• i più letti

  • archivio

  • RSS notizie

    • Si è verificato un errore; probabilmente il feed non è attivo. Riprovare più tardi.
  • fin dove arriva la nostra voce

  • temi

Stallo in Ulster, speranza fino a domani

Peter Robinson, primo ministro dell'esecutivo autonomo nordirlandese

 

La tre giorni di colloqui promossa da U.K ed Eire non ha convinto i protestanti “duri” del DUP ed i cattolici irlandesi dello Sinn Fein, se entro domani i due partiti nordirlandesi che coabitano senza parlarsi nel governo dell’Ulster non si accordano, polizia e giustizia restano a Londra.

Gordon Brown e Brian Cowen, primi ministri rispettivamente del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda, ce l’hanno messa tutta e ieri notte i colloqui sono giunti all’alba, ma il loro omologo nordirlandese Peter Robinson, che si è autosospeso temporaneamente dopo che uno scandalo ha coinvolto la moglie ed il vice dell’esecutivo dell’Ulster Martin McGuinness non sono convinti, per motivi opposti, e speculari.

Robinson, rappresentando il Democratic Unionist Party, che ha fatto la sua fortuna elettorale sull’avversione ad una pace (1998, Good Friday Agreement, NdR) considerata arrendevole verso i nazionalisti cattolici, vede ogni devoluzione all’Ulster come una vittoria della vecchia I.r.a irlandese, che infine consegnerebbe alla comunità “verde” la piena cittadinanza.

McGuinness, politico targato Ira che ha traghettato i nazionalisti armati nella democrazia, deve difendere la ragione d’essere identitaria ed elettorale dello Sinn Fein, la riunificazione col sud. Risultato: polizia e giustizia, simboli e sostanza dell’autonomia e dell’autogoverno, restereranno molto probabilmente a Londra perpetuando il drammatico gioco delle parti di DUP e Sinn Fein e alimentando la partita molto più inquietante giocata dai loro dissidenti armati, protagonisti negli ultimi mesi di scontri, attentati e minacce.

Finchè Londra è impossibilitata a trasferire alla popolazione dell’Ulster i pieni poteri di autodeterminazione, in un contesto di partnership sempre più stretta con l’Eire e di normalità dell’amministrazione, i “duri” protestanti potranno continuare a considerarsi i tutori di una sovranità ereditata dal passato ed i nazionalisti irlandesi troveranno terreno fertile per presentarsi come gli alfieri dei pari diritti e dell’emancipazione della parte “verde” della comunità.

In realtà il processo di pace nordirlandese ha avuto molti autori, tra cui  Blair e Bertie Ahern durante i loro lunghi mandati a Londra ed a Dublino, il partito filoirlandese moderato SDLP e il partito dell’Alleanza (a maggioranza protestante) con l’aggiunta degli elementi più pragmatici dell’UUP lealista. DUP e Sinn Fein, rafforzati elettoralmente negli anni da posizioni massimaliste in senso opposto tra loro, in seguito agli Accordi del Venerdì Santo del 1998 proprio mentre crescevano hanno dovuto fare i conti con la realtà, già imposta dal quadro istituzionale concordato da Regno Unito e Repubblica di Irlanda. Un enorme contributo alla soluzione del conflitto è venuto dagli Stati Uniti e anche dalla sua società civile.

Nel 2005 l’Irish Republican Army rivelò in base ai patti dove si trovavano le armi ad una Commissione speciale presieduta da un generale canadese a riposo, John De Chastelain. Nel 2007 i due partiti-comunità nemici, DUP e Sinn Fein, accettarono di governare insieme (e con SDLP e UUP), ma quando si è trattato di fare davvero un passo avanti, come adesso, si sono fermati.

