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Passi avanti negli accordi tra Serbia e Kosovo

La progressiva distensione nei Balcani rientra nella prospettiva di integrazione della regione nella comunità europea

Alla fine della settimana le maggiori agenzie di stampa hanno dato notizia dell’avanzamento dei contatti tra la Serbia ed il Kosovo, che probabilmente saranno anche oggetto delle discussioni sulla candidatura della Serbia, che si terranno lunedì e martedì prossimo (la Serbia potrà acquisire soltanto in seguito lo status di candidato all’adesione). Un accordo tra le due realtà balcaniche è quindi positivo in questa prospettiva, che riguarda non solo Belgrado ma l’area dei Balcani in generale.

L’accordo raggiunto riguarda le frontiere e altri aspetti degli impegni stipulati in passato. Le posizioni di Serbia e Kosovo sono tuttora distanti su molti punti e l’accordo non fa riferimento alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, il cui parziale riconoscimento nel 2010 è indubbiamente un precedente che evidenzia una serie di problemi in molte situazioni che esistono sul terreno, ad esempio all’interno delle ex repubbliche sovietiche.

Vengono riportate le risoluzioni dell’Onu e della Corte Internazionale. Sono stati attenti al contesto balcanico sia il Commissario Europeo all’Allargamento, Stefan Fule, che Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la Politica Estera UE. Per quanto riguarda il Kosovo, la Commissione UE esaminerà le possibilità di avviare un Accordo di Associazione o ASA, che rappresenta un’avvicinamento all’adesione futura alla comunità.

Nonostante una serie di posizioni estreme abbiano attaccato nel tempo il ruolo della cooperazione occidentale nei Balcani, oggi risulta chiaro che lo sviluppo delle garanzie democratiche e della crescita economica e sociale in questa regione stanno aprendo una nuova fase in questa area dell’Europa, che andrà integrandosi progressivamente nel quadro dell’Unione Europea.

Aldo Ciummo

 

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Strasburgo: “Europa più unita per i diritti”

 

La questione siriana in particolare è al centro delle critiche degli eurodeputati liberali, ambientalisti ed euroscettici su una gestione delle crisi eccessivamente improntata alla realpolitik

di Aldo Ciummo

La richiesta principale degli eurodeputati dei gruppi ALDE (liberali), ECR (conservatori) e Verdi è un approccio più equilibrato alle crisi definite della primavera araba, con l’inclusione del presidente siriano Bashar al-Asad nella lista dei funzionari oggetto di sanzioni comunitarie.

L’aula nel suo complesso ha fatto notare al capo della politica estera europea Catherine Ashton che sono necessari maggiori sforzi diplomatici assieme a misure più chiare verso i governi di Siria, Bahrain e Yemen. La situazione in Siria viene definita come un grande disastro e come una Tienanmen araba dal leader dei liberali, Guy Vorhofstadt (Alde, Belgio) che assieme ad ECR e Verdi ha chiesto che il presidente siriano sia incluso al più presto nella lista concordata il 16 maggio per imporre il divieto di espatrio ed il congelamento dei beni a tredici alti funzionari siriani.

Non si può fare a meno di notare un eccesso di dichiarazioni di principio ed un difetto di indicazione di misure concrete, dato che riguardo alla effettiva rimozione delle attuali autorità, decisioni simili si rivelano di lunga e tormentata attuazione, si veda il caso libico. L’embargo sulle esportazioni di armi nei confronti di Siria, Bahrein e Yemen, una delle richieste chiave inoltrate agli stati componenti la Ue è però più che giustificata dalle circostanze ed è presente nelle prime due risoluzione elaborate da Gabriele Albertini (PPE) e Roberto Gualtieri (S&D). L’assemblea di Strasburgo ha anche chiesto alla UE di sospendere i negoziati per un Accordo di Associazione con la Siria e sanzioni mirate verso i regimi.

 L’Europarlamento ha accolto favorevolmente l’apertura a Bengasi di un ufficio Ue, annunciata da Catherine Ashton, per assistere il Consiglio Nazionale Transitorio in Libia. L’obiettivo è arrivare il prima possibile ad un cessate il fuoco, alle dimissioni del governo ed all’invio di maggiori aiuti alla città di Misurata. E’ stato chiesto anche di condurre una inchiesta sull’uccisione di alcuni dissidenti iraniani nel campo di Ashraf in Iraq e la maggioranza dei gruppi si è pronunciata per la restituzione delle tasse provenienti dai territori palestinesi attualmente trattenute dal governo di Israele.

