• i più letti

  • archivio

  • RSS notizie

    • Si è verificato un errore; probabilmente il feed non è attivo. Riprovare più tardi.
  • fin dove arriva la nostra voce

  • temi

Il 26 maggio la manifestazione dei giovani per una alternativa al liberismo

Il coordinamento di movimenti, giovani, reti per una alternativa alla precarietà, al rigore ed al liberismo organizza l’iniziativa “La meglio gioventù”

Tilt, la rete della sinistra diffusa, che include ragazzi delle diverse forze di sinistra ed anche giovani che non sono iscritti a nessun partito, sta promuovendo assieme ai movimenti, agli studenti ed alle diverse reti contro la precarietà esistenti sul territorio italiano una giornata di iniziativa chiamata “La meglio gioventù” e diretta a modificare la situazione sociale in Italia.

Le giovani generazioni sono quelle maggiormente sotto attacco quando si parla di crisi e di precarietà, perchè i governi tecnici di destra intendono pagare il debito nato dalle scelte liberiste degli ultimi venti anni proprio svendendo il futuro dei ragazzi che studiano, lavorano, vivono in occidente e questo soprattutto in Italia, dove la concorrenza è debole ed il welfare estremamente carente.

Dove lo stato non investe in istruzione e dove le imprese non investono in ricerca, perchè l’uno preferisce tagliare sui diritti e le altre giocare al ribasso sui salari, le idee e le volontà dei ragazzi si scontrano contro un muro di gomma che separa le opportunità di una minoranza privilegiata dalle difficoltà di molti sempre meno garantiti nonostante l’impegno e le esperienze.

Si studia per migliorare la vita di tutti, ma coloro che escono dai luoghi di formazione troveranno, dopo la riforma Monti, ancora intatta la giungla delle quarantasei forme contrattuali, molte delle quali avrebbero dovuto essere eliminate, almeno a sentire le promesse del governo tecnico di destra che l’Italia si è ritrovata dopo le chiacchiere e gli sprechi dell’esecutivo di destra populista berlusconiano-leghista.

I contratti a progetto aumenteranno soltanto come costo, che peraltro sarà scaricato sulle spalle delle partite Iva che subiranno un aumento dei contributi. I giovani e la sinistra sociale avevano intuito immediatamente che le pari opportunità per le generazioni più recenti erano, per l’esecutivo diretto da miliardari, solo pretesti per estendere l’abuso già visto nella Fiat a danno di coloro che avevano ancora contratti stabili, guadagnati attraverso tutta una vita e non con la partecipazione ad un cerchio ristretto fatto di multinazionali e incarichi tecnici.

La mobilitazione del novantanove per cento che esiste anche in Italia e che nell’ottanta per cento dei casi inizia ad essere veramente sotto attacco nei suoi diritti quotidiani non deve vedere divisi giovani e anziani, immigrati ed esodati, precari e professionisti, perchè tutte queste categorie possono salvaguardare il loro futuro soltanto elaborando assieme alternative al rigore per molti (che l’accrescimento delle risorse a disposizione di una piccola minoranza registrato da tutte le statistiche dimostra essere piuttosto una difesa accanita dei patrimoni acquisiti ed uno sviluppo per i privilegi di pochissimi).

La precarietà non è una emergenza del mercato del lavoro, ma è piuttosto il più grande attacco alla democrazia italiana degli ultimi decenni, che dai De Gasperi ai Berlinguer e dai Togliatti agli Einaudi è stata pensata e costruita come democrazia sostanziale, tendente alla riduzione delle diseguaglianze, obiettivo in gran parte raggiunto dai legislatori e dai protagonisti delle lotte sociali fino agli anni settanta, un esempio di equilibrio sociale che pur mutilato da contraddizioni ed ingiustizie è stato messo insieme in modo da assicurare alla popolazione istruzione e progresso grazie all’impegno di settori della società anche molto diversi tra loro per idee e fini, una tendenza all’avanzamento storico che è stata interrotta dai governi del monopolio selvaggio delle imprese più forti nel rapporto con il settore pubblico e del liberismo selvaggio contro i diritti sociali: gli esecutivi di Centrodestra a guida berlusconiana e leghista ed anche i governi deboli di Centrosinistra che hanno spesso accettato passivamente questi paradigmi dandone per scontata la vittoria culturale in Occidente ed aprendo la strada ai danni delle crisi.

