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La cultura agroalimentare svedese sbarca in Italia

 

La Svezia è conosciuta in Italia per le risorse naturali e paesaggistiche e per le ricchezze storiche, più recentemente si sono affermati i successi dell’arte e del cinema, ma la scommessa sui prodotti agroalimentari è un fatto recente

La Svezia non è stata tradizionalmente un simbolo dell’agroalimentare, ha esportato prodotti di grande qualità fin da tempi antichi, ma nell’immaginario internazionale la tradizione della cucina è stata a lungo associata ad altri paesi, tuttora in grado di detenere primati in questo settore. Emerge però da alcuni anni una ricerca sui sapori consueti della cultura nordica e questa nuova tendenza sta permettendo ai piatti scandinavi di affermarsi, per il momento in nicchie di mercato, anche nei territori del consumo all’estero comprese nazioni come l’Italia, che sono notoriamente ai vertici nel settore della ristorazione. A fine ottobre a Roma si è svolta una iniziativa per far conoscere questa realtà.

Un paniere di proposte tipiche della Svezia ovviamente non può essere presentato in sostituzione di abitudini alimentari radicate, ma si affianca con successo alle pietanze locali, entrando a far parte di una conoscenza più approfondita dell’ area nord europea da parte di un numero crescente di italiani. Questo è uno dei diversi settori in cui una larga predisposizione positiva verso l’ambiente dei paesi nordici può tradursi in comportamenti specifici di rapporti commerciali nei comparti emergenti (tecnologie per le fonti di energia alternative, prodotti agroalimentari, prodotti della trasformazione del legno), di acquisizione delle migliori pratiche istituzionali (parità di genere, trasparenza nel pubblico, sostegno alla ricerca) e di valorizzazione di un patrimonio culturale che dalle videoarti all’architettura è molto più ampio della piccola lista di espressioni famose che vengono alla mente in associazione al nord del continente.

La cultura agroalimentare svedese è particolare per la tendenza storica alla conservazione dei cibi, che nei secoli è sempre stato necessario mantenere per l’inverno. Dalla stessa ragione deriva anche il fantasioso uso dei frutti estivi, che rappresentavano un breve lusso, che si associa anche all’occasione delle feste legate alla maggiore durata del giorno ed al tempo atmosferico più clemente. Il pane è sfoggiato in una serie originale di forme, che indicano anche il bisogno costante di cuocerlo con la mente a lunghi tempi di conservazione e di consumo.

Burro e uova sono stati per decenni e secoli beni destinati all’esportazione, ma il latte, ad esempio, è stato fermentato sempre applicando una approfondita cultura dei batteri perchè l’alimentazione ha rappresentato sempre un fatto di sopravvivenza. Oggi questa storia ha raggiunto una consapevolezza tale da diventare cultura di cuochi apprezzati a livello mondiale. Caffè, dolci e biscotti hanno assunto peso in questa storia.

Famoso è lo Julbord (Jul significa Yule, cioè Natale, nell’accezione attuale e bord significa tavolo): salmone, aringhe, differenti tipi di pane, di derivati del latte e di ortaggi sono alla base di questa tradizione. La cultura materiale svedese ha risentito nei secoli dell’influenza di paesi ammirati come Francia e Germania, posti ad esempio dalle dinastie regnanti nel paese scandinavo. Gli anni ottanta e novanta hanno apportato nel nord d’Europa nuovi stimoli, provenienti da Italia e Giappone.

Proprio l’Italia è stata al centro di iniziative che hanno permesso agli addetti ai lavori, ad esempio nel settore dell’importazione, di conoscere le novità proposte da una cultura che le ha tratte da una lunga tradizione. A Roma, dal 25 al 29 ottobre, presso l’Ikea porta di Roma i piatti svedesi sono stati presentati e nello stesso periodo, il 28 ottobre, presso la residenza dell’ambasciatrice svedese in Italia, Ruth Jacoby, i diversi prodotti sono stati accompagnati dalla narrazione del loro ruolo nella vita della Svezia e dall’attenzione di importatori e addetti ai lavori.

Recentemente Mariella Morosi ha ricordato su una testata specializzata che il Frantzén Lindeberg, locale situato nela città vecchia di Stoccolma, ha ottenuto riconoscimenti che si inscrivono nella generale valorizzazione dell’agroalimentare nel nord che ha visto premiato ad esempio il Noma di Copenaghen. Goteborg è un’altra città che si sta facendo notare molto in questo ambito. Sul sito www.ffos.se sono reperibili molte informazioni sull’iniziativa “Fabulous Flavours of Sweden” che ha avuto luogo alla fine di questo ottobre proprio nell’impegno di introdurre in Italia le specialità svedesi, una manifestazione che l’Ambasciata a Roma ha portato avanti con la consueta cortesia nei confronti di tutte le realtà coinvolte.

Aldo Ciummo

Il paesaggio urbano è qualcosa che si può leggere in molti modi

Il libro Via Tiburtina - Space, Movement and Artefacts in the Urban Landscape è pubblicato dall’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma con il sostegno del Consiglio Svedese per la Ricerca ed è distribuito da eddy.se AB. Il libro è uscito sul mercato svedese in occasione della Fiera del Libro di Goteborg, 24-27 settembre 2009.