I gruppi euroscettici ECR e EFD hanno criticato la scelta della UE di mantenere relazioni con Hamas dopo la riconciliazione del gruppo con Fatah. L’elemento importante che si registra è l’esigenza che sale dal Parlamento Europeo, in accordo con l’opinione pubblica comunitaria, di porre il rispetto dei diritti umani in una posizione migliore nell’agenda europea, rispetto alla realpolitik che si è vista spesso negli ultimi anni e di mettere la questione al centro degli accordi internazionali, ad esempio con la Federazione Russa. Significativa la proposta presentata da Marìa Muniz de Urquiza (S&D, Spagna) per un seggio permanente per l’Unione Europea nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’assemblea generale intanto ha approvato una status speciale che permetta alla UE di intervenire durante i lavori.

Europa più presente sulla scena internazionale

 

Il Parlamento Europeo ieri ha deciso il via libera per l’accordo che regola il Servizio Europeo di Azione Esterna, mezzo effettivo delle attività comunitarie nel mondo.

di   Aldo Ciummo

Gli eurodeputati ieri hanno approvato una serie di raccomandazioni sulla organizzazione e sui metodi di lavoro del SEAE, il Servizio Europeo di Azione Esterna, una delle novità più importanti del Trattato di Lisbona recentemente entrato in vigore. Il Parlamento Europeo in realtà non ha potuto cambiare sostanzialmente la consuetudine e la norma che vede la Commissione in posizione di preminenza, anche se, venendo consultato su questo tema e più in generale incrementando la propria influenza sulle questioni concernenti la politica estera, l’organo elettivo ha posto le basi per una maggiore centralità del dibattito democratico all’interno dell’Unione Europea.

L’assemblea elettiva del continente ha ottenuto il rafforzamento dell’identità comunitaria del servizio europeo che si occuperà delle attività esterne, risultato evidente anche nelle norme che regolano la composizione del personale di questo nuovo organismo istituzionale. Un altro successo del Parlamento Europeo è la responsabilità politica e di bilancio che il SEAE dovrà assicurare nei confronti dell’assise, ma il servizio diplomatico non assumerà i poteri di controllo sulla politica di sviluppo e di vicinato che resteranno alla Commissione contrariamente a quanto delineato nella proposta dell’Alto Rappresentante della Politica Estera, Catherine Ashton.

La risoluzione con la quale il Parlamento Europeo ha confermato l’accordo raggiunto due settimane fa a Madrid proprio in merito al Servizio Europeo di Azione Esterna è stata approvata con 549 voti a favore, 78 contrari e 17 astensioni ed ha registrato valutazioni positive da parte di Elmar Brok (PPE, Partito Popolare Europeo), Guy Verhofstadt (Alde, Liberali) e Roberto Gualtieri (S&D).

Il Servizio Europeo di Azione Esterna assisterà l’Alto Rappresentante per la Politica Estera della UE, mentre il bilancio esecutivo ricadrà sotto la responsabilità della Commissione. L’esecutivo dovrà informare i deputati delle spese per le attività esterne e per le delegazioni. Il Parlamento si occuperà del bilancio nel suo complesso.

Un aspetto da non sottovalutare è la composizione del personale dell’amministrazione centrale a Bruxelles e delle 136 delegazioni esterne, difatti almeno il sessanta per cento dei funzionari del SEAE saranno provenienti dall’Unione, mentre un terzo verrà dai servizi diplomatici nazionali, in base a criteri di equilibrio anche regionale. La struttura nasce quindi con una forte impronta europea, mirata ad assicurarne appunto il ruolo di promotore della prospettiva europea nel mondo e con questo dell’identità globale della nostra Europa.

