Con l’annunciata disponibilità da parte della maggioranza di includere liste come “Miljöpartiet de Gröna” si conferma la stabilità del sistema
Le elezioni di domenica hanno portato al centro del dibattito tre casi storici nella recente vicenda politica svedese: la fine del dominio incontrastato da parte dei Socialdemocratici (che non si erano mai assentati dal Governo per due legislature consecutive e che l’altroieri hanno ottenuto il risultato più basso dal 1914 in poi); l’ingresso in Parlamento di un partito dalle poco celate tendenze anti-immigrazione e infine una situazione carica di dubbi per la stabilità del Governo.
Non si possono trascurare però i segni di stabilità del sistema, indicati innanzitutto dalla chiarezza con la quale il Centrodestra in carica, riconfermato con Fredrik Reinfeldt come suo leader, ha rifiutato qualsiasi patto con l’estrema destra di Jimmie Akesson, sia prima delle elezioni che quando queste si sono svolte. Ieri infatti il Primo Ministro ha escluso ogni possibilità di collaborazione con gli Sverigedemokraterna, parlando invece della possibilità di creare una coalizione con i Verdi. Alliansen för Sverige, l’Alleanza per la Svezia, ha vinto le elezioni e non cerca scorciatoie per affrontare le difficili prove parlamentari che la attendono.
Questa è la vera novità, in una Europa dove molto spesso forze estreme e contrarie all’integrazione culturale sono state incluse a pieno titolo nelle coalizioni di Governo e di amministrazioni importanti, non soltanto nel Mediterraneo d’Europa ma anche in Austria, Polonia ed in altre nazioni costituenti la UE. In Svezia invece la situazione è chiara, perchè tutto il voto radicalizzato a destra ha dovuto concentrarsi in un angolo per raggiungere la soglia di sbarramento ed ha potuto superarla soltanto con l’aggiunta di voti di protesta, in un paese in cui comunque il peso della immigrazione è molto maggiore che in molti altri, avendo raggiunto il 14% della popolazione senza aver messo sostanzialmente in crisi un modello di accoglienza.
Senza il grado avanzato dimostrato dalle politiche di integrazione della Svezia, sia durante i Governi Socialdemocratici che nell’esperimento portato avanti con successo dalla coalizione Moderata di Reinfeldt negli ultimi anni, non si spiegherebbe come in piena crisi lo stato svedese stia registrando uno sviluppo che ha permesso al Ministero delle Finanze di annunciare con Anders Borg un tasso di crescita economica del 3,3% e del 3,8% nel 2011, contro le precedenti attese (intorno al 2,5%) nonostante in questi anni il paese sia stato parzialmente sfavorito dal fatto di essere rimasto fuori dall’area euro.
In questo decennio la crescita italiana è stata di un punto percentuale, quella europea complessiva del due e quella svedese ha sempre mantenuto un ritmo del tre per cento. Questi risultati sono stati ottenuti innovando, senza mai stravolgerlo, un modello che mette al centro il rispetto dei diritti delle persone coinvolte nel processo produttivo, una produzione imperniata sulla ricerca e il sostegno all’integrazione culturale considerata come risorsa. Non a caso, all’indomani della diffusione dei risultati elettorali l’opposizione socialdemocratica si è già posta in una posizione di cooperazione che tiene conto della tendenza al perfezionamento delle opportunità di impresa contestualmente al mantenimento attraverso l’innovazione del sistema di inclusione sociale esistente.
Aldo Ciummo
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