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Parlamento Europeo favorevole agli eurobond

Venerdì l’assemblea eletta dai cittadini della Ue ha approvato a stragrande maggioranza un parere favorevole all’introduzione di misure di stabilità

L’Europa deve modificare i trattati in modo da poter creare eurobond che assicurino la stabilità dell’intera area senza lasciare a sè stessi i paesi componenti come è accaduto per la Grecia: la Commissione giuridica del Parlamento Europeo lo ha affermato con diciannove voti favorevoli, uno contrario e due astensioni. Ha condotto i lavori Raffaele Baldassarre (PPE).

Il debito sovrano dovrebbe essere mutualizzato, senza basarsi sulle difficoltà di singoli stati esposti alla speculazione internazionale ma con la solidarietà europea, ciò significherebbe (in termini di fluttuazioni tra i valori dei titoli dei vari paesi e di conseguente fragilità delle loro economie all’aggressione di manovre della finanza) che la UE nel suo insieme pagherebbe i debiti, ma subendo interessi molto minori.

La questione degli eurobond oggi non è più presentata come una ipotesi auspicabile ma impossibile, anzi la Commissione economica alla fine dell’estate concluderà un libro verde sugli eurobond cui dovrebbero seguire finalmente i fatti, il che non sarà facile, perchè i paesi le cui economie sono rimaste più solide temono le intemperanze degli altri e questi a loro volta sono preoccupati dalla prospettiva di essere vincolati per molti anni a condizioni che, sia pure più rassicuranti rispetto alle precedenti prospettive di instabilità, sono però abbastanza rigidi e condizioneranno quindi l’economia e le spese sociali.

La sostituzione delle emissioni nazionali di titoli con emissioni europee, oltre ad essere la logica conseguenza dell’esistenza di una moneta unitaria, rappresenta uno strumento utile per gestire la crisi economica, ma è necessaria anche una vera solidarietà europea verso stati come la Grecia ed il Portogallo che in assenza di questa rischiano di ingolfare l’intera costruzione europea, una effettiva responsabilità dei paesi che si trovano in condizioni intermedie verso gli stati come la Germania ed il Regno Unito che portano una parte considerevole del peso della comunità e soprattutto una redefinizione del modello di crescita, assieme agli Stati Uniti ed al resto dell’Occidente, per arrivare ad una maggiore sostenibilità sociale ed ambientale della crescita ed a una redistribuzione delle opportunità nella società.

Aldo Ciummo

 

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Irlanda: i servizi sociali rivedono l’assistenza ai genitori “single”

 
 
 

Il degrado nella maggior parte dei quartieri è fortunatamente un lontano ricordo: i servizi sociali hanno avuto la loro parte nello sviluppo ma oggi si pensa a ripensarne l'impianto laddove non hanno dato i risultati sperati

La crisi ha colpito duro il budget del Governo, ma il Ministero della Famiglia e degli Affari Sociali vorrebbe introdurre una revisione generale del sistema assistenziale che nella Repubblica ha sollevato più volte critiche, per gli scarsi effetti positivi nel reinserimento nel mondo del lavoro e nella rete sociale.

Adesso potrebbe accadere che il Governo decida di ridurre gli anni di sostegno per i genitori, un modo per incoraggiarli a una maggiore iniziativa individuale ma forse soprattutto un modo per fare cassa in tempi di crisi.

A Dublino, perlomeno nelle aree più periferiche, non è difficile imbattersi in qualcuno che critica l’eccessiva generosità dello stato verso una parte della popolazione urbana, che poi è la parte un pò più da “cartolina” sia pure non delle più amene. I problemi di dipendenza dagli alcolici non sono generali ma esistono, tuttora accompagnati in alcune aree da una situazione in cui i giovanissimi debbono crescere praticamente da soli. Tutto ciò sta rapidamente cambiando in meglio e già negli ultimi cinque anni il volto dell’Irlanda si è ulteriormente trasformato, cancellando gran parte dei segni dei disagi passati che già dagli anni ottanta al duemila erano stati decimati lasciando il posto allo sviluppo.