Ora in tutti i paesi dell’Occidente, compresa l’Italia pure se con un sensibile ritardo, la popolazione torna a cercare modelli di vero sviluppo sociosostenibile ed ecosostenibile, dopo che i professori del mercato autoregolamentato oggi incaricati di risolvere i danni che hanno creato sono riusciti ad affossare, con le politiche produttive e sociali degli ultimi venti anni, anche quella loro economia finanziaria che avevano indicato come soluzione di ogni problema.

Le forze di sinistra, giovani, professionisti, immigrati, precari, hanno proposte migliori di quelle che stanno distruggendo Grecia e Portogallo. Le reti che manifesteranno a Roma il 26 maggio chiedono di investire su Università e Ricerca (tanto più che l’Iva e le tasse sui carburanti le pagano proprio lavoratori e studenti), di riconvertire ecologicamente il sistema industriale per creare maggiore occupazione (non lo ha fatto qualche ricercatore stravagante, lo ha fatto ad esempio la Germania, oggi supera di diverse volte l’economia italiana), di realizzare un modello di welfare universale (dal Regno Unito al Belgio e dalla Germania all’Irlanda esiste qualcosa del genere, proporlo in Italia suscita reazioni singolari). Per questo il 26 maggio può essere uno degli inizi di un diverso modello di paese in una Europa ed in un Occidente che hanno davvero urgenza di uscire dalla gabbia del rigore associato al liberismo selvaggio.

Aldo Ciummo

Nordeuropa, la democrazia non si ferma

 I socialdemocratici svedesi si preparano a tenere un congresso e esprimono tutto l’appoggio ai compagni norvegesi : riguarda anche noi in Italia ed il resto d’Europa

di   Aldo Ciummo

I giovani del partito socialdemocratico svedese hanno deciso di tenere come previsto il proprio congresso ad agosto, nonostante le preoccupazioni sollevate dalla grave aggressione avvenuta ad Oslo e proveniente dalla destra estrema, avvenimento di cui si conoscono purtroppo le drammatiche conseguenze.

 La Svezia è un paese vicinissimo per storia e cultura alla Norvegia, anche per questo sono forti la solidarietà e la compartecipazione. Jytte Guteland, una esponente dell’organizzazione giovanile dei Socialdemocratici svedesi, ha affermato che far svolgere il congresso è una scelta solidale con i compagni norvegesi, che proprio nel settore giovanile del partito più importante hanno visto colpiti i valori di democrazia e di progresso sociale che hanno reso la Norvegia un punto di riferimento per il mondo.

La notizia sottolinea la capacità degli stati più direttamente toccati, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda, oltre che dello stato concretamente ferito da questo ignobile attacco, la Norvegia, di reagire con una decisione utile a rendere fallimentare ogni tentativo violento di trasformarne le istituzioni e la società: la decisione di proseguire nelle consuetudini di democrazia, di rispetto dell’ambiente e delle persone e di laicità, di sviluppo equilibrato socialmente e di inclusione e integrazione, tradizioni civiche che hanno fatto sì che i paesi scandinavi diventassero un esempio per il resto d’Europa.

La solidità della partecipazione sociale in primo luogo in Norvegia (e come il congresso del partito socialdemocratico svedese sottolinea anche in Svezia e nei paesi vicini) è un incoraggiamento a tutti noi, alla società civile, alle ultime generazioni, a non richiuderci di fronte ad una Europa frenata da tendenze negative di chiusura all’esterno e di rinuncia alle idee di progresso sociale, che la Norvegia continua a sostenere e costruire con coraggio.

Come avviene in Norvegia ed in Svezia, la società civile può rendere l’Europa forte per accogliere, per arricchirsi della capacità di integrare culture diverse, per scommettere su energie e idee nuove, promuovendo nel pluralismo la propria identità. Sono almeno cinquecento i giovani del partito socialdemocratico svedese che come riportato dalla stampa del paese si riuniranno all’inizio di agosto.

