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L’opera di Strindberg al teatro Eliseo

All’iniziativa promossa dall’Ambasciata di Svezia sono intervenuti regista e attori,  ha partecipato lo studioso dell’opera di Strindberg, Björn Meidal

Il 23 febbraio, al teatro Eliseo (via Nazionale 183, Roma), Björn Meidal, studioso del drammaturgo svedese a livello mondiale, ha presentato l’incontro “Strindberg e le donne”, presenti Valter Malosti, Valeria Solarino, Federica Fracassi, regista ed interpreti dello spettacolo “Signorina Giulia” di August Strindberg, in scena dal 14 al 26 febbraio. L’incontro è stato introdotto dalla ambasciatrice di Svezia, Ruth Jacoby e dal direttore del teatro Eliseo, Massimo Monaci.

Famoso presso il grande pubblico per opere come “La stanza rossa” che hanno descritto in maniera critica la società dell’epoca e conosciuto per i suoi rapporti con il mondo dell’espressionismo nordico, Edward Munch ed altri movimenti delle avanguardie artistiche, Strindberg morì nel 1912 ed è tuttora considerato uno degli autori più moderni e per questo è tra i più rappresentati nel teatro.

Nelle sue opere Strindberg partì da presupposti naturalistici e cercò di applicare rigorosamente metodi scientifici che permettessero di rappresentare le dinamiche dei sentimenti umani, ma di fatto arrivò ad essere riconosciuto come uno dei fondatori dell’espressionismo in Europa, ricorrendo a situazioni estreme nei suoi racconti, al fine di portare alla luce aspetti particolari della psicologia dei personaggi.

Björn Meidal ha partecipato a diversi progetti scientifici ed ha ricoperto cattedre universitarie nel mondo come professore visitatore, tra queste cattedre la Humboldt Universität di Berlino, la Catholic University of Pennsylvania, Philadelphia ed University of Maryland ed è stato autore di numerosi libri su Strindberg. Nel maggio di quest’anno uscirà anche la biografia fotografica “I mondi di Strindberg”, redatto in collaborazione con il fotografo Bengt Wanselius.

Aldo Ciummo

 

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Esposizione di arte danese a Roma

Officine Fotografiche , in via Libetta, ospita l’iniziativa promossa dal Circolo Scandinavo di Roma. L’esposizione continuerà fino al 24 febbraio

Le arti visive sono protagoniste alle Officine Fotografiche di Roma, in via Libetta 1. L’iniziativa è del Circolo Scandinavo di Via della Lungara. L’esposizione, che si inaugura venerdì 27 gennaio alle 18.30, andrà avanti dal lunedì al venerdì di ogni settimana dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, fino al 24 febbraio. La mostra si intitola “Obiettivi Obiettività” (“Objectives Objectivity”) ed è chiusa nel fine settimana. L’ingresso è libero. Gli artisti che presenteranno le loro opere sono KirsiMarja Metsahuone (Finlandia), Tero Puha (Finlandia), Mikkel Olaf Eskildsen  (Danimarca), David Morrow (Danimarca).

La selezione di opere audiovisive e fotografiche è curata da Mette Perregard, direttrice del Circolo Scandinavo di Roma. Tra i promotori dell’evento ci sono, oltre al circolo, il Ministero degli Affari Esteri ed Europei della Repubblica Francese, l’Istituto Pasteur, I Paesi Bassi, il Koninklijk Nederlands Institut Rome, The British School of Rome, l’istituto Svizzero.

Il Circolo Scandinavo di Roma è ormai una istituzione per i norvegesi, svedesi, finlandesi, danesi, islandesi residenti nella capitale e questo ormai da un secolo e mezzo, durante il quale le biblioteche danese (creata da Thorvaldsen e Hansen), svedese, norvegese hanno finito per unire le forze ed organizzare un centro di incontro e di discussione per gli artisti scandinavi che decidevano di risiedere a Roma per conoscere la cultura del paese ed elaborare le proprie idee.

Tuttora il circolo, che si trova a Trastevere, permette a diversi scultori, fotografi, artisti audiovisivi, scrittori e musicisti norvegesi, danesi, finlandesi, islandesi, svedesi, di soggiornare a Roma e confrontarsi con la cultura italiana. Richard Lydiker ha fatto molto nel corso degli ultimi anni per promuovere il ruolo dello Skandinavisk (questo è il nome del circolo scandinavo) in Italia e nel Nord Europa. Nella sede del Circolo, in via della Lungara, si sono svolte esposizioni, presentazioni di libri, concerti di musica classica.

Aldo Ciummo

 

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Sarà un ambientalista il prossimo presidente della Finlandia?