Situazioni paradossali, specialmente in periferia, permangono e qui si è inserito nel dibattito sul ruolo dello stato l’intervento di Mary Hanafin, la quale è Ministro per la Famiglia e gli Affari Sociali e che oggi in una intervista al giornale “The Irish Times” ha detto sostanzialmente: meglio non pagare più il genitore che è rimasto da solo fino al raggiungimento del ventiduesimo anno di età da parte dei figli che stanno ancora studiando, ma erogare i sussidi soltanto fino a tredici anni. Dopo, è stata l’argomentazione, i ragazzi spenderanno più tempo a scuola e il genitore avrà a sua volta più tempo: anche per cercarsi un lavoro o un lavoro migliore.

Non è un sasso nello stagno completamente astratto dal sentire comune dell’irlandese medio. Guardando le periferie, molti pensano che garantire 225 euro alla settimana al genitore rimasto da solo con un figlio o una figlia come fa lo stato in Irlanda non assicura nulla sull’utilizzo che questa madre o questo padre farà della somma assegnatagli, sulla sua formazione professionale o su quella culturale della prole. Inoltre l’attuale sistema irlandese, che porta questo aiuto fino ai 18 anni e nel caso evidenziato all’inizio a 22, è molto più “sociale” ad esempio di quello inglese, che per la maggior parte dei casi si ferma all’età di 7 anni. Ma che non è detto che il metodo inglese funzioni di meno, socialmente.

Beninteso, se è vero che uno stato eccessivamente diligente verso chi è rimasto solo con figli potrebbe perfino rappresentare un freno alla ricostituzione di una vita completa da parte dei soggetti assistiti (Mary Hanafin afferma che addirittura qualcuno potrebbe pensarci due volte a costruire di nuovo la famiglia con un nuovo compagno), lo stesso Ministro ammette che dare almeno fino al completamento della prima parte degli studi un supporto al genitore significa aiutarlo a programmare una formazione professionale e dove necessario un reinserimento per sè stesso e indirettamente per i figli.

Più di 87.000 persone (l’Irlanda ha circa quattro milioni di abitanti) ricevono il sussidio in questione, discussioni sulle attitudini umane in fatto di iniziativa autonoma o dipendenza pubblica a parte, ridurne drasticamente il numero in tempo di crisi ed in presenza di scarse opportunità di trovare o migliorare posizioni professionali significa influire in maniera quantitativamente negativa anche sull’economia. Ma la discussione sul tema è qualcosa che in Irlanda sarebbe bene iniziare.

Aldo Ciummo

MEDIO ORIENTE|I paesi arabi si raccolgono a Doha per decidere il futuro del Libano

Vicino l’accordo che potrebbe porre fine all’occupazione di Beirut e scongiurare la guerra. Merito anche dell’Italia

La crisi che da diciotto mesi sta paralizzando la vita politica del Libano si appresta a giungere alla tanto attesa conclusione. Da tempo ormai i carri armati di Hezbollah avevano occupato i quartieri sunniti di Beirut e recentemente l’aria che si respirava nella capitale del vecchio paese dei fenici era quella di un’imminente quanto mai prevista guerra civile.

Guerra scongiurata? Crisi politica risolta? Macchina del governo libanese finalmente efficiente? Vedremo. Per sapere se i carri armati di Hezbollah faranno marcia indietro da Beirut bisognerà attendere l’effettiva fumata bianca dell’accordo raggiunto mediante l’intervento della Lega araba.La delegazione araba si era recata a Beirut per mediare tra maggioranza e opposizione e uscire dalla crisi in corso in Libano, invitando tutti i leader politici del paese a Doha, in Qatar, con l’obiettivo raggiungere un accordo sulla scelta del capo dell’esercito, Michel Suleiman, come presidente della Repubblica e dar vita a un governo di unità nazionale.

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