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UE, Claude Moraes alla guida della commissione per le libertà civili

 

La commissione LIBE, formata giovedì, ha eletto oggi come presidente il laburista britannico Moraes

 

 

 

Il laburista inglese Claude Moraes è stato eletto alla presidenza della commissione per le Libertà Civili, Giustizia e Affari Interni (Libe) durante l’assemblea costitutiva che ha avuto luogo oggi, lunedì 7 luglio, a Bruxelles.

Giovedì 3 luglio l’Europarlamento aveva eletto i sessanta componenti della commissione, che resteranno in carica per due anni e mezzo: il Partito Popolare Europeo (PPE) conta diciotto rappresentanti nella Libe, il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) ne ha quindici mentre i Conservatori e Riformisti (ECR) ne hanno sei e i Liberali e Democratici Europei (ALDE) cinque.

Sono rappresentati, entrambi da quattro eurodeputati, anche il gruppo della Sinistra Unita Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL) ed i Verdi-Alleanza Libera Europea (Verts/ALE) e l’Europa per la Libertà e la Democrazia Diretta, che conta a sua volta su quattro esponenti nella commissione, stesso numero di eurodeputati assegnato ai non iscritti.

Uno dei primi argomenti che la commissione dovrà affrontare è la questione della protezione dei dati, che ha tenuto banco nell’anno passato e che entrerà in ulteriori capitoli specifici adesso, dato l’avanzamento delle trattative per la Transatlantic Trade and Investment Partnership ed i problemi che alla sua conclusione possono essere posti proprio a causa delle diversità di valutazione, tra UE ed USA, riguardo alle politiche di controllo dei dati personali. Ma anche diritto di asilo e contrasto alle discriminazioni rientrano tra le competenze della LIBE.

Moraes sarà coadiuvato dai vicepresidenti Kinga Gàl (PPE, Ungheria), Iliana Iotova (Socialisti e Democratici, Belgio), Jan Philip Albrecht (Verdi, Germania), Barbara Kudrycka (PPE, Polonia) eletti lunedì dall’assemblea della commissione.

Aldo Ciummo

Ricostruire la sinistra, sconfiggere la destra in Europa

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste fanno, con varie sfumature, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone

Nella maggior parte d’Europa le forze progressiste e di sinistra fanno, con varie sfumature da centro a sinistra, ciò di cui l’Unione Europea ha bisogno: difendono l’equità sociale ed i diritti delle persone. Solo dove le leggi elettorali permettono a conventicole politiche (in via di scomparsa per ragioni anagrafiche) di autoriprodursi su base segmentaria selezionando rappresentanti fedeli ai vertici (Italia) perfino le forze politiche che dovrebbero riconoscersi nella sinistra e nel progressismo disattendono, nelle istituzioni, le istanze minime del proprio elettorato tradizionale (tutele sociali per le fasce deboli, difesa della dignità del lavoro, laicità delle norme, apertura verso l’immigrazione) e sembrano irrimediabilmente distanti e separati dal senso comune della maggioranza della popolazione.
Non ha nulla di sinistra appoggiare decisioni apparentemente tecniche (che appaiono tecniche alle televisioni che si fanno portavoce della tendenza al rigore a senso unico delle grandi coalizioni di destra) come è avvenuto in Grecia e Portogallo con i disastrosi risultati sociali e finanziari che superano ormai anche il filtro dell’informazione di centrodestra onnipresente in Italia, quando queste decisioni vanno soltanto a comprimere e danneggiare piccola e media impresa, disoccupati e precari, giovani ed immigrati; non ha nulla di progressista la difesa di posizioni di rendita acquisite da piccoli gruppi le cui condizioni di vita sono ormai da decenni lontanissime da quelle dei semplici operai o impiegati (di cui viene decisa la riduzione di fatto della pensione attraverso le tasse sui consumi anzichè sui redditi, una misura che fin dall’ottocento viene utilizzata dai governi di destra e conservatori per scaricare sulle parti più deboli della società i costi).
Non ha nulla di sinistra nemmeno accettare che i grandi patrimoni in Italia crescano senza controllo mentre le condizioni di vita delle parti più deboli della società peggiora e mentre queste porzioni di società, svilite, vengono ingrossate dall’impoverimento del ceto medio. Ciò che invece è di sinistra è tassare i patrimoni ed i redditi più alti e penalizzare le speculazioni, come vogliono fare i candidati del centrosinistra e della sinistra Hollande e Melenchon, così come l’applicazione di misure che riducono gli squilibri economici tra le diverse fasce sociali, come ha fatto la sinistra in Germania e come il Centrodestra tedesco in parte ha accettato, è un fatto che spiega perchè, tra le tante tutele (tutele sull’abitazione e sull’occupazione che Germania, Olanda, Belgio e molti altri paesi difendono invece di additare a zavorre) l’economia tedesca e di molti altri paesi corra tanto, mentre, in modo speculare, la spiegazione del progressivo atrofizzarsi dell’economia e del senso civile di altri paesi forse può trovarsi nella coazione a ripetere errori (dannosi per la società e fallimentari nella strategia) di una ex sinistra che identifica il proprio ruolo progressista nella difesa di una versione poco più moderata dei dogmi liberisti e conservatori dei propri ex avversari, i liberisti e le leghe, con il prevedibile (ed accertato in maniera crescente in diverse tornate elettorali) risultato di perdere voti, consenso ed impegno verso sinistra e destra, verso il centro, i regionalismi e le liste di protesta, oltre che disperdendoli nel non voto: un caso unico negli ultimi due decenni in l’occidente , dove non è difficile verificare che i maggiori partiti d’opposizione i consensi li guadagnano, in qualsiasi paese.
Non c’è da sperare, in Italia, in un risveglio alla realtà da parte di minuscoli gruppi sociali che non condividono nessuno dei problemi affrontati dalle persone comuni e che hanno tale sentimento di orgogliosa separatezza dalla popolazione (composta da pensionati, studenti, immigrati, professionisti) da permettersi di rispondere alla richiesta maggioritaria di eliminazione di una legge elettorale in cui i partiti autonominano i propri eletti con l’elaborazione di una nuova legge elettorale che intende sbarrare la strada ai partiti che hanno guadagnato consensi nelle ultime elezioni amministrative ricorrendo allo stratagemma di elevare la soglia di ingresso alla camera e soprattutto al senato in modo da escludere milioni di voti, anche se comincia realisticamente ad essere possibile che qualcuno dei partiti che cerca questa soluzione finisca al di sotto di queste soglie a sua volta (si vedano i risultati di elezioni regionali e cittadine di Puglia, Napoli, Milano, Cagliari, dove i cittadini hanno messo una pietra tombale sulle pretese di forze non rappresentative ed ormai minoritarie al di fuori da pochi palazzi).
Quello che si può sperare e per cui occorre adoperarsi è che le popolazioni dell’Unione Europea, in particolare gli abitanti degli stati più gravemente arretrati in fatto di tutele sociali, partecipazione democratica, integrazione dell’immigrazione (l’Italia è uno di questi) non perdano tempo in anacronistiche guerre tra poveri, tra pensionati ed immigrati, studenti e lavoratori, operai e precari, si lascino alle spalle le false soluzioni proposte dal liberismo (di cui la crisi è l’effetto) e dalle varie leghe xenofobe (che esistono appositamente per fare da alibi e da scudo al liberismo responsabile dei disastri sociali), perchè il ruolo della sinistra non è quello di essere un simulacro di opposizione assimilato al conservatorismo e al capitalismo selvaggio, progressismo non è costruire una opposizione perdente che piace alla destra: la sinistra deve interpretare le idee di quella maggioranza europea che vuole apertura, innovazione, multiculturalità, lavoro, ecosostenibilità e che intende affrontare direttamente le ingiustizie sociali.
Aldo Ciummo

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Populismo di destra, un pericolo per l’Europa

Le difficoltà sociali che l’Europa deve affrontare lasciano ancora spazio a pessime tendenze da cui nessun paese è al riparo

Nonostante la crisi economica stia mettendo a dura prova il tessuto sociale in molti paesi dell’Unione Europea e gli squilibri nella distribuzione delle risorse aggravino questa situazione, complessivamente al momento i populismi di destra stanno arretrando, sia nei paesi del Mediterraneo, che vedono riorganizzarsi progetti di alternativa sociale progressista (come risposta all’iniquità della gestione della crisi come elaborata dai rappresentanti tecnici delle tendenze liberiste di destra), sia negli stati economicamente più solidi che hanno sperimentato ugualmente negli scorsi anni l’emergere di forze politiche euroscettiche (a volte con sfumature xenophobe preoccupanti) si guardi al Belgio e ad alcuni paesi scandinavi dove le liste ultraconservatrici che avevano ottenuto qualche consenso negli anni passati si stanno ritirando ad ogni elezione, perdendo voti nelle elezioni che si sono svolte nel 2011 e nel 2012.

