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Questa è l’America

 
 

Bandiera USA

L’anno si chiude con l’approvazione della riforma sanitaria anche da parte del Senato americano. Gli Stati Uniti introducono il diritto universale alla salute, così facendo modificano quello che era un sistema incompleto e dimostrano che i cambiamenti in presenza di consolidate libertà sono possibili. Dopo l’elezione del figlio di un immigrato a presidente e di una donna a vicepresidente, l’anno nuovo si apre in presenza di nuove lezioni di duttilità istituzionale e sociale. Un esempio per la nascente Unione Europea, progetto importante ma nell’area meridionale ed orientale del continente molto ingessato.

 

di    Aldo Ciummo

 

Appena prima di Natale, il Senato americano ha dimostrato che non era propaganda elettorale di un solo politico quella messa in atto alla Camera con l’avvio della riforma sanitaria, ma espressione della possibilità di cambiamento da parte di un intero paese, data l’azione anche dei Repubblicani, che se da una parte hanno avversato la riforma in maniera anche dura hanno però rispettato le regole.

La presenza della libertà fa la differenza, a volte, e la fa anche l’apertura mentale,  che ha permesso negli Stati Uniti l’elezione dell’esponente di una minoranza a Presidente e in Germania la nomina di una donna a cancelliere e di un cittadino di origine asiatica a ministro, e portato al raggiungimento delle massime cariche negli esecutivi di Regno Unito, Svezia ed Olanda da parte di donne e di stranieri.

Le premesse degli enormi cambiamenti di cultura, apportati da una riforma come questa negli Usa, erano già visibili nell’elezione di Obama alla fine del 2008, perchè, al di là delle considerazioni politiche sul candidato, buona parte del mondo vedeva l’impresa del democratico come impossibile, in un contesto dove il consenso ideologico ai Repubblicani era comunque forte in una parte considerevole della popolazione e così erano nette alcune differenze culturali tra fasce di abitanti di origine diversa. La parte del mondo scettica verso le possibilità di Obama guardava gli Usa attraverso il proprio obiettivo.

Un programma innovativo, ancora una volta al di là della valutazione che se ne può dare, ha ricevuto attenzione e una possibilità da parte di coloro che nelle previsioni avrebbero dovuto avversarlo: repubblicani, gruppi delle regioni più legate alle tradizioni diffidenti verso le minoranze, persone insomma del tutto estranee al bacino di voti riconducibile al nuovo presidente e anzi a tutto il partito democratico. Questo è il fatto che dovrebbe essere preso in considerazione dalle culture che sottolineano gli elementi più rigidi del sistema americano, che la cosa più importante per la vita ed i cambiamenti di qualsiasi paese, cioè la cultura, non è rigida negli USA e nel Nord occidentale del Mondo.

Completezza dell’informazione vuole che sia sottolineata la perdita di alcuni pezzi importanti della riforma nel corso dell’iter legislativo: non ci sarà più la creazione di un istituto pubblico di assicurazione medica, che la parte progressista dei Democratici aveva sognato e che avrebbe potuto indurre un processo di abbassamento delle tariffe anche private, l’opzione pubblica così è scomparsa dal testo della legge al Senato.

Ma 31 dei 54 milioni di cittadini che erano privi di assistenza sanitaria ne avranno una, questo significa qualcosa per l’innesco di un sistema sociale che a fianco della indubitabile libertà inserisca sempre più giustizia sociale. Una imposta dello 0,9% a carico dei soggetti il cui reddito supera i 200.000 dollari all’anno finanzierà Medicare, l’agenzia pubblica per la cura degli ultrasessantacinquenni. Contemporaneamente, verrà estesa la fascia di persone assistite da Medicaid, l’ente pubblico che si occupa della salute per neonati, casi di indigenza e maternità.

La riforma votata al Senato dai 58 democratici più 2 indipendenti e avversata dai 39 repubblicani non è esattamente quella delineata all’inizio dalla Casa Bianca ed anzi lascia fuori dall’ombrello dell’assistenza molte persone, ma è un passo in avanti significativo e che ha grandi effetti concreti. Il Congresso dovrà completarla e accettarla definitivamente e vi sono aspetti e passaggi ancora incerti. Il cammino di questa legge riguardante una parte importante nella vita dei cittadini, in un grande paese, sarà una delle vicende che aprirà il nuovo anno.

Si potrebbe aggiungere una riflessione: proprio le culture politiche che agonizzano in Europa, specialmente nell’Europa del Sud, stentando a introdurre proposte laiche, di pari opportunità, di mobilità sociale, in un contesto ingessato dallo strapotere culturale e materiale della Chiesa Cattolica, della parte del potere finanziario basata sulle rendite e delle strutture partitiche e sindacali più longeve, non farebbero meglio a fare pressione per la modernizzazione dello stato e della società attraverso l’inclusione dei nuovi cittadini, la liberalizzazione delle attività imprenditoriali, l’ingresso delle donne ai vertici degli organismi decisionali?

Non sarebbe molto meglio, per la Sinistra, iniziare a svecchiare lo stato, gli stati d’Europa, facendo leva anche sulle indicazioni che vengono dalla nascente Unione Europea e sugli esempi offerti da realtà come Regno Unito e Svezia dove oggettivamente e numericamente le istituzioni favoriscono l’accesso alle proprie sedi decisionali di persone competenti senza barriere di sesso e di origine etnica? Perchè, alla lunga, contrastare le rigidità culturali di sistemi come quello italiano (in materia di immigrazione, di equità sociale, di diritti individuali) diventerà molto difficile da un punto di vista razionale, se si pretenderà di farlo proponendo come esempi positivi i sistemi teocratici o autocratici in vigore a Teheran, Caracas e Gaza.