La Finlandia sceglie il presidente: Ninisto con il 37 per cento dei voti al primo turno e Haavisto con quasi il 19 per cento sono in pista al secondo turno

di    Aldo Ciummo
Al termine delle elezioni di domenica 22 gennaio, con le quali i finlandesi hanno votato per scegliere il Presidente della Repubblica dopo i due mandati della socialdemocratica Tarja Halonen, i giornali dei paesi limitrofi descrivono il voto come un referendum a favore della UE, scrivendo che la crisi economica e la tradizione di solidarietà e pragmatismo dei paesi nordici hanno archiviato le tentazioni xenofobe di partiti che non sono stati ammessi al governo.
Il Centrodestra di Sauli Ninistö (Partito della Coalizione Nazionale) ha vinto ma con il 37 per cento, meno delle previsioni che tre mesi fa lo volevano presidente al primo turno e significativamente al di sotto a di quelle che pochi giorni fa gli assegnavano  più del 40 per cento dei voti. Ninistö ed Haavisto, Centrodestra e Verdi, vanno al secondo turno il 5 febbraio. Ninistö rappresenta il Centrodestra moderato e liberale ed Haavisto è molto conosciuto per le sue iniziative a favore dei diritti umani a livello internazionale. Haavisto ha portato avanti per la UE i colloqui di pace in Sudan e diversi programmi ambientali dell’ONU in Iraq, Afghanistan, Kosovo, Romania, Liberia.
I partiti  di Centrosinistra che partecipano al governo di Jyrki Katainen (Governo di coalizione guidato dal Centrodestra) non hanno potuto presentarsi come forze di opposizione in una campagna elettorale come quella che si è svolta. Il candidato socialdemocratico Lipponen nei sondaggi non è arrivato al sette per cento, pur essendo stato il Primo Ministro più duraturo (dal 1995 al 2003) alla guida di due governi di coalizione e presidente del Parlamento (dal 2003-2007 durante il primo governo di Matti Vanhanen, rappresentante del partito di Centro all’epoca in coalizione con i Socialdemocratici, “Suomen Sosialidemokraattinen Puolue).
Timo Soini (Veri Finlandesi, “Perussuomalaiset”) è rimasto al 9,5 per cento, poco più degli ultimi sondaggi ma molto meno delle ultime elezioni. Fortunatamente, la cultura europeista che ha portato alla formazione di un governo di unità nazionale piuttosto che includere nel governo liste isolazioniste come i Veri Finlandesi sembra abbia già ridimensionando, oggi come in passato, una forza che presenta sfumature preoccupanti di chiusura, ad esempio in fatto di immigrazione. Ad Helsinki non sono novità nè nè le grandi coalizioni nè gli exploit elettorali effimeri tipici di stagioni euroscettiche.
Paavo Väyrynen, candidato del Partito del Centro (“Suomen Keskusta”), l’altro escluso dal governo e con qualche posizione euroscettica, sembrava l’unico che possa contendere il secondo posto ai Verdi ma con il 17,5 per cento è rimasto dietro ai Verdi quanto basta per concedere agli ambientalisti di passare al secondo turno. Väyrynen è stato Ministro fin dagli anni settanta, agli Esteri più volte, dal 1977 al 1982, dal 1983 al 1987 e dal 1991 al 1993. Il candidato del partito del Centro è rimasto nella sua linea di moderato euroscetticismo e di netto non allineamento (inclusa l’opposizione all’ingresso della Nato in tempi rapidi) e di buone relazioni con la Federazione Russa.
Sono cresciuti molto infatti gli ambientalisti (“Virheä Liitto”) guidati da Pekka Haavisto, arrivando al 18,8 per cento, in pratica già ad un quinto degli elettori. Haavisto è stato il primo ministro dei Verdi in un governo nazionale nel mondo, quando nel 1995 è entrato a far parte del governo Lipponen (coalizione a guida socialdemocratica), come Ministro dell’Ambiente dal 1995 al 1999.
Paavo Arhinmäki, candidato dell’Alleanza di Sinistra (Vasemmistoliitto) è andato bene tra i giovani, numericamente e socialmente importanti in Finlandia come in molti paesi vicini. Già nei sondaggi che precedevano le consultazioni elettorali il traino delle campagne antieuropeiste dei Veri Finlandesi pareva esaurito e il ribasso evidente dei movimenti euroscettici in questi anni comincia ad essere rispecchiato dalla vivacità dell’ altra parte dell’arco politico finlandese, con la definizione più chiara delle posizioni dei Verdi, ormai non più solo alternativi, e dell’Alleanza di Sinistra. Ma sono gli ambientalisti, I Verdi che affronteranno Sauli Ninisto, mentre ormai è finito l’ascendente degli euroscettici populisti di Timo Soini ed anche la presa dell’altro candidato abbastanza euroscettico, Paavo Väyrynen (Centro).
