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Venticinque aprile, grazie ai partigiani l’Europa è libera

Gli Arditi del Popolo in Italia, i repubblicani in Spagna, gli operai che impedirono ai fascismi di dilagare nel Regno Unito, partigiani e lavoratori in tutta Europa hanno posto le basi per la libertà della UE

di Aldo Ciummo

Il 25 aprile è ancora più importante oggi, con l’occidente pressato da crisi e speculazioni che mettono a dura prova soprattutto le parti più deboli della popolazione: lavoratori, studenti, immigrati, pensionati, settori sociali portatori di capacità di partecipazione democratica che hanno difeso l’Europa dal nazifascismo sessantotto anni fa, nel 1943, quando abitanti di stati come l’Italia costretti alla guerra ed alla miseria dalle dittature di destra hanno voltato le spalle a quei sistemi basati sull’oppressione e nonostante le forze militari organizzate che si trovavano di fronte hanno abbattuto gli ostacoli che separavano i loro paesi dalla democrazia.

La Liberazione dai fascismi ha permesso il superamento delle ideologie barbare che governavano mettendo i poveri gli uni contro gli altri, un rischio, quello del populismo di destra che fa scudo alle forze responsabili delle contraddizioni sociali rendendo nemici gli uni degli altri gruppi che condividono le stesse difficoltà, l’emigrazione, il precariato, lo sfruttamento, che oggi nel duemila è più accentuato rispetto a qualche anno fa, perchè lavoratori, precari, giovani, pensionati, professionisti, disoccupati, si lasciano dividere maggiormente anche a causa della forza culturale di un modello di sviluppo fallimentare che si poggia sul razzismo, sul consumismo e sull’individualismo: l’ultraliberismo alleato delle leghe identitarie e dei gruppuscoli nostalgici.

I due modelli della destra autoritaria (che in un percorso a tappe ci crisi in crisi verso lo smantellamento dei diritti sociali e della dignità del lavoro sono entrambi responsabili ed espressione della crescita delle diseguaglianze e delle nuove povertà e dei nuovi conflitti) sono complementari tra loro: rispettivamente la destra neoliberista alla Bush (di cui Sarkozy e Berlusconi sono stati varianti nazionali) e la destra comunitaria nazionalista dei vari Le Pen e Wilders.

La destra liberista impoverisce e svuota i diritti, la destra populista, leghista, nostalgica e neofascista cerca di offrire un tetro riparo comunitario nell’identitarismo nazionale o regionale, che sfocia regolarmente nella violenza dell’esclusione verso gruppi più deboli (costituito spesso dai cittadini immigrati) che gli estremisti di destra ed i populisti cercano di isolare e additare a responsabile dei guasti derivanti dall’iniquità della distribuzione delle risorse e dall’inefficienza della protezione sociale, danni che da venti anni a questa parte sono provocati da forze politiche conservatrici e liberiste sempre alleate dei populismi, dell’estrema destra e dai leghisti di varia estrazione, dai separatisti in Belgio agli xenophobi in Italia.

L’Europa e l’occidente di settanta o di novanta anni fa insegna molto, perchè ci furono lavoratori, immigrati, anziani, giovani, studenti che pur trovandosi ad affrontare organizzazioni forti e prive di scrupoli come gli eserciti fascisti e nazifascisti in Germania, Spagna, Italia, affrontarono con coraggio i fascismi e riuscirono, a partire dalla forza della ragione, ad espellere il fascismo dall’Europa. Si batterono contro il fascismo ed a favore della libertà italiana gli Arditi del Popolo, che erano socialisti, repubblicani, anarchici e comunisti che impedirono che il Centro Italia cadesse nelle mani dei rappresentanti dei grandi proprietari terrieri e degli industriali (questi ultimi riuscirono poi ad imporre la dittatura soltanto con l’aiuto dei poteri forti italiani, dalla Chiesa all’esercito) così come i partigiani si batterono pagando con la prigionia e con la vita, sconfiggendo la dittatura repubblichina e l’esercito tedesco a partire dal 1943.