Marco Almagisti sulla partecipazione femminile in politica: “una ricchezza per il capitale sociale dei territori”

La qualità della Democrazia in Italia Capitale Sociale e Politica. Marco Almagisti affronta dettagliatamente il problema dello scollamento tra strutture istituzionali e forme nelle quali la vita in comunità dei cittadini concretamente si sviluppa. Sintomo ulteriore di questo divario tra la realtà e il potere è a nostro parere il mancato riconoscimento della partecipazione femminile e del protagonismo femminile ai vertici delle organizzazioni, delle imprese e delle istituzioni sovraordinate rispetto ai livelli locali.

Il docente di Scienze Politiche all’Università di Padova ha studiato le pratiche che, eccedendo le regole base della democrazia per creare ulteriori legami civici, aumentano il “capitale sociale”, la qualità, di una democrazia. Gli ostacoli tradizionali alla partecipazione femminile nelle organizzazioni più influenti sono tra i sintomi dello scollamento tra attivismo crescente nella società e rigidità dei sistemi di potere, tema che ad un livello più ampio è affrontato da Almagisti, con una particolare attenzione al ruolo, in via di ridefinizione e di rilancio, assunto dai territori.

 

Al principio della nostra ricognizione sui rapporti tra partecipazione femminile e qualità della democrazia, ormai alcuni mesi fa, Marco Almagisti, autore del testo “La qualità della democrazia in Italia. Capitale Sociale e Politica”, ci ha detto che anche se le pratiche che eccedono in positivo le regole scritte che permettono alla società di funzionare sono processi legati alla storia delle singole comunità, le regole hanno un loro peso: nel caso della partecipazione femminile “uno degli elementi fondamentali è proprio la possibilità di accesso, se ci sono meno strumenti di welfare le opportunità diminuiscono”.

Almagisti è autore di molte ricerche sulle relazioni tra stato, partiti, associazioni e cittadini, indagini che approfondiscono soprattutto lo spazio vuoto che si è venuto a creare tra le organizzazioni politiche ed istituzionali ed il sapere sociale dei luoghi dove la vita dei cittadini si sviluppa, e sui tentativi di riempirlo che le comunità locali, le associazioni, gli studenti, i nuovi partiti locali, hanno messo in atto e stanno sperimentando.  Nell’intervista gli è stato fatto notare che uno dei segni più eclatanti dell’impermeabilità sviluppata dalle istituzioni è il ritardo rispetto all’ingresso di donne ai vertici delle organizzazioni, laddove nella società civile cresceva un protagonismo femminile che la arricchiva.

“Non soltanto i partiti ma anche le associazioni – ha risposto Almagisti – sono state ideate da maschi e pensate da uomini e questo ha delle conseguenze che si ripercuotono poi a livello superiore, nelle sedi dove si prendono le decisioni. A fronte comunque di strutture che si oppongono ai cambiamenti, si può affermare che nei territori, io guardo al Veneto, il potere di perpetuazione oligarchico è meno forte, abbiamo in Veneto varie amministrazioni in cui ai vertici ci sono donne e bisogna dire che lì c’è un approccio molto pragmatico e inclusivo ai problemi”.

Il Veneto e la Toscana sono al centro del libro edito da Carocci, Almagisti infatti trova nelle esperienze storiche (due casi di protagonismo dei territori prima dell’insorgenza del locale cui si è assistito dagli anni ’90 in poi, due laboratori di autogoverno a guida Dc in Veneto e Pc in Toscana) ed attuali (il partito territorio ed il sistema dell’impresa in Veneto, il peso dell’associazionismo con dna sociale in Toscana) esempi di ambienti dove l’attivismo degli abitanti organizzati in comunità cerca la propria forma istituzionale e il proprio raccordo con lo stato.

“E’ vero che sopratutto tra gli studenti le strutture caratterizzate in senso sessista finalmente sono superate, studenti, protagonisti delle nuove professioni, dell’autoimpresa, portano avanti un grande attivismo civico, perfino in piccoli centri come Trebaseleghe (Padova) a coordinare le iniziative civiche cui prende parte una buona fetta della popolazione sono spesso ragazze”. Allora quello che viene da chiedere a chi studia nel dettaglio i sistemi politici è se questi cambiamenti sono in grado di smuovere mutamenti molto più lenti nelle istituzioni centrali.

“Nell’ambito locale sì, mentre nel capoluogo, Treviso, si registravano problemi sull’esercizio del culto da parte di persone di religione diversa, a Villorba il sindaco ha dato la disponibilità a patto che le funzioni si svolgessero in lingua italiana. Liviana Scattolon, sindaco di Villorba, è della Lega, guardando invece ad un’ altra area politica si potrebbe menzionare Laura Puppato, sindaco di Montebelluna (Belluno), ha anche lei una politica di risoluzione dei problemi degli immigrati basata su una integrazione di fatto, ancora una volta approcci molto pragmatici, molto inclusivi”.

Anche alla luce del contributo di Almagisti, dedicato alla democrazia ma per noi del tutto in tema riguardo alla qualità della vita delle comunità del nostro territorio italiano ed europeo in fatto di partecipazione femminile, si potrebbe aggiungere che anche la novità regionale del Lazio, con una probabile presenza di candidature di donne da parte delle maggiori coalizioni, rappresenta una possibilità di ribaltamento della situazione, perchè il panorama nazionale è ancora molto bloccato da questo punto di vista e un segnale dal Lazio non sarebbe insignificante perchè si tratta di una regione – la regione di Roma – che ha un peso politico anche di carattere nazionale maggiore di molte altre.

Aldo Ciummo