Il Centrodestra ha perso terreno rispetto ai sondaggi precedenti, mentre crescevano gli ambientalisti di Pekka Haavisto, (arrivati al 19%, con un guadagno di sette punti percentuali in pochi giorni). L’affluenza minore delle aspettative (72%) indica disaffezione alle proposte coincidenti con il Governo in carica (guidato dal partito di Sauli Ninistö, che esprime il Primo Ministro, Jyrki Katainen) mentre restano alla sua sinistra elettori che adesso vedono che Pekka Haavisto, ambientalista di governo (il suo partito fa parte della grande coalizione escludere gli euroscettici e i populisti di destra) può farcela se i cittadini orientati verso i socialdemocratici, la sinistra e i liberali al primo turno lo sceglieranno nel secondo, che si terrà il 5 febbraio.
Conferma la crisi dei Socialdemocratici il 6,7 per cento di Paavo Lipponen, ex Primo Ministro, si pensi che nel recente passato, dopo la lunghissima presidenza centrista di Urho Kekkonen negli anni ’60 e ’70, cioè dall’inizio degli anni ottanta ad oggi, i presidenti che si erano succeduti sono stati in seguito tutti socialdemocratici. Eva Biaudet (Partito degli Svedesi) al 2,7 e Sari Essayah (Critistianodemocratici) al 2,5 hanno fallito di fatto nelle elezioni presidenziali di domenica scorsa.
La carica di Presidente della Repubblica in Finlandia (Suomen Tasavallan Presidentti) sta vedendo a partire dalla riforma del 2000 una riduzione dei propri poteri, ma nella Costituzione Finlandese mantiene prerogative non indifferenti ad esempio in politica estera. La riforma costituzionale di poco più di un decennio fa ha smussato le possibilità di azione del presidente in materia di politiche europee, spostando progressivamente queste ultime nell’ambito della politica interna, che ricade sotto i poteri del Primo Ministro e del Governo.  Il ruolo del Presidente rimane centrale nella gestione della politica estera extraeuropea, con la capacità di influire su questioni centrali in Finlandia come i rapporti con la Federazione Russa e sul dibattuto ingresso di Helsinki nella Nato, tuttora improbabile nel breve e medio termine.
Quanto al favorito, Sauli Ninistö, il candidato del Partito della Coalizione Nazionale, Ninistö , ha ricoperto importanti cariche, è stato ad esempio Ministro delle Finanze dal 1996 al 2003, più a lungo di tutti i politici finlandesi, in governi di coalizione guidati dagli avversari socialdemocratici di Paavo Lipponen.  Il candidato del Partito della Coalizione Nazionale ha una vasta esperienza delle istituzioni europee e dei meccanismi economici europei. Sauli Ninistö è stato anche presidente del Parlamento unicamerale finlandese (Eduskunta) dal 2007 al 2011, durante i governi a guida centrista di Matti Vananhen (2007-2010) e di Mari Kiviniemi (2010-2011), di cui il Partito della Coalizione Nazionale faceva parte:  è identificato come un sostenitore dell’impresa e del rigore.
Paavo Arhimäki ha trentacinque anni, il programma del suo partito, l’Alleanza di Sinistra, include il rafforzamento della protezione sociale delle fasce sociali più deboli, più attenzione alle tematiche giovanili, difesa della laicità, sostegno alle unione civili anche tra coppie dello stesso sesso, protezione dell’ambiente. Arhinmaki e la lista che rappresenta sono contrari all’ingresso nella Nato e si oppongono ad una Unione Europea più chiusa.
Eva Biaudet è la candidata del Partito degli Svedesi (“Ruotsalainen Kansanpuolue”), una importante minoranza in Finlandia (dove anche lo svedese è lingua ufficiale), la sua lista ha una lunga storia, ha espresso personalità di governo in ruoli centrali in diversi decenni e differenti esecutivi, incluso l’attuale governo. Biaudet è il difensore dei diritti delle minoranze (Ombusdsman) in Finlandia e componente del forum dell’ONU sulle questioni indigene (in Finlandia c’è la comunità lappone): ha posizioni liberali.
Sari Essayah è la candidata dei Cristianodemocratici (“Kristillisdemokraatit”), europarlamentare dal 2009 e segretaria del partito dal 2007 al 2009. E’ contraria all’aborto e si oppone all’eventuale entrata della Finlandia della Nato. E’ nata da madre finlandese e padre marocchino ed è una sportiva (atletica) ha vinto premi mondiali ed europei. Il 5 febbraio occorrerà valutare a chi andranno i consensi di Lipponen e di Arhimaki (intorno al 6 o 7 per cento a testa) e i pochi punti percentuali di cristianodemocratici e partito degli svedesi. I progressisti di vario orientamento e gli indecisi che al primo turno pensavano non ci fosse modo di affrontare il Centrodestra potrebbero essere determinanti.
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Ad Arhus rivive la “hygge” dei tempi andati