L’Istitituto di Studi Classici Svedese venerdì sera ha ospitato un dibattito sulla via Tiburtina. L’architetto Hans Bjur, professore dell’Università di Goteborg, e l’archeologa Barbro Santillo Frizell, direttore dell’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma,  hanno percorso per sei anni questa strada, alla guida di un progetto di ricerca sui tremila anni di storia di questa Via ancora oggi in uso.

Venerdì 11 dicembre l’Istituto di Studi Classici Svedese ha accolto l’iniziativa di dibattito “Via Tiburtina, Space, Movement,and Artefacts in the urban Landscape” un seminario internazionale su come le città integrano le stratificazioni storiche nel proprio sviluppo urbano.
Si è parlato di come vengono valorizzati ed interpretati, in una città e nello sviluppo del suo paesaggio, le eredità materiali ed immateriali e di quale significato può avere una città antica in questo contesto.

Via Tiburtina – Space, Movement and Artefacts in the Urban Landscape, è il titolo del libro che racchiude i risultati degli studi di Bjur e Frizell. “Si evidenzia la continuità tra la Roma antica, medievale e rinascimentale e la moderna metropoli – spiegano gli autori – percorrere una strada originariamente costruita dagli antichi Romani e che tremila anni dopo continua a essere un’arteria pulsante nel caotico traffico in entrata e uscita dalla capitale d’Italia significa percorrere la storia. Ma non solo: un viaggio lungo la Via Tiburtina dimostra quanto può essere importante una strada per lo sviluppo di una città e apre il dibattito su come la moderna pianificazione urbanistica si possa coniugare con il patrimonio storico urbano.”
 
Roma è una città sviluppatasi strato su strato nelle diverse epoche storiche e queste stratificazioni, non soltanto materiali, hanno creato diverse correlazioni tra loro, attraverso i millenni. Maria Margherita Segarra Lagunes, che insegna all’Università Roma Tre, ha sottolineato come abitudini ripetute ogni anno per secoli hanno trasformato gli atti in rituali ed hanno costruito la mentalità della gente, i percorsi contadini, “c’è, nella conformazione dei luoghi e nelle azioni con le quali vengono vissuti una consapevolezza, anche se a volte inconscia”.

Al centro dell’analisi c’è la strada, che è sempre la stessa ma nello stesso tempo è in costante evoluzione. Con il suo febbrile movimento, la Via Tiburtina genera nuove culture sociali, che potenziano il traffico e stimolano l’edilizia, oltre a creare nuovi elementi paesaggistici, i cui resti entrano a loro volta a far parte del patrimonio culturale e si adattano alla struttura sociale dei nostri tempi.

Paolo Liverani, dell’Università di Firenze, ha osservato che  “ci sono mappe in cui si possono trovare monumenti. La coscienza topografica ha origine da semplici considerazioni, sul territorio le testimonianze del tempo non si stratificano semplicemente l’una sull’altra, ma ognuna modifica le altre, le cancella, le ridefinisce”

Il dialogo tra patrimonio ereditato e esigenze del presente è proprio il nocciolo del libro sulla Via Tiburtina,  in cui Hans Bjur propone,  insieme a Barbro Santillo Frizell, professore di archeologia classica, un nuovo approccio alla moderna pianificazione urbanistica: l’archeologia paesaggistica urbana. In tredici capitoli ricchi di illustrazioni archeologi, esperti in conservazione dei beni culturali, studiosi dell’antichità, architetti, storici dell’arte e conservatori specializzati in beni architettonici mettono in relazione l’antica Roma con le intense trasformazioni dell’attuale metropoli.

Si tratta certo di un dibattito che non è neutro, come Gert-Jan Burgers, dell’ Istituto Nederlandese a Roma, ha fatto notare: “diverse visioni si confrontano, quella monumentale della storia coltivata dalla direzione nazionalista settanta anni fa, quella calata dall’alto oggi dall’Unione Europea, quella che mette al centro le esigenze locali”.

Identità, comunità, qualità della vita: diversi possono essere gli obiettivi dell’azione umana sul paesaggio. Il valore della eredità culturale per la società è mediato dalle scelte delle differenti culture, il patrimonio perciò è anche un processo, si tratta di progettazione dello spazio più che di semplice mantenimento di quello che esiste. Esistono paesaggi nascosti alla vista, presenti però nella nostra percezione culturale.

Su questo punto si è soffermato Wetterberg, moderatore della serata (Università di Gotemborg, Svezia) che ha riassunto le considerazioni di molti dei relatori sottolineando come un’area, così come viene percepita dalle persone, “è il risultato della azione e della interazione di fattori naturali ed umani, non è un fatto statico,  non è un dipinto, ci si vive dentro, eppure è una idea e non una cosa. Il paesaggio è un modo di agire e di pensare, non un oggetto immobile da preservare.”

Sono intervenuti anche Graham Fairclough (English Heritage) e Lionella Scazzosi (Politecnico di Milano). Il progetto di ricerca sulla via Tiburtina è nato nel 2003 da una collaborazione tra l’Istituto per la Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Goteborg e l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. Oggi, l’Istituto Svedese ospita un ambiente di ricerca interdisciplinare. Questa iniziativa inoltre ha gettato delle basi per la nascita dell’archeologia paesaggistica urbana come settore di ricerca. La ricerca portata avanti con il libro sarà anche un valido strumento all’interno dell’urbanistica e dell’edilizia come progetto sociale, sia in Italia che in Svezia.

Aldo Ciummo