Per queste ragioni qui si sceglie di non concentrare l’informazione nè su tristi numeri di catastrofi nè su vaneggiamenti di ultraconservatori senza coscienza: la notizia per noi è rappresentata dal fatto che in Norvegia e nei paesi vicini quella democrazia che ha portato a grandi risultati negli ultimi sessantasei anni va avanti, spingendoci a partecipare alla vita pubblica in Italia e nella UE, perchè tutta l’Europa apprenda di più dai laburisti norvegesi.

UE: iniziative congiunte col Mercosur

Questa settimana l’Unione Europea ha portato avanti importanti contatti con l’America Latina, mercato ed ambiente istituzionale emergente

Martedì si è svolto in incontro tra il vicepresidente del Parlamento Europeo, Gianni Pittella (gruppo dei Socialisti e Democratici) ed il presidente del Paraguay, Fernando Lugo Mendez. Gli argomenti trattati erano l’avanzamento dei negoziati con il Mercosur, il processo di integrazione continentale in America Latina e la necessità di azioni congiunte nelle questioni mondiali.

L’accordo di libero scambio con i paesi del Mercosur è stato definito un accordo che deve essere in grado di gestire il settore del commercio attraverso concessioni reciproche. Pittella ha auspicato una conclusione positiva dei negoziati che sono ripresi recentemente.

Il Parlamento Europeo ha affermato la propria disponibilità a collaborare con i paesi dell’America Latina, se richiesto, per supportare con l’esperienza europea il processo di integrazione in corso nel continente nel rispetto delle differenze nazionali e con l’obiettivo di creare una organizzazione sovranazionale come avvenuto in Europa.

Il vicepresidente del Parlamento Europeo ha incoraggiato il presidente del Paraguay Fernando Lugo a continuare negli sforzi messi in atto con il Mercosur, con l’Unasur e con le varie organizzazioni a carattere sovranazionale dell’area ed ha sottolineato che nell’attuale situazione internazionale sono necessarie forme di governo mondiali per le questioni più importanti come sviluppo sostenibile e migrazioni.

Aldo Ciummo

Dal 3 al 9 maggio l’Europa nelle città

 
 
Il sessantesimo anniversario della dichiarazione Schuman sarà occasione a Milano di una serie di iniziative per rilanciare la comunità 

La dichiarazione Schuman non è solo un discorso ma l’inizio di quella che oggi è la nostra Europa, un contesto più ampio degli stati nazionali, che rende molto difficile a ristretti gruppi di potere oppure a tentazioni retrograde di impadronirsi della totalità delle istituzioni in uno di questi stati, per quanto ipotesi di questo tipo possono sempre cercare di imporsi nelle aree la cui storia di unità e di democrazia è più tarda ed incerta.

 Il 9 maggio 2010 è il sessantesimo anniversario delle parole di Schuman, il ministro degli Esteri francese era solo una delle persone che intuirono l’urgenza dell’Europa.

In tutta Italia saranno organizzate conferenze ed incontri nelle rappresentanze delle istituzioni europee e in collaborazione con associazioni, movimenti. La gioventù federalista europea, tra queste associazioni, sottolinea il senso politico della data, chiedendo a tutti i Consigli comunali di approvare un ordine del giorno per ribadire l’obiettivo di un’Europa federale.
 
 Molte città hanno aderito all’iniziativa, che ha avuto il patrocinio rappresentanza in Italia della Commissione Europea, di Legautonomie, dell’ Aiccre, del Cime, la collaborazione degli organi di informazione del Parlamento europeo: hanno aderito comuni e gruppi locali francesi, tedeschi, spagnoli e le adesioni continuano.
Una conferenza stampa è convocata per il 4 maggio nell’ufficio di Milano del Parlamento Europeo, in Corso Magenta. Sono previsti interventi della gfe, dei comuni che aderiscono e di altri enti.
 
L’iniziativa cade in un momento significativo anche per l’attualità, data la doppia novità di travagli in Italia dovuti alle pulsioni sempre più ampie a favore di un ritorno alla normale interpretazione dello stato di diritto basata sulla divisione dei poteri e sulla separazione tra gli organi della società civile (come i mezzi di informazione) ed i vertici del Governo e della decisione ormai matura da parte della UE di aiutare la Grecia sancendo il principio della solidarietà europea che non è solo un’idea ma il mezzo realistico per permettere al continente di imporsi come attore mondiale.
 