Attualmente si sta svolgendo in Norvegia il processo all’estremista di destra che l’estate scorsa ha causato la morte di decine di persone ad Oslo e sull’isola di Utoya, sollevando preoccupazioni ulteriori sull’aggressività dei gruppi xenophobi, ultraconservatori o integralisti religiosi cristiani in Europa e nella Unione Europea, anche se formalmente la Norvegia non fa parte della UE. Mentre in Norvegia ci si è trovati di fronte all’azione di un criminale isolato, la tragedia del paese nordico ha attirato l’attenzione sul fatto preoccupante che in molte parti d’Europa i partiti che portano avanti discorsi inaccettabilmente razzisti e populisti di estrema destra vengono perfino accettati negli esecutivi di governo oppure accolti in una sorta di cooperazione informale con altre forze di destra tradizionale e più moderate.

Per quanto riguarda la Norvegia ed i paesi vicini, l’azione criminale isolata di un estremista di destra, oggetto del processo in atto, non può far registrare molti contatti con la realtà politica e la società colpita da quell’attentato, perchè i partiti che portano avanti idee inaccettabili per razzismo e xenophobia sono sempre stati abbastanza isolati nelle istituzioni in Norvegia (anche in Svezia ed in Finlandia non sono mai stati ammessi in compagini governative i gruppi di estrema destra, anche quando si trattava di liste che non avevano una chiara tendenza ultraconservatrice come nel caso del partito dei “Veri Finlandesi”) e quando i movimenti politici hanno fatto parte di esecutivi in qualche appoggio esterno, come in Danimarca, non si trattava di forze politiche propriamente estremiste. Inoltre le posizioni di chiusura verso l’immigrazione hanno sempre raccolto consensi solo marginali e i candidati che si rifacevano a queste posizioni hanno generalmente evitato di aderire a vere e proprie ideologie estreme.

E’ stato sottolineato da molti giornali in Europa, dopo la tragedia che ha colpito la Norvegia, che le forze politiche conservatrici o liberali che esprimono critiche riguardo alle politiche dell’immigrazione o della laicità hanno diritto di partecipare alla vita politica (senza vedersi associate ad atti orribili compiuti da estremisti di destra o alle forze ultraconservatrici più estreme). Bisogna però dire che non è logico preoccuparsi soltanto delle conseguenze estreme del razzismo e dell’estremismo di destra, quando queste si verificano come è avvenuto a spese di uno stato come la Norvegia che resta un modello di democrazia, anche nel modo civile con il quale ha affrontato la tragedia e sta portando avanti il processo al responsabile di quel massacro, perchè è molto preoccupante in Europa anche la diffusione silenziosa del razzismo, della xenophobia, dell’ultraconservatorismo e di tutte le minacce alla società aperta e multiculturale: un fenomeno, questo del populismo di destra, che da anni si sviluppa soprattutto a livello culturale e specialmente nell’Europa continentale, venendo a volte quasi accettato, (soprattutto nell’area mediterranea e nell’est) purtroppo anche da spezzoni del mondo politico e istituzionale.

Aldo Ciummo

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L’Europa va avanti

La Grecia nonostante le fortissime pressioni sulla popolazione sceglie l’Europa, in Germania il nuovo presidente della Repubblica esprime l’impegno per la libertà in Europa

Si può essere ottimisti sul cammino dell’integrazione in Europa, se, come attestano i sondaggi che giungono dalla Grecia, la stragrande maggioranza dei cittadini di questo stato messo a dura prova dalle discutibili libertà della finanza internazionale e da una interpretazione a dire poco miope del rigore da parte della UE è ancora a favore dell’Unione Europea. I greci si sforzano di trovare una alternativa alla gestione che ha condotto il paese nella situazione attuale e nel novanta per cento dei casi non se la prendono con l’Europa. Il settantacinque per cento dei cittadini del paese attanagliato dalla crisi finanziaria vuole restare nell’euro.