La Spagna da gennaio presidente di turno Ue

 

L'Unione Europea è un progetto vivente in corso di crescita anche territoriale e di definizione e ridefinizione della propria identità e dei propri mezzi: da una parte lo snellimento istituzionale determinato dal Trattato di Lisbona e dall'altra l'eccezionale impegno della Svezia nel semestre della Presidenza di turno (in linea con un contributo molto significativo di stimoli e progetti da parte dell'intera area nord europea specialmente Uk, Danimarca, Finlandia e in cooperazione dall'esterno, con lo Spazio Europeo, Norvegia e Islanda) hanno reso possibile una straordinaria accelerazione nei sei mesi appena passati. I progetti avviati saranno oggetto di approfondimenti tematici sulle pagine del sito.

Venendo ad assumere ora il ruolo che spetta per sei mesi a rotazione a ogni paese della comunità, la Spagna potrà contare sull’enorme lavoro svolto in questi mesi dalla Presidenza Svedese e su un ingranaggio istituzionale che è stato modificato in profondità dal Trattato di Lisbona.

La Spagna ha assunto, con l’inizio del 2010, la presidenza di turno della UE. In realtà lo stato iberico avrà meno poteri, perchè nel frattempo il Trattato di Lisbona ha cambiato il sistema istituzionale della Comunità.

 Ora l’Unione Europea ha infatti un presidente permanente, che resta in carica due anni e mezzo, il primo è Herman Van Rompuy, premier belga che ha recentemente evitato l’impasse nel governo di Bruxelles dovuto al mancato accordo tra partiti fiamminghi e partiti valloni.

Ed ha un ministro degli Esteri, Catherine Ashton, che è una donna inglese che ha svolto una opera egregia nel sociale e nella politica del suo paese, la Gran Bretagna, paese la cui importanza nel cuore della Unione Europea è destinata ad essere riconosciuta, con il progresso del continente e la progressiva marginalizzazione delle tendenze centraliste degli stati fondatori.

Quella della Spagna è una posizione in qualche modo difficile, trattandosi di uno stato che in alcune fasi delle trattative che hanno preceduto il Trattato Lisbona ha creato più polemiche che altro, allineandosi anche a richieste eccessive di alcuni paesi dell’est come la Polonia.

Sulle spalle dello stato iberico c’è anche una eredità difficile da emulare, perchè la presidenza che si sta chiudendo, gestita con molto impegno dalla Svezia, ha portato all’Europa parecchi risultati, l’elaborazione di strategie lungimiranti in fatto di istruzione, ambiente ed impresa e difatti anche su queste pagine i lettori troveranno nei primi mesi dell’anno appena iniziato servizi dedicati nel dettaglio e nello specifico al lavoro svolto da Stoccolma.

Ma occorre sottolineare anche la novità strutturale apportata dal Trattato di Lisbona, con lo snellimento delle procedure decisionali e la facilitazione delle iniziative con le quali si esprime la partecipazione dei cittadini nella politica del continente, sforzi istituzionali portati avanti dalla Commissione Barroso e dalle pressioni del Parlamento Europeo, organo il cui ruolo in crescita indica una possibile democratizzazione di un progetto, l’Europa, ancora molto distante dalla vita dei suoi milioni di cittadini.

Non a caso, accanto alle prospettive dei paesi nordici e di tutta quell’area nord dell’Europa dentro e fuori la UE istituzionale, vicino alla trasformazione della politica avviata dalla crescita della partecipazione femminile e al mutamento della società grazie alle immigrazioni, il sito terrà un occhio, anche retrospettivo, a ciò che le novità introdotte dal Trattato di Lisbona significano in pratica, sono proprio queste ristrutturazioni dell’archittettura europea, se così si può dire, che rendono più efficaci anche nel lungo periodo le iniziative positive che la Svezia ha messo in campo in quest’ultimo semestre e di cui ci sarà bisogno di seguire il percorso anche nel 2010 perchè non sono state pensate per un mese o per un anno in particolare ma per fornire un apporto  ragionato al futuro dell’Europa.

Comunque, la Spagna ha espresso, nell’acquisire la carica per i prossimi sei mesi, le sue priorità: il primo ministro Jose Ruiz Rodriguez Zapatero ha elencato il miglioramento delle relazioni con l’America Latina, la cooperazione con la Croazia per una rapida adesione, la cura delle relazioni con la Turchia. La Spagna di fatto presiederà soltanto la riunione dei ministri degli Esteri europei, appunto perchè il Trattato ha cambiato tutto il sistema e non sarà più la presidenza di turno ad essere al centro, anche se si è deciso di lasciare per il momento la rotazione.

