Mentre l’Italia è sempre più terra di conquista delle multinazionali straniere, quelle che hanno il coraggio di venire a investire, prosegue la demolizione dello Stato sociale. I tagli all’istruzione diventano un nuovo terreno di scontro e il premier cerca di evitare il confronto
Simone Di Stefano/SG
Tutto bene quel che non finisce, direbbe chi non lo ha mai potuto dire in quanto morto e sepolto. Divagazione allucinatoria degna di Natural born killers, ma obbligatoria se vogliamo focalizzare lo stato attuale del nostro Stato italiano, attuale tanto quanto tanto inattuale, si perdoni il gioco di parole. Piccola rassegna stampa sui fatti di quotidianità odierni.
Francoforte, Londra, Birmingham, Dublino, Bruxelles, Barcellona e Valencia non sono le città legate alle borse europee più in calo negli ultimi otto giorni, ma le rotte annunciate a luglio dalla compagnia aerea low cost, Rayan Air. A queste si vanno ad aggiungere, ed ecco la notizia, Trapani, Bari, Brindisi, Lamezia Terme, Edimburgo, Granada, Dusseldorf, Katowice, Parigi Beauvais, Oslo e Costanza. Inoltre, entro marzo, due verranno inaugurate due nuove rotte a Bologna. Niente male, l’hub & spoke continua a conquistare territori, come una lenta invasione barbarica travestita da uccellino con ali di metallo.
E l’Alitalia? Già dimenticata? E Malpensa? Forse i nostri politicanti, dopo aver fatto credere al paese intero che la grana legata alla nostra compagnia di bandiera fosse stata risolta con i si dei sindacati e con un fallimento scongiurato in zona Cesarini, si stanno defilando dall’affaire, puntando il dito contro altre “cosucce” scomode da dover risolvere. È il caso, per esempio, del clima irrespirabile che aleggia dentro e attorno alle strutture scolastiche e universitarie italiane.
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