Ciò significa che, come alcune delle ultime elezioni svoltesi nel continente hanno evidenziato, l’euroscetticismo populista di destra non attecchisce nell’area geografica che, assieme agli Stati Uniti d’America, ha più difeso la democrazia come incontro di equilibrio sociale, economia sociale di mercato, libertà regolata d’impresa e diritti individuali. Fino a oggi, nè la collettività nè i singoli hanno mai fatto molti progressi nelle aree geopolitiche che si sono affidate alle teocrazie (Iran) ed agli statualismi (Cina) oppure che sono rimasti condizionati dall’integralismo liberista del mercato, come è avvenuto spesso in America Latina e purtroppo continua ad accadere in molti stati del Sud del Mondo per responsabilità che coinvolgono anche importanti settori dell’Occidente. Anche quella sorta di riedizione sovietica in forma di mercato con stato monopolista (Federazione Russa) che vediamo alle porte dell’Europa frena ancora milioni di persone, in forme diverse dal passato,  e i nazionalismi ed i populismi di destra ne sono solo una variante peggiorativa.

Una novità degna di nota è la scelta di un presidente come Joachim Gauck in Germania, che è stato il candidato di Socialdemocratici e Verdi e che, per la sua autobiografia, rappresenta nello stesso tempo l’Unione Europea che non si è mai piegata agli autoritarismi, fascisti o sovietici che fossero, e la comunità civile europea consapevole del fatto che i diritti politici e sociali si costruiscono in un orizzonte concreto, un concetto che bisognerebbe spiegare alle istituzioni europee, oggi che queste pensano di incoraggiare il futuro dei cittadini greci spingendo il governo della Grecia a tagliare i redditi di impiegati e operai che stanno perdendo la casa ed a licenziare persone in uno stato dove i negozi chiudono. Joachim Gauck era attivista per i diritti civili nella ex repubblica popolare tedesca nell’est e c’è da augurarsi che la sua influenza in uno stato che con Angela Merkel come Primo Ministro ha già fatto molto per l’Europa porti la Germania a fare ancora di più, correggendo l’impostazione concentrata sul ruolo della moneta e dei parametri finanziari, che rischia di accentuare la distorsione a sfavore delle tematiche sociali in atto.

L’opinione tuttora europeista della maggior parte dei greci, dei tedeschi che hanno fatto scomparire nelle recenti consultazioni i partiti che come i liberali avevano puntato sull’antieuropeismo, dei finlandesi che hanno archiviato nelle presidenziali l’euroscetticismo, indica che i populismi di destra sono sempre più deboli e che l’Europa non deve ridare spazio alle forze che la danneggiano, siano queste rappresentate dai nazionalismi euroscettici e dai razzismi leghisti o dagli autoritarismi dell’ultraliberismo e dei monopòli di stato, come la sinistra non deve lasciare spazio ai populismi di destra assimilandosi al liberismo ed abdicando al proprio ruolo di progressismo.

L’Unione Europea deve sviluppare la sua azione sociale, promuovendo la concorrenza delle migliori pratiche, l’integrazione degli immigrati, la coesione al proprio interno e la partecipazione dei territori (che non vanno affossati come sta avvenendo con la Grecia, ma rafforzati attraverso un maggiore equilibrio della redistribuzione del reddito e della produzione) attraverso il sostegno all’istruzione ed alla formazione, all’iniziativa ed alla cooperazione. La sinistra non deve rincorrere modelli falliti di filosofia politica (il liberismo), che hanno destrutturato la società da una parte e dall’altra dell’Atlantico, ma associarsi allo sforzo che viene portato avanti sia negli Stati Uniti che in Europa per rendere lo sviluppo sostenibile socialmente e a livello ambientale e promuovere la redistribuzione e la partecipazione. L’Europa e l’occidente hanno le capacità ed i mezzi per fare questo lasciandosi alle spalle le epoche di Reagan e di Bush e riportandosi al centro dello sviluppo e della diffusione dei diritti sociali e civili.

Aldo Ciummo

 

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Lettonia, se il referendum passa il russo diventerà una lingua UE

La consultazione riguarda l’annosa disputa sul ruolo della minoranza e può avere effetti a livello comunitario. Intanto sull’immigrazione il governo olandese fa discutere

Oggi si tiene in Lettonia il referendum sul ruolo del russo, se dovesse essere introdotto come lingua ufficiale, in seguito lo stato potrebbe chiederne l’inserimento nelle lingue dell’Unione Europea. La minoranza russa in Lettonia è stata al centro di dibattiti per i mancati riconoscimenti di diritti che sono stati spesso lamentati, ma in seguito all’attivismo dei movimenti politici che la rappresentano ed alla distensione con la vicina Federazione Russa molte cose sono cambiate negli ultimi venti anni.