Aldo Ciummo

Per i fascisti di ogni colore politico non va bene una donna a Ministro degli Esteri Europeo

 
 

La Commissione Europea. Si aggiungono oggi altre forme istituzionali che non possono portare alla crescita della nostra Europa senza la maturazione di quella partecipazione democratica che è impossibile senza la demolizione delle diseguaglianze economiche, del sessismo e dei diversi razzismi incluso quello derivante dalla legnosità ideologica

Piovono le critiche sulle nomine: Herman Van Rompuy non va bene come Presidente (non sia mai qualcuno voglia mediare tra diversi interessi senza arroganza); Catherine Ashton invece non avrebbe il curriculum per gli Esteri (ma aver combattuto le disuguaglianze è un peccato capitale?). Il tutto al termine di un processo politico segnato dal rifiuto aprioristico e irrazionale dell’ inglese  Tony Blair al vertice della UE (il candidato più credibile in circolazione). Intanto, l’asse franco-tedesco non ha potuto impedire nomine che svecchieranno un pò l’Europa.

 

 di    Aldo Ciummo

Piovono critiche sulle nomine, fino a ieri Tony Blair non doveva andare bene come Presidente della UE perchè il Regno Unito non aveva accettato sempre tutto dell’Europa centralista (ma non si sapeva indicare un altro candidato credibile). Oggi, dopo la scelta di una donna a Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, (cambiamento di cui sarebbe ora, dato che all’interno dell’Unione ci sono stati dove sono quasi tutti maschi anche gli assessori) e dopo l’indicazione a presidente di Herman Van Rompuy, che ha riavviato la cooperazione tra fiamminghi e valloni in Belgio (e la farraginosa macchina europea, complicata da interessi e sensibilità contrapposte, non dovrebbe sputare troppo su chi vuole mediare senza arroganza) pure questi non andrebbero bene, in quanto candidati “deboli”, anche se della efficacia della “forza” dei candidati decisionisti abbiamo qualche esperienza in Italia, specialmente nella qualità della partecipazione democratica e della sensibilità civica che oramai questa scarsa qualità riversa visibilmente nella società.

Ma allora vediamo chi sono questi illustri sconosciuti e se sono davvero sconosciuti o se come spesso accade si tratta di gente che ha lavorato senza parlare tanto e di tutto ogni volta che secondo le televisioni dei vari stati nazionali c’era qualcosa da dire. il nuovo presidente europeo Herman Van Rompuy è nato a Etterberk, il quartiere europeo di Bruxelles, è un appassionato di cultura giapponese in un Europa che di culture extraeuropee ne conosce e ne accetta poche. In quest’ultimo anno ha sbloccato una situazione istituzionale di stallo, in uno stato paralizzato dalla contrapposizione tra francofoni restii a cambiare uno stato di fatto che destina loro più risorse di quante sarebbe realistico e fiamminghi convinti troppo frettolosamente e superficialmente di una esigenza di autonomia di cui non si capisce bene a cosa potrebbe portare in uno stato indivisibile per fattori  oggettivi (Bruxelles è il punto di riferimento di tutti i belgi, è un melting pot oramai europeo e mondiale e non solo rispetto alle tre comunità francofona, fiamminga e tedesca ed è capitale europea.)

La crisi politica in Belgio era durata diciotto mesi, quindi: Van Rompuy forse appare troppo gentile per ispirare fiducia alla gente, specialmente a Sud, ma in tutta evidenza non è incapace di decisioni, anzi è un fine politico. Come secondo aspetto, si potrebbe aggiungere che, senza essere inutilmente arrogante, Van Rompuy sostiene coerentemente le sue idee. Il nuovo presidente europeo è contrario all’ingresso della Turchia nell’Europa. Si può essere d’accordo con lui oppure essere contrari a quello che dice, quello che è certo è che Silvio Berlusconi che appoggia l’ingresso turco nella Ue dovrebbe spiegare poi ai suoi elettori quanto c’è di vero nel fatto che sostiene di volere che l’Italia non cambi troppo e  che quella sinistra che in Italia vuole bene a tutti ma si rivolge oramai esclusivamente ad una fascia dell’elettorato che non ha mai affrontato preoccupazioni economiche e pratiche dovrebbe spiegare quali risorse intende destinare al prevedibile afflusso di milioni di nuovi cittadini comunitari, che meritano rispetto laddove si trasferiranno, non promesse poi pagate finanziariamente da categorie tradizionalmente conservatrici. Scegliere atteggiamenti poco realisti non è funzionale all’integrazione, una necessità civile improrogabile. Al contrario.                Dal 1993 al 1999 Herman Van Rompuy ha colmato il debito pubblico belga in qualità di ministro al Bilancio. Ce n’è abbastanza per dissipare le preoccupazioni di incompetenza che in Italia potrebbero turbare il pubblico, all’apparire di uno che non strilla abbastanza.