La lotta contro il fascismo, che permise all’Europa di avviarsi a diventare l’Unione Europea di oggi, con frontiere aperte e rappresentanza della partecipazione popolare, si svolse fin dall’inizio anche in altri paesi, (non solo in Spagna, dove solo l’intervento di eserciti e aviazioni straniere piegò il paese a subire la dittatura). Nel 1936 a Cable Street, nell’East End londinese, i fascisti dovettero tornare indietro perchè una folla di centomila manifestanti, operai, immigrati, studenti, li ricacciò indietro, permettendo al Regno Unito di restare libero e di dare l’enorme contributo che Londra diede per la liberazione del resto d’Europa dalle dittature fasciste che purtroppo si erano ormai installate in Germania, Italia, Spagna ed altri paesi. L’Irlanda aveva sconfitto nel 1934 le Blueshirt, gruppi fascistoidi con i quali i proprietari terrieri volevano scaricare i costi delle vicissitudini economiche dell’epoca sulle parti più povere della popolazione, Eamon de Valera e l’Irish Republican Army, alleati, avevano infatti sbarrato la strada ad ogni tendenza autoritaria nell’isola.

Il resto è storia, non furono solo gli interventi degli stati rimasti democratici, come Francia, Usa e Regno Unito, a liberare l’Europa dal nazifascismo avviandola a diventare una federazione di stati democratici dove i diritti sostanziali vengono considerati complementari a quelli politici, ma furono anche le popolazioni che negli stati oppressi da dittature come l’Italia e la Germania o occupati da queste, dalla Serbia alla Norvegia, a ribellarsi ai governanti ed agli occupanti ed a cominciare a scrivere costituzioni come quella italiana, basate sulle tradizioni democratiche comunista, socialista, repubblicana, cattolica popolare, liberale, costituzioni che in gran parte vanno ancora attuate nella garanzia dei diritti sociali, per tutti, anche per gli immigrati che sono nuovi cittadini e risorse da valorizzare in un occidente che cambia, e che soltanto se incarnate dall’impegno delle popolazioni della nostra Europa, dagli studenti ai lavoratori, dagli immigrati agli anziani, possono diventare anticorpi efficaci contro gli attacchi che, dal liberismo intransigente ai populismi e nuovi fascismi di destra rischiano di snaturare ciò che l’occidente, Europa e Stati Uniti hanno rappresentato di positivo proprio a partire dalla liberazione dalle forze militariste, ultracapitaliste e razziste che i partigiani riuscirono a respingere.

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Irlanda: vince Enda Kenny, affonda il Fianna Fàil

Enda Kenny, insegnante, sportivo e leader del Fine Gael

Nelle elezioni che seguono il salvataggio europeo e il piano di austerità il partito di governo irlandese passa dal primo posto a lungo inespugnabile che gli elettori gli hanno riconosciuto per decenni ad una terza posizione che non gli garantisce nemmeno la guida delle nuove opposizioni

di    Aldo Ciummo

Enda Kenny, insegnante e sportivo e leader del Fine Gael, è il probabile Taoiseach (Primo Ministro) che dovrà rinegoziare le condizioni imposte da Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale ad una Irlanda che negli ultimi anni ha subìto un brusco risveglio dal quindicennio di crescita e spesa targato Bertie Ahern, il simbolo del Fianna Fàil che incassava i dividendi del fenomeno della tigre celtica, una epoca sfumata nel tribolato strascico di legislatura gestito da Brian Cowen. Il Parlamento irlandese è formato da 166 seggi e il Fine Gael avrà la necessità di allearsi con il Labour oppure con alcuni degli indipendenti eletti nella tornata elettorale che si è svolta ieri.

Bertie Ahern (in carica dal 1997 al 2008) si dimise appena un anno dopo dalla sua terza rielezione alla carica di Taoiseach e meno di un anno prima dell’inizio dei guai per l’economia della Repubblica, lasciando (primavera del 2008) al suo posto il suo ministro delle Finanze, Brian Cowen, presto bersagliato da un malcontento che aveva radici certo più antiche del 2009 e del 2010, negli investimenti pubblici e nell’indebitamento di un periodo, snodatosi durante gli anni novanta ed il primo decennio del 2000, in cui sembrava che lo sviluppo non dovesse finire mai.

L’intero panorama politico dell’Eire è capovolto come non succedeva dai tempi stessi in cui il Fianna Fàil dell’eroe nazionale Eamon De Valera pose le basi per un governo quasi ininterrotto dalla vigilia del secondo conflitto mondiale ad oggi (il partito dei “Soldati del Destino” è nato, come l’avversario Fine Gael, dopo la guerra di indipendenza e la guerra civile del 1921 dalla scissione dello Sinn Féin, il cui nome fu conservato dai militanti che non accettarono di entrare nel parlamento irlandese nonostante la partizione dell’isola accettata dal Fine Gael, ingresso nel Dàil che invece coloro che si sarebbero chiamati Fianna Fàil fecero, le tre forze più antiche dell’isola erano all’epoche correnti diverse dell’Irish Republican Army). Il Fianna Fàil crolla dal quaranta per cento e oltre dei consensi del 2007 e di molte elezioni precedenti all’attuale 17 per cento, che è più che dimezzato a Dublino, dove il Labour di Eamon Gilmore diventa primo partito, conservando ed ampliando il successo nelle elezioni europee ed amministrative riportato nella capitale nel 2009.

A vincere su scala nazionale, con il 36 per cento complessivamente nell’Eire ed un grosso risultato anche a Dublino, dove in tutte le circoscrizioni si spartisce i seggi con il Labour (con il 20 per cento suo probabile partner nel Governo entrante) è il Fine Gael di Enda Kenny, nato come partito di legge e ordine negli anni venti con Michael Collins, accettando il compromesso della divisione dell’isola e della permanenza del nuovo stato sotto l’ombrello del Commonwealth. Dopo la trasformazione dell’Irlanda in Repubblica e con l’inizio del duraturo successo del Fianna Fàil nel presentarsi come custode del nazionalismo democratico e di una stabilità conservatrice con sfumature sociali, il Fine Gael ha dovuto inventarsi una singolare identità progressista, che attraverso posizioni simili a quelle della vecchia AN italiana ed effimeri avvicinamenti al gruppo dei Socialisti europei lo ha portato a definirsi centro progressista e sedersi nei banchi del PPE. Oggi il partito reso credibile da Enda Kenny in anni di azione politica e lavoro sui temi di opinioni più sentiti dalla popolazione lancia una scommessa difficile in un era incerta.

Il Fianna Fàil è letteralmente spazzato via dalla città più importante dell’irlanda: a Dublino i seggi dei quartieri popolari che furono la sua roccaforte sono stati presi al primo conteggio dai troskisti del Socialist Party e dai movimentisti del People Before Profit (alleati nel cartello United Left Association) e da uno Sinn Feinn che continua a radicarsi anche nel sud, confermando le indicazioni emerse dalle consultazioni europee e rafforzando i risultati ottenuti in Ulster, dove dal 2009 è primo partito. E’ il conto di una crescita dipinta dal FF come perpetua, ma anche di una crisi di identità: il Fianna Fàil che poteva dirsi nazionalista (per aver liberato l’Irlanda e poi averla fatta diventare una Repubblica) e allo stesso tempo rappresentarsi popolare (per aver costruito un grande settore pubblico nonostante il persistere di una emigrazione massiccia fino agli anni ottanta), il FF che poteva mantenere le sue roccaforti nelle zone rurali col supporto dei fondi europei dagli anni settanta in poi, ha perso la terra sotto i piedi a causa della stessa ondata che gli ha consentito di distribuire i dividendi della globalizzazione dagli anni novanta in poi, perchè la vecchia irlanda nazionalista e sociale cambiava.

L’Irlanda è diventata, negli ultimi venti anni, un paese sempre più giovane, dove le identità contano ma si sono modificate, anche grazie al Fianna Fàil ed alle politiche redistributive è un posto dove l’intolleranza non ha attecchito, ma oggi è una nazione dove un decimo della popolazione viene dal resto d’Europa ed i “Soldati del Destino” del Fianna Fàil sono anch’essi in crisi di identità: il FF ha condiviso per un decennio nel Parlamento Europeo gli spazi dell’UEN, il gruppo conservatore dell’Europa delle Nazioni, oggi è nel gruppo dei Liberali (A.l.d.e) e le incertezze nei temi sensibili lo dividono ulteriormente, in anni in cui non può mantenere il consenso con i sostegni materiali alle fasce di popolazione in difficoltà, come aveva sempre fatto.  Nell’ Europa di oggi  i fondi per l’Agricoltura e per la Coesione che ieri andavano all’Irlanda ed a pochi altri vengono ripartiti tra gli stati mitteleuropei e baltici, balcanici e saranno concessi presto a nazioni di prossimo ingresso.

Le cose non sono facili neppure per il Fine Gael (La Famiglia dei Gaeli) con il suo ottimo risultato elettorale dovrà dimostrare se quella del Governo uscente di fronte alle regole della finanza internazionale è stata davvero una resa e che sia possibile quindi rinegoziarla, alleggerendo il peso che il salvataggio pubblico delle banche per le spalle dei contribuenti. Se vuole fare questo il FG, sorta di An sia pure morbida, dovrà allearsi ancora una volta con il Labour, che tra i Socialisti europei siede davvero e da sempre, sia pure con posizioni moderate, e che rappresenta un pezzo del cataclisma che ha investito il Parlamento irlandese:  appena ieri una lista recintata tra i lavoratori del settore pubblico e che non credeva al 14% delle europee, oggi un partito quasi al 20 per cento che ha posizioni più chiare del Fine Gael (le alleanze tra i due partiti sono state il solo modo che FG e Labour hanno trovato di vincere ma non hanno mai prodotto amministrazioni durature). Anche questo è un segnale dell’epoca che si chiude, il Labour era l’unico partito di una certo seguito a non nascere dalla guerra di liberazione nazionale del 1920 e rimasto inchiodato da una sorta di minorità (da cui traeva origine il detto che l’Irlanda fosse una Repubblica con due partiti e mezzo, Fianna Fàil in maggioranza, Fine Gael in condizione di minoranza abbastanza netta e costante nonostante il suo peso e Labour poco al di sopra del dieci per cento per la maggior parte della usa esistenza).

A completare le novità di questa tornata elettorale in Irlanda l’onda di estrema sinistra, che riporta in Parlamento i trotzkisti di Joe Higgings: il dissidente del Labour è stato previdente nella sua alleanza con i movimentisti del People Before Profit, dopo il successo che entrambe le formazioni avevano riscosso nelle amministrative di Dublino già nel 2009, contemporaneamente all’entrata in Parlamento Europeo del comunista d’Irlanda. Dublino è un’altra storia (come e più che nelle elezioni europee), la United Left Alliance (Socialist Party e People Before Profit) e lo Sinn Feinn (che continua a crescere) conquistano molte circoscrizioni, dopo Labour e Fine Gael che sono i big della situazione anche in città. Al Fianna Fàil di Dublino resta soltanto un seggio (su quarantasette).

Lo Sinn Féin si sta stabilizzando come una forza al dieci per cento, radicandosi anche nel sud come principale forza antagonista popolare sia tra i nazionalisti che tra i giovani di sinistra e nelle aree vicine al Nord arriva ad ottenere il 15 per cento dei consensi. Una vera ondata però è anche quella degli indipendenti, che tutti assieme totalizzano il quindici per cento e molti dei quali sono eletti (molti di loro guardano a sinistra). Dopo i liberisti del PD (Progressive Democrats), radicali d’Irlanda scomparsi nel 2008 prendendo atto della sostanziale sparizione nelle preferenze degli elettori, la stessa sorte sembra toccare invece ai Verdi di John Gormley, cui l’esperienza di coalizione col Fianna Fàil giunta al termine è stata letale, con uno striminzito due per cento lasciano il posto nel Dàil ad almeno quattro deputati dell’estrema sinistra ed a una dozzina di indipendenti.