La Commissione UE ha spiegato ieri che soltanto i linguaggi ufficiali possono diventare linguaggi UE, dopo che gli stati nei quali vengono parlati ne hanno fatto esplicita richiesta al Consiglio dell’Unione Europea. Quando la lingua ufficiale è una seconda lingua, come avverrebbe nel caso della Lettonia, il costo della traduzione dei documenti europei in questa lingua è a carico del paese che lo richiede.

Le questioni delle minoranze, non solo europee, sono state evidenziate in questi giorni anche dal Partito Popolare Europeo, il PPE, che attraverso il capogruppo in Parlamento Europeo, Joseph Daul, ha chiesto al primo ministro olandese, Rutte, di prendere iniziative nei confronti del Pvv guidato da Gert Wilders, il partito xenofobo in questione in fatti ha avviato una grave campagna di intolleranza, creando un sito per denunciare gli immigrati. Purtroppo, una iniziativa di intolleranza simile è stata in seguito imitata in Italia da noti esponenti della Lega. Questo tipo di propaganda è stata giustamente descritta da Joseph Daul come contraria ai valori europei.

In tutta Europa i partiti populisti di destra, spesso alleati con la destra liberista che ha portato alla crisi economica attuale e molto spesso alleata anche di forze politiche che in Parlamento Europeo, malgrado le buone intenzioni del capogruppo Joseph Daul, fanno parte anche del PPE, se la prendono con il fenomeno dell’immigrazione per sviare l’insofferenza popolare verso le difficoltà sociali dalle vere causa della crisi: lo squilibrio nella distribuzione delle risorse, l’inequità nell’organizzazione del lavoro, la negazione di diritti agli immigrati che rende possibile il gioco al ribasso nell’applicazione dei diritti del lavoro e la mancanza di programmazione, di sperimentazione e di ricerca tipica di una versione particolarmente retrograda del liberismo, particolarmente evidente in Italia a partire dagli ultimi venti anni.

Aldo Ciummo

 

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Strasburgo al lavoro

 

La sessione plenaria al Parlamento Europeo dal 12 al 15 settembre 2011

di   Aldo Ciummo

 Il Parlamento Europeo a settembre torna al lavoro su temi molto attuali come Frontex e il controllo delle frontiere, al centro delle cronache a seguito dei sommovimenti delle sponde sud ed est del Mediterraneo oppure l’Energia e le regole che impongono all’industria di condividere parte delle informazioni rilevanti in questo campo strategico per l’autonomia dell’Europa.

Tiene banco logicamente anche la crisi dell’Eurozona e altri temi ad essa legati, come la posizione del Consiglio sul bilancio 2012, e le iniziative dell’Unione Europea sui problemi registrati in Libia, in Siria e nell’Africa dell’Est. E’ molto atteso l’intervento del Presidente polacco in Plenaria (Varsavia ha la presidenza questo semestre).

Altri argomenti importanti sono il controllo sulle trivellazioni offshore e le norme ambientali, l’impegno contro la corruzione nei paesi UE, i diritti dei cittadini, l’ambiente e la commissione petizioni, la mediazione in cause civili e le nuove regole europee per garantire un risparmio in materia ai cittadini.

Lungi dall’essere il mostro tecnocratico che una produzione letteraria costantemente alimentata da classi dirigenti molto più direttamente impegnate nella produzione di debito dipingono, l’Unione Europea continua ad essere un meccanismo, politicamente debole sì e scarsamente vicino a grandi porzioni della sua popolazione pure, ma perlomeno in grado di permettere un travaso non indifferente di risorse da nazioni con i conti in ordine (la cui opinione pubblica inizia comprensibilmente a dare segni di preoccupazione) a paesi che destinano indirettamente all’acquisto di giocatori fondi altrui che dovrebbero essere destinati all’ambiente.

Su queste pagine web ripetiamo volentieri quindi che la crisi sarà un pò meno in grado di nuocere sia alle imprese che al famoso uomo della strada il giorno in cui gli stati più responsabili e (fortunatamente) dotati di maggior peso in Europa riusciranno ad imporre regole coattive, che siano tese non certo a manovre inique dal punto di vista della distribuzione delle risorse (quelle le hanno approvate gli stati nazionali, specialmente alcuni, si veda l’Italia) ma a raggiungere se necessario con sanzioni e sentenze un effettivo ottenimento del rispetto di paramentri comuni (anche di standard civili).

