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“Norway Your Way” promuove la conoscenza delle regioni del Nord Europa

 

Successo per il concorso “Norway Your Way” ideato per accrescere la conoscenza del nord in Europa
 
Il grafico Hermes Mangialardo, assieme a musicisti, artisti ed attori provenienti anche da Francia, Inghilterra, Germania e Russia sarà in Norvegia alla metà di agosto ed avrà la possibilità di documentare diversi aspetti della cultura e delle tradizioni del paese scandinavo. Elisabeth Ones, responsabile del Turismo in Innovasjon Norge per l’Italia, ha dichiarato: “siamo veramente contenti del successo della campagna così come del livello di molti contributi che ci hanno meravigliato per creatività ed immaginazione”.
 
Hermes Mangialardo ha riscosso l’approvazione alla fine del concorso per la qualità della animazione che ha realizzato e per la capacità di racchiudere in due fotogrammi lo spirito del paese che ha promosso. Il successivo itinerario che il gruppo di artisti europei seguirà è stato elaborato tenendo presenti la conoscenza del territorio degli abitanti delle regioni norvegesi.
 
L’animazione rappresenta il paese nordico come una evasione dal traffico metropolitano e come l’ingresso in un contesto dominato dalla natura e in equilibrio con l’ambiente. La Norvegia infatti punta fortemente sul proprio ruolo di stato attento al rapporto con l’ecosistema anche per incrementare un turismo particolarmente interessato alle bellezze naturali delle coste e delle province più settentrionali.

Aldo Ciummo

Ambiente: si rischia un mondo senza felini selvatici

 

Tra le prospettive di deterioramento dell’ecosistema e il permanere di fenomeni di bracconaggio il numero di quelli che sono tra gli animali più belli della terra si riduce pericolosamente

di   Aldo Ciummo

Quattro quarti delle specie conosciute di felini selvatici risultano in declino secondo un rapporto pubblicato da diverse organizzazioni impegnate nella difesa della vita dei diversi animali nel pianeta, tra le quali figurano l’International Fund for Animal Welfare (Ifaw), Panthera, Wildlife Conservation Society e Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Non è molto più roseo il panorama di volpi e lupi, che non sono felini ma canidi selvatici. Anche la loro condizione illustra lo stato generale dell’ecosistema in vaste aree del mondo.

In ventisei paesi dove il leone era presente, oggi è un ricordo, in altri, nonostante si riduca drammaticamente il numero degli esemplari (in Africa i leoni che cento anni fa erano 200.000 sono oggi soltanto 30.000) quelli che erano conosciuti come i re della foresta sono tuttora bersaglio del bracconaggio, una infamia accresciuta dal fatto che gli animali, spesso confinati in spazi limitati, non hanno la concreta possibilità di difendersi o di sottrarsi alla propria uccisione.

Gli studi compiuti dalle associazioni animaliste internazionali riferiscono che la battaglia per la protezione delle specie minacciate non concerne soltanto la difesa di animali in assoluto tra i più belli della terra, come leoni, tigri e leopardi, ma anche la tutela di fragili ambienti di vita naturale, la cui sopravvivenza così come le popolazioni locali li conoscono oggi dipende strettamente dalla presenza degli “inquilini” citati.

A volte l’alta mortalità non naturale che colpisce i felini (e di cui l’imputato principale è solitamente l’essere umano) dipende anche da limiti economici e culturali del territorio che li circonda: accade ad esempio che per proteggere attività agricole e di allevamento qualcuno spari. Ma il valore economico di trofei di varia natura e utilizzo è il killer principale di razze i cui esemplari si contano oramai in poche migliaia, come i leopardi delle nevi.

Spesso a stringere un cerchio già esiguo è l’antropizzazione di nuove aree del pianeta, associata allo sfruttamento intensivo di risorse che coincidono con l’habitat dei felini: uno dei più minacciati è europeo, la lince iberica, forse ne restano meno di cento. L’alterazione degli ambienti originari che conduce alla estinzione (il rischio è in molti casi a questo livello) si aggrava con la riduzione e la scomparsa delle specie, perchè queste contribuiscono all’equilibrio dei diversi ambiti naturali, generando così un cerchio che ha come esito un ecosistema sempre più povero ed inospitale per tutti i suoi abitanti.

Con questo, l’International Fund Animal for Welfare (Ifaw) sottolinea che, sterzando in direzione di politiche di tutela delle famiglie più minacciate, non soltanto evitiamo di ritrovarci in un mondo senza felini selvatici e della bellezza di cui arricchiscono gli ambienti unici cui appartengono, non soltanto elimineremmo la prospettiva di limitarne la presenza agli zoo, ma si inizierebbe gradualmente a proteggere anche una serie di altri animali, che dall’equilibrio incrinato di diversi settori dell’ecosistema vedono dipendere la loro sopravvivenza.