Botteghe del ferro e antichi oggetti di uso comune durante le feste hanno ritrovato il loro  posto nella “Gamle By”, la città vecchia di una città che oggi è  piena di vita universitaria

di   Aldo Ciummo

In Danimarca si chiama “hygge” una atmosfera intraducibile di  intimità e calore che inizia quando si avvicina il Natale. Le tradizioni tornano  a infondere una luce particolare nella vita quotidiana di alcune delle metropoli  più moderne del Nord Europa: con 300.000 abitanti, Arhus è la seconda città  della Danimarca, il centro urbano con l’età media più giovane nel paese (dovuta  anche alla presenza di 25 università e istituti) ma vanta una storia antica,  essendo stata fondata dai Vichinghi nell’ottavo secolo.
Nata come  porto in questa parte nordorientale della penisola dello Jutland, dopo la  Riforma religiosa nel 1536 Arhus ha visto la vita sociale riunirsi attorno alla  Cattedrale. Alla metà dell’ottocento, i traffici si sono concentrati al porto:  oggi il cuore pulsante sono le università e il centro urbano non dimentica il  suo ruolo storico in Danimarca e attira molti visitatori con iniziative che  valorizzano gli aspetti più antichi della vita danese.
Tra l’autunno e l’inverno  la suggestione delle abitudini natalizie raggranellatesi nei secoli riempie di  nuovo le bancarelle dell’antica cittadella del mercato. In  Danimarca la chiamano “Den Gamle By”, la città vecchia, una zona di Arhus dove  le strade si risvegliano in decine di mercatini diversi, tra edifici d’epoca che  è possibile visitare e ricostruzioni nelle quali si trovano gli oggetti  originali delle scene che si voglione rievocare.
La manifestazione natalizia è  composta da più di trenta iniziative grandi e piccole, in ogni stanza, i  visitatori entrano in un mondo che non c’è più: si incontra un intarsio di  differenti periodi, partendo dalle sedi dei ricchi mercanti di carne nel 1625,  passeggiando attraverso il diciannovesimo secolo e osservando le luci dei primi  alberi di Natale.
L’evento è nato proprio per permettere al  pubblico di sperimentare come i danesi hanno celebrato il Natale per secoli: si  va dai negozi storici agli alberi danesi tradizionali. C’è la storia vivente  della casa dei mercanti (1864) e quella dei negozi storici, che includono uno  spaccio di libri, una panetteria e il banco di un mercante, il venditore di  oggetti di ferro (giochi meccanici, locomotive). Le mele decorative nei primi  alberi festivi erano la più popolare delle decorazioni, in ricordo del primo  Natale della storia, perchè la tradizione voleva che tutte le piante dessero  frutti in anticipo sulla stagione.
La manifestazione ad Arhus è patrocinata  dalla Regina della Danimarca, Margrethe II, ed è una delle attrazioni  raccomandate dalla Guida Michelin, l’unica fuori Copenaghen. Nell’esposizione ci sono gnomi danesi, carretti della posta  tradizionali, una tavola di Natale del 1723 ricostruita con le suppellettili del  tempo. Attraverso il museo, i visitatori colgono uno scorcio di come il Natale è  stato festeggiato in Danimarca dal 1600 al 1974.
“Den Gamle By” (The Old Town),  è un insieme no-profit di musei all’aperto, prende il nome di “the National Open  Air Museum of Urban History and Culture in Denmark” ed è stato fondato infatti  nel 1909 come il primo museo di storia e cultura urbana all’aperto: oggi conta  75 case storiche in Danimarca, molte di queste si trovano ad Arhus e descrivono  i caratteri di una città danese come sarebbe apparsa nei giorni di Christian  Andersen, con strade, cortili, abitazioni e botteghe, di cui è possibile  visitare soggiorni, stanze, cucine.
Den Gamle By, è una serie di  suggestive scatole: ne apri una, e un altro affascinante panorama si apre,  lasciandotene scorgere un altro ancora come ti inoltri un pò: oltre ai manufatti di uso comune non vanno trascurati gli  edifici, come la residenza del mastro degli aromi, che risale al diciottesimo  secolo; la casa del sindaco che raccoglie la cultura locale dal 1600 al 1850; il  palazzo “del mercante”, in sè illustrazione dei negozi fin dal 1864; il Museo  dei Giocattoli (il più grande della Danimarca) e il negozio di radio e  televisori (modernariato recente) dove si trovano molti pezzi degli anni  settanta.
Un’area ricrea il panorama della città come  sarebbe apparsa nel 1927, con biciclette e marciapiedi, un museo cittadino ed un  centro dei telefoni. Un intero edificio viene  dedicato alla storia dei giochi dei bambini. I giocattoli più antichi risalgono  ai primi dell’ottocento e la rassegna arriva fino agli anni sessanta. La mostra, in tutta la parte antica della città, è andata avanti dal 19  novembre al 30 dicembre. Anche nel corso del nuovo anno la ricostruzione della città si ripropone con i suoi musei.
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Rafforzare l’Europa, contrastare i populismi nazionalisti

L’anno entrante vede la UE di fronte alla necessità di utilizzare gli strumenti presenti nei suoi trattati per rilanciare l’integrazione ed evitare la deriva cui si assiste in Ungheria

Alla riapertura dei lavori dell’Unione Europea, che dal 16 al 19 gennaio vedrà sul tavolo della prima sessione significativa a Strasburgo argomenti come Eurobond e Tobin Tax, la comunità si trova di fronte ad un periodo difficile per le ricadute della crisi economica e per le conseguenze sociali della finora mancata redistribuzione del reddito (in particolare di quello accumulato in rendite dai settori che della crisi sono stati protagonisti ad esempio nel mondo finanziario).

In Europa le categorie più sotto attacco (dipendenti, precari, donne, professionisti autonomi, operai, giovani, immigrati) rispetto agli eventi finanziari avvallati negli ultimi venti anni da governi liberisti in politica economica e conservatori in politica sociale, civile ed estera, sono anche le categorie nuovamente selezionate dalla politica istituzionale ed economica come settori che devono pagare i costi maggiori del risanamento, attraverso imposte indirette storicamente antipopolari (aumenti dell’iva e dei carburanti), imposte dirette sui redditi (con aumenti sui patrimoni e capitali scudati che invece sono di poche frazioni di punto percentuale) e tagli ai servizi sociali, agli enti locali, alla spesa pubblica.

Nello stesso tempo le fasce sociali che in tutta Europa ed in particolare in Italia sono attaccate da queste politiche di destra attraverso decisioni liberiste che ricalcano quelle dei governi precedenti (soprattutto quelli di Centrodestra, ma purtroppo anche esecutivi di Centrosinistra ansiosi di accreditarsi presso la grande finanza e di ridurre il peso della propria area di sinistra e dei rappresentanti dei lavoratori) non sono unite nel contrasto ad una politica fortemente classista e ampi settori della società cedono putroppo a spinte populiste, localiste e xenofobe che non hanno nulla a che fare con la volontà di risolvere i problemi concreti in Italia ed in Europa.