Aldo Ciummo

Norvegia oltre la crisi

 

Nel rapporto presentato dall’ OECD questo otto marzo risulta che lo stato scandinavo ha superato la crisi meglio degli altri paesi industrializzatograzie all’efficienze delle regole applicate

Le banche e gli istituti finanziari con base a Oslo, come le altre realtà economiche da quelle parti, ce l’hanno fatta meglio degli altri gruppi economici situati altrove in questo difficile frangente, secondo gli studi dell’OECD: a fare la differenza sono state le iniziative prese dallo stato oltre che il controllo che c’era a monte.

L’OECD è l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ed esiste formalmente dal 1961 pur originata da un nucleo di paesi già esistente nel 1948, formata da paesi sviluppati allo scopo di confrontare e comporre esperienze riuscite nel quadro delle istituzioni democratiche e del libero mercato.

Gli indirizzi applicati dalla Norvegia alla politica finanziaria ed il fondo pensionistico statale hanno dato il loro apporto ad una stabilità maggiore della media. Non sono mancate neppure le iniziative significative in fatto di politica economica e finanziaria mirate a contrastare la crisi.

L’ OECD ha naturalmente sottolineato anche gli aspetti perfettibili, quali una maggiore attenzione ai fondi petroliferi e il miglioramento dell’efficenza dei servizi statali. Il rapporto contiene un importante riconoscimento delle iniziative promosse dalla Norvegia in campo ambientale.

Il documento infatti contiene una parte specifica riguardante lo sviluppo sostenibile, la tutela del paesaggio, la pesca e sui costi associati a tali politiche.

Islanda più accessibile che mai nel 2010

 

L' Islanda, più accessibile anche dal punto di vista dei trasporti, ha avviato negoziati di adesione alla Unione Europea. La crescita del peso dell'area scandinava nella Ue rafforza lo sviluppo dei diritti nella comunità, indirizzata verso elevati standard durante il semestre di presidenza svedese nella seconda metà del 2009

Mentre cresce la domanda turistica verso una delle località più particolari d’Europa, le nuove iniziative imprenditoriali di Iceland Express e Icelandair rendono le destinazioni islandesi agevolmente raggiungibili

 

L’Islanda non è più la meta lontana di viaggi quasi esotici per la difficoltà di organizzazione e la scarsa conoscenza della cultura. L’interesse per l’isola cresce, così come il contatto dei suoi abitanti con cittadini provenienti dal resto di quella che a quanto sembra sarà presto la comunità europea anche per Reykjavik.

Nella primavera del 2010, per quanto riguarda l’Italia, la traiettoria da Bergamo si aggiungerà al già esistente servizio estivo da Bologna, mentre le rotte da Milano incrementeranno fino a tre voli settimanali durante l’estate.

VisitIceland ha annunciato anche che dal 2011 Reykjavik si proporrà ai visitatori ed ai professionisti di ogni settore e di tutto il mondo con un nuovo centro per concerti e conferenze, una struttura ultramoderna tra il centro della capitale ed il Nord dell’Atlantico, dove sorgeva un vecchio porto.

Il design dell’opera architettonica, ispirato alla natura selvaggia delll’Islanda, avrà una spettacolare facciata di vetro, creata dall’artista Olafur Eliasson. L’edificio si estenderà per 28.000 metri quadrati e sarà composto di quattro strutture, la più grande delle quali in grado di accogliere 1800 delegati. Il centro sarà collegato ad un hotel di 400 stanze.

Oggi la Commissione Europea ha detto sì all’avvio dei negoziati di adesione dell’Islanda e in una raccomandazione presentata dal Commissario all’allargamento Stefan Fule (notizia resa nota dall’Ansa, Ndr) ha riconosciuto che l’Islanda aderisce ai valori fondanti della UE in materia di democrazia, stato di diritto e rispetto dell’uomo. Si può aggiungere che, in comune con gli altri paesi nordici, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, l’Islanda ha elevati standard di promozione della libertà e dei diritti, con i quali va a rafforzare l’identità della Unione Europea così come si è definita in questi decenni. Il processo di adesione sarà probabilmente completato nel 2012.