Le richieste che cominciano a sollevarsi dai maggiori stati fondatori, valga per tutte un maggior controllo di come i fondi concessi vengono spesi, vanno nella direzione giusta: è ormai visibile quali risultati scadenti abbia prodotto l’autoattribuzione, da parte di paesi irregolari, di presunte eccezionalità che dovevano permettere di cavarsela sempre senza sforzi, tanto che tre di questi stati nazionali, in area euromediterranea, sono diventati esplicitamente una eurozavorra.

UE: all’Italia restituiti 572 milioni dal bilancio comunitario‏

 
Il Parlamento UE oggi ha approvato la riduzione di quasi 572 milioni di euro al contributo italiano al bilancio comunitario, fondi che la comunità europea non ha utilizzato nel 2010
 
 
Stanziamenti non utilizzati per i programmi realizzati nel 2010, interessi ed eccedenze di varia natura ammontano nella UE a 4,54 miliardi di euro (dei quali 2,72 miliardi riferiti proprio ai fondi non utilizzati) che andranno restituiti agli stati componenti l’Unione Europea.
 
Il Parlamento Europeo infatti oggi ha votato in favore dela restituzione dei contributi in questione agli stati (625 favorevoli, 14 contrari e 29 astenuti).
 
 Il PE ha reso noto l’importo che ogni stato potrà dedurre dai propri contributi per il 2011, le somme di cui si parla sono le seguenti: 130.911.830 (Belgio); 12.599.367 (Bulgaria); 50.621.080 (Repubblica Ceca); 88.583.723 (Danimarca); 922.894.175 (Germania); 4.980.590 (Estonia); 48.123.148 (Irlanda); 84.195.529 (Grecia); 381.161.659 (Spagna); 740.852.370 (Francia); 571.966.026 (Italia); 6.293.730 (Cipro); 6.191.661 (Lettonia); 9.860.488 (Lituania); 10.570.481 (Lussemburgo); 35.811.599 (Ungheria); 2.088.825 (Malta); 218.397.409 (Paesi Bassi); 104.337.375 (Austria); 133.314.462 (Polonia); 59.119.421 (Portogallo); 46.336.945 (Romania); 12.888.128 (Slovenia); 24.905.776 (Slovacchia); 66.270.167 (Finlandia); 126.883.265 (Svezia); 639.235.054 (Regno Unito).

Juha Kilpiä guiderà la missione Onu tra Egitto, Israele, Libano e Siria

 

Il generale finlandese Juha Kilpiä è stato nominato comandante della missione UNTSO (United Nations Truce Supervision Organisation) che cura i progressi della tregua tra Egitto, Israele, Libano e Siria

Il ruolo affidato a Juha Kilpiä come comandante in una delle missioni di pace  a guida Onu più importanti per la regione mediorientale è significativo:  la missione UNTSO è stata avviata nel 1948, è dunque una delle prime intraprese dalla comunità internazionale e la Finlandia ha partecipato alle sue operazioni fin dal 1967. Il generale norvegese Robert Mood ha ricoperto l’incarico di Kilpiä, prima della nuova nomina.

L’operazione Untso, nata originariamente per mantenere il cessate il fuoco dopo le vicende del dopoguerra nell’area mediorientale, ha nel tempo fornito copertura ad iniziative analoghe, come l’invio della United Nations Disengagement Observer Force (Undof) e la United Nations Interim Force in Lebanon (Unifil), missioni dispiegate anche in tempi recenti, di fatto la Untso ha proseguito ininterrottamente nella tutela degli equilibri raggiunti nella regione. La prima sede della missione fu il Cairo, poi Haifa, anche Gerusalemme è stata tra i quartieri generali ed uffici della Untso si trovano a Beirut ed a Damasco.

 Molti paesi hanno partecipato alle attività tese ad evitare la trasformazione di incidenti isolati in escalation: tra questi Argentina, Australia, Austria, Belgium, Canada, Cile, Cina, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Nepal, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Repubblica Federale Russa (anche come URSS), Slovenia, Slovacchia, Svezia, Svizzera e Stati Uniti.

La nomina del nuovo responsabile rappresenta anche un riconoscimento al ruolo curato dallo stato nordico nel mantenimento della pace nelle regioni dove è stato impegnato. Il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon, ha informato il presidente del Consiglio di Sicurezza, Li Baodong prima di compiere la nomina.

