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La Casa Internazionale delle Donne per l’integrazione in Europa

 

Con soddisfazione, alla vigilia di una festa come l’8 marzo, che si può dire che per chi ci tiene è tutti i giorni, si dà notizia del fatto che a Roma, il 7 marzo, si svolgerà una iniziativa promossa dal Coordinamento delle Donne contro il Razzismo, con il sostegno della Casa Internazionale delle Donne.

La Casa Internazionale delle Donne lavora alla difesa dei diritti femminili a tutti i livelli da molto tempo, tanto che coloro che hanno iniziato a fare informazione a livello locale hanno potuto seguire eventi promossi dall’associazione anche sul territorio del Lazio, a Civitavecchia a Ladispoli ed in molti altri centri già molti anni fa.

L’iniziativa che avrà luogo a Campo de’ Fiori a partire dalle 11.00 di mattina e che andrà avanti durante la giornata unisce (in maniera quanto mai opportuna in un periodo storico in cui si corrono rischi incrociati di involuzione), quel protagonismo femminile fortunatamente in crescita nella nostra Europa allo sforzo di far emergere l’opportunità di integrazione tra cittadini provenienti da diverse nazioni, già presente nella società odierna, per permettere a questa direzione storica il raggiungimento del pieno riconoscimento anche istituzionale ed economico.

Esiste un problema di marginalità dei cittadini di origine straniera, difficoltà che talvolta si salda a elementi di sessismo che permangono pesantemente anche nei paesi cosiddetti sviluppati e conduce perciò ad un doppio ostacolo all’integrazione, laddove i ritardi delle strutture culturali e familiari di origine (e di arrivo) si aggiungono al mancato riconoscimento dei diritti civili e del lavoro nello stato in cui le persone si stabiliscono.

Il programma dell’evento del 7 marzo prevede esposizioni e spazi dedicati alla letteratura, proiezioni, spettacoli: prima verrà presentata l’iniziativa del Coordinamento, poi interverranno le associazioni, molte delle quali create da persone immigrate (Insieme Zajedno, Da Sud, Campagna per il Nobel alle Donne Africane, Cemea, Carlo Pisacane, Nastri Verdi per le donne iraniane, Be Free) e ci saranno diversi eventi (letture teatrali da Quelle Voci dal Vuoto, video The Chain of Love, interventi dalla Bolivia).

L’iniziativa presa a Roma fornisce lo spunto per rilanciare temi presenti da lungo tempo su questo spazio informativo, nella convinzione che tendenze spontanee della società attuale, come il protagonismo femminile che va conquistando un pò tutti gli ambiti della vita associata, insieme a processi più lenti come l’ottenimento di una più corretta rappresentanza istituzionale e negli organismi decisionali in genere, vanno naturalmente a favorire un progresso maggiore anche in altri nodi del nostro tempo, quali appunto un più realistico e sensibile riconoscimento dell’integrazione multiculturale e dei cambiamenti sociali in atto.

Aldo Ciummo

Jorge Castaneda: Multipolarismo nelle Americhe e nel pianeta

San Paolo nel Brasile

Lo studioso ed ex ministro degli Esteri del Messico, in vista di un 2010 che coinvolge il Brasile nelle decisioni più importanti e che trova Honduras, Venezuela e molti altri stati del subcontinente latino ancora alle prese con problemi difficili, ha descritto l’area come un laboratorio adatto alle sfide che attendono il pianeta complessivamente

 

In questi anni il Brasile che punta a superare le povertà direttamente con la valorizzazione delle nuove conoscenze, il Venezuela con la sua contraddittoria ricetta di emancipazione fondata sull’attivismo dello stato, Bolivia, Ecuador, Paraguay con le loro in gran parte legittime ma a volte semplicistiche aspirazioni di riappropriazione delle risorse, ma anche l’Argentina e il Cile con le proprie innovazioni politiche, Cuba con una testimonianza ancora viva pure se inficiata da limiti visibili, hanno preso il centro della scena nel mondo multipolare.

Secondo Castaneda, intervenuto sulle questioni latinoamericane alla fine del 2009, gli Stati Uniti sono destinati a ridurre la propria influenza nelle Americhe meridionali ma il loro ruolo resterà determinante nella soluzione delle crisi ancora in corso e parteciperà alle strategie di sviluppo che si stanno definendo. Messico, Brasile, Argentina, sono nella sua descrizione del panorama iberoamericano le avanguardie di una combinazione inedita di autodeterminazione nazionale e sviluppo dei diritti umani.

Castaneda ha menzionato logicamente il trauma del colpo di stato in Honduras, di cui resta da chiarire l’acquiescenza preoccupante da parte di settori economici e politici del mondo sviluppato, in assenza della quale sarebbe difficile immaginare la lunga tenuta dell’avventura di Micheletti, e menziona anche la tendenza autoritaria assunta dal governo di Chavez in Venezuela, una vicenda che, aldilà della piega antioccidentale e poco rispettosa delle regole democratiche che ha assunto negli ultimi anni, ha rappresentato per Caracas un esperimento capace di restituire al Venezuela ed a un’area più ampia una possibilità di autogoverno e di partecipazione improbabile pochi anni prima.

Tra l’interventismo invasivo del Novecento ed una nuova epoca di assenza delle iniziative nordamericane nell’America Latina, ha osservato Castaneda, esiste una via di mezzo che tenga conto dei rapporti anche positivi ed in ogni caso complessi (ed ineliminabili da un giorno all’altro se non a costo di scompensi dalle conseguenze poco prevedibili). America Latina e Stati Uniti sono legati storicamente, Brasile e Usa collaborano ai progetti riguardanti l’economia sostenibile ed a molto altro, Washington non può fare a meno di acquistare idrocarburi da Caracas (per quanto le politiche neoconservatrici nordamericane abbiano cozzato contro i progetti di nazionalizzazione portati avanti da Chavez). E lo sviluppo cileno resta interrelato a quello statunitense anche se settori importanti degli Usa hanno avuto un ruolo nella terribile ascesa di Pinochet e nella longevità del suo regime.

Castaneda ritiene che le istituzioni regionali e gli strumenti della democrazia siano in grado di inquadrare in una cornice di lungo periodo (e nella quale gli Stati Uniti e le potenze dell’area possano avere una parte attiva) le istanze di quella sinistra anche populista ma protesa a mettere in prima fila le fasce popolari a lungo escluse nel subcontinente latino: i governi nazionalisti di sinistra paraguayano, venezuelano, boliviano, ecuadoriano, la potenze storiche brasiliana e messicana, le esperienze cubana e nicaraguense.

Se gli Stati Uniti trovano la traiettoria per un rapporto rispettoso della sovranità a sud e le società sudamericane superano le ostilità stratificatesi nel ventesimo secolo, questo potrebbe dirsi davvero concluso per le Americhe, le cui responsabilità vanno verso un maggiore equilibrio nell’epoca del mondo multipolare.