La previsione è di Norman Myers, uno dei maggiori studiosi delle migrazioni a carattere ambientale. «Cercheranno asilo nei paesi ricchi». Ma la Convenzione di Ginevra non riconosce questo status.
Articolo scritto da Aneta Carreri (Redattore Sociale)
ROMA – Fino a ieri la parola profughi nell’immaginario collettivo evocava popolazioni in fuga dalla propria terra a causa di conflitti armati, questioni religiose o politiche. Oggi un’altra catastrofe incombe sui Paesi del Sud del mondo: quella ambientale, con i suoi eco-profughi. Dal punto di vista giuridico lo status di rifugiato ambientale non esiste, la Convenzione di Ginevra non contempla questo status. Gli argomenti principali responsabili di questa esclusione sono l’assenza dell’elemento individuale della persecuzione e la possibilità di recupero dei territori oggetto di sconvolgimenti ambientali.
Ma se è vero che la desertificazione o i disastri naturali non torturano o non imprigionano è pur vero che costringono a fuggire dalla fame e dalla distruzione. Una crescente ondata di genti a cui non rimane altra possibilità che sopravvivere altrove, che irrompe sulle frontiere con effetti destabilizzanti sull’ordine pubblico e sulle relazioni mondiali. Questi migranti non hanno alcuna alternativa di fronte a una minaccia di tale portata, non possono più rimanere nelle loro terre, a causa della siccità, della deforestazione, dell’erosione del suolo e dei cambiamenti climatici, che come abbiamo visto in questi ultimi anni hanno provocato disastri umanitari drammatici.
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