Quanto a Catherine Asthon, dal 1983 al 1989 ha diretto Business in the Community, associazione di imprese che si occupa delle diseguaglianze, un tabù che l’Europa iperliberista non vuole affrontare ma anche un problema al quale è ora che si metta mano, invece di preoccuparsi di assicurare un direttorio strettamente continentale (e secondo alcuni a priori più sociale del Regno Unito, che invece di fatto ha un modello inimitabile di assistenza pubblico e una televisione pubblica indipendente dallo stato e libera di criticare il governo) all’Unione Europea.

Catherine Ashton è il nuovo Ministro degli Esteri della UE e questo fa storcere il naso a molti di destra e di sinistra, il sessismo è molto forte in alcuni stati ed inoltre la carica di Alto Rappresentante della PESC (Politica Estera e di Sicurezza Comune) ha ora un’importanza molto accresciuta dal Trattato di Lisbona. Catherine Ashton è stata responsabile dell’Autorità sanitaria dello Hertfortshire e sottosegretario britannico all’Istruzione, ricoprendo entrambe le cariche in un paese, il Regno Unito, che si prende cura delle persone molto di più di quanto non faccia con i simboli di partito. Ed il partito laburista, cui appartiene, ha costruito fin dal secondo dopoguerra un solido stato sociale, non un intreccio di corporazioni nazionalpopolari.

A Bruxelles, Catherine Ashton ha una esperienza di Commissario al Commercio e politicamente di leader dei laburisti alla camera dei Lord. L’Italia ad oggi non ha avuto nomine e questo da un punto di vista della distribuzione territoriale non è perfettamente corretto. Ma le considerazioni opportunistiche della politica degli stati nazionali non devono nascondere il fatto che alcuni cambiamenti nella UE sono positivi.

In Italia, formalmente una delle democrazie mature, c’è una forza politica maggioritaria dominata da una persona sola (Silvio Berlusconi) il quale come farebbe il leader di una forza extraparlamentare insulta, denuncia e chiama manifestazioni di piazza ed elezioni anticipate invece di fare (e non è detto che sia un male, visto che quando ha fatto, ha fatto la Bossi-Fini contro gli immigrati, la Fini-Giovanardi che criminalizza persone comuni e la legge sul rientro dei capitali, che umilia l’uomo della strada ed impoverisce le casse pubbliche). E c’è un sistema politico, di cui il PD e le sue appendici fanno integralmente parte, che sancisce il maschilismo dentro le istituzioni e la concentrazione delle risorse economiche al di fuori.

Se l’Europa si orienta verso una efficace mediazione tra i diversi interessi e le diverse culture politiche, sblocca la carenza di partecipazione femminile ai vertici delle istituzioni, si affeziona di più alla produttività che alla punizione della piccola impresa, lavora per l’integrazione delle diverse culture evitando che a monopolizzare il tema della multiculturalità siano minoranze portatrici di razzismi alternativi ma non meno pericolosi di quello tradizionalmente inteso, questi cambiamenti non saranno sintomi di debolezza, pure se i candidati nominati non hanno passato la vita davanti alle telecamere, ma si riveleranno fenomeni di progresso e forse potranno forzare in direzione di uno sviluppo più equilibrato anche le nazioni rimaste penosamente ostaggio della Chiesa, delle oligarchie economiche e di piccole corporazioni ultraideologizzate perfettamente prospere tra questi due poteri grazie ad una funzione ornamentale di critica.