Aldo Ciummo

Dati bancari, è accordo tra Europa e Stati Uniti

 

Giovedì il Parlamento Europeo ha approvato l’accordo sul trasferimento dei dati bancari dalla UE agli Stati Uniti, ma permangono critiche non prive di fondamento

di   Aldo Ciummo

La nuova versione dell’accordo antiterrorismo SWIFT, negoziata dopo il respingimento dell’accordo precedente quattro mesi fa, è stata approvata giovedì dal Parlamento Europeo. L’assemblea elettiva della comunità ha ottenuto nel frattempo alcune garanzie, il cui presupposto concreto sarà la creazione di un sistema efficiente di controllo dei dati all’interno dell’Unione Europea.

La votazione ha riscontrato 484 voti a favore della raccomandazione redatta da Alexander Alvaro (Alde-Adle, Liberali), mentre i contrari sono stati 109 e gli astenuti 12. L’accordo raggiunto è stato appoggiato dai gruppi PPE (Popolari, centrodestra), S&D (Socialisti e Democratici), Alde (Liberali) e dall’ECR.

Riguardo alla conformazione politica dell’ECR, il partito Europeo dei Conservatori e Riformisti raccoglie i Conservatori inglesi eurocritici, il partito conservatore polacco dell’ex premier Jaroslaw Kaczynski, il partito euroscettico ceco ODS e altri gruppi minori, che precedentemente facevano parte del PPE o dell’Unione per un Europa delle Nazioni, il gruppo di destra in cui si trovava ad esempio An (oggi parte del PPE a livello europeo, come il resto del PDL).

L’accordo SWIFT non copre il trasferimento di dati all’interno dell’Europa, come chiariscono dall’Unione Europea, ma concerne i movimenti finanziari verso i paesi terzi ed esclude esplicitamente i dati relativi all’Area Unica dei Pagamenti in Euro (SEPA).

Hanno votato contro l’accordo Verdi/Ale (Verdi-Alleanza Libera Europea), GUE/NGL (Sinistra Unitaria Europea-Sinistra Verde Nordica) ed una parte dell’EFD, Europe of Freedom and Democracy, gruppo che comprende l’Ukip di Nigel Farage e la Lega ed è rappresentato da Farage e Speroni, raccogliendo varie liste minori, tra cui le formazioni “Libertas” che contrastarono il trattato di Lisbona prima dell’ultimo referendum irlandese dell’autunno 2009, tra cui il Mouvement pour la France.

L’obiettivo principale dell’accordo del Parlamento Europeo è l’eliminazione dei trasferimenti di dati in blocco. Gli eurodeputati hanno ottenuto che, in cambio del loro sostegno all’esecutivo europeo sul raggiungimento dell’accordo, entro 12 mesi la Commissione Europea inizi a costruire un sistema europeo equivalente al Terrorism Finance Tracking Programme (TFTP) statunitense, per impedire i trasferimenti di dati bancari non effettuati su basi individuali.

L’Europa vuole insomma che quanto prima sia possibile elaborare i dati qui nella comunità e trasferire negli USA soltanto dati significativi per indagini ben definite. Una novità sostanziale è la possibilità per Europol di bloccare il trasferimento di dati verso gli Stati Uniti. L’Europol, la cui base centrale si trova a L’ Aia, avrà la facoltà di verificare quali richieste delle autorità Usa siano giustificate o meno in ragione del contrasto a fenomeni di terrorismo.

Un’altra novità importante è la supervisione (dell’uso dei dati negli Usa) da parte di un gruppo di controllori indipendenti, tra i quali un rappresentante della Unione Europea (designato dalla Commissione e dal Parlamento) che potrà chiedere spiegazioni prima di ogni utilizzo dei dati e che avrà il potere di bloccare ricerche che ritiene illegali. Le ricerche dovranno basarsi su prove preesistenti che dimostrino implicazioni con attività di terrorismo.

Alla relazione sono stati aggiunti due pareri minoritari: sei deputati dei gruppi GUE/NGL (Sinistra) e dei Verdi/ALe hanno sottolineato che l’accordo non garantisce tutte le salvaguardie che erano state richieste dai Parlamentari Europei nelle precedenti risoluzioni, soprattutto riguardo al trasferimento di dati in massa. Difatti, riguardo a questo si potrebbe osservare che una struttura istituzionale come la Unione Europea, che aspira ad una identità forte e rappresentativa dei suoi cittadini, difficilmente può tener fede a questo scopo se delega ad un’altra potenza, per quanto indubbiamente più vicina ai nostri valori rispetto a tutte le altre, dati sensibili che attengono alla privacy dei suoi abitanti.

