l’innovazione ecosostenibile, impegno sostenuto anche dal Ministero degli Affari Esteri Danese.

Aldo Ciummo

Finlandia. Ambiente ed Energia al centro del prossimo bilancio

 

I partiti della coalizione di governo si sono accordati sulla proposta di bilancio di cinquanta miliardi di euro, una delle novità è la valorizzazione del Baltico

L’esecutivo guidato da Mari Kiviniemi ha raggiunto un accordo sul bilancio del prossimo anno, dove capitoli importanti sono consumi ed ecologia. Il bilancio è di più di cinquanta miliardi di euro, comprendenti tre milioni aggiunti per rafforzare la valorizzazione dell’area Baltica. Sono previsti anche aumenti consistenti (quaranta milioni di euro) nei fondi necessari a migliorare la ferrovia Seinajoki-Oulu.

I pensionati con introiti minori saranno agevolati e non si prevedendo aumenti dei costi per gli studenti. La manovra include spese maggiori per i cittadini: settecento milioni di euro infatti arriveranno dalle tasse sull’energia e il riscaldamento costerà quindi di più. Cento milioni dovrebbero venire da imposte sulle bevande. Deficit e disoccupazione stanno decrescendo e il vertice di governo di ieri ha ottenuto l’accordo di tutte le forze di governo.

Il Ministro delle Finanze, Jyrki Katainen, ha affermato che delle restrizioni nei consumi non sono assenti ma non limiteranno la ripresa economica, l’SDP, il maggiore partito di opposizione (Suomen Sosialdemokrattinen Puolue) invece ha sottolineato i limiti del bilancio, soprattutto in merito alla riduzione della disoccupazione.

Jutta Urpilainen, la quale presiede il partito socialdemocratico ha dichiarato che con questa manovra il conto della crisi viene passato al governo successivo. Le altre critiche al bilancio finlandese per il prossimo anno arrivano dalla federazione dei sindacati, la SAK (Suomen Ammattiliittojen Keskusjarjesto), e riguardano il taglio di sessanta milioni di euro alle misure di promozione dell’occupazione (rispetto all’anno corrente), mentre l’Associazione delle Autorità Locali e Regionali Finlandesi, che ha sottolineato i bisogni dei territori. Il bilancio sarà dibattuto in Parlamento, l’Eduskunta, il mese prossimo.

Aldo Ciummo