La Danimarca: verso una nuova politica agricola comune

 

Il Governo danese ha espresso la propria posizione riguardo alla discussione in Commissione Europea sulla Politica Agricola Comune, sui suoi obiettivi e principi e sul contributo alla strategia europea per il 2020

Le idee presentate dal governo danese descrivono una prospettiva di organizzazione della politica agricola comune all’interno di un dato budget nella prospettiva finanziaria fino al 2020, con l’obiettivo di assicurare la creazione di un valore aggiunto all’Unione Europea come insieme, favorendo una crescita verde.

Il Governo danese ritiene che l’andamento delle recenti riforme e l’orientamento del mercato della Politica Agricola Comune dovrebbe proseguire e che la Strategia Europea per il 2020 sia una opportunità per pensare guardando al futuro, anche per quanto riguarda l’agricoltura ed i prodotti alimentari. Infatti, gli obiettivi comunitari dovrebbero essere inclusi nella Politica Agricola Comune, specialmente concentrandosi su ricerca, sviluppo ed innovazione nel settore.

 La capacità del comparto agricolo di sopravvivere nel futuro è strettamente legata alla sua capacità di essere innovativo e di utilizzare in modo attivo le proprie professionalità, piuttosto che affidarsi ai classici meccanismi di sostegno. Il punto di vista danese, riguardo alla politica agricola comune (nel periodo 2014-2020) è che questa dovrebbe focalizzarsi sulla gestione delle nuove sfide e sul raggiungimento di vantaggi pubblici.

Per la Danimarca, la Politica Agricola Comune ha le potenzialità per contribuire all’esplorazione di uno sviluppo sostenibile. Per esempio come ottenere in maniera efficiente una gestione dell’acqua e della biodiversità, sicurezza alimentare, gestione dei cambiamenti climatici e più alte esigenze ambientali ed energia verde. Uno dei modi di ripensare la Politica Agricola Comune – ritiene il governo di Copenaghen – è quello di ragionare in base ad un primo e ad un secondo pilastro durante il periodo che va dal 2014 al 2020.

Il nuovo sistema di pagamenti diretti dovrebbe poggiarsi su un premio-base disponibile a tutti gli agricoltori, ad un livello regionale. Un’altra parte del sostegno potrebbe essere riconosciuta ai coltivatori a seconda del raggiungimento di vantaggi da parte della comunità grazie alla loro azione, questo potrebbe avvenire semplicemente: il secondo pilastro infatti dovrebbe focalizzarsi in modo più deciso sui progetti che includono innovazione e sviluppo nelle aree rurali attraverso un quadro sussidiario di condizioni (programmi educativi, nuove tecnologie). Tutto ciò per assicurare una crescita verde in linea con la strategia europea per il 2020.

Svezia esempio negli aiuti allo sviluppo

 

 

Diverse relazioni riportano il fatto che lo stato scandinavo guida la classifica nell’Unione Europea per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo

La quota di ricchezza pro capite che gli svedesi spendono per aiutare i paesi svantaggiati ad organizzare propriamente l’economia è la più grande all’interno dell’Unione Europea (1,12 per cento contro la media europea che è complessivamente allo 0,46 per cento quest’anno e che scende ancora al di sotto nel caso di alcuni grandi paesi come Italia e Francia).

Oltre a AidWatch, anche Concord, coordinamento europeo per le organizzazioni non governative che si occupano di ricostruzione e di sviluppo, riporta dati simili. Ma quest’anno la Svezia ha ottenuto anche un altro riconoscimento riguardante il modello di società e basato su sedici liste dedicate a diversi aspetti della vita associata.

Occorre aggiungere che i paesi scandinavi complessivamente raggiungono posti molto alti in questa classifica, risultato di una iniziativa della Fondazione Tallberg, portata avanti però da altri soggetti, organizzazioni internazionali e fondazioni indipendenti.

Diritti di accesso pubblici, processi collettivi di decisione, innovazione nella gestione della proprietà privata, meccanismi di solidarietà sono tra gli elementi sottolineati dalle ricerche completate ed indicano una generale stabilità ed anche un accentuamento del ruolo positivo nella definizione di alti standard di diritti umani e di efficienza della vita associata, così come già tradizionalmente riconosciuto ai paesi nordici, di cui viene apprezzata molto anche la volontà di includere la difesa dell’ecosistema nei diritti dei cittadini da tutelare per primi.

Aldo Ciummo

Le risorse del grande Nord vanno scoperte e non danneggiate

 

Gli ambienti naturali del grande Nord, che affascinano tanti occidentali da sempre, sono in realtà una delle parti più fragili del pianeta di fronte alle trasformazioni indotte dalle attività umane

Presso l’ambasciata del Canada si sono incontrati anche i rappresentanti di Svezia, Danimarca, Finlandia e Norvegia: con la partecipazione anche degli USA e del Governo Italiano gli ambasciatori del Nord hanno tracciato una mappa delle sfide che attendono una delle aree più fragili e ricche di diversità ecologiche del pianeta, l’Artico.