Segnali preoccupanti arrivano dall’Ungheria, il cui parlamento, monopolizzato da una destra simile a tendenze populiste e nazionaliste, che si risvegliano un pò dappertutto in Europa (favorite da media che non vogliono esporre i costi sociali del liberismo e dei monopòli economici e che dipingono l’immigrazione solo come un problema di ordine pubblico) sta approvando nonostante le norme europee leggi che hanno poco in comune con i princìpi democratici che sono alla base dell’Unione Europea. Tra le normative che il governo a guida del partito Fidesz sta introducendo ci sono restrizioni di fatto al pluralismo dell’informazione in Ungheria.

Le situazioni limite come quella del Governo di Viktor Orban in Ungheria sono all’esame della Commissione Europea e quest’ultima ha la possibilità di avviare procedure di infrazione incisive, ma il problema in tempi di debolezza della rappresentatività, in un sistema che fatica molto a rappresentare i cittadini su scala continentale è più ampio: bisogna evitare le derive nazionaliste in Europa perchè queste sono sempre in agguato in periodi di crisi sociale, soprattutto quando non si trovano invece risposte progressiste alle difficoltà di parte significativa della popolazione.

Per contrastare i populismi non bastano le procedure di infrazione, peraltro molto lunghe data la complessità del diritto comunitario e il peso tuttora conservato dagli stati nazionali, occorre anche rafforzare le capacità dell’Unione Europea di promuovere equità e sviluppo sostenibile, di integrare e valorizzare l’immigrazione come una risorsa (ciò può avvenire soltanto riconoscendo i diritti degli immigrati e rafforzando i diritti del lavoro invece sotto attacco in questo momento) e rielaborare l’impianto democratico della UE, in modo che i cittadini possano partecipare in forme chiare alla costruzione comunitaria ed ai suoi meccanismi decisionali.

L’Europa deve far sentire la propria voce sanzionando i casi di violazione dei suoi valori fondamentali, contrastando i populismi nazionalisti (tanto più quando si presentano nelle linee di condotta di interi stati nazionali) ma deve anche prevenire la crescita di tali tendenze anacronistiche di chiusura, sviluppando invece una Europa dell’apertura e della solidarietà, assieme alle politiche monetarie e di scambio.

L’Unione Europea è troppo arrendevole con i mercati e troppo rigida con i migranti e nelle questioni sociali, ma nel Trattato di Lisbona esistono i mezzi per promuovere i diritti sociali e del lavoro, la laicità degli stati, il pluralismo, la mobilità e l’integrazione e la sinistra in particolare deve impegnarsi pensando in termini europei, se vuole contrastare davvero le spinte liberiste e nazionaliste che si complementano lasciando via libera al mercato senza regole e scaricando i costi e i conflitti alla base della società, mettendo gli uni contro gli altri migranti precari e precari provenienti dalle industrie deregolamentate dove i sindacati vengono espulsi, violando in forza del mercato le costituzioni nate dalla liberazione dagli autoritarismi di destra e dalla autodifesa dell’Europa da tutti i totalitarismi.

Gli eurobond di cui si discuterà tra pochi giorni possono servire a rafforzare le condizioni economiche dell’Europa e dell’Occidente di cui la UE fa parte integrante, la Tobin Tax è un argomento che può significare molto per rimettere al centro le istituzioni e la partecipazione in funzione di riequilibrio delle contraddizioni sociali, ma l’Unione Europea ha bisogno più in generale di essere presente, promuovendo i diritti dei lavoratori, la parità di genere, l’integrazione all’interno delle sue frontiere e la valorizzazione dell’immigrazione come risorsa, il contrasto ai nazionalismi, la lotta alle chiusure xenofobe e la preparazione della crescita dello sviluppo sostenibile.

Tutte le questioni che sono sul tavolo alla riapertura dell’Europarlamento non possono essere risolte dividendo le nazioni in euroscettici ed euroentusiasti, perchè è l’Europa nel suo insieme a suscitare dubbi sull’efficacia delle misure adottate sinora: Germania, Italia e Francia non sono gli unici a sostenere un nuovo attivismo dell’Unione ed il Regno Unito non è uno stato euroscettico ma si interroga soltanto, come altri componenti della UE, sul futuro della comunità, valutando legittimamente i propri interessi nel contesto più ampio del mercato comune. La stessa Danimarca che si appresta a guidare il prossimo semestre ha contribuito al dibattito, ad esempio in materia di politica agricola, con opinioni specifiche che non erano critiche euroscettiche ma prospettive della costruzione europea che rappresentavano molti stati in alcuni momenti in minoranza.

Ora il Parlamento Europeo propone, superando molti steccati tra i diversi gruppi, una maggiore disciplina fiscale, la solidarietà europea nella gestione dei debiti, procedure decisionali più gestibili rispetto all’unanimità ed introduzione dell’attuale accordo intergovernativo salva-euro nella legislazione comunitaria entro cinque anni, ma a queste misure occorre aggiungere un percorso che in tutti i settori porti l’Europa ad una effettiva integrazione e la rimetta al centro di un vero sviluppo.

Aldo Ciummo

Una piccola Finlandia festeggia il Natale negli USA

Nel Minnesota i finlandesi emigrati oltreoceano più di cento anni fa e quelli arrivati più tardi uniscono le proprie tradizioni festive a quelle americane

Si è spesso abituati a pensare al lento sfumare delle culture, tra spostamenti temporanei e definitivi sempre più frequenti per le persone, però in occasione delle feste conosciute da tutti capita di venire a sapere che le abitudini più radicate delle popolazioni che hanno sperimentato l’emigrazione sopravvivono, in modi inaspettati, a migliaia di chilometri di distanza dalle madrepatrie: come negli USA, dove il Natale si festeggia anche secondo le abitudini dei finlandesi, almeno in una piccola parte di questa enorme nazione.

