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INTERNAZIONALE|La crudele guerra dei bambini

Da nord a sud, cambiano i presidenti, mutano le politiche ma sempre più bambini sono coinvolti in conflitti e guerre, in Congo come in Iraq. Mentre in Italia i bambini rom vengono strappati alle loro famiglie per poter essere adottati

di Simone Di Stefano/Dazebao, l’informazione on-line

Oggi come ieri, sono i bambini al centro di una riflessione profonda che abbraccia diverse culture, mescola fatti di sangue a lotte di classe, avvicina i potenti agli ultimi della classe, facendosi a volte inconsapevolmente veicoli di un messaggio troppo lontano dal concetto di gioventù libera e spensierata a cui apparterrebbero a rigor di logica. Strumentalizzazioni politiche e ideologiche, maschere di una civiltà, da nord a sud, da oriente a settentrione, che macchia l’evoluzione sociale dell’umanità.

Ma veniamo al dunque. Sono due i fatti che si interpolano e che potrebbero a un primo e superficiale punto di vista portare a distogliere lo sguardo dalla realtà. Cosa c’entrano i rom con i ribelli nel Congo? E cosa hanno a che fare i bambini? Fin dalla preistoria la prole è vista come un bene assai più prezioso del contenuto affettivo che ne riveste. Ma la sua degenerazione può facilmente ribaltarsi e fare dei fanciulli dei “mezzi” utili non più soltanto per coltivare campi, come avviene ancora in tante comunità rurali, ma anche al fine essere verosimilmente arruolati in eserciti di liberazione, ad imbracciare fucili alla stregua di bambole o addirittura a indossare tritolo in nome di Allah.

Un dibattito a parte merita poi la strumentalizzazione politica che viene fatta attorno ai bimbi rom, e qui siamo in Italia. È di ieri – ma pubblicata solo oggi su alcuni quotidiani nazionali – l’esternazione pubblica di Migrantes, una costola della Conferenza episcopale italiana, che denuncia che «troppi bimbi rom vengono tolti dai giudici alle loro famiglie». È altrettanto vero che se l’apologia di questo modus operandi risiede insita nella facilità con cui gli zingari sono considerati rapitori di minori, bisogna ammettere che questo è un fatto «tutto da dimostrare e finora non c’è stato nessun caso provato», come hanno proseguito i vescovi.

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