 

Abbiamo all’estremo Nord del mondo cose preziose, che non vanno aggredite ma trattate con cura, dal momento che fanno parte dell’ecosistema e quindi anche degli equilibri sociali, dell’economia e della vita sul pianeta come la conosciamo. Riportiamo a questo proposito alcuni degli spunti emersi nella giornata di ieri presso la rappresentanza canadese che si trova ai Parioli a Roma, prima di affrontare l’argomento con altri servizi più dettagliati, dato che il tema è esteso e merita una riflessione anche in altri spazi e mirata anche ai singoli paesi europei interessati dai fenomeni artici.

Nella giornata di ieri sono stati in particolare gli ambasciatori di Svezia, Finlandia, Danimarca e Norvegia che hanno fornito al pubblico molte ragioni per difendere questa area e l’intero equilibrio ambientale, delle cui trasformazioni con il processo di scioglimento dei ghiacci non solo il nord del continente europeo risente, ma tutto il globo ed in maniera speciale quelle zone, ricche di storia e intensamente popolate come sono le coste italiane, che, se sommerse, da una parte creerebbero immensi problemi socioeconomici in uno spazio geograficamente ristretto come la nostra penisola, dall’altro ci metterebbero di fronte al trauma della perdita di tradizioni e abitudini di vita secolari nel Mediterraneo.

La Svezia, in quanto Presidente di turno dell’ Unione Europea, sta investendo molto politicamente perchè l’Europa si affermi come potenza ambientale, rispettando i patti e rilanciandoli, in vista di un cambio di registro nei modi di produzione che non è una polemica di nicchia, ma una esigenza da cui dipende la stessa praticabilità di una economia efficiente e capace di effetti positivi sulla qualità della vita nell’età attuale. La Finlandia ha nella propria cultura, anche popolare, un rapporto realistico con l’ambiente naturale, che si esprime anche nei recenti progetti di infrastrutture come il porto di Vuosaari, opere attentissime all’impatto futuro sulle specie animali presenti. La Danimarca continua a implementare progetti concreti in campo energetico sostenibile (come sta avvenendo a Copenaghen) e ne fa la migliore introduzione al vicinissimo vertice sul clima che avrà per teatro la capitale danese sebbene molte questioni siano aperte e l’accordo non sarà facile. 

Nel corso del dibattito, sono intervenuti l’ambasciatore di Finlandia Pauli Makela ed il suo collega svedese Anders Bjurner, l’ambasciatore di Danimarca Gunnar Ortmann e quello della Norvegia Einar Bull. Tra gli ospiti più importanti, i più interessanti per il piccolo pubblico dei partecipanti sono stati senz’altro i portavoce delle comunità che vivono nelle aree meno densamente popolate dei paesi più vicini all’Artico: persone come Tomas Aslak Juuso, che porta avanti le iniziative istituzionali dei giovani Saami finlandesi e Bridget Laroque che in modo simile rappresenta gli interessi del popolo che invece vive tra i ghiacci nell’estremo nordamerica, i Gwich’ in, hanno approfondito tematiche poco note anche agli addetti ai lavori, ad esempio i rapporti delle minoranze con i diversi stati in cui vivono.

L’ambasciatore Lars Moeller, danese che presiede il Consiglio Artico, il Sottosegretario agli Esteri del Governo Italiano Alfredo Mantica e Pernille Moller, caposezione del Ministrero Affari Esteri del Governo Groenlandese, da parte loro hanno messo l’accento sulla necessità di trattare l’Artico per quello che è, dedicando fondi, persone e ricerche alla valorizzazione economica di un’area che può creare sviluppo soltanto nel rispetto e nella conoscenza dell’ecosistema che la protegge e delle popolazioni, anche numericamente esigue e quindi politicamente poco influenti che la abitano.

L’ambasciatore del Canada, James Fox, naturalmente ha aperto i lavori, ospitati appunto dall’ambasciata di via Salaria, dato che la nazione nordamericana ha promosso l’iniziativa e che trova nelle terre del Nord una gran parte della propria identità culturale, etnica e geografica.  Ha parlato anche l’ambasciatore statunitense Liam Wasley, con l’Alaska infatti gli USA si affacciano alla zona naturale in questione e sono quindi pienamente parte in causa. Il pomeriggio si è svolta una serie di proiezioni ed iniziative culturali che hanno permesso alle persone presenti di approfondire le reciproche differenze nell’esperienza delle società nordiche, sviluppatesi in ambienti naturali anche molto diversi tra loro. E’ bene quindi non fermarsi agli aspetti istituzionali e rimandare ad una serie di articoli in questi giorni e nella prossima settimana per toccare diverse questioni (l’ambiente, i rapporti con il nostro continente, le iniziative dei vari paesi coinvolti), gli interventi di alcuni esperti ed esponenti che hanno partecipato all’incontro ed il lato umanistico delle aree artiche.

Aldo Ciummo