Poco più di cento anni fa infatti molti europei cercavano lavoro in altri continenti, massicciamente in America (in particolare negli Stati Uniti). Proprio negli USA, nello stato del Minnesota, i finlandesi diventarono tanti che all’inizio del 1900 fu costruito il Kaleva Hall, un luogo dedicato alla conservazione ed allo sviluppo della cultura finlandese oltreoceano. Il centro di ritrovo fungeva da punto organizzativo per le attività sociali, sala da ballo, riunioni amministrative.
All’inizio non tutti parlavano l’inglese: la possibilità di confronto con i connazionali era quindi importante, ma durante la successiva integrazione nel nuovo paese la cultura proseguì la sua strada senza dimenticare le origini, balli e riunioni andarono avanti fino ad oggi, il Kaleva Hall esiste ancora e così una importante comunità finno-americana. Nel nord del Minnesota l’industria del legno e delle miniere attrasse immigrati ancora dopo la seconda guerra mondiale, diverse generazioni di finlandesi entrarono a farne parte.
Così il 24 dicembre al Kaleva Hall, un uomo vestito come il sindaco di Turku (una delle maggiori città della Finlandia, prominente nei secoli passati all’epoca del dominio svedese) inaugura in America la vigilia del Natale distribuendo gli auguri sia in finlandese che in inglese, contemporaneamente alla cerimonia che dall’altra parte dell’Atlantico risuona a Turku, la vigilia di Natale. Durante quel giorno, le tombe dei cimiteri sono illuminate da candele chiuse in pezzi di ghiaccio scavati facendo gelare il contenuto di alcuni bicchieri e poi lasciando cadere la parte interna del contenuto ancora liquido. Un’altra tradizione è il “lastu”, lavorazione di legno reso malleabile con acqua ad alta temperatura.
I finlandesi che vivono negli Stati Uniti non tengono queste tradizioni solo nel Minnesota, ma ad esempio portano le danze tradizionali del Nord Europa in città come Los Angeles (USA) e Toronto (Canada), inoltre prendono parte alla cucina americana con influssi provenienti dalla loro nazione di origine. Ancora una volta, non è difficile vedere che nella società aperta che nonostante tutte le difficoltà la nostra Europa sta diventando è possibile mantenere e sviluppare le proprie identità, arricchirne il paese di approdo e acquisirne le qualità senza abbandonare le basi di partenza, e questa è una grande opportunità per le nazioni capaci di accogliere culture differenti.
Aldo Ciummo
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Finlandia: Natale dalla Lapponia a Genova

Le feste si avvicinano e chi può raggiunge i paesi di origine, ma ci sono anche le tradizioni europee portate da una parte all’altra del continente

alla Fiera di Genova, per l’edizione 2011 di Natalidea, il Consolato di Finlandia ha ricostruito dal 7 al 18 dicembre il villaggio di Santa Claus: il “Villaggio di Rovaniemi” è stato portato in città per la soddisfazione dei più piccoli. La presentazione è avvenuta già a fine novembre, con il console Valdemar Boesgaard e “Visit Finland” rappresentata da Maija Loikkanen.

La Finlandia insomma ha voluto dare un segno di incoraggiamento ad una zona molto provata quest’anno dagli eventi naturali. La presentazione a Genova si è svolta contemporaneamente all’inizio delle feste in Lapponia, a Rovaniemi. La comunità finlandese in Italia non è piccola, tenendo conto delle proporzioni della popolazione del paese nordico: solo a Roma ci sono 365 finlandesi secondo le stime, cui bisogna aggiungerne probabilmente molti altri, dato che le frontiere europee sono aperte e non esiste ovviamente una necessità di registrare la propria presenza in Italia.

Per quanto riguarda tutta l’Italia c’è una stima (che include invece anche coloro di cui non esiste una registrazione ufficiale): circa 4500 cittadini. Molti dei finlandesi che si trovano a Roma sono qui per ragioni familiari (presenza di coniuge italiano) oppure per motivi di studio, ma non mancano i professionisti e gli impiegati di imprese finlandesi, le aziende finniche operanti in Italia sono ottanta: ad esempio c’è la Wartsila, che commercia motori per navi, motrici, locomotive e centrali elettriche. Tra le associazioni, prominente è il “Suomi Seura”, a Roma questa associazione riunisce i finlandesi residenti qui ed organizza anche corsi di finlandese.

Anche a Firenze, il locale Suomi Seura è diventato noto negli anni per le molte iniziative culturali. A Roma, una istituzione molto importante, oltre all’Ambasciata presso lo stato italiano, è l’Istituto di Finlandia a Villa Lante al Gianicolo, teatro di molti eventi interessanti che coinvolgono artisti e studiosi. Il giorno di Natale, anche in Finlandia, è una festa soprattutto per la famiglia: è abitudine servire in tavola un particolare prosciutto (joulukinkku) oltre che naturalmente scambiarsi gli auguri, buon Natale (Hyvaa Joulua!) e buon anno (Hyvaa uutta vuotta!). Bisogna aggiungere che esiste in Finlandia l’abitudine del Pikkojoulu, o piccolo Natale, una sorta di anticipo in cui si comincia a ritrovarsi per un brindisi.