Il piano cui si dovrebbe arrivare prevederebbe che, dopo nuove elezioni, a maggio i poteri vengano trasferiti a Belfast. Se domani DUP e Sinn Fein non si accorderanno, U.K ed Eire spingeranno loro perchè venga attuata una nuova proposta, probabilmente più in linea con le aspirazioni della gente comune nel nord dell’isola rispetto alla prigionia nel passato dei leader politici disponibili oggi.

Aldo Ciummo

Spunta un candidato irlandese per la Presidenza Europea

 

John Bruton, ex premier targato Fine Gael e candidato alla presidenza UE

John Bruton, ex premier appartenente al principale partito di opposizione nella Repubblica Irlandese, fa evidentemente suo il motto americano che da noi potremmo tradurre con un eccesso di ottimismo "chiunque può diventare presidente degli Stati Uniti d'Europa"

Ieri si è proposto l’ex primo ministro John Bruton, appartenente al Fine Gael, principale partito d’opposizione in Irlanda e forza vincente nelle elezioni europee che si sono tenute a giugno, in accordo con la tradizione locale il Governo di Dublino non ha potuto fare altro che accordargli il proprio sostegno

 

E’ uno scherzetto di Halloween che il Governo di Brian Cowen, Fianna Fail, non si aspettava, e che non gli ci voleva adesso. John Bruton, ambasciatore europeo a Washington, è andato a dire a tutti gli ambasciatori dei 27 negli Usa che lui vuole diventare il primo Presidente stabile della Unione Europea, risultato: il governo, che aveva dato l’ok all’inglese Blair, ha dovuto dire quello che si dice da quelle parti in questi casi, che una volta che un irlandese si è fatto avanti, l’Irlanda lo sostiene (“once an Irishman is going forward, we’re supporting the Irishman” così il ministro degli esteri Michael Martin ieri).

Toni di circostanza a parte, la candidatura mette in luce il partito liberale (Fine Gael) che ha stravinto le elezioni europee e che minaccia concretamente le scarse speranze del Fianna Fail di restare al potere: partito degli umili, della nazione e della spesa, il Fianna Fail nel tempo è rimasto solo il partito della spesa, ciò che è stato visto come un merito negli anni ’90 e in gran parte degli ultimi anni quando c’erano soldi da spendere, ma che non è più accettato a cuor leggero adesso che la crisi ha investito in pieno gli Stati Uniti e con loro anche l’Irlanda, legatissima all’economia stelle e strisce.

L’imbarazzo è accentuato dall’atteggiamento tenuto dal leader del Fine Gael, Enda Kenny, che prima ha premuto sul Governo perchè quest’ultimo preparasse un terreno favorevole a promuovere Bruton al rango di Commissario nella legislatura europea, poi ha fatto saltare fuori in questo modo la candidatura – un fatto compiuto – a Presidente della UE (la notizia è arrivata in Irlanda direttamente con una lettera dell’ambasciatore irlandese negli Usa, Michael Collins, che ha avvisato il Governo lasciandolo cadere letteralmente dalle nuvole).

Dotato di una sua logica, sia pure molto debole, nel contesto favorevole a candidati di medio profilo che si è venuto a creare, il passo di Bruton si configura però soprattutto come una tattica di politica interna, laddove sembra che Mary Robinson, candidato molto credibile, si sia esclusa dalla corsa e nello stesso tempo l’area geografica in questione, nella sua interezza, conta su Tony Blair che è un personaggio forte, alla cui figura politica sarebbe realistico contrapporre soltanto valide alternative, che al momento non sono molte, a parte Lipponen e Balkenende. In questo quadro non sarà un dettaglio insignificante la posizione dell’Irlanda, sperando che la Repubblica riesca ad acquisirne davvero una, al di là dell’appoggio formale a Bruton, perchè il Governo di Brian Cowen ha ricevuto, nella persona del Taoiseach (primo ministro) stesso, una serie di applausi dai leaders europei sempre ieri, per il ruolo dimostrato da Dublino nel successo di forma e di sostanza nel referendum pro-costituzione europea del 2 ottobre.

Aldo Ciummo