I mandarini e le olive non cadono dal cielo | LETTERA APERTA DEGLI IMMIGRATI DI ROSARNO

I territori della nostra Europa continuano a vivere e si proiettano verso il futuro anche grazie all'apporto di coloro che spesso ancora non vogliamo considerare cittadini a tutti gli effetti

 

Pubblichiamo una lettera aperta della Assemblea Africana dei Lavoratori di Rosarno a Roma. Nello stesso modo in cui il sito ha sempre diffidato di posizioni semplicistiche squadrate dalle ideologie e continuerà a rigettare teorie antioccidentali che vedano i gruppi europei sempre dalla parte del torto senza verifiche, mantiene anche ferme le basi democratiche ed antifasciste da cui è nata l’Europa (e la Costituzione italiana): per questi princìpi un uomo è tale indipendentemente dai documenti e la dignità del lavoro va difesa indipendentemente dalla nazionalità. E gli spazi a disposizione devono dare voce anche a chi non ne ha, come diceva Ryszard Kapucinski.

 

In data 31 gennaio 2010 i lavoratori Africani di Rosarno a Roma si sono riuniti per costituire una assemblea ed hanno elaborato questo comunicato, che dovrebbe ricevere attenzione da parte di tutti i cittadini europei che vivono questa area del territorio italiano.
Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo
aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni disumane.

Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità.
Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per
rientrarci solo

la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle
nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a
farci pagare.

Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica.
Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione, sfruttamento e
minacce di tutti i generi.

Eravamo sfruttati di giorno e cacciati, di notte, dai figli dei nostri
sfruttatori. Eravamo bastonati, minacciati, braccati come le bestie, prelevati,
qualcuno è sparito per sempre.

Ci hanno sparato addosso, per gioco o per l’interesse di qualcuno.
Abbiamo continuato a lavorare.

Con il tempo eravamo divenuti  facili bersagli. Non ne potevamo più.
Coloro che non erano feriti da proiettili, erano feriti nella loro dignità
umana, nel loro orgoglio di esseri umani.

Non potevamo più attendere un aiuto che non sarebbe mai arrivato
perché siamo invisibili, non esistiamo per le autorità di questo paese.

Ci siamo fatti vedere, siamo scesi per strada per gridare la nostra
esistenza. La gente non voleva vederci. Come può manifestare qualcuno che non
esiste?

Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci hanno deportati
dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di Rosarno si
sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati in vere e
proprie squadre di caccia all’uomo.

Siamo stati rinchiusi nei centri di detenzione per immigrati. Molti di
noi ci sono ancora, altri sono tornati in Africa, altri sono sparpagliati
nelle città del Sud.

Noi siamo a Roma. Oggi ci ritroviamo senza lavoro, senza un posto dove
dormire, senza I nostri bagagli e con i salari ancora  non pagati
nelle mani dei nostri sfruttatori.

Noi diciamo di essere degli attori della vita economica di questo
paese, le cui autorità non vogliono né vederci né ascoltarci. I mandarini, le
olive, le arance non cadono dal cielo. Sono delle mani che li raccolgono.

Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto semplicemente
perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non siamo
venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore serve
all’Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte
speranze.

Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare
le nostre richieste:

– domandiamo che il permesso di soggiorno concesso per motive
umanitari agli 11 africani feriti a Rosarno, sia accordato anche a tutti noi, vittime dello
sfruttamento e della nostra condizione irregolare che ci ha lasciato
senza lavoro, abbandonati e dimenticati per strada.

Vogliamo che il governo di questo paese si assuma le sue
responsabilità e ci garantisca la possibilità di lavorare con dignità.

L’ Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma

L’Europa contro tutti i razzismi

strasburgo

Oggi il Parlamento Europeo ha chiesto alle autorità egiziane e malesi di garantire la sicurezza di coloro che non aderiscono alla religione musulmana ed adottato una risoluzione che condanna tutte le forme di intolleranza.

