Entro la fine della Presidenza di turno dell’Irlanda si dovrebbe arrivare alla riforma di quello che è ancora il capitolo più voluminoso del bilancio Ue.
Il 27 maggio si sono riuniti i Ministri dell’Agricoltura assieme ai relatori (Per il Parlamento Europeo) della Politica Agricola Comune, obiettivo dell’incontro svoltosi a Dublino arrivare ad un accordo entro il termine della presidenza di turno irlandese. Gli agricoltori chiedono da tempo una maggiore semplificazione e la previsione di minori spese per portare avanti le necessarie pratiche formali a livello comunitario.
ll sistema dei pagamenti diretti ai produttori da parte delle istituzioni comunitari al centro del dibattito, secondo molti infatti occorre riequilibrare le maggiori opportunità offerte ai grandi produttori, caratteristici di alcuni paesi come Francia e Germania, rispetto ad aziende di dimensioni minori che si trovano in una serie di paesi anche molto diversi tra loro, come Italia ed Estonia, senza contare l’annosa problematica di paesi come il Regno Unito che dalla produzione agricola traggono soltanto una parte limitata della crescita economica.
Una novità di rilievo è il tema del “greening”, l’introduzione di una componente ecologica nel lavoro degli agricoltori, che verranno incentivati ora non soltanto (e non tanto più) per la quantità di prodotto, quanto per l’assunzione di funzioni diverse e nuove come la tutela del territorio di cui quotidianamente si occupano.
Un problema è costituito dal tema delle sanzioni previste per le inadempienze, che non dovrebbe diventare un ostacolo alla professionalità degli addetti del settore, rischio che esiste perché al di là delle vere infrazioni esiste nella riforma in discussione la possibilità di errori da parte dei produttori, che debbono essere messi in condizione perciò di interpretare una riforma ben chiara e non troppo appesantita da tecnicismi burocratici.
Tuttora la politica agricola rappresenta quasi una metà del bilancio pluriennale europeo, anche se molto ridotta rispetto al passato, con ciò che ne consegue in termini di litigiosità tra i diversi paesi europei, ragion per cui è da cogliere la possibilità di passare dal sostegno finanziario quantitativo ad un maggiore equilibrio sia nella motivazione del supporto (come avverrebbe appunto incentivando la protezione del territorio) ed anche in una maggiore equità nell’ascolto delle esigenze di tutti i paesi, inclusi quelli come il Regno Unito che comprensibilmente aspirano a sostenere sforzi finanziari coerenti con i propri settori economici trainanti.
Aldo Ciummo
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