Aldo Ciummo

 

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Strasburgo al lavoro

 

La sessione plenaria al Parlamento Europeo dal 12 al 15 settembre 2011

di   Aldo Ciummo

 Il Parlamento Europeo a settembre torna al lavoro su temi molto attuali come Frontex e il controllo delle frontiere, al centro delle cronache a seguito dei sommovimenti delle sponde sud ed est del Mediterraneo oppure l’Energia e le regole che impongono all’industria di condividere parte delle informazioni rilevanti in questo campo strategico per l’autonomia dell’Europa.

Tiene banco logicamente anche la crisi dell’Eurozona e altri temi ad essa legati, come la posizione del Consiglio sul bilancio 2012, e le iniziative dell’Unione Europea sui problemi registrati in Libia, in Siria e nell’Africa dell’Est. E’ molto atteso l’intervento del Presidente polacco in Plenaria (Varsavia ha la presidenza questo semestre).

Altri argomenti importanti sono il controllo sulle trivellazioni offshore e le norme ambientali, l’impegno contro la corruzione nei paesi UE, i diritti dei cittadini, l’ambiente e la commissione petizioni, la mediazione in cause civili e le nuove regole europee per garantire un risparmio in materia ai cittadini.

Lungi dall’essere il mostro tecnocratico che una produzione letteraria costantemente alimentata da classi dirigenti molto più direttamente impegnate nella produzione di debito dipingono, l’Unione Europea continua ad essere un meccanismo, politicamente debole sì e scarsamente vicino a grandi porzioni della sua popolazione pure, ma perlomeno in grado di permettere un travaso non indifferente di risorse da nazioni con i conti in ordine (la cui opinione pubblica inizia comprensibilmente a dare segni di preoccupazione) a paesi che destinano indirettamente all’acquisto di giocatori fondi altrui che dovrebbero essere destinati all’ambiente.

Su queste pagine web ripetiamo volentieri quindi che la crisi sarà un pò meno in grado di nuocere sia alle imprese che al famoso uomo della strada il giorno in cui gli stati più responsabili e (fortunatamente) dotati di maggior peso in Europa riusciranno ad imporre regole coattive, che siano tese non certo a manovre inique dal punto di vista della distribuzione delle risorse (quelle le hanno approvate gli stati nazionali, specialmente alcuni, si veda l’Italia) ma a raggiungere se necessario con sanzioni e sentenze un effettivo ottenimento del rispetto di paramentri comuni (anche di standard civili).

Le richieste che cominciano a sollevarsi dai maggiori stati fondatori, valga per tutte un maggior controllo di come i fondi concessi vengono spesi, vanno nella direzione giusta: è ormai visibile quali risultati scadenti abbia prodotto l’autoattribuzione, da parte di paesi irregolari, di presunte eccezionalità che dovevano permettere di cavarsela sempre senza sforzi, tanto che tre di questi stati nazionali, in area euromediterranea, sono diventati esplicitamente una eurozavorra.

Sei risposte sulle biblioteche

Aldo Ciummo / Intervista con Hellen Niergaard, Consulente capo dell’Associazione delle Biblioteche Danesi (Prima Parte) 
 
 
 
Le biblioteche sono nate nell’era della comunicazione analogica; possono soddisfare le attuali esigenze della società?
 

Le biblioteche, come tutte le istituzioni che concernono la conoscenza naturalmente dovrebbero riflettere i cambiamenti nei formati dell’informazione ed adattarsi ad essi. Le biblioteche pubbliche, come altre istituzioni pubbliche in Danimarca ed in molti altri paesi, attualmente stanno aggiornando i propri servizi in accordo con gli sviluppi della società della conoscenza, il loro focus sulle fonti on line e la trasformazione nelle abitudini di consumo mediatico dei cittadini. Allo scopo di fornire accesso sia all’informazione alla conoscenza ed ai formati di cultura analogici che a quelli digitali.

Nell’aggiornamento più recente della legislazione bibliotecaria danese, “Act regarding Library Services”, dal 2000, si afferma che: “l’obiettivo delle biblioteche pubbliche è promuovere l’informazione, l’istruzione e le attività culturali rendendo disponibili libri, periodici, libri interattivi ed altro materiale disponibile, come musica registrata e fonti elettronici di informazioni, inclusi internet e mezzi multimediali.”
 

Più recentemente, nel 2009, un rapporto su “Le Biblioteche Pubbliche nella Società della Conoscenza” è stata pubblicata dall’Agenzia Danese per le Biblioteche ed i Media del Ministero della Cultura. Esso contiene raccomandazioni di un comitato nazionale e vede la biblioteca come il centro culturale e dell’apprendimento sul territorio. Il documento sottolinea che “nella società della conoscenza gli sforzi della biblioteca pubblica di favorire la scoperta, l’istruzione e le attività culturali è più importante di quanto lo sia mai stato in precedenza” e che “oggi la biblioteca è anche il posto per esserci ed incontrarsi, dove si ottengono istruzioni, si usa internet o si trova supporto nel centro cittadino di servizi”. In ultimo si indicano una serie di servizi di city hall incorporate nelle biblioteche pubbliche in aree urbane e suburbane particolari (nel 21% dei municipi nel 2010). I consigli del rapporto per ulteriori sviluppi delle biblioteche sono divisi in cinque linee di azione: Biblioteche aperte (24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana di apertura), Ispirazione ed apprendimento, la biblioteca danese digitale, Partnerships e Sviluppo Professionale.
 