 

In Malesia si sono ripetute, nel 2009, ingerenze del Governo nei confronti dei diritti delle minoranze divergenti dal pensiero islamico maggioritario nel paese. Già nel 2007 lo stato aveva minacciato di proibire la pubblicazione del giornale “The Herald”. Contemporaneamente, si sono registrati attacchi alla libertà dei cristiani, che stanno passando un periodo brutto anche in Egitto, dove sei cristiani copti sono stati uccisi il 6 gennaio 2010 e sono avvenuti anche molti incidenti che solo per casualità non hanno avuto esiti drammatici.

Il Parlamento Europeo ha espresso con una risoluzione (sostenuta da tutti i gruppi politici) la condanna di tutte le forme di violenza, di discriminazione e di intolleranza basate sulla religione contro appartenenti ad altre confessioni, “apostati” e non credenti. In relazione ai recenti attacchi, l’assemblea ha chiesto alle autorità malesi ed egiziane di garantire la sicurezza delle minoranze presenti sul territorio. 

Nella risoluzione si osserva che anche l’Europa conosce crimini individuali di questa natura (ed è attuale nella cronaca il tentativo di alcuni ambienti, marginali nelle comunità immigrate, di perpetuare nella nazione di arrivo tradizioni incompatibili con i diritti come intesi nella tradizione umanistica e giuridica derivante dall’illuminismo) e si auspica che Consiglio della Unione Europea, Commissione e Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri prestino una particolare attenzione alla situazione delle minoranze, nel quadro della cooperazione Ue con i paesi interessati.

Non tutti hanno libertà di pensiero e di coscienza, alle ben note forme di stato autoritario o di pressione economico militare esercitate a causa degli squilibri geopolitici ereditati dal passato si aggiungono le democrazie “controllate” del profondo est d’Europa e i regimi populisti e teocratici in Asia e altrove, dove il consenso più o meno diffuso verso i sistemi di controllo sociale tradizionali e i problemi sociali scaricati verso l’esterno, spesso verso l’occidente, produce quell’intolleranza di cui gli incidenti che poi si registrano a spese di cooperatori internazionali o comunità minoritarie rappresentano segni tangibili.

Come le guerre infinite per il controllo delle risorse (e anche per una malintesa semplificazione delle tensioni internazionali) hanno portato una significativa parte della popolazione dei paesi sviluppati ed occidentali a raggruppare culture diverse in un tutto indistinto, dipinto come dominato dalla religione e pericoloso per la sicurezza di una porzione del mondo, così una fascia non indifferente della gente comune di nazioni dove le tradizioni possono rappresentare un efficace strumento di controllo (in un contesto instabile dal punto di vista della sicurezza materiale) è coinvolta in forme di razzismo che non sono meno pericolose di quello tradizionalmente inteso.

In maniera analoga alla specularità di interventismo all’esterno (le occupazioni militari precedute dai bombardamenti mediatici e concreti) e contrazione del confronto all’interno delle società coinvolte (la diffidenza e la repressione verso alcune categorie di immigrati e per estensione verso ogni diversità) sperimentata in occidente dopo le ferite degli attentati, anche in larga parte del Sud del Mondo (e delle potenze emergenti, grandi e medie) si registra il tentativo,  da parte delle élite tradizionali, economiche, militari e religiose, di scaricare tutte le responsabilità dei problemi e le tensioni verso i paesi “ricchi” presi come bersaglio della propaganda, e di qui l’attacco contro i gruppi di persone originarie di queste nazioni, provenienti dagli USA, dall’U.K, dalla UE, contro chiunque si trovi temporaneaente nel terzo mondo oppure sia impegnato nella cooperazione e venga dai paesi sviluppati (in un immaginario che nei paesi in difficoltà finisce per costruirsi un logo uniforme di una fetta del pianeta), da qui l’ostilità verso i gruppi riconducibili alla storia del colonialismo nonostante, l’arricchimento che questi ultimi gruppi hanno portato spesso allo sviluppo della democrazia in aree dalla società complessa come i paesi in via di sviluppo.

