Dopo il taglio del rating da parte delle agenzie agli USA la crisi globale ritorna ad essere un problema che investe l’occidente nella sua interezza
Il taglio del rating alla prima economia del mondo, che significa in sintesi la retrocessione in una fascia di minore fiducia nella sua capacitù di ripagare i debiti, nei fatti diventa subito un declassamento di tutta l’area economico politica occidentale, (non tecnicamente, perchè ai diversi paesi, ad esempio alla Francia che ancora se la cava bene, vengono riconosciute solidità diverse caso per caso), ma in qualche modo l’attacco politico della Cina agli Usa, dopo la decisione di Standars e Poor’s di tagliare da tripla A a AA+ la posizione degli Stati Uniti, è un richiamo che si rivolge anche a sfavore dell’Unione Europea, che agli Stati Uniti è strettamente legata non solo dagli immediati riflessi dell’economia, ma dalla condivisione di percorsi storico politici e culturali.
La destra repubblicana, con gli ostacoli posti fino all’ultimo ad un piano dei Democratici che si contraddistingueva per le molte concessioni alle categorie meno toccate dalla crisi economica e con l’ottenimento da parte dei Repubblicani dello spostamento dei sacrifici sui settori che avevano bisogno di investimenti sociali ha contribuito negativamente all’esito cui si sta assistendo, un fenomeno che trova tendenze speculari anche in Europa ed in Italia, dove le operazioni di salvataggio più urgenti e macroscopiche come quella in corso in Grecia e le misure parzialmente preventive, come quella in atto in Italia, concentrano i tagli finanziari sulle parti della popolazione che meno sono state responsabili delle decisioni economiche che hanno portato al sorgere dei problemi attuali e indirizzano i pesi maggiori sulle categorie più in difficoltà, appartenti alle fasce più modeste della classe media o direttamente alle sacche di disoccupazione, precariato e marginalità.
In molti casi, specialmente nei paesi più arretrati (Italia) in aspetti qualificanti come l’occupazione femminile, l’investimento sulla ricerca, la certezza del diritto, si taglia proprio negli ingranaggi necessari a far ripartire le attività dalle premesse carenti: istruzione, orientamento all’impresa, riduzione delle disparità. Ben venga l’azione dell’Unione Europea nel supportare e indirizzare gli sforzi degli stati, ma occorre rafforzare e democratizzare le politiche della comunità, perchè all’autorità correttiva che induce i paesi componenti a risolvere i propri problemi finanziari si aggiungano più poteri volti a costringere gli stati a operare all’interno dei valori della UE anche in fatto di protezione e valorizzazione della cultura, del pluralismo e della concorrenza, perlomeno nelle aree dove culture politiche più attardate nell’anteguerra e tradizioni culturali più impermeabili ai princìpi dell’autodeterminazione degli individui ed al ruolo delle scienze positive potrebbero aggravare le crisi economiche e gli effetti delle speculazioni fino a sedimentare pesi insostenibili anche per tutto il resto d’Europa, in gran parte impegnato per ridurre i danni.
E’ auspicabile quindi che di fronte ad atteggiamenti aggressivi da parte di stati come la Cina e l’India, che pur criticando legittimamente errori gravi si trovano in una posizione di minori costi finanziari a causa di minori costi sociali (direttamente riconducibili nel caso della Cina all’assenza di democrazie paragonabili a Usa e Ue), Stati Uniti ed Unione Europea siano sì consapevoli di trovarsi tuttora nelle condizioni di prendere le maggiori decisioni, ma rafforzino quegli aspetti di democrazia sostanziale (incompatibili ad esempio con il taglio della sanità ai più deboli) necessari a mantenere e sviluppare la forza specifica dell’Occidente, democrazia e sviluppo.
Sarebbe paradossale se Stati Uniti e UE fossero indotti a ridurre le spese sociali e di difesa, favorendo l’ascesa di sistemi tuttora poco esemplari rispetto all’area occidentale, perlomeno finchè basati sul partito unico, sulla religione o sullo sfruttamento indiscriminato dell’ambiente. E’ urgente quindi che l’Unione Europea inizi a riparare al suo interno i danni economici, culturali e sociali causati dalle scelte che tuttora le destre populiste sostengono in sintonia con le concentrazioni finanziarie sia in America che in Europa, che l’Unione Europea investa di più sull’occupazione, sulla ricerca, sulla valorizzazione dell’immigrazione e sull’integrazione al suo interno e approfitti delle energie alternative per accentuare la sua autonomia energetica da sistemi nettamente estranei alle sue finalità socioeconomiche.
Soprattutto è importante che la UE comprenda l’importanza del suo legame con gli USA e che anche in fatto di economia punti a rafforzare la solidità, la partecipazione e l’innovazione politica e dello sviluppo all’interno dell’area culturale che comprende Europa e Stati Uniti, evitando di dimenticare che nella attuale assetto delle istituzioni nelle varie aree geopolitiche la crescita di democrazie e mercati dipende strettamente dalla diffusione delle soluzioni individuate in Europa, Stati Uniti, Australia, Canada e negli stati, mercati ed istituzioni che a questa area sono più strettamente legati e che da questa sono maggiormente condizionati.
Aldo Ciummo
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