Quanto è importante nel dibattito l’architettura, al fine di ottenere un cambiamento effettivo nelle attività bibliotecarie?
 
Dal momento che la biblioteca pubblica sta cambiando radicalmente in termini di concezione e di servizi, nello stesso modo l’edificio che ospita la biblioteca dovrebbe essere aggiornato. Il design dell’edificio dovrebbe anche riflettere il cambiamento nell’utilizzo effettivo della biblioteca. In accordo con le analisi danesi circa il 50% (Traflitaelling/KL, 2004, Trafikanalyse Arhus/Moller, 2005) degli utenti visita le biblioteche pubbliche per altre ragioni che non prendere a prestito i libri.
L’ambiente fisico della biblioteca di conseguenza sta cambiando da una stanza caratterizzata da raccolte stampate e diventando un luogo comune aperto per la cultura, l’apprendimento e fornendo con intuito accesso sia a collezioni fisiche che a risorse digitali ed a orientamento professionale di tipi differenti.
Per promuovere un dibattito sui concetti e la moderna architettura della nuova biblioteca, nel 2009 l’Associazione Danese delle Biblioteche (DLA) ha pubblicato “Library Space: Inspiration for building and design”. Con questo libro l’Associazione vuole stimolare un ripensamento del progetto e della costruzione della biblioteca, da un luogo orientato al prodotto ad un luogo orientato all’utente. Allo scopo di fornire ai cittadini servizi significativi, aggiornati e di alta qualità nella società della conoscenza nel ventunesimo secolo: a vantaggio del singolo utente e della società nel suo insieme.
 
Nel corso della Conferenza (sulle Biblioteche svoltati presso il Goethe Institut di Roma nel maggio 2011 ndr) il dibattito ha sottolineato anche il ruolo delle biblioteche in favore dell’integrazione dei cittadini e della inclusione sociale; cosa può fare l’architettura in concreto?
 
Probabilmente non esiste una risposta corretta alla domanda ma una cosa è molto importante. L’architettura dovrebbe essere aperta ed accogliente – e meno come una fortezza di libri del passato, formale. Questa domanda porterà ad una architettura insignificante e poco interessante? Personalmente io non penso questo. Al contrario – ogni edificio bibliotecario dovrebbe incontrarsi con l’ambiente circostante ma anche fungere da punto di riferimento locale per la conoscenza e la cultura; qualcosa di cui essere orgogliosi e dalla quale essere attirati sia che si sia abituati a frequentare la biblioteca oppure no, che si sia intellettuali o meno.
Un recente esempio internazionale di un carattere scultorio molto suggestivo è la Biblioteca Pubblica di Seattle, dell’architetto olandese Rem Koolhas. Dieci qualità più una sono considerate cruciali per qualsiasi edificio bibliotecario. Il direttore delle Biblioteche Universitarie del Regno Unito, il professor Andrew McDonald, nelle “Dieci maggiori qualità di un buono spazio bibliotecario” (IFLA Library Building Guidelines: Development & Reflections, p. 13-29. Saur, 2007), aggiorna e converte i dieci comandamenti degli anni settanta sulle architetture bibliotecarie dell’architetto britannico Faulker Brown.
Idealmente, afferma McDonald, il nuovo spazio della biblioteca dovrebbe essere: funzionale, accessibile, vario, interattivo, favorevole, ambientalmente adeguato, sicuro e tranquillo, efficiente, adatto alle nuove tecnologie e – per di più – dovrebbe avere il fattore “oomph” or “wow”. Le parole chiave qui sono quelle che parlano di inclusione sociale: accessibile, differenziato, interattivo e non ultimo favorevole; lo studioso lo descrive come uno spazio con una alta qualità umana che motiva e ispira le persone”.
 

Finlandia: “più cooperazione in Europa”

L’ex primo ministro Paavo Lipponen e attuale candidato alla presidenza della Repubblica per i Socialdemocratici chiede una maggiore cooperazione europea.

Paavo Lipponen, ex primo ministro e candidato dei Socialdemocratici finlandesi per la presidenza della Repubblica, ieri è intervenuto nel dibattito sulla Unione Europea, affermando che i paesi più piccoli sono quelli che hanno più da guadagnare da una Europa veramente unita di fronte alle crisi ed alle opportunità presentate dall’attuale contesto internazionale.  

Lipponen ha parlato anche delle difficoltà di armonizzare tutte le esigenze e dei rischi di influenza esclusiva delle nazioni che hanno maggiore peso. Il politico finlandese ha osservato che è facile abbandonare un progetto ma poi è difficile riportarlo in funzione e si è riferito proprio all’Europa, attraversata da scetticismi sulle capacità di tenere insieme realtà diverse ed affrontarne i problemi.

 La Finlandia ha mantenuto, durante i dibattiti sulle crisi europee, una posizione costruttiva pur ricercando ovviamente delle garanzie sulle modalità di utilizzo dei contributi che i paesi con un bilancio più equilibrato assegnano alle regioni in difficoltà.

Il risultato delle elezioni di aprile ha confermato una stragrande maggioranza europeista che infatti è stata alla base della formazione del nuovo governo. Durante le crisi economiche interne degli anni novanta, la Finlandia ha rimesso in moto la propria economia senza grandi interventi esterni e scommettendo con lungimiranza sui settori dell’istruzione e della ricerca.

Aldo Ciummo