I sei deputati osservano anche che il ruolo di supervisione che si intende affidare ad Europol implicherà una modifica del suo mandato perchè ad oggi Europol non è una Autorità Giudiziaria, come lo sono ad esempio quelle nazionali. Qui però non si può fare a meno di rilevare che proprio questi nodi attinenti alla confusione normativa ed operativa nella UE vanno sciolti e anche con minore legnosità ideologica di quella dimostrata ininterrottamente da alcune forze politiche negli ultimi cinque anni, perchè se accordi come lo Swift poi si rendono necessari in materia di contrasto alle attività illegali transnazionali e simili, questo avviene proprio perchè gli Stati Uniti vengono costretti ad aiutare un’area del mondo sviluppato (l’Europa) la cui efficienza nel criticare non è minimamente pareggiata da una soddisfacente capacità di gestire i propri problemi in maniera autonoma.

Un altro parere aggiunto alla relazione approvata è quello di Gerard Batten (EFD), che ritiene anche lui che la legislazione proposta sia illeggittima sotto il profilo democratico e che occorra oggi una maggiore tutela dei dati personali nella comunità.

La data prevista per l’entrata in vigore dell’accordo è il primo agosto 2010 (in seguito sarà rinnovato ogni anno). La Commissione Europea dovrà iniziare a lavorare sulla creazione del Terrorisme Finance Tracking Programme (TFTP) Europeo nella seconda metà del 2010 e pubblicare entro tre anni una relazione sui progressi registrati.

Lo Swift è un sistema di controllo delle informazioni la cui base si trova in Belgio. Formalmente è una compagnia ed ha i quattro quinti della sua attività nei trasferimenti finanziari telematici. Le informazioni di ottomila diversi soggetti (soprattutto bancari) riferite a più di duecento paesi passano per questo centro, così come larga parte delle informazioni che riguardano cittadini della Unione Europea.

Belgio: è sempre più teso l’ombelico d’Europa

 

Nel cuore dell’Unione Europea non c’è più nemmeno una forza politica che faccia realmente da ponte tra la comunità fiamminga e i valloni francofoni

 

di Aldo Ciummo

Il 13 giugno ha consegnato la vittoria elettorale nelle Fiandre all’alleanza N-Va di Bart De Wever, fautore di una riforma che in Vallonia sarebbe vissuta come disgregazione dello stato belga, architettato per secoli sulla base di fragili equilibri incardinati prima sul peso pubblico dei francofoni poi sulle autonomie regionali e linguistiche, un sistema che è comunque stato giudicato ancora troppo costoso da una parte significativa della popolazione fiamminga.

Nella zona francofona i Socialisti hanno ottenuto la maggioranza ed Elio di Rupo, italobelga, potrebbe riuscire a formare il nuovo governo a Bruxelles, in tal senso sono arrivate aperture anche dallo stesso De Wever, che (con un’impostazione che qui si potrebbe definire leghista) non bada ai dettagli ma al sodo, una riforma che trasformi la nazione dando di fatto una autonomia economica alle Fiandre.

Si accentuano i caratteri già inquadrati nel dicembre 2008, quando Alberto II si vide rimettere nelle mani il mandato di Yves Leterme, democristiano che fuori dalle Fiandre non aveva l’appoggio neppure dei cattolici ed osteggiato dai liberali in Vallonia. Dal 30 dicembre 2008 al 25 novembre 2009 Herman Van Rompuy, che oggi presiede l’Unione Europea, si spese per cercare di districare le diverse istanze, nè lui nè altri esponenti delle istituzioni che ci riprovarono brevemente (come di nuovo lo stesso Leterme) hanno potuto fare molto in concreto.

In Belgio, qualcuno ripete sempre, le cose in comune sono solo la nazionale di calcio, il re ed alcuni tipi di birra: una immagine avvalorata dagli eventi quando nel giugno 2007 si cercò di risolvere attraverso le elezioni una situazione bloccata proprio come quella che si è vista negli ultimi mesi, nelle Fiandre vinse Leterme, favorevole ad una maggiore autonomia, ma in Vallonia a vincere furono i liberali di Didier Reynders, confermando una frammentazione della geografia politica rimarcata anche dal successo locale di formazioni ultra-autonomiste come il Vlaams Belang fiammingo.

Il panorama politico a Bruxelles resta ancora oggi un puzzle difficile da comporre, ma soprattutto appare lo specchio di un paese che sembra non avere più una prospettiva condivisa. Non è indicativo che una crisi del genere colpisca, da anni, il cuore di un continente che cerca invece una identità comune?