Un argomento che su queste pagine web viene curato in maniera ricorrente è, non a caso, la necessità di non semplificare troppo, legittimando malintese pretese di decolonizzazione molto dopo la conclusione dell’era storica cui il colonialismo appartiene, e l’opportunità di ricoscere l’importanza delle comunità di origine europea nel mondo per la cultura e le istituzioni consolidatesi nel tempo grazie all’apporto di queste ultime. Le crisi regionali non si risolvono con il populismo terzomondista.

Difatti, a ben vedere lo stesso antioccidentalismo, letto in termini di puro scontro tra regioni se osservato da lontano, dai suoi destinatari, si muove in un paesaggio sociale, il mondo emergente dell’Asia, dell’Africa, spesso dell’America Latina e moltissimo negli stati a forte presenza islamica, nel quale gioca un ruolo nelle trasformazioni interne di ogni nazione presa in esame, dove l’avversario delle oligarchie e del blocco sociale che le sostiene non è all’estero ma è l’insieme di categorie e di elementi culturali che spinge verso la modernizzazione della società, e lo spauracchio delle fasce marginali che si uniscono ai fanatismi religiosi non è la libertà e il paniere di valori occidentale, se ne esiste uno uniforme, ma l’insicurezza degli ultimi in un pianeta dove il costo di questa libertà è insostenibile per molti.

Nella stessa Unione Europea, è positivo che l’Aula (sempre oggi) abbia riaffermato il ruolo della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e difeso le sue decisioni in merito alla garanzia della laicità delle scuole, respingendo il ricorso contro il divieto di apporre simboli cristiani. Ma la difesa della laicità da sola non bastera e occorrerà mettere l’Europa in condizioni di intervenire nelle situazioni sociali con più peso e soprattutto lavorare sull’integrazione tenendo conto che si tratta di un processo complesso nel quale le comunità immigrate non possono essere considerate in una condizione “infantile” ma devono assicurare reciprocità nello scambio. E i paesi di provenienza degli emigranti non possono supportare queste trasformazioni in maniera fruttuosa se non avviano una tendenza di apertura anche in casa propria.

Aldo Ciummo

Jorge Castaneda: Multipolarismo nelle Americhe e nel pianeta

San Paolo nel Brasile

Lo studioso ed ex ministro degli Esteri del Messico, in vista di un 2010 che coinvolge il Brasile nelle decisioni più importanti e che trova Honduras, Venezuela e molti altri stati del subcontinente latino ancora alle prese con problemi difficili, ha descritto l’area come un laboratorio adatto alle sfide che attendono il pianeta complessivamente

 

In questi anni il Brasile che punta a superare le povertà direttamente con la valorizzazione delle nuove conoscenze, il Venezuela con la sua contraddittoria ricetta di emancipazione fondata sull’attivismo dello stato, Bolivia, Ecuador, Paraguay con le loro in gran parte legittime ma a volte semplicistiche aspirazioni di riappropriazione delle risorse, ma anche l’Argentina e il Cile con le proprie innovazioni politiche, Cuba con una testimonianza ancora viva pure se inficiata da limiti visibili, hanno preso il centro della scena nel mondo multipolare.

Secondo Castaneda, intervenuto sulle questioni latinoamericane alla fine del 2009, gli Stati Uniti sono destinati a ridurre la propria influenza nelle Americhe meridionali ma il loro ruolo resterà determinante nella soluzione delle crisi ancora in corso e parteciperà alle strategie di sviluppo che si stanno definendo. Messico, Brasile, Argentina, sono nella sua descrizione del panorama iberoamericano le avanguardie di una combinazione inedita di autodeterminazione nazionale e sviluppo dei diritti umani.

Castaneda ha menzionato logicamente il trauma del colpo di stato in Honduras, di cui resta da chiarire l’acquiescenza preoccupante da parte di settori economici e politici del mondo sviluppato, in assenza della quale sarebbe difficile immaginare la lunga tenuta dell’avventura di Micheletti, e menziona anche la tendenza autoritaria assunta dal governo di Chavez in Venezuela, una vicenda che, aldilà della piega antioccidentale e poco rispettosa delle regole democratiche che ha assunto negli ultimi anni, ha rappresentato per Caracas un esperimento capace di restituire al Venezuela ed a un’area più ampia una possibilità di autogoverno e di partecipazione improbabile pochi anni prima.

