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Norvegia prima per cooperazione e parità

 

Riepilogo Area Nord Europa 2009-2010: I governi di Oslo in questi anni sono stati in prima linea nel sostenere la totale cancellazione del debito dei paesi più in difficoltà

Ambiente, parità tra i sessi ed energie rinnovabili sono i fatti su cui la Norvegia si concentra. Per queste il Governo di Oslo ripone molte aspettative nella funzione della cooperazione  economica con il Sud del Mondo, nella quale è fra i pesi massimi quantitativamente, confidando soprattutto nella possibilità di creare salti di qualità, specialmente quando lo sforzo delle popolazioni si rivolge alla creazione di basi solide in fatto di protezione dell’ambiente, diritti delle donne e sperimentazione sulle energie pulite e sulla efficenza energetica.
 
Le politiche norvegesi, in linea con una tradizione scandinava di cooperazione che non prevede soggetti passivi che la ricevano, ma favorisce progetti di indipendenza economica e culturale, indica chiaramente, nei mezzi scelti e negli obiettivi, uno strumento per portare alla effettività dei diritti nelle aree che si sono trovate in difficoltà in questo campo: lo sviluppo del settore privato e della capacità dei territori di esportare i beni e servizi nei quali possono essere forti.
 
La Norvegia mira a far aumentare l’importazione di prodotti dai paesi del mondo che sono stati meno sviluppati e sostiene il rafforzamento della trasparenza istituzionale e di una comunicazione aperta ed autonoma nel Sud del Mondo. I governi di Oslo in questi anni sono stati in prima linea nella Hipc (Initiative for Heavily Indebted Poor Countries) sostenendo la totale cancellazione del debito contratto nei confronti degli istituti finanziari internazionali e la sua graduale riduzione senza un collaterale indebolimento degli altri sforzi sociali.
Aldo Ciummo

Un passo avanti nella Ue: il codice dei visti

 

Dal 5 aprile sarà applicabile l’insieme delle norme sui visti. Aumenta così la trasparenza nel trattamento dei richiedenti nell’area degli accordi di Schengen.

Dal 5 aprile le condizioni per il rilascio dei visti per lo spazio Schengen che in Europa riunisce 22 stati, più tre che sono associati, diventeranno molto più chiare. Sarà applicabile infatti il codice dei visti comprendente tutte le disposizioni vigenti e verranno introdotte norme comuni su condizioni e procedure di rilascio.

Le leggi in materia, con questo corpus normativo, si avviano ad una armonizzazione che era difficile pensare di rimandare nel tempo. Per fare un esempio, il modulo uniforme di domanda di visto è stato snellito ed il suo contenuto reso più chiaro, a vantaggio dei richiedenti.

I cittadini che richiedono l’ingresso nell’area Schengen e lo ottengono pagheranno sempre sessanta euro, alcune categorie (tra i sei e i dodici anni) 35, così come i richiedenti provenienti da paesi con cui l’Unione ha concluso accordi appositi. Viene introdotto l’obbligo di motivare il rifiuto di visto e si riconosce il ricorso contro le decisioni negative.

L’armonizzazione delle procedure è accelerata anche dal rafforzamento del ruolo delle delegazioni della Unione Europea nel coordinamento degli stati membri nella cooperazione con i paesi terzi.

Aldo Ciummo

INTERVENTO DELL’ASSOCIAZIONE PONTE DELLA MEMORIA E DELL’ANP | Il pomeriggio del 16 febbraio alla Casa della Memoria e della Storia di via Francesco De Sales 5 “Damnatio Memoriae Argentina. Tra emigrazioni e storie d’Italia”.

 
 
 
Ci saranno Massimo Rendina, Presidente Anp Roma, Giovanni Miglioli che presiede Ponte della Memoria, Camilla Catarulla dell’Università di Roma Tre, Loris Zanatta (Università di Bologna), gli storici argentini Osvaldo Bayer, Fabian D’Aloisio, Bruno Napoli. L’iniziativa avrà il patrocinio dell’ambasciata della Repubblica Argentina in occasione del suo bicentenario.
 
Dopo i fatti di Rosarno, è indispensabile riacquistare una volta di più la storia delle migrazioni italiane, e sforzarci di renderle memoria collettiva. Oggi nel nostro paese i migranti sono considerati come “non-uomini”.
Lo Stato e il sistema economico vigenti li vogliono rendere invisibili alla società, emarginandoli, nascondendoli e segregandoli in centri di detenzione semi-clandestini. I Cpt sembrano non esistere, perché lontani dalla nostra vista; possono esistere perchè vi è una società che decide di non vedere per sua propria impotenza.
Lì i migranti, pur entrando per “essere identificanti”, diventano nuovi desaparecidos perdendo la propria identità a favore di un conteggio sterile utile solo alla politica.
L’Argentina accolse molti migranti italiani che per molti anni furono vilipesi e umiliati con vari epiteti: “ladri, disonesti, puzzolenti tanto da essere chiamati mocciosi orecchiuti”. Molti dei nostri connazionali furono perseguitati dalla dittatura, desaparecidos o costretti a un nuovo esilio di ritorno.
 Abbiamo dato all’Argentina patrioti quali Manuel Belgrano che era figlio di un genovese ed è ricordato non solo come l’ideatore della bandiera nazionale bianca e azzurra, ma come uno dei padri dell’indipendenza della Spagna, al punto che la sua data di nascita è diventata una festa nazionale: la Giornata dell’Emigrante Italiano.
E poi scrittori come Ernesto Sabato, grandi musicisti del tango come Astor Piazzolla, calciatori come Antonio Valentin Angelillo, mitici piloti automobilistici come Juan Manuel Fangio, industriali come Agostino Rocca. (“L’orda” di Gian Antonio Stella ).
Il fenomeno migratorio è bagaglio imprescindibile della storia d’Italia, di cui va recuperata la memoria a salvaguardia della nostra identità costituzionale e in difesa dei diritti fondamentali.
Associazione Ponte della Memoria e ANP

Il Parlamento Europeo preme per la creazione di un nuovo strumento a favore dei disoccupati

 

La crisi ha colpito duramente l'Europa. Mentre alcuni paesi hanno resistito dal punto di vista della pace sociale, si veda la relativa tranquillità dell'Italia anche a fronte di fatti come i casi Aldrovrandi e Cucchi, in altri paesi il persistere di squilibri nella distribuzione delle risorse ha generato un malcontento esploso violentemente a seguito di episodi di repressione (in Francia e più recentemente in Grecia)

In un momento di crisi come quello attuale lo sforzo dell’organo elettivo dell’Unione Europea di acquisire peso e ruolo politico si misura anche sul suo tentativo di rappresentare i cittadini comuni di fronte al progetto ambizioso ma distante dalla vita quotidiana della UE.

 

Il Parlamento Europeo ieri ha votato con 516 voti favorevoli, 82 contrari e 4 astensioni per l’introduzione di un nuovo strumento europeo di microfinanziamento per l’occupazione e l’integrazione sociale, “Progress”. Questo progetto è finalizzato ad offrire una strada nell’impresa ad alcuni gruppi di cittadini più svantaggiati nell’accesso ai finanziamenti.

Agevolare l’accesso al microcredito da parte di chi ha perso il lavoro, nelle intenzioni degli eurodeputati, è possibile attraverso  garanzie e  capitale azionario concessi a persone e imprese che hanno bisogno di un supporto inferiore a  25.000 euro.  Per microimpresa, si intende una impresa che occupa meno di dieci persone ed il cui fatturato totale di bilancio non supera i due milioni di euro.

“Lo scopo – è scritto nella risoluzione – è portare in tempi ragionevoli l’accessibilità e la disponibilità di microfinanziamenti  ad un livello sufficiente, in modo da rispondere all’elevata domanda  di chi in questo periodo di crisi ne ha più bisogno”

I soggetti interessati dal sostegno che l’Europa sta approntando sono coloro che hanno perso il lavoro, che incontrano difficoltà a rientrare nel mercato oppure si trovano in posizione critica rispetto all’accesso al credito convenzionale.  L’iniziativa concentrerà l’attenzione sulle pari opportunità per promuovere le attività intraprese da donne.

Aldo Ciummo

Da European Alternatives / Interview with Seyla Benhabib

 

The Rights of others, copertina di un libro di Seyla Benhabib. Euroalternatives è un progetto che partendo da una visione sociale dell’Europa si propone di stimolare la partecipazione dal basso alla costruzione politica del continente come paese. L’intervista a Seyla Benhabib di Giuliano Battiston si trova anche in italiano sul sito http://www.euroalter.com

Introduciamo la prima parte di una intervista a Seyla Benhabib, che è presente per intero sul sito di European Alternatives per la quale è stata scritta da Giuliano Battiston, così come pubblicata sulla home del sito

www.euroalter.com (sul quale l’articolo è disponibile anche in italiano) .  

Seyla Benhabib insegna Scienze Politiche e Filosofia all’Università di Yale. Si è occupata molto della ridefinizione della cultura, della democrazia e del concetto di confine nell’epoca dei migranti che è quella attuale.

Si consideri questa una introduzione ad articoli in altre lingue europee che si affiancheranno a quelli in italiano, Skapegoat sta coinvolgendo collaboratori italiani e stranieri.

 Ma questo articolo è un servizio di European Alternatives e la pubblicazione di questi paragrafi è da considerarsi un invito all’approfondimento del sito del progetto citato.

Interview with Seyla Benhabib

 

di    Giuliano Battiston

Seyla Benhabib is a professor of political science and philosophy at Yale, and director of the program in Ethics, Politics, and Economics, and a well-known contemporary philosopher. She is the author of several books, most notably about the philosophers Hannah Arendt and Jürgen Habermas. Benhabib is well known for combining critical theory with feminist theory.

 GB: Some people and scholars maintain that restrictions on immigration are necessary, in order to protect a country’s political and legal culture and its constitutional principles. Instead, you have often asserted that the presence of individuals whose cultural identities differ from the majority can strengthen a society’s constitutional laws – leading “to a deepening and widening of the schedule of rights in liberal democracies” – thanks to what you call a “jurisgenerative politics”. Could you explain it to us?

SB: According to me, an immigrant person introduces a new ubjectivity into the host society, and brings in a set of new demands. If we look through some of the most sensitive questions recently to have come out across Europe – the hijab, polygamy and the debate about the setting of courts or legislations consistent with sharia – we realize that these cases emerge from a profound cultural challenge that could be productive. Democratic liberalism founds itself on principles and values: the constitution fixes some principles, which in their turn reflect fundamental values about nature and human dignity.

It is anyway necessary to belongbear in mind that values are abstract and place themselves on what we could call a regulatory level. In every specific case, we should identify some values and principles that are more fundamental than others and, according to them, handle different ways of living within our cultures. Obviously, there can be principles of incompatibility: for instance, I do not accept the principle of polygamy, because I believe it is not egalitarian, it violates gender equality and women’s dignity. But there are also occasions when our disagreement must be subordinated to attempts to find a “human” solution to certain problems.

It is just in these attempts that a jurisgenerative practice is produced: there is a “jurisgenerative praxis” whenever there is a confrontation with new subjectivities and demands, which allow us – or forces us – to rethink the true basis of our constitutional principles, and sometimes pushes us towards a new and diverse articulation of our fundamental values. This usually occurs when we discuss issues such as equality, when we question ourselves about the legitimacy of wearing hijab at workplaces or the legitimacy of homosexual marriages.

(il resto dell’articolo di Giuliano Battiston può essere letto su www.euroalter.com , nessun amico dell’Europa è un concorrente, NdR)

Lo storico Gunnar Wetterberg: “il nord Europa farebbe meglio insieme”

 

Un'aurora boreale, simbolo del nord estremo per gli europei

Un'aurora boreale, simbolo del nord estremo per gli europei. Qualcuno immagina una vera e propria fusione dei paesi del nord del continente, già fortemente legati in una serie di istituzioni ed iniziative. Ma questi paesi sono entrati o stanno per entrare a far parte già di un sogno che forse in modo unico ha vinto nel tempo sulla realtà: l'Europa Unita

La proposta dello studioso mira a rendere i cinque paesi nordici di Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia e Islanda più consapevoli del loro peso e del ruolo che potrebbero giocare nelle arene internazionali, ma non è molto realistico allo stato attuale

 

Lo storico svedese Gunnar Wetterberg ha scritto, sul giornale Dagens Nyteher, che il Nord Europa dovrebbe considerare l’opportunità di unirsi in un “blocco di ghiaccio” capace di giocare un ruolo più incisivo nei commerci, negli scambi culturali e nella cooperazione. La regina di Danimarca,  Margrethe II sarebbe la rappresentante secondo l’ipotesi tracciata dallo studioso. Non mancano paralleli storici, come l’unione di Kalmar che ha visto fusi Svezia, Danimarca e Norvegia tra 1397 e 1523, governati all’epoca, con una curiosa assonanza, da una regina danese che si chiamava Margareta.

Vero è che difficilmente si potrebbe ignorare sulla scena mondiale un’ area nordica stretta da rapporti ancora più intensi di quelli che i cinque paesi in questione (Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia ed Islanda) già intrattengono tra loro all’interno del Consiglio Nordico, ma è pure vero che una collaborazione molto stretta esiste nella realtà e che tutte le questioni attinenti i limiti degli stati nazionali oggi stanno sfumando in un’immagine del tutto inedita nell’ambito dell’Unione Europea (di cui fanno parte la Svezia, che attualmente ne è presidente di turno molto attivo sui temi dei diritti, dell’istruzione e dello sviluppo sostenibile, la Finlandia e la Danimarca) e dello Spazio Economico Europeo (di cui fanno parte la Norvegia e l’Islanda, che ha chiesto di entrare anche nella UE e che molto probabilmente vedrà la sua richiesta accettata in tempi rapidi).

Ma gli studiosi, si sa, trovano sempre qualche elemento che avvicina i loro sogni alla realtà e Wetterberg afferma che armonizzando l’economia e le leggi che la riguardano nel continente, nuove istituzioni come l’Unione Europea e lo Spazio Economico Europeo hanno finito per rendere più facile, per i paesi del nord Europa, superare le differenze che pure esistono ed avvantaggiarsi delle affinità che restano nella vita di tutti i giorni. Con venticinque milioni di abitanti, tantissime risorse e competenze in gran parte condivise, argomenta il professore, il Nord potrebbe portare avanti i propri progetti con un certo successo. E si potrebbe tranquillamente aggiungere alle riflessioni di Wetterberg un punto in più a favore del suo desiderio, notando che anche l’Unione Europea e l’occidente in generale si avvantaggerebbero di iniziative più forti da parte di nazioni che anche singolarmente hanno dato in questi decenni un enorme apporto alla promozione dei diritti, seconde probabilmente soltanto all’UK.

Opinioni a parte, però, lo stesso Wetterberg si  rende conto che ciò che è legittimamente auspicabile sulla carta non ha molta probabilità (e forse allo stato attuale neppure molta utilità) di concretizzarsi. Difatti, ci sono diverse lingue ed in ogni caso differenti storie e culture indipendenti nel Nord Europa, inoltre l’area scandinava non è, ferma restando la sua particolarità intessuta di alta qualità della democrazia e coesione sociale, un territorio unico staccato dal resto d’Europa, ma piuttosto un insieme di culture estremamente legato (da una serie di somiglianze storiche e sociologiche) con una vasta fascia del nostro continente comprendente Regno Unito e Olanda, è lecito immaginare che i paesi dell’estremo nord proseguiranno quindi l’evoluzione delle loro caratteristiche autonomamente, integrandosi sempre di più nella vicenda europea ed occidentale.

Aldo Ciummo

La comunità guarda ai Balcani

 
 

Centro di Bruxelles, capitale europea                                      FOTO di Aldo Ciummo

Centro di Bruxelles, capitale europea FOTO di Aldo Ciummo

Nel 2010 ci sarà una liberalizzazione dei visti attribuiti ai cittadini dei Balcani, Croazia vicinissima all’ingresso, le domande dei paesi candidati sono sotto esame

Nel 2010 le istituzioni comunitarie porteranno avanti una notevole liberalizzazione dei visti attribuiti ai cittadini dell’ est più vicino all’Italia. Oggi la Commissione ha adottato la strategia annuale sull’allargamento dell’Unione, sottolineando i progressi compiuti dai Balcani occidentali. Si è deciso di raccomandare l’apertura di negoziati per l’adesione con la Macedonia ma, soprattutto, ci sarà nel 2010 una notevole liberalizzazione dei visti.

Olli Rehn, Commissario all’allargamento ha dichiarato “in questo difficile contesto di crisi economica, le domande di adesione dell’Albania e del Montenegro sottolineano il costante potere d’attrazione dell’Unione ed il nostro ruolo nel promuovere stabilità”. Il fatto importante nel 2010 sarà l’esenzione dai dall’obbligo di visto per i cittadini dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, del Montenegro e della Serbia, che sarà seguito da una proposta analoga per Albania e Bosnia-Erzegovina a patto che rispettino le condizioni stabilite.

Rehn si è espresso anche riguardo alla Turchia, affermando che il paese asiatico ha rinnovato il suo impegno nelle riforme politiche e che i progressi nel negoziato di adesione dipendono dalle novità nel campo dei diritti. Ci sarebbe da aggiungere che se è vero che la normalizzazione dei rapporti tra Turchia ed Armenia è importante, lo sarebbe altrettanto l’effettivo rispetto dei diritti politici dei curdi, e c’è da augurarsi che l’Europa non venga meno alla sua tradizione in materia di diritti umani a causa di considerazioni di carattere strategico che finora hanno pesato tristemente sulla questione curda, indimenticabile non soltanto per la sinistra, che finchè è ancora esistita in Italia ha messo in luce la questione, ma per tutti gli europei se come tali vogliamo chiarirci quali sono i diritti umani essenziali per tutti sui quali non si deve recedere.

La Crozia si trova molto bene nel raggiungimento dei parametri anche grazie ad un accordo con la Slovenia oltre che per il riordino del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione. I negoziati dovrebbero concludersi l’anno prossimo. Il Montenegro ha chiesto di aderire alla UE nel dicembre 2008, la Commissione sta preparando un parere, come richiesto dal Consiglio dell’Unione Europea, ma le elezioni politiche hanno rispettato quasi tutti gli standard internazionali quindi sembra che il parere sarà positivo. Resta da consolidare lo stato di diritto.

L’Albania ha chiesto di aderire in aprile e le elezioni politiche si sono svolte in condizioni di sufficiente regolarità. Chi deve accelerare di molto le riforme fondamentali se vorrà accedere alla UE è la Bosnia Erzegovina, manca nella classe politica bosniaca una visione condivisa del rispetto dei requisiti richiesti dalla Commissione.

La Serbia ha cooperato con il Tribunale Penale Internazionale per la ex Yugoslavia, ma non ha dimostrato un atteggiamento lineare nelle questioni interne al Kosovo, dove la missione UE per lo stato di diritto Eulex è ormai operativa in tutto il paese. Il Kosovo è tuttora un groviglio dove la criminalità e la scarsa protezione dei diritti della minoranza serba rappresentano un ostacolo concreto. Non per niente la Commissione ha elaborato per un documento separato che propone di avvicinare alle Ue i cittadini kosovari tramite un dialogo sui visti e in prospettiva di un accordo commerciale, azioni che potranno vedere la luce solo dopo che le condizioni fissate risulteranno raggiunte.

Aldo Ciummo

INTERNAZIONALE|L’Unione Europea chiede allo Zimbabwe il rispetto dei diritti

Il regime di Mugabe resta soggetto a sanzioni dopo anni di forte conflittualità interna nel paese africano

Sabato si sono svolti colloqui che hanno visto i rappresentanti dell’Unione Europea impegnati in Africa a proposito della questione dello Zimbabwe. Attualmente il Presidente Mugabe coabita con l’ex avversario Tsvangirai ma la situazione resta molto anomala dal punto di vista della tutela dei diritti politici. La residenza di Mugabe, oggettivamente gravata agli inizi da una situazione di povertà e di squilibri economici esantissimi, si è caratterizzata negli ultimi anni per una accentuazione degli aspetti autocratici, sfociati tra 2007 e 2008 nella violenta lotta tra quello che era ormai il padrone del paese e Tsvangirai che oggi è primo ministro in un difficile equilibrio.

Elezioni contestatissime si erano già svolte nel 2002. Occorre aggiungere che la lotta politica aperta dal regime di Mugabe indicando come obiettivo la redistribuzione e la crescita economica del paese si è caratterizzata, negli anni più violenti della vicenda, con una crescente aggressività verso la comunità bianca che abita quei territori. Come spesso è accaduto nel Sud del Mondo, i gruppi al potere hanno soffiato sulle ceneri dei contrasti del passato e approfittato delle difficoltà economiche delle etnie nere presenti, nel calcolo di risvegliare il risentimento verso la parte della popolazione di origine europea, che pure indubbiamente ha dato il suo contributo alla crescita istituzionale e finanziaria delle nazioni in via di sviluppo e il cui ruolo non può certo essere negato in un mondo interdipendente.

I rappresentanti dell’Unione Europea non stanno al momento discutendo delle sanzioni, riguardo alle quali non si prevedono cambiamenti perchè la posizione della comunità della Ue è di considerare il problema interno allo Zimbabwe e in altre parole mutamenti nell’approccio restrittivo verso Mugabe saranno messi in agenda quando l’atteggiamento concreto nell’applicazione dei diritti diventerà conforme agli standard internazionali che l’Europa prende a riferimento.

Aldo Ciummo

INTERNAZIONALE|Svezia: più completa integrazione dei nuovi arrivati per una società in crescita

Nyamko Sabuni, la quale è ministro dell’integrazione a Stoccolma, ha presentato ieri un progetto di orientamento per gli immigrati nel paese scandinavo

Sarà l’Agenzia Pubblica per l’Occupazione e non più il complesso degli enti locali ad occuparsi nelle linee guida delle persone che si stabiliranno in Svezia, questo almeno se giungerà in porto la riforma illustrata ieri a Stoccolma da Nyamko Sabuni, la quale è il ministro svedese per l’integrazione. La proposta governativa mira a supportare gli extracomunitari nella ricerca e nell’avvio di un lavoro e di una vita soddisfacente nel paese. Questa legge dovrebbe fornire una vera e propria guida a chi intende stabilirsi in Svezia e valorizzare in modo più efficace la partecipazione individuale alla crescita e alla vita pubblica della società di approdo. La proposta prevede anche un incentivo a prendere parte attiva alla rete di comunicazione tra imprese, enti e individui, con veri e propri compensi agli immigrati in grado di rendersi più rapidamente produttivi all’interno della nazione.

Tale riforma costerà, nelle previsioni, 920 milioni di corone, circa 132 milioni di sterline, con lo scopo di dare anche ai rifugiati l’aspettativa di giocare la loro parte non di essere un peso. Gli enti locali, a lungo protagonisti nello sforzo di integrare la popolazione immigrata, lo resteranno quanto a gestione dei programmi di sostegno per l’abitazione, apprendimento della lingua svedese e formazione di giovani e professionisti.

Aldo Ciummo

«Lunga vita al Tibet!» e la torcia arrivò in cima al monte

La torcia ha raggiunto la vetta dell’Everst, ma in molti non l’hanno vista

Se non fosse per il fatto che di mezzo c’è il rispetto, l’identità e il futuro di una nazione anonima, quale è il Tibet oggi, potremmo dire « Finalmente, alle 9:18 locali – le 3 di mattina italiane – dopo gli agognati e interminabili giorni passati ad attendere che il tempo migliorasse, la fiaccola olimpica è finalmente arrivata in vetta all’Everest.

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