Tra l’interventismo invasivo del Novecento ed una nuova epoca di assenza delle iniziative nordamericane nell’America Latina, ha osservato Castaneda, esiste una via di mezzo che tenga conto dei rapporti anche positivi ed in ogni caso complessi (ed ineliminabili da un giorno all’altro se non a costo di scompensi dalle conseguenze poco prevedibili). America Latina e Stati Uniti sono legati storicamente, Brasile e Usa collaborano ai progetti riguardanti l’economia sostenibile ed a molto altro, Washington non può fare a meno di acquistare idrocarburi da Caracas (per quanto le politiche neoconservatrici nordamericane abbiano cozzato contro i progetti di nazionalizzazione portati avanti da Chavez). E lo sviluppo cileno resta interrelato a quello statunitense anche se settori importanti degli Usa hanno avuto un ruolo nella terribile ascesa di Pinochet e nella longevità del suo regime.

Castaneda ritiene che le istituzioni regionali e gli strumenti della democrazia siano in grado di inquadrare in una cornice di lungo periodo (e nella quale gli Stati Uniti e le potenze dell’area possano avere una parte attiva) le istanze di quella sinistra anche populista ma protesa a mettere in prima fila le fasce popolari a lungo escluse nel subcontinente latino: i governi nazionalisti di sinistra paraguayano, venezuelano, boliviano, ecuadoriano, la potenze storiche brasiliana e messicana, le esperienze cubana e nicaraguense.

Se gli Stati Uniti trovano la traiettoria per un rapporto rispettoso della sovranità a sud e le società sudamericane superano le ostilità stratificatesi nel ventesimo secolo, questo potrebbe dirsi davvero concluso per le Americhe, le cui responsabilità vanno verso un maggiore equilibrio nell’epoca del mondo multipolare.

Da Euroalternatives / Reconnecting Power and Politics

Introduciamo la prima parte di una analisi di Zygmunt Bauman, che è presente per intero sul sito di European Alternatives (www.euroalter.com), anche nella sezione in lingua italiana. Euroalternatives è un progetto che ha alla sua base una visione sociale dell’Europa come costruzione politica partecipata. I paragrafi che seguono rappresentano la prima parte di un articolo di European Alternatives e sono quindi un invito all’approfondimento del progetto e del suo sito. Si tratta di una riflessione di Bauman sul ruolo dei partiti socialdemocratici.

Reconnecting Power and Politics

 

di Zygmunt Bauman

Ten years ago Gerhard Schröder declared that: ‘economic policy is neither left not right. It is either good or bad’. Today we can conclude that this was a self-fulfilling prophecy.

 Then, eleven out of fifteen governments of the European Union were run by socialists. Now – in election after election, in country after country – the left has been elbowed out of state power. The crucial point, though, is that such changes of the guard have ceased to matter.

In the course of the last decade, social democratic parties have presided over an ‘economic policy’ consisting of the privatisation of gains and the nationalisation of losses; they have run states preoccupied with deregulation, privatisation and individualisation.

It is no wonder that voters have come to associate social democrats with the neoliberal policy of dismantling the communal frameworks of existential security leaving individual men and women to manage their fates on their own, from their individual and mostly scarce and inadequate resources. There is now next to nothing to distinguish between the ‘left’ the ‘right’, in economic, or any other, policy.

In recent years to be on the ‘left’ has come to signal an intention to be more thorough than the ‘right’ in carrying out the agenda of the right, and better at protecting such undertakings from the backlash inevitably caused by their dire social consequences. It was Tony Blair’s ‘New Labour’ that laid institutional foundations under Margaret Thatcher’s inchoate ideas about there being no such thing as society, ‘only individuals and families’.

It was the French Socialist Party that did most work on the dismantling of the French social state. And in East-Central Europe it is the ‘post-communist’ parties, renamed as ‘social democrats’ (wary as they are of being accused of lingering devotion to their communist past), that are the most enthusiastic and vociferous advocates – and most consistent practitioners – of unlimited freedom for the rich and the leaving of the poor to their own care.

(Il resto dell’articolo di Zygmunt Bauman può essere letto su www.euroalter.com, nessun amico dell